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Nathaniel Hawthorne

Racconti raccontati due volte

 

a cura di

Patrizio Sanasi

 

PREFAZIONE DELL'AUTORE

L'autore di Raccontiraccontati due volte ha dirittoa un titolo distintivo e non si perita di vantarlo perché

nessuno dei suoi confratelli letterari si curerà mai di contestarglielo.Egli è statoper molti anniil più oscuro uomo di

lettere d'America.

Questi racconti sono stati pubblicati su riviste e annuari nell'arco di unperiodo di dieci o dodici annie

comprendono tutta la produzione giovanile dello scrittoresenza maisuscitare (per quanto egli sappia) la minima

impressione sul pubblico. Uno o due tra questie Unrivolo d'acqua della fontana cittadina inmisura forse superiore

agli altrihanno avuto una certa circolazione sui giornalima in quantoagli altri egli non ha motivo di supporre chealla

loro prima pubblicazioneabbiano avuto la buona o cattiva sorte di essereletti da alcuno. Per tutto il periodo su

accennatoegli non è stato spronato alla produzione letteraria da qualcheragionevole prospettiva di fama o di profitto

ma soltanto dal piacere in sé del comporreun piacere tutt'altro che vacuoa suo modoe forse essenziale per la qualità

dell'operama chea lunga scadenzadifficilmente impedirà il raffreddarsidel cuore di uno scrittoreo l'intorpidirsi

delle sue dita. È a questa assoluta mancanza di interesseall'età in cuila sua mente sarebbe stata più effervescenteche il

pubblico deve il fatto (sicuramente non deprecabile da una parte edall'altra) che l'autore non può esibire nullain quanto

al pensiero e all'attività di quella parte della sua vitase non laquarantina di racconti contenuti in questa raccolta.

Molto di più egli scrissein effettie una piccolissima parte potrebbeessere riesumata (ma non ne varrebbe la

pena) tra le pagine ingiallite dei periodici d'una ventina di anni fao trale copertine sgualcite di marocchino di ricordi

sbiaditi. I restanti racconti di cui si parla hanno avuto vita molto brevemain quanto a splendorehanno avuto

un'accoglienza di gran lunga superiore a quella dei loro fratelli che sonoarrivati alle stampe. Insommal'autore li ha

bruciati senza pietà e rimorso (esoprattuttosenza successivi rimpianti)avendo più di una volta occasione di

meravigliarsi che quella robacciaquale egli giudicava i suoi manoscritticondannatifosse abbastanza infiammabile da

appiccar fuoco al camino.

Dopo molto tempo venne pubblicato il primo volume della raccolta deiracconti. A quel puntose l'autore fosse

stato pungolato da ambizioni letterarie (ciò che non ricordané ritieneprobabile)queste si sarebbero per sempre estinte

per penuria di nutrimento. E questa fu una fortunaperché il successo dellibro non fu certo tale da appagare una sua

sotterranea ansia di notorietà. Una limitata edizione fu «sistemata» (perusare la significativa espressione dell'editore) in

un periodo ragionevolema senza dare in effetti all'autore e alla suaproduzione una maggiore notorietà di prima. La

gran massa dei lettori ignorò probabilmente il libroben pochi lo lessero elo apprezzarono al di là dei suoi meriti. Dopo

tre o quattro anniil secondo volume della raccolta fu pubblicato eincontrò più o meno la stessa cortesema distaccata e

molto limitata accoglienza. La circolazione dei due volumi fu circoscrittaprevalentemente al New EngIande fu

soltanto molto tempo dopoammesso che ciò sia accadutoche l'autore potépensare di rivolgersi al pubblico americano

o comunquea un qualsiasi pubblico. Egli scriveva semplicementeinfattiper i suoi amici noti o ignoti.

Quando rilegge queste pagine da tempo dimenticate e ripensa alla sua vitadurante la loro stesural'autore può

capire chiaramente perché le cose andarono in questo modo. Dopo tanti annigiudiziosiegli avrebbe ben motivo di

vergognarsi se non fosse capace di criticare equamente la sua opera quantoquella di chiunque altro eanche se non è

affar suoe forse ancor meno suo interessedifficilmente riesce a resisterealla tentazione di provarci. Se gli scrittori

avessero facoltà di farloe assolvessero questo compito con assolutasincerità e senza riservei loro giudizi sulla propria

produzione sarebbero spesso più utili e istruttivi delle loro stesse opere.

In ogni casonon c'è niente di male se l'autore osserva che è più stupitodel qualsivoglia successo riscosso dai

Racconti raccontati due volte chedel fatto che esso sia stato così lento e graduale. Questi racconti hanno iltenue colore

dei fiori sbocciati in un'ombra troppo appartatanel freddo di una tendenzacontemplativache pervade i sentimenti e le

osservazioni di ciascun bozzetto. Invece di passione si trova sentimentoeanche quando vengono proposti ritratti di vita

realeincontriamo l'allegoriae non sempre così calorosamente rivestita dicarne e ossa da poter essere recepita dalla

mente del lettore senza un brivido. Per carenza di energia o perun'invincibile reticenzai tocchi dell'autore producono

spesso un effetto attenuato: il lettore più ameno riesce difficilmente aridere del suo più aperto umorismola lettrice più

sensibile difficilmente verserà calde lacrime nei momenti più patetici.Questo librose si vuole trovarvi qualcosa di

precisorichiede di essere letto nell'atmosfera crepuscolarelimpida escurain cui è stato scritto; e se è aperto alla piena

luce del soleapparirà probabilmente troppo simile a un volume di paginebianche.

Considerate le suddette caratteristicheproprie della produzione di un uomoche vive appartato (qual era

l'autore a quel tempo)il libro è privo di altre che sarebbe naturalecercare. Questi bozzettiinutile a dirsinon sono

profondima ancor più singolare è il fatto che essi mostrino raramentesemail'intenzione dell'autore di farli apparire

tali. Non contengono l'astrusità di idee o l'oscurità di espressionechecaratterizza le comunicazioni scritte di una mente

solitaria con se stessa. Non è mai necessaria una loro interpretazionee lostile è in realtà quello di un uomo di società.

Ogni fraseper quanto racchiude pensieri o sentimentipuò essere compresae percepita da chiunque si dia la cura di

leggerlae legga il libro in un umore appropriato.

Questa dichiarazione di peculiarità apparentemente opposte ci conduce acomprendere ciò che sono realmente

questi bozzetti. Non sono la conversazione di un uomo appartato con la suamente e il suo cuore (perchése così fosse

avrebbero quasi certamente maggior profondità e perdurante valore)ma ilsuo tentativoriuscito in modo molto

imperfettodi inaugurare un rapporto con il mondo..3

L'autore sarebbe dispiaciuto se si pensasse che egli intende deprecare olamentare lo scarso successo riscosso

dai suoi precedenti tentativi letterari presso il pubblico in generale. Ètalmente vero il contrario che egli è stato indotto a

scrivere questa prefazione soprattutto perché essa gli offre l'occasione diesprimere tutto il piacere che gli hanno

procurato questi raccontisia prima sia dopo la loro pubblicazione. Sono ilricordo di anni molto tranquilli e non

infelici. È veronon sono riusciti a conseguire una vasta popolaritànépoteva essere altrimentima talvoltaquando egli

li considerava ormai completamente dimenticatiuna breve nota o l'articolodi un critico americano o straniero

gratificavano le sue velleità di autore con inaspettati elogielogi troppogenerosiin effettie troppo poco temperati

dalle criticheche egli imparavaappunto per questoa rivolgere alle suestesse opere. Etra l'altroè un sintomo molto

preoccupante della scarsa popolarità di un libro quando esso non sollevaaspre critiche. Questain particolareè stata la

fortuna dei Raccontiraccontati due volte. Non sisono attirati inimiciziema se ne è saputo e parlato così poco che

quanti li hanno lettie magari apprezzatitendevano a provare per il libroquella simpatia che si nutre istintivamente per

una scoperta personale.

Questi gentili sentimenti si estendevano (almeno in taluni casi) ancheall'autore chein base alla testimonianza

contenuta nei suoi bozzettiera considerato un uomo miteschivodelicatomalinconicoeccessivamente sensibile e

non molto energicoche nascondeva i suoi rossori sotto un falso nomeil cuisignificato curioso era considerato

emblematico dei suoi tratti personali e letterari. Ed egli non è affattocerto che parte della sua successiva produzione

non sia stata influenzata e modificata da un istintivo desiderio di adeguarsia un profilo così amabile e di agire in

conformità con il carattere a lui attribuitoné potrebbe rinunciarvinemmeno orasenza qualche lacrima di tenera

suscettibilità. Per concluderequesti racconti hanno dato spunto apiacevoli relazioni sociali e alla formazione di

amicizie imperiture. Molti fili d'oro si sono intrecciati con l'attualefelicità dell'autoreil quale può seguirli più o meno

direttamente fino a scoprire lì il loro iniziocosì che il suo piacevolecammino attraverso la realtà sembra avere origine

dal mondo dei sogni della sua giovinezza ed essere costeggiato dall'ombra diquel fogliame che lo ripara dalla calura del

giorno. L'autore è perciò soddisfatto di ciò che hanno fatto per lui i Raccontiraccontati due voltee pensache ciò sia

molto meglio della fama.

Lenox11 gennaio 1851

IL PALADINO CANUTO

Ci fu un tempo in cui il New England gemeva sotto il peso di torti ancor piùgravosi di quelli minacciati che

furono causa della Rivoluzione. Giacomo IIil bigotto successore di Carlo ildissolutoaveva annullato gli statuti

autonomi di tutte le colonie e inviato un militare inflessibile e spietato asoffocare le nostre libertà e minacciare la nostra

religione. Ben poche erano le connotazioni della tirannide che mancavano algoverno di sir Edmund Andros: il

governatore e il suo Consiglio esercitavano il potere regale in assolutaindipendenza dal paese; le leggi e le tasse erano

imposte senza consultare il popolodirettamente o attraverso i suoirappresentanti; i diritti dei privati cittadini erano

violati e tutti i titoli di proprietà terriera abrogati; le voci di dissensoerano soffocate dalla censura imposta alla stampa

e infine il malcontento era intimidito dalla prima banda di mercenari cheabbia mai calpestato il nostro libero suolo. Per

due anni i nostri antenati furono ridotti in una cupa sottomissionea causadi quella devozione filiale che aveva sempre

assicurato la loro fedeltà alla madre patriafosse il suo capo unparlamentoun reggente o un sovrano papista. Tuttavia

fino a quei tempi bui tale fedeltà era stata soltanto nominale e i coloni sierano governati da soligodendo di ben

maggiori libertà di quanto sia tuttora privilegio dei sudditi nativi dellaGran Bretagna.

Giunse poi ai nostri lidi la notizia che il principe d'Orange si eraavventurato in un'impresa il cui successo

avrebbe assicurato il trionfo dei diritti civili e religiosi e la salvezzadel New EngIand. Era soltanto una voce e poteva

rivelarsi falsa oppure il tentativo falliree in ambedue i casi colui che siera mosso contro re Giacomo avrebbe perso la

testa. Eppure la notizia produsse un evidente effetto. Nelle strade la gentesorrideva con aria d'intesa e lanciava sguardi

di sfida agli oppressorimentre s'avvertiva ovunque un sommesso e tacitofermentocome se il più lieve segnale potesse

destare tutto il paese dalla sua apatica sottomissione. Consapevoli delpericoloi governanti decisero di scongiurarlo con

una massiccia dimostrazione di forzae forse di inasprire il loro dispotismocon misure ancora più oppressive. E in un

pomeriggio dell'aprile 1689 sir Edmund Andros e i suoi più fidaticonsiglieriaccalorati dal vino radunarono le giubbe

rosse della Guardia del governatore e fecero la loro comparsa nelle strade diBoston. Il sole stava per tramontare quando

la marcia ebbe inizio.

In quell'inquieto fermentoil rullo dei tamburi sembrò percorrere le stradenon come una marcia marzialema

come un'adunata per i loro abitanti. Una moltitudine di personeaffluite dadiverse stradesi raccolse in King Street

destinata a diventare teatroquasi un secolo dopodi un altro incontro trale truppe di Gran Bretagna e un popolo che

lottava contro la sua tirannide. Anche se più di sessant'anni eranotrascorsi dall'arrivo dei Pellegriniquesta folla di loro

discendenti mostrava ancora i fieri e gravi lineamenti del loro carattereforse ancora più evidenti in quella cupa

circostanza che in più liete occasioni. Era comune l'abbigliamento sobriola generale severità dell'aspettol'espressione

preoccupata ma indomita dello sguardoil linguaggio ispirato alle Scritturee la fiducia nella benedizione del Cielo su

una causa giustatutto ciò che avrebbe distinto un gruppo dei primipuritani minacciati da qualche pericolo in quella

terra inesplorata. E in verità non era ancora tempo che si estinguessel'antico spiritoperché quel giorno c'erano nella.4

strada uomini che avevano pregato sotto agli alberiprima ancora che unacasa fosse elevata in onore del Dio per cui

erano diventati esuli. Erano presenti anche vecchi soldati del Parlamentoche sorridevano al pensiero che le loro

vecchie braccia potessero sferrare un altro colpo alla casa degli Stuarteanche veterani della guerra contro re Filippo

che avevano incendiato villaggi e massacrato giovani e anziani con devotaferociamentre le anime pie in tutto il paese

li aiutavano con le preghiere. Parecchi ministri del culto erano mescolatitra la folla chea differenza da altre masse

turbolenteli guardava con deferenzaquasi che la santità fosserappresentata dai loro stessi indumentie questi

sant'uomini esercitavano la loro influenza per placare la popolazionema nonper disperderla. Intantolo scopo del

governatoreche veniva a turbare la quiete cittadina nel momento in cui ilminimo incidente poteva provocare tumulti in

tutto il paeseera oggetto di generale curiosità e di varieinterpretazioni.

«Satana colpirà tra poco»gridavano alcuni«perché sa che il suo tempoè contato. E tutti i nostri buoni pastori

saranno trascinati in prigione! Li vedremo in un rogo di Smithfield in KingStreet!».

Dopo di che i fedeli di ogni parrocchia si strinsero ancor più intorno ailoro pastoriche alzarono lo sguardo al

cieloassumendo il contegno apostolico che più si confaceva al più altoonore della loro missionela corona del

martirio. Si immaginavaa quel tempoche il New England potesse avere unsuo John Rogersche prendesse il posto di

colui che lo occupava degnamente nel Primer.

«Il papa di Roma ha ordinato una nuova notte di san Bartolomeo!»gridavanoaltri. «Saremo tutti massacrati

gli uomini e i figli maschi!».

E questa voce non era considerata del tutto infondataanche se i piùaccorti pensavano che il piano del

governatore non fosse così efferato. Si sapeva che il suo predecessoreBradstreetgovernatore ai tempi del vecchio

statuto e venerabile compagno dei primi colonisi trovava in cittàe c'eramotivo di supporre che sir Edmund Andros

volesse seminare il terrore con una prova di forza militaree gettarescompiglio nell'opposizione facendo prigioniero il

suo principale rappresentante.

«Difendi il vecchio statutogovernatore!»gridava la follafacendopropria questa idea. «Viva il buon vecchio

governatore Bradstreet!».

E mentre questo grido risuonava sempre più fortela folla fu colta disorpresa dall'apparizione della ben nota

figura del governatore Bradstreet in personaun patriarca di quasinovant'anniche comp arve sui gradini più alti di una

porta e con la sua caratteristica mitezza d'animoli supplicò disottomettersi all'autorità costituita.

«Figli miei»concluse il vegliardo«non fate nulla di avventato. Nongridatema pregate per il bene del New

Englande attendete con pazienza quella che sarà la volontà delSignore!».

La situazione doveva essere subito risolta. Per tutto il tempoil rullo deitamburi aveva continuato ad

avvicinarsi lungo Cornhillsempre più forte e intensoecheggiando di casain casa accompagnato dal passo cadenzato

dei soldatifinché non fece irruzione nella strada. Comparve allora unadoppia fila di soldati che la occuparono in tutta

la sua larghezzacon i fucili in spalla e le micce accese così chepresentavano una fila di fuochi nella penombra. La loro

marcia regolare era come l'avanzata di una macchina che tutto travolgeva alsuo passaggio. Subito dietro cavalcava

lentamentecon un sordo rimbombo di zoccoli sul selciatouna schiera digentiluomini a cavallotra i quali spiccava nel

mezzo sir Edmund Androsormai anziano ma ancora eretto e marziale. Intorno asé aveva i suoi fidati consiglieri

acerrimi nemici del New England. Alla sua destra cavalcava Edward Randolphil nostro arcinemicoquello

«sciagurato» come l'ha definito Cotton Mathercolui che ha provocato lacaduta del nostro antico governo ed era

seguito da una giusta maledizione per tutta la vitafino alla tomba.All'altro fianco cavalcava Bullivantdistribuendo

gesti di scherno al suo passaggio. Dietro seguiva Dudleycon gli occhibassitemendo a buon motivo di incontrare gli

sguardi sprezzanti di coloro che lo consideravanounico loro compatriota pernascitauno degli oppressori della sua

terra natale. Erano presenti anche il capitano di una fregata ancorata nelporto e due o tre funzionari civili della Corona.

Ma la figura che maggiormente attirava gli sguardi e suscitava i piùprofondi sentimentiera quella del pastore

episcopale di King's Chapelche cavalcava altezzosamente tra i magistratinelle sue vesti sacerdotalidegno

rappresentante del potere prelatizio e della persecuzionedell'unione traChiesa e Statoe di tutte quelle infamie che

avevano spinto i puritani in questa landa inesplorata. Un'altra doppia filadi soldati della guardia chiudeva la sfilata.

Tutta la scena rappresentava la condizione del New England e la sua moralel'aberrazione di un governo che

non nasce dallo stato naturale delle cosee il carattere di un popolo. Dauna parte la moltitudine dei devoticon i loro

volti gravi e il severo abbigliamentodall'altra la schiera dei dispoticigovernanti con l'alto prelato nel mezzoqua e là

un crocifisso sul pettoe tutti sfarzosamente addobbatiaccalorati dalvinoorgogliosi della loro iniqua autorità

indifferenti ai gemiti di dolore tutt'intorno. E poi i soldati mercenaricheattendevano un solo cenno per inondare di

sangue la stradaostentando gli unici mezzi con cui l'ubbidienza potevaessere imposta.

«O Signore delle milizie celesti!»gridò una voce tra la folla. «Dai unpaladino al tuo popolo!».

L'implorazione fu pronunciata a gran vocee fu come uno squillo di trombache introduceva la comparsa di un

autorevole personaggio. La folla si era intanto ritratta ed era ora accalcataquasi in fondo alla stradamentre i soldati

erano avanzati oltre un terzo della sua lunghezza. Lo spazio in mezzo a loroera desertoun solitario lastricato tra alti

edifici che vi gettavano un'ombra crepuscolare. E d'improvviso comparve lìla figura di un vegliardo che sembrava

uscito dalla follae camminava tutto solo nel mezzo della stradaincontroai soldati armati. Indossava gli abiti dei

vecchi puritaniuna cappa scura e un cappello a puntanella foggia dialmeno cinquant'anni primae una pesante spada

pendeva lungo la cosciama un bastone in mano assisteva l'incerto passodella sua età..5

Giunto a una certa distanza dalla follail vegliardo si voltò lentamentemostrando un viso di antica maestosità

ancor più venerabile per la barba canuta che gli scendeva sul petto. Fece ungesto che era insieme di incoraggiamento e

di ammonizionepoi si voltò di nuovo e riprese il cammino.

«Chi è quel canuto vegliardo?»domandavano i giovani ai loro padri.

«Chi è quel venerabile fratello?»si domandavano gli anziani tra loro.

Ma nessuno seppe dare una risposta. I padri del popologli ottantenni eoltreerano sconcertatigiudicando

strano che avessero dimenticato un uomo di così manifesta autorità chedovevano aver conosciuto ai vecchi tempi

insieme con Winthrop e tutti i vecchi consiglieri che stabilivano le leggielevavano preghiere e li guidavano contro i

selvaggi. E anche gli anziani avrebbero dovuto ricordarlo nella lorogiovinezzaquando aveva capelli grigi come i loro

erano adesso. E i giovanicome avevano potuto cancellare dal ricordo quelcanuto progenitorequella reliquia di tempi

ormai lontaniche sicuramente aveva posato la mano benedicente sui loro capiscoperti di fanciulli?

«Da dove è giunto? Quale scopo si propone? Chi può essere questovegliardo?»mormorava la folla sbigottita.

E intanto il venerabile sconosciuto proseguiva il suo solitario camminoilbastone in manonel mezzo della

strada. Quando fu più vicino ai soldati che avanzavano e il rullo dei lorotamburi giunse più nitido alle sue orecchieil

vegliardo prese un portamento più erettomentre il peso degli anni sembravascivolargli dalle spallelasciandolo nella

sua canuta ma intatta dignità. Poi si fece avanti con passo marzialealritmo del rullo dei tamburimentre lo

schieramento di soldati e notabili avanzava dall'altra partefinchéquandofurono divisi solo da una ventina di metriil

vecchio impugnò nel mezzo il suo bastone e lo tese davanti a sé come unoscettro di comando.

«Fermi!»esclamò.

Lo sguardoil voltol'atteggiamento imperioso e il tono solenne mabellicoso di quella voceadatta a

comandare un esercito in battaglia come a elevarsi a Dio in preghieraebberoun effetto irresistibile. Alla sua

esclamazione e al suo braccio tesoil rullo dei tamburi tacqueimmediatamente e lo schieramento che avanzava si fermò

immobile. Un timido entusiasmo si diffuse tra la folla. Quella figurasolenneche univa in sé quella del condottiero e del

santocosì canuta e indistintanel suo antico abbigliamentopoteva esseresoltanto quella di un paladino della giusta

causa che il tamburo dell'oppressore aveva destato dalla tomba. E la follaalzò allora un grido di intimidito stupore e di

esultanzarivolgendo il pensiero alla liberazione del New England.

Il governatore e i notabili del seguitoaccorgendosi di esser staticostretti a un inatteso arrestosi affrettarono

allora a spingere avanti le loro scalpitanti e impaurite cavalcaturequasiche intendessero spronarle contro quella canuta

apparizione. Ma il vegliardo non arretrò d'un passo evolgendo lo sguardosevero intorno al gruppo che quasi lo

circondavalo posò infine gravemente su sir Edmund Andros. Si sarebbepotuto pensare che fosse lui al comandoe che

il governatorei consiglieri e i soldati al loro seguitorappresentanti ilpotere e l'autorità della Coronanon avessero

altra scelta che ubbidire.

«Che fa qui questo vecchio?»esclamò furibondo Edward Randolph. «Avantisir Edmund! Comandi ai soldati

di avanzare e dia a questo rimbambito la stessa scelta che lasciamo ai suoicompatrioti: farsi da parte o essere

calpestati!».

«Nonodobbiamo mostrare rispetto a questo antenato»intervenneBullivant ridendo. «Non vedete che è

qualche vecchio dignitario col cappello rotondoche ha dormito per questitrent'anni e non sa nulla del cambiamento dei

tempi? Senza dubbio pensa di poterci fermare con qualche proclama a nome delvecchio Noll!».

«Sei impazzitovecchio?»domandò sir Edmund Andros con voce alta easpra. «Come osi arrestare la marcia

del governatore di re Giacomo?».

«Ho già arrestato la marcia di un re in persona»replicò il canutopersonaggio con severa sicurezza. «Io sono

quigovernatoreperché il grido di un popolo oppresso mi ha destato nelmio luogo segretoe implorando questa grazia

al Signoremi è stato concesso di ricomparire su questa terra per la buonacausa dei suoi Santi. E perché parli di

Giacomo? Non siede più un tiranno papista sul trono d'Inghilterrae domanistesso il suo nome sarà pronunciato con

disprezzo in questa stradadove tu ne hai fatto sinonimo di terrore. Vaiindietrotu che eri governatoreindietro! Da

questa notte il tuo potere è finitoe domani ti attende il carcere.Indietrose non vuoi che ti predica il patibolo!».

La folla si era intanto avvicinata sempre più e si beava delle parole delsuo paladinoche parlava con accenti da

tempo desueticome chi non è più avvezzo a conversare se non con idefunti. Ma la sua voce fortificava i loro animi

che ora affrontavano i soldati non del tutto disarmatipronti a trasformarele pietre del selciato in armi micidiali. Sir

Edmund Andros guardò il vecchiopoi spostò sulla folla il suo sguardogelido e crudele che bruciava di una livida

rabbia difficile da contenere e dissimularee di nuovo lo posò su quelvecchio che ora si teneva in dispartein uno

spiazzo in cui nessunoné amici né avversariaveva osato avvicinarsi.Quali fossero i suoi pensierinon pronunciò

parola che potesse rivelarlima certo è che l'oppressorefosse intimiditodalla sua espressione o percepisse il pericolo

nell'atteggiamento minaccioso della follainfine cedette e diede ordine aisuoi soldati di iniziare una lenta e guardinga

ritirata. Prima che il sole tramontasse di nuovoil governatore e tutticoloro che cavalcavano così orgogliosamente al

suo fianco furono fatti prigionierie molto prima che si sapessedell'abdicazione di GiacomoGuglielmo fu proclamato

re in tutto il New England.

Ma dov'era il paladino canuto? Alcuni raccontarono che quando le truppe siritirarono da King Streetincalzate

tumultuosamente dalla follail vecchio governatore Bradstreet fu vistoabbracciare un personaggio ancora più anziano

di lui. Altri assicurarono che mentre ammiravano il suo aspetto venerabile emaestosoil vecchio era svanito davanti ai

loro occhisciogliendosi lentamente nei colori del crepuscolo finché erarimasto deserto lo spazio in cui stava. Tutti

concordavano però nel dire che quel canuto personaggio era scomparso. Gliuomini di quella generazione attesero di.6

vederlo ricomparirealla luce del sole o nel crepuscoloma nessuno lo videmai piùné seppe mai quando erano

avvenuti i suoi funeralie dove si trovava la sua tomba.

Ma chi era il paladino canuto? Forse il suo nome si può trovare nei registridi quella severa Corte di Giustizia

che emise una sentenza troppo importante per il suo tempo ma celebrata intutti quelli a venireper l'umiliante lezione

impartita al sovrano e il fulgido esempio dato ai sudditi. Ho sentito direche quando i discendenti dei puritani devono

mostrare lo spirito dei loro padri quel vecchio appare di nuovo. Trascorsiottant'anniha camminato di nuovo per King

Streete cinque anni doponella fioca luce di un mattino di aprilesi èmostrato sul prato davanti alla casa pubblica di

Lexingtondove ora un obelisco di granito con una lastra d'ardesiaincastonata commemora i primi caduti della

Rivoluzione. E mentre i nostri padri costruivano quella notte la cintafortificata di Bunker's Hillil vecchio guerriero si

aggirava intorno. Per molto tempo ancora possa esso resisterefino al suoritorno! La sua ora è quella delle tenebre

delle avversità e del pericolo. E se la tirannide all'interno ci opprimeseil piede dell'invasore viola il nostro suoloben

venga ancora il paladino canutoperché egli rappresenta lo spirito avitodel New Englande la sua oscura marcianel

momento del pericolodeve impegnare i figli del New England a essere sempredegni dei loro antenati.

DOMENICA IN CASA

Ogni mattino di domenicain estatescosto la tenda della finestra perosservare l'alba che scende furtivamente

su un campanile di fronte alla mia camera. Inizia a risplendere per prima labanderuola sul tettopoi un più lieve

riverbero fa svettare la guglia e si diffonde sulla torrefacendo brillarecome oro la lancetta del quadrante che indica la

cifra dorata dell'ora. Scintilla la finestra più altapoi quella piùbassae la struttura scolpita del portale si delinea

vividamente. E infinelo splendore del mattinocalando dal cielosi posasui gradini di pietrauno dopo l'altroe il

campanile s'innalza fulgente di fresca radiositàmentre le ombre dellanotte si annidano ancora tra gli angoli degli

edifici adiacenti. E anche se è lo stesso sole che lo illumina ogni limpidomattinoa me sembra che il campanile indossi

per la domenicaun particolare abito di fulgida luce.

Chi abita accanto a una chiesa ben presto sviluppa un particolare sentimentoper questo edificio. Istintivamente

lo personifichiamoimmaginiamo che nelle sue massicce mura e nel suo fiocointerno sia insito uno spirito sereno

pensoso e un po' malinconico. Ma il campanile si erge ancor più nei nostripensierioltre che nel paesaggio circostante.

Ci appare come un gigantedotato di una sua mente abbastanza acuta ecomprensiva per prendersi cura degli assilli

grandi e piccoli di tutta la città. Nel mentre rivela una morale a tutticoloro che pensanorammenta ogni ora a migliaia

di persone affaccendate i loro personali e più segreti affari. Ed è ancorail campanile che propaga i rintocchi affannosi e

irregolari dell'allarme generalele ore liete e festose non trovanoespressione migliore della sua voce equando i defunti

trapassano lentamente nella loro casail campanile usa una voce malinconicaper dar loro il benvenuto. Eppure

nonostante questo suo rapporto con le vicende umanequale solitudine moralealeggia nei giorni feriali intorno alla sua

imponente altezza! Non mostra alcuna affinità con le case che sovrastaeguarda dall'alto la stretta stradaancora più

solitario perché la folla si accalca al di sotto. Uno sguardo all'edificiodella chiesa approfondisce questa sensazione.

All'internoalla luce di lontane finestre e tra ombre spezzatedistinguiamoi banchi vuotile navate desertel'organo

silenziosoil pulpito senza voce e l'orologio che racconta alla solitudinecome sta passando il tempo. Il tempo che non è

vissuto dall'uomo che altro è se non eternità? E nella chiesa possiamoimmaginare che si depositanonel corso della

settimanatutti i pensieri e i sentimenti che hanno attinenza conl'eternitàfinché non ritorna il giorno festivo a liberarli.

Il suo luogo più appropriato non potrebbe essere allora la periferia dellacittàdove i vecchi alberi hanno spazio per

stormire tutt'intorno e gettare le loro ombre solenni su un prato silenzioso?Ne parleremo ancora più avanti.

Ma nel giorno festivo guardo i primi raggi del sole e immagino che un piùsanto splendore segni la giornata

quando non ci sarà più brusio di voci al mercatoné trambusto nei negoziné follané alcun'altra attività che in chiesa.

Molti altri l'hanno immaginato. Da parte miasia che la veda filtrare tral'intrico degli alberi o splendere apertamente sui

campio stagliarsi tra due edifici di mattonio delineare il telaio dellafinestra sul pavimento della mia camerasempre

riconosco la luce del sole domenicale. E che possa sempre riconoscerla!Alcune illusionie questa tra essesono l'ombra

di grandi verità. I dubbi possono volteggiare intorno a meo chiudere leloro ali maligne per posarsima finché

immagino che la terra è santificata e che la luce del cielo mostra la suasantità nei giorni festiviquando quella luce

benedetta del sole vive dentro di mela mia anima non potrà mai perderel'istinto della sua fede. Se ho smarrito la

stradaquesto istinto ritornerà.

Amo trascorrere questi piacevoli giorni festivida mane a seradietro allatenda della mia finestra aperta. Sono

forse malamente spesi? Ogni luogocosì vicino alla chiesa da esserevisitato tutt'intorno dall'ombra del campanileoggi

dovrebbe essere considerato terra consacrata. E a maggior ragione si puòdire che un cuore devoto può consacrare un

covo di furfanticosì come un cuore malvagio può parimenti corrompere untempio. Il mio cuore non possiede forse

tanta santità néoso speraretanta sacrilega potenza. Mi è sufficientecheanche se la mia persona è assenteil mio

intimo frequenti assiduamente la chiesamentre moltila cui presenza fisicaoccupa il consueto bancohanno lasciato a

casa la loro anima. Ma io sono qui prima ancora del mio amico sagrestano. Einfine arrivaquest'uomo di cortese ma

severo aspettocon i suoi abiti grigi e i capelli dello stesso coloreeintroduce la chiave nell'ampio portale. E ora i miei

pensieri possono passare tra i banchi polverosi o salire sul pulpito senzacompiere sacrilegioma ben presto ne

usciranno di nuovo per godere la musica della campana. Che suono lietomaanche solenne! Tutti i campanili della città.7

stanno ora parlando insiemeattraverso l'aria illuminata dal solee siallietano tra loromentre le loro cuspidi si elevano

verso il cielo. E intantoecco che i bambini si radunano per la scuoladomenicaleche si trova dentro la chiesa. Spesso

mentre osservo l'arco del portalesono stato allietato dalla vista di unadecina di questi bambininei loro abitini rosa

azzurrigialli e cremisiche improvvisamente sciamano fuori nella luce delsolesimili a festose farfalle che sono state

rinchiuse nella solenne penombra. Oppure potrei paragonarli a cherubini cheaffollano quel luogo sacro.

Un quarto d'ora circa prima dei secondi rintocchi della campanainiziano acomparire i membri della

congregazione. La prima è sempre una vecchina vestita di nerola cui figuracon le spalle curve è evidentemente

oberata dal peso di qualche dolore che è impaziente di posare sull'altare.Fossero il doppiole domenicheper il bene di

questa vecchia anima afflitta! Ecco un uomo anziano che arriva anch'egli dibuon'orae si appoggia all'angolo della

torredentro la sua linea d'ombraabbassando lo sguardo corrucciato. Avolte immagino che la vecchina sia la più felice

dei due. Dopo di loro arrivano gli altri fedelida soli o in gruppi di due otree scompaiono oltre il portale oppure

prendono posto nelle vicinanze. E infineapparentemente inaspettata comesemprela campana rintocca sopra alle loro

teste e getta un suono irregolare che fa vibrare la torre fin dallefondamenta. Come se quel suono fosse dotato di magici

poterii marciapiedi della stradada una parte e dall'altrasi affollanoimmediatamente di due lunghe file di persone che

convergono verso la chiesa e affluiscono al suo interno. Forse questa èl'eco lontana di una carrozza che si avvicinaun

rombo ancora più profondo in contrasto col circostante silenziofinchéscendono davanti al portaletra i loro più umili

fratellii fedeli facoltosi. Oltre a questo ingressonon esistono in teoriadistinzioni di rango terrenoné il sontuoso

abbigliamento sfoggiato alla luce del sole apparirebbe tale all'interno. Equelle graziose ragazzeperché turbano le mie

devote meditazioni? Tra tutti i giorni della settimanaproprio la domenicadovrebbero sforzarsi di apparire meno

affascinantianziché accrescere la loro mortale bellezzacome perrivaleggiare con gli angeli e distogliere i nostri

pensieri dal cielo. Fossi io il pastoredovrei necessariamente guardare. Unaragazza indossa mussola bianca dalla

cintola in su e seta nera fino alle scarpette; una seconda arrossisce dalnastro dei capelli a quello delle scarpenel suo

uniforme color scarlatto; un'altra splende di un giallo smagliantecome seindossasse la luce del sole. La maggior parte

ha però scelto tonalità più attenuate di colori. I loro velisoprattuttoquando il vento li sollevaconferiscono leggerezza

all'effetto generale e le fanno apparire eterei fantasmi quando scivolano super i gradini e scompaiono oltre la scura

soglia. Anche se è davvero strano che io lo sappiaindossano quasi tuttecalze bianchecandide come nevee graziose

scarpine allacciate di traverso con un nastro nero un po' sopra allacaviglia. Una calza bianca è infinitamente più

seducente di una nera.

Ecco che arriva il pastorelento e solenne nella sua severa semplicitàenon ha bisogno di una veste di seta

nera per mostrare il suo ufficio. Il suo aspetto mi impone deferenzama nonpuò conquistare il mio affetto. Se dovessi

rappresentare san Pietro che tiene chiuse le porte del cieloguardandoaccigliatopiù severo che pietosoi miseri

postulantimi ispirerei a quel volto. Dalla mezza etào ancor primalafede si è in generale imposta sul cuoreo ne è

stata temperata. Quando il pastore entra in chiesala campana trattiene lasua voce di ferro e il sommesso brusio dei

fedeli si spegne. Il grigio sagrestano guarda su e giù per la stradapoirivolge lo sguardo alla tenda della mia finestrae

quasi mi sembra cheattraverso lo spioncinoabbia incontrato il miosguardo. Ora anche i ritardatari sono entratie la

strada è addormentata sotto il placido solementre un senso di solitudinesi impadronisce di meinsieme col disagio di

aver mancato ai miei diritti e doveri. Sìsarei dovuto andare in chiesa! Ilbeve trambusto dei fedeli che s'alzano in piedi

per pregare giunge alle mie orecchie. Se solo potessi portare il mio cuoreall'unisono con quello di coloro che pregano

in quella chiesaed elevarlo verso il cielo con fervore di supplicamasenza alcuna precisa richiesta: non sarebbe questa

la migliore delle preghiere? «Oh Signoreabbassa su di me il tuo sguardocon misericordia!». Con un tale sentimento

che si effonde dalla mia animanon mi sarebbe consentito lasciare a Luitutto il resto?

Ascoltaè il coro! Questa è almeno una parte della funzione che possogodere qui meglio che tra quelle mura

dove tutto il coro e la musica greve dell'organo mi opprimerebbero. A questadistanzami percorre e fa vibrare le corde

del mio cuoredandomi piacere ai sensi e allo spirito. Grazie al cielononso niente di musicae le più dolci armonie mi

piacciono soltanto come una ninnananna. Le note sono cessatema siprolungano nella mia mente con echi di fantasia

finché mi ridesto dal mio sogno e mi accorgo che il sermone è iniziato. Permia sfortunararamente i sermoni danno

frutti con regolaritàse non quando sono stampati. Il primo concettoprofondo che il predicatore esprime dà origine a

una successione di pensieri che mi portapasso dopo passoa non ascoltarepiù la voce del brav'uomose non è quella

del tuono. Davanti alla mia finestra apertaafferrando di quando in quandouna frase del sermone. mi trovo come se

fossi ai piedi del pulpito. I frammenti sparsi e spezzati di questo discorsodiventeranno i testi di molti altri sermoni

predicati da quegli altri pastorisuoi colleghi ma spesso avversiche sonola mia mente e il mio cuore. La prima si finge

studiosa in materia e mi sconcerta con questioni dottrinaliil secondo miprende sull'onda dei sentimentie tutti e due

come molti altri predicatorispendono le loro forze con ben poco risultato.Ioil loro unico ascoltatorenon riesco

sempre a comprenderli.

Immaginiamo che alcune ore siano trascorse e mi trovino ancora dietro allatendapoco prima della fine della

funzione pomeridiana. La lancetta dell'orologio ha superato le quattroe ilsole si nasconde declinando dietro al

campanileproiettando la sua ombra attraverso la stradacosì che nella miacamera cala la penombracome per una

nuvola. Intorno al portale della chiesa c'è soltanto solitudinee oltre lasoglia si estende un'impenetrabile oscurità. Si

ode un trambustoi sedili sono rovesciati indietro e sono chiusi glisportelli dei banchipoi una moltitudine di piedi

calpesta le invisibili navate e tutta la congregazione dei fedeli esceimprovvisamente dal portale. Per prima sgambetta

una frotta di ragazzidietro ai quali avanza una fitta e scura massa diuomini adultiseguiti infine da una folla di donne

con bambini più piccoli e qualche marito. Questa improvvisa esplosione divita nella solitudine della strada è una delle.8

scene più amene della giornata. Alcune di queste brave persone si strofinanogli occhicome per far capire che sono

state immerseper così direin una sorta di sacra estasi nel fervore dellaloro devozione. Ecco un giovanottouna specie

di bellimbustola cui prima preoccupazione è sempre quella di sventolare unfazzoletto bianco per spolverarsi il fondo

di un paio di pantaloni neri di seta che brillano come se fossero statilucidati. Devono esser fatti di quella stoffa

chiamata «eterna»o forse di quella indossata da Cristiano nel Viaggiodel Pellegrinoperché liporta già da due estati e

non hanno ancora perso la loro lucentezza. Mi diverto molto nel guardarequesti pantaloni neri di seta. Ma ecco che le

signoretra inchini e saluti scambiati con le amicheprendono sotto braccioi rispettivi consorti e s'incamminano con

passo grave verso casae anche le ragazze se ne vanno con passo danzantedopo aver combinato una passeggiata serale

con lo scapolo che preferiscono. La sera del giorno festivo è la vigiliadell'amore. E infine tutta la congregazione si

scioglie. Noecco checon volti lucidi come di seta neras'avanzano duedame scure accompagnate da un gentiluomo

altrettanto scuro esubito dietro a loroil pastoreche ammorbidisce lasua severa espressione per rivolgere una cortese

parola ad ambedue. Poverine! Per lorola più accattivante promessa dibeatitudine in cielo è questa: «Là saremo

bianche!».

Ora regna di nuovo la solitudine. Ma si ode poi un cinguettio spezzato divocie al loro dolce suono si

accompagnanonella loro grandiositàle solenni note dell'organo. Chi sonoi coristi? Lasciatemi immaginare che gli

angelidiscesi dal cielo in questo felice mattino per mescolarsi al cultodelle anime buonestiano suonando e cantando

per congedarsi da questa terrae sulle ali di quella dolce melodia stianorisalendo in cielo.

Questogentili lettoriè soltanto un volo poetico. Alcuni uomini e donnedel coro si sono attardati in chiesa e

hanno alzato le loro vociaccompagnandosi con qualche distratta notadell'organoeppure hanno elevato il mio animo

più che con tutte le precedenti melodie. E ora se ne sono andatiquestifigli della musicae il grigio sagrestano sta

chiudendo il portale. Per sei giorni non comparirà volto umano tra i banchinelle navatenelle galleriené si alzerà una

voce dal pulpito e musica dal coro. Valeva forse la pena di erigere questoimponente edificioper farne un deserto nel

cuore della città e popolarlo soltanto per alcune ore il settimo giorno?Sìla chiesa è simbolo della religionee il suo

luogoche è stato consacrato il giorno in cui è stato abbattuto il primoalberopossa essere conservato sacro per sempre

luogo di solitudine e di pace tra gli affanni e le vanità del nostro mondodei giorni feriali! Si può sentire una moralee

quindi anche una religioneperfino tra quelle mura silenziose. E il suocampanile possa svettare sempre verso il cielo

ed essere rivestito della santa luce del sole della domenica mattina!

I RINTOCCHI DELLA CAMPANA NUZIALE

Ho sempre guardato con particolare interesse una certa chiesa nella città diNew Yorka causa di un

matrimonio lì celebrato in singolari circostanze durante l'infanzia di mianonnauna veneranda signora che assisté

casualmente all'avvenimentofacendone in seguito uno dei suoi raccontipreferiti. Non sono abbastanza esperto di

antichità per sapere se l'edificioche sorge tuttora nello stesso luogosia identico a quello di cui lei parlavané sarebbe

importante correggere eventualmente un mio comprensibile errore andando aleggere la data della sua costruzione

apposta su una targa sopra il portale. È una chiesa imponentecircondata daun recinto di verdissimo pratoin cui

sorgono urnepilastriobelischi e altre monumentali costruzioni di marmotestimonianze di affetti privati o più

imponenti omaggi alla polvere della storia. A un luogo come questononostante il fermento della città che scorre sotto il

suo campanilesi è ben disposti ad attribuire qualche interesse dileggenda.

Questo matrimonio potrebbe essere considerato il coronamento di un precedentefidanzamentoanche se nel

frattempo la sposa era già convolata due volte a nozzee lo sposo avevatrascorso quarant'anni di celibato. All'età di

sessantacinque anniil signor Ellenwood era un uomo schivoma non del tuttomisantropoegoista come tutti coloro

che rimuginano troppo sui propri sentimentieppure capace di manifestareinrare occasioniuna vena di generosità;

uno studioso per tutta la sua vitaanche se piuttosto indolenteperché isuoi studi non avevano un fine particolarené

per pubblica utilità né per personale ambizione; un gentiluomo di buonafamiglia e un po' schizzinosoanche se talvolta

si concedeva prolungate pause dalle convenzioni della società. In veritàil suo carattere presentava molte contraddizioni

e anche se egli si ritraeva con morbosa sensibilità dall'attenzionepubblicaera suo destino diventare così spesso

argomento del giornoper le stravaganze del suo comportamentoche alcunicercavano nel suo albero genealogico

qualche ramo ereditario di follia. Ma non ce n'era necessitàperché i suoicapricci avevano origine da una mente che

mancava del sostegno di un solido proposito e da sentimenti che sialimentavano di se stessi in mancanza di altro

nutrimento. Se era folleciò era la conseguenzae non la causadi unavita insulsa e priva di scopo.

La vedova era l'esatto opposto del suo terzo maritoin ogni aspetto trannel'etàcome si può ben immaginare.

Costretta a rompere il suo primo fidanzamentosi era unita a un uomo coldoppio dei suoi annidel quale era stata sposa

esemplare e alla cui morte era entrata in possesso di una cospicua fortuna.Un gentiluomo del Sudconsiderato più

giovane di leiera succeduto alla sua manoe l'aveva portata con sé aCharlestondovedopo molti anni difficiliella si

era trovata di nuovo vedova. Sarebbe stato strano se qualche delicatezza disentimenti fosse rimasta viva dopo

un'esistenza come quella della signora Dabneyperché non poteva che esserecalpestata e uccisa dalla sua prima

delusionedal freddo rapporto di dovere del suo primo matrimoniodalturbamento dei suoi innati principi conseguente

alle sue seconde nozze con un grossolano uomo del Sudche l'avevainevitabilmente indotta ad associare la sua morte

con la propria felicità. Insommaera quel tipo di donna accortama nonamabileabbastanza razionale per sopportare i.9

tormenti del cuore con filosofiaper rinunciare a tutto ciò che potevadarle felicitàe per approfittare di ciò che le

rimaneva. Pur essendo così accortala vedova si rendeva forse un po' piùsimpatica per l'unica debolezza che la rendeva

ridicola: non avendo figlienon poteva conservare la sua bellezza per laloro interposta personae quindi si rifiutava di

diventare brutta e vecchiae combatteva col tempoaggrappandosi alleproprie grazie nonostante luifinché il furtivo

vegliardo sembrava aver abbandonato le sue spoglienon ritenendo che valessela pena prendersele.

Il prossimo matrimonio di questa donna di mondo con un uomo così pocomondano come il signor Ellenwood

fu annunciato poco dopo il ritorno della signora Dabney nella sua cittànatale. Gli osservatori superficiali e quelli più

profondi sembravano convenire nel ritenere che la signora in questione dovevaaver svolto una parte non passiva nel

combinare il matrimonioessendoci considerazioni di opportunità che ellaaveva probabilmente valutato molto meglio

del signor Ellenwooded essendoci anche quella parvenza di romanticosentimentalismonella tarda unione di questi

due ex innamoratiche talvolta può ingannare una donna quando ha smarrito isuoi genuini sentimenti a causa delle

traversie della vita. Ciò che stupiva era il fatto che il signor Ellenwoodcosì privo di buonsenso pratico e così

tormentato dalla sua coscienza del ridicolopotesse esser stato indotto acompiere questo passoa un tempo così accorto

e così esilarante. Ma mentre la gente continuava a parlarnearrivò infineil giorno delle nozze. La cerimonia doveva

essere celebrata secondo il rito episcopale e pubblicamente in chiesacontanta pompa da richiamare numerosi

spettatoriche erano seduti nelle prime file delle galleriesui banchivicini all'altare e lungo la navata centrale. Era stato

convenutoo era forse consuetudine a quel tempoche i due cortei nuzialigiungessero separatamente in chiesama per

qualche contrattempo lo sposo fu un po' meno puntuale della vedova e dei suoiaccompagnatori. Dopo l'arrivo di questi

ultimie dopo questo tedioso ma necessario preambolosi può dire che hainizio l'azione del nostro racconto.

Si udì il cigolio delle ruote di alcune antiquate carrozzepoi gentiluominie dame che componevano il corteo

della sposa entrarono in chiesaproducendo l'immediato e lieto effetto di unraggio di sole. Tutto il gruppocon

l'eccezione della protagonistaera composto da giovani festosie mentreavanzavano per la navata centraletra i banchi

e i pilastri che sembravano illuminarsi da una parte e dall'altrai loropassi risuonavano rumorosamentecome se

avessero scambiato la chiesa per una sala da ballo e si accingessero adanzare mano nella mano intorno all'altare. Era

uno spettacolo così spumeggiante che pochi si accorsero di un singolareevento che aveva segnato il loro ingresso: nel

momento in cui il piede della sposa aveva varcato la sogliala campana avevasuonato pesantemente nella torre sopra di

leifacendo udire il suo cupo rintocco. Le vibrazioni si erano appena spentequando risuonarono di nuovocon

prolungata solennitàmentre la sposa procedeva all'interno della chiesa.

«Buon Dioche cattivo auspicio!»sussurrò una giovane al suo fidanzato.

«Sul mio onore»replicò il giovane«io credo che la campana abbiasuonato di propria iniziativa. Che cosa

hanno a che vedere quei rintocchi con una cerimonia di nozze? Se fossi tumia cara Juliaad avvicinarti all'altarela

campana lancerebbe il suo suono più festosoma per lei sono soltantorintocchi funebri».

La sposa e il suo seguito erano troppo distratti al loro ingresso per udireil primo malaugurante rintoccoo

quanto meno per riflettere su questo singolare benvenuto all'altareeperciò proseguirono la marcia con immutata

allegria. Gli sfarzosi abbigliamenti del tempole giacche di vellutocremisii cappellini con i nastri doratile gonne con

la crinolinale setei broccati e i tessuti ricamatile fibbiei bastonie gli spadinitutti ostentati a vantaggio di queste

persone avvezze a tanta eleganzafacevano apparire il corteo più simile aun quadro vivacemente colorato che a una

vera cerimonia. Ma per quale gusto perverso l'artista aveva rappresentato laprotagonista così avvizzita e cadente pur

adornandola dei più splendidi abiticome se un'adorabile fanciulla fosse dicolpo invecchiataper impartire così una

lezione alle belle donne intorno a lei? Lo scintillante corteo proseguivacomunque il suo cammino e aveva percorso un

terzo della navata quando un altro rintocco della campana sembrò celare unafitta oscurità nella chiesaavvolgendo il

lieto corteo come in una nebbiadalla quale riemerse poi ancorascintillante.

Questa volta la sposa e i suoi accompagnatori trasalironosi fermarono e sistrinsero vicini l'un l'altromentre

qualche dama lanciava un gridolino e gli uomini mormoravano confusamente traloro. Tutti vacillavano avanti e

indietrocosì che potevano essere fantasiosamente paragonati a unosplendido mazzo di fiori improvvisamente investito

da una folata di vento che minacciava di spogliare dei suoi petali unavecchia rosa appassita sullo stesso stelo con due

freschi boccioli: questa era l'immagine che offriva la vedova tra le suegiovani e avvenenti damigelle. Era tuttavia

ammirevole per la sua forza d'animo: dopo aver trasalito con irrefrenabiletremorecome se il cupo rintocco della

campana fosse piombato sul cuorela vedova si era poi ripresamentre i suoiaccompagnatori erano ancora turbati

aveva preso la testa del corteo e aveva proseguito con sicurezza il camminolungo la navata. Ma la campana continuava

a rintoccare e vibrarecon la stessa dolente regolarità di quando undefunto viene accompagnato alla tomba.

«I miei giovani amici hanno i nervi alquanto scossi»osservò poi lavedovasorridendo al pastore davanti

all'altare. «Ma tanti matrimoni sono stati annunciati con lieti rintocchi dicampane per poi rivelarsi infeliciche spero in

miglior fortuna sotto questi diversi auspici».

«Signora»rispose sconcertato il pastore«questo strano evento mirichiama alla mente uno dei sermoni nuziali

del celebre vescovo Taylornel quale egli mescolava tanti pensieri di mortee di future calamitàcheper dirla nel suo

stile coloritosembrava addobbare di nero la camera nuziale e ritagliarel'abito della sposa da un drappo funebre. Ma era

consuetudine anche di altre popolazioni infondere un po' di tristezza nelleloro cerimonie nuzialicosì da ricordare la

morte mentre si stringe il vincolo che è il più importante della vita. Epertanto possiamo trarre una tristema utile

lezione da questi rintocchi funebri».

Ma anche se aveva dato al suo sermone un significato più profondoilpastore non mancò tuttavia di inviare un

suo assistente a indagare su quei rintocchi misteriosi e farli cessareperquanto fossero tristemente appropriati a quel.10

matrimonio. Trascorse un po' di tempodurante il quale il silenzio fuinterrotto soltanto da qualche sussurro e da risatine

soffocate scambiate tra gli accompagnatori della sposa e gli astantichedopo il primo momento di turbamentoerano

ora disposti a trovare un maligno motivo di divertimento nell'episodioperché i giovani hanno minor compassione per le

follie degli anziani che questi ultimi per quelle della gioventù. Per unattimo la vedova rivolse lo sguardo verso una

finestra della chiesacome per cercare la consunta lastra di marmo che avevadedicato al suo primo maritopoi abbassò

le palpebre sugli occhi spenti e i suoi pensieri furono attrattiirresistibilmente verso un altra tomba. Due uomini sepolti

l'uno con voce che giungeva al suo orecchiol'altro con un grido lontanolachiamavano a giacere accanto a loro. Forse

in un momento di sinceritàpensava a come sarebbe stato più lieto il suodestino sedopo molti anni di felicitàla

campana suonasse ora per il suo funerale e lei fosse accompagnata alla tombadal suo primo amoredivenuto da molto

tempo suo marito. Ma perché era ritornata a lui solo quando i loro freddicuori si ritraevano l'uno dall'altro?

Intantola campana a morto continuava a rintoccare così lugubre nell'ariache la stessa luce del sole sembrava

offuscarsi. E una vocedivulgata da chi era più vicino alle finestresidiffuse poi per la chiesa: un carro funebreseguito

da parecchie carrozzestava avanzando lentamente nella strada per portare undefunto al cimiteromentre la sposa

attendeva un vivente all'altare. Subito doposi udirono alla porta i passidello sposo e dei suoi amici. La vedova gettò

allora lo sguardo lungo la navata e strinse il braccio di una delle damigellecon la sua mano ossutae con tanta

involontaria forza che la bella ragazza tremò.

«Mi ha spaventatasignora!»esclamò. «In nome di Dioche cosaaccade?».

«Nientemia caraniente»rispose la vedovapoi le sussurròall'orecchio: «È una sciocca fantasia di cui non

riesco a liberarmi. Mi aspetto di veder entrare in chiesa il mio sposoaccompagnato dai miei due precedenti mariti come

testimoni!».

«Guardi!»esclamò allora la damigella. «Che cos'èun funerale?».

Mentre parlavauna lugubre processione entrò lentamente in chiesa. Venivanoper primi un vecchio e una

vecchiacome i più stretti congiunti a un funeralevestiti da capo a piediin un color nero che faceva risaltare i loro

pallidi volti e i candidi capellie l'uomoappoggiato a un bastonesosteneva la decrepita figura della vecchia col suo

braccio inerte. Dietro a loro comparve un'altra coppiae poi un'altraaltrettanto vecchienere e luttuose come la prima.

Quando furono più vicinila vedova riconobbe in ogni volto i tratti di suoiamici d'un tempo ormai dimenticatie

ritornaticome dalle loro tombeper avvertirla di preparare un sudarioocol propositoaltrettanto deprimentedi

mostrarle le loro rughe e infermitàe chiedere la sua compagnia come segnodel suo stesso decadimento. Per molte

allegre serate aveva danzato con loro in gioventùe orain quell'etàsenza gioiasi aspettava che qualche avvizzito

compagno chiedesse la sua manoe che si unissero tutti in una macabra danzaai rintocchi della campana a morto.

Mentre questi vecchi dolenti passavano lungo la navatasi vedeva che unbrivido scorreva da un banco all'altro

tra gli astanti impauriticome se qualcosafin'allora nascosto da quellefigureapparisse ora alla vista. Molti distolsero

lo sguardoaltri rimasero con espressione impietritauna ragazza diede unarisatina isterica e poi svenne col riso ancora

sulle labbra. Mentre la spettrale processione si avvicinava all'altareognicoppia si separava lentamentefinchéin

mezzo a loro comparve la figura che era stata degnamente introdotta conquesta lugubre pompaaccompagnata dalla

campana a morto e dal corteo funebre: era lo sposovestito nel suo sudario.

Nessun abbigliamento poteva essere più adatto al suo cadaverico aspetto: gliocchi avevano il bagliore di una

lampada sepolcraletutto il resto del corpo era irrigidito nella severacompostezza che i vecchi mostrano nella bara. Il

cadavere stava immobiletuttavia si rivolse alla vedova con una voce chesembrava confondersi coi rintocchi della

campanache cadevano pesantemente nell'aria mentre lui parlava.

«Vienimia sposa!»le dissero quelle labbra esangui. «Il carro funebreè prontoil necroforo ci sta attendendo

sulla porta del cimitero. Sposiamocie poi andiamo alle nostre bare!».

Come descrivere l'orrore della vedovache le conferì l'espressione glacialedella sposa di un morto? I suoi

giovani amici si fecero da partetremando alla vista del corteo funebredello sposo coperto dal sudario e della sposa:

tutta la scena esprimevacon una vivida immaginela vana battaglia delledorate vanità del mondo a confronto con le

infermità e le sofferenze della vecchiaia e della morte. L'inorriditosilenzio fu infine rotto dalla voce del pastore.

«Signor Ellenwood»disse in tono pacatoma anche imperioso«lei non stabenela sua mente è stata

sconvolta dalle insolite circostanze in cui lei si trova. La cerimoniadev'essere rimandata: mi permettacome suo

vecchio amicodi invitarla a ritornare a casa».

«A casasima non senza la mia sposa»rispose il vecchiocon la stessavoce cavernosa. «Voi pensate che sia

una burlao forse follia. Se avessi vestito la mia vecchia e curva figuracon abiti scarlatti e ricamatise avessi forzato le

mie labbra avvizzite a sorridere nonostante il cuore ormai spentoquestasarebbe stata una burla o una follia. Ma ora

giudichino i vecchi e i giovani: chi di noi è venuto qui senza gli abitinuzialilo sposo o la sposa?».

Detto ciòfece un malfermo passo avanti e si fermò accanto alla sposamettendo a confronto la drammatica

semplicità del suo sudario con lo sfarzo scintillante degli abiti con cuiella s'era abbigliata per questo infelice

avvenimento. Nessuno che li guardasse poteva negare la terribile forza dellalezione che la mente sconvolta del vecchio

aveva voluto impartire.

«Crudele!»gemette sgomenta la sposa.

«Sìcrudele!»ripeté lui; poi la sua cadaverica compostezza lasciòposto a uno sfogo d'amarezza. «Giudichi il

cielo chi di noi è stato crudele con l'altro. In gioventù mi hai privatodella felicitàdelle speranzedi ogni scopohai

privato la mia vita di ogni sostanza e l'hai trasformata in un sognosenzanemmeno la realtà sufficiente per piangerne

lasciando soltanto un'opprimente tristezza attraverso la quale ho camminatostancamentesenza curarmi di nulla. Ma.11

dopo quarant'anniquando ho costruito la mia tombanon volendo rinunciareal pensiero di riposartie non dopo quella

vita che un tempo sognavamoallora tu mi hai chiamato all'altaree al tuorichiamo io sono qui. Ma altri mariti hanno

goduto della tua gioventùdella tua bellezzadel calore del tuo cuoreditutto ciò che può essere considerato la tua vita.

Che cosa mi è rimastose non la tua decadenza e la morte? E così hoinvitato questi amici al funeraleho chiesto i

solenni rintocchi funebri del sagrestanoe sono venuto qui nel mio sudarioper sposarticome in una funzione funebre

così che possiamo congiungere le nostre mani davanti all'ingresso delsepolcro ed entrarvi insieme».

Non era follianon era nemmeno l'ebbrezza di una forte emozione cui il suocuore non era avvezzoquella che

ora si impadronì della sposa. La severa lezione di quel giorno avevaprodotto il suo effetto e il suo spirito mondano era

scomparso. Prese allora la mano dello sposo.

«Sì!»esclamò. «Sposiamocianche davanti alla soglia del sepolcro! Lamia vita se n'è andata in vacua vanità

ma al suo termine è rimasto almeno un sentimento sinceroche ha fatto di meciò che ero in gioventùche mi rende

degna di te. Non abbiamo più tempotutti e due: sposiamoci ora perl'eternità!».

Con un lungo sguardo profondo lo sposo la guardò negli occhimentre lelacrime bagnavano i suoi. Che strano

quell'affiorare di sentimenti così umani dal gelido petto di un cadavere!Poi si asciugò le lacrime col sudario.

«Amore della mia gioventù»le disse«sono stato un folle. Ladisperazione di tutta la mia vita è riaffiorata d'un

tratto e mi ha fatto impazzire. Perdonamie sarai perdonata. Sìè ormaisera per noie non abbiamo realizzato nessuno

dei nostri sogni mattutini di felicità. Ma ora uniamo le nostre mani davantiall'altarecome innamorati che circostanze

avverse hanno separato per tutta la vitama che si incontrano di nuovomentre stanno per lasciarla e scoprono che il loro

amore terreno si è trasformato in qualcosa di sacro come la religione. E checos'è il tempo per coloro che sono sposati

per l'eternità?».

Tra le lacrime di molti e un tumulto di sentimenti nelle persone piùsensibilifu così celebrata l'unione tra due

anime immortali. Il corteo dei vecchi dolentilo sposo canuto nel suosudarioil pallore della sposa sfiorita e i rintocchi

della campana a morto che sovrastava con la sua voce profonda le parole delrito nuzialetutto ciò segnò il funerale di

quelle speranze terrene. Ma mentre proseguiva la cerimonial'organocomecommosso da quella scena impressionante

innalzò un inno che si mescolò dapprima con i lugubri rintocchi e poi sialzò con più elevate notefinché l'anima si

chinò a guardare le sue pene. E quando la triste cerimonia fu terminata euna gelida mano nell'altra gli sposi

dell'eternità si ritiraronole solenni note trionfali dell'organosommersero i lugubri rintocchi della campana nuziale.

IL VELO NERO DEL PASTORE

Parabola

Nel portico della chiesa di Milfordil sagrestano stava tirandoenergicamente la fune della campana. I vecchi

del villaggio avanzavano chini su per la strada. I bambiniaccesi in voltosgambettavano allegramente accanto ai

genitorioppure imitavano un passo più graveconsapevoli della dignitàdei loro abiti domenicali. Azzimati giovanotti

lanciavano occhiate alle belle ragazzeimmaginando che il sole del giorno difesta le rendesse ancor più graziose che

negli altri giorni. Quando la piccola folla fu quasi tutta affluita oltre ilporticoil sagrestano iniziò a far rintoccare la

campanatenendo d'occhio la porta di casa del reverendo Hooper.L'apparizione della figura del pastore era il segnale

che faceva cessare i rintocchi della campana.

«Ma che cos'ha sul volto il buon pastore Hooper?»esclamò sbigottito ilsagrestano.

Nell'udirlotutti si voltarono immediatamenterivolgendo lo sguardo versola figura del pastore Hooper che

avanzava con passo lento e assorto verso il luogo di culto. Come di comuneaccordo tutti trasalironomostrandosi

stupiti come se qualche pastore sconosciuto fosse lì giunto a occupare ilposto del reverendo Hooper sul pulpito.

«Sei sicuro che sia proprio il nostro parroco?»domandò al sagrestanoGoodman Gray.

«Certo che è il buon pastore Hooper»rispose il sagrestano. «Dovevascambiare il pulpito col pastore Shute di

Westburyma questi ha mandato ieri le sue scuse perché doveva tenere unsermone a un funerale».

La causa di tanto scalpore può sembrare piuttosto insignificante. Ilreverendo Hooperuna dignitosa persona

d'una trentina d'anniera vestito come si conviene a un ecclesiasticoebenché fosse ancora scapolosembrava che una

moglie premurosa gli avesse inamidato il collare e spolverato con curacomeogni settimanal'abito domenicale.

Soltanto una cosa dava nell'occhionel suo aspetto: un velo nero cinto sullafronte e sospeso sul volto fin dove era

scosso dal suo alito. Visto più da vicinoil velo sembrava comporsi di duefalde di crespoche celavano completamente

il volto. tranne la bocca e il mentoma probabilmente non gli ostruivano lavistase non per mostrargli un aspetto più

scuro di tutte le cose viventi e inanimate. Con questa cupa ombra davanti aséil buon reverendo Hooper camminava

con passo lento e sicuroun po' chino a guardare in terracom'èconsuetudine degli uomini assortima rivolgendo

garbati cenni del capo a quei suoi parrocchiani che ancora sostavano suigradini della chiesa. Ma erano così sconcertati

costoroche quasi non gli ricambiavano il saluto.

«Non riesco davvero a immaginarlala faccia del buon reverendo Hooperdietro a quel pezzo di crespo»

osservò il sagrestano.

«Non mi piace»brontolò una vecchiazoppicando dentro il luogo di culto.«Si è tramutato in qualcosa che fa

paurasolo nascondendosi il volto».

«Il nostro parroco è impazzito!»esclamò Goodman Grayseguendolo oltrela soglia..12

La voce di qualche inspiegabile avvenimento aveva preceduto il reverendoHooper dentro il luogo di cultoe

aveva suscitato un certo fermento in tutta la congregazione dei fedeli. Pochisi trattennero dal volgere la testa verso la

portamolti si alzarono in piedi e si avviarono direttamente verso l'uscitaalcuni bambini s'arrampicarono sui sedili

discendendone poi con grande fracasso. Il trambusto era generaletra ilfrusciare delle sottane e lo scalpiccio dei piedi

ben diverso da quell'attutita deferenza che solitamente accompagnaval'ingresso del pastore. Ma il reverendo Hooper

non sembrò accorgersi del fermento che serpeggiava tra i suoi fedeli. Entròcon passo quasi impercettibilerivolgendo

lievi cenni del capo a una fila e all'altra dei banchiinchinandosi nelpassare accanto al suo più anziano parrocchianoun

canuto vegliardo che occupava una sedia a braccioli nel mezzo della navata.Fu singolare a vedersi la lentezza con cui il

venerando fedele si accorse di qualcosa di strano nell'aspetto del suopastoree sembrò partecipare al generale stupore

solo quando il reverendo Hooper ebbe salito i gradini e si mostrò sulpulpitofaccia a faccia davanti alla sua

congregazionenon fosse stato per quel misterioso velo nero che mai fusollevato dal suo volto. Il velo si muoveva col

respiro cadenzato del pastore al canto del salmorifletteva la sua oscuritàsulla sacra pagina quando lui leggeva le

Scritturee mentre egli pregavacopriva la sua elevata espressione. Forsevoleva nasconderla al supremo Essere al quale

egli si rivolgeva?

Tale fu l'effetto di quel semplice lembo di crespoche più di una donnadelicata di nervi fu costretta a lasciare

il luogo di culto. Ma forse i volti pallidi dei suoi fedeli erano per lui unavista quasi altrettanto sconcertante di quella che

offriva loro il suo velo nero.

Il reverendo Hooper aveva fama di buon predicatoreanche se non moltovigorosoe si sforzava di conquistare

il suo gregge al Regno dei Cieli con la dolce forza della persuasioneanziché costringerlo con i fulmini della parola. Il

sermone che pronunciò era caratterizzato dallo stesso tono e stile della suasolita oratoria dal pulpitoma conteneva

anche qualcosavuoi nel sentimento o nell'immaginazione dei suoiascoltatoriche ne faceva l'arringa più eloquente che

essi avessero mai udito dalle labbra del loro pastore. Anche se un po' piùoscuro del solitoil sermone era improntato

dalla delicata malinconia tipica del temperamento del reverendo Hooperel'argomento si riferiva a quei segreti peccati

a quei dolorosi misteri che teniamo celati anche alle persone più care evicinee che vorremmo nascondere anche alla

nostra stessa coscienzadimenticando che l'Onnisciente può semprericonoscerli. Una forza sottile emanava dalle sue

parolee tutti i membri della congregazionedalla più innocente fanciullaall'uomo più incallitoavevano la sensazione

che il predicatore penetrasse dentro di lorodietro a quel suo pauroso veloscoprendo tutte le loro iniquità accumulate

nei fatti e nei pensieri. Molti tra loro tenevano le mani intrecciate sulpetto. In ciò che diceva il pastore non v'era niente

di terribilee tanto meno di violentoeppurea ogni tremito della sua vocemalinconicagli ascoltatori erano percorsi da

un brivido. Un'emozione mai prima provata si accompagnava alla soggezione cheegli incuteva. Gli ascoltatori

avvertivano un qualche indesiderato potere nel loro pastoretanto dadesiderare che un alito di vento sollevasse il suo

veloquasi credendo che si sarebbe allora rivelato il volto di unosconosciutoanche se la figurai gesti e la voce erano

quelli del reverendo Hooper.

Al termine della funzionei fedeli si affrettarono all'uscita in una ressaindecorosaimpazienti di comunicare il

loro represso stuporeconsapevoli del loro sollievo non appena quel velonero era scomparso davanti ai loro occhi.

Alcuni si radunavano in capannellistringendosi accanto agli altri ebisbigliando tutti insiemealtri si incamminavano

soli verso casaimmersi in silenziose meditazionialtri ancora parlavano adalta voceprofanando anche il giorno

festivo con ostentate risate. Alcuni scrollavano maliziosamente la testadando a credere che potevano svelare quel

misterouno o due affermavano che non esisteva nessun misteroma soltantoil fatto che gli occhi del reverendo Hooper

erano così affaticati dalla luce notturna della lampada da richiedere ilriparo di quel velo. Dopo qualche tempo uscì

anche il buon reverendo Hooperal seguito del suo gregge. Volgendo il voltovelato da un gruppo di persone all'altro

rese il debito omaggio alle teste canutesalutò i fedeli di mezza età conaffabile dignitàin quanto loro amico e guida

spiritualesi rivolse ai giovani con amorevole autorità e posò la mano sulcapo dei più piccoli per benedirlicom'era sua

consuetudine nei giorni festivi. Occhiate strane e sconcertate ripagaronoquesti suoi gesti di cortesiama nessuno

ambivacome in precedenti occasioniall'onore di camminare a fianco del suopastore. L'anziano cavalier Saunders

sicuramente per una fortuita amnesiadimenticò di invitare il pastoreHooper al suo descodove il buon ecclesiastico

era solito benedire il cibo quasi tutte le domeniche dal giorno del suoinsediamento. Il pastore fece quindi ritorno alla

sua canonica eal momento di chiudere la portasi voltò a guardare i suoifedeliche avevano tutti gli occhi puntati

verso di lui. Un triste sorriso comparve fugacemente sotto al velo neroincrespandogli le labbrae balenò mentre egli

scompariva alla vista.

«Che strano»commentò una donna«che un semplice velo nerosimile aquello che qualsiasi donna potrebbe

portare sul suo cappellinopossa sembrare qualcosa di così orribile sulvolto del reverendo Hooper!».

«Qualcosa dev'essersi sicuramente guastato nell'intelletto del reverendoHooper»diagnosticò suo maritoil

medico del villaggio. «Ma ciò che è ancor più strano è l'effetto cheproduce questa stravaganza anche su una mente

lucida come la mia. Quel velo neroanche se copre soltanto il volto delnostro pastoreesercita la sua influenza su tutta

la sua persona e lo fa apparire uno spettro da capo a piedinon tisembra?».

«Certamente»rispose la moglie«e non vorrei trovarmi sola con lui pertutto l'oro del mondo. Mi domando se

non abbia timore di essere solo con se stesso!».

«Gli uominia voltesono fatti così»commentò suo marito.

Anche la funzione pomeridiana si svolse in analoghe circostanze. Quandoterminòla campana suonò per il

funerale di una giovane donna. I parenti e gli amici erano radunati nellacasamentre i semplici conoscenti stavano sulla

porta e parlavano delle qualità della defunta quando la loro conversazionefu interrotta dalla comparsa del reverendo.13

Hooperil volto ancora coperto dal velo neroemblema ora appropriato allacircostanza. L'ecclesiastico entrò nella

stanza in cui era composta la salma e si chinò sul feretro per prenderel'estremo congedo dalla sua defunta parrocchiana.

Mentre era lì chinoil velo gli ricadde dalla frontecosì chese le suepalpebre non fossero state chiuse per semprela

giovane defunta avrebbe potuto vedere il suo volto. Il reverendo Hooper avevaforse così paura di quello sguardo da

affrettarsi ad accostare il suo velo nero? Una persona che assisté aquell'incontro tra la defunta e il vivente non esitò ad

affermare chenon appena il pastore rivelò le sue fattezze. il cadavere fupercorso da un lieve brivido che fece fremere il

sudario e la cuffia di mussolaanche se l'espressione conservò lacompostezza della mortema una vecchia superstiziosa

fu l'unica testimone di questo prodigio. Dal feretroil pastore Hooperpassò poi alla stanza in cui erano raccolti i dolenti

e da lì salì in cima alle scaledove pronunciò l'orazione funebre. Fuun'orazione tenera e commoventeintrisa di dolore

ma anche così colma di ultraterrene speranze che la musica celestiale diun'arpapizzicata dalle dita della defunta

sembrò echeggiare fiocamente tra i più mesti accenti del pastore. Ipresenti tremaronopur comprendendo solo

vagamente il significatoquando il pastore pregò che essilui stesso etutti i mortali fossero pronticome confidava che

fosse la giovane defuntaa quell'ora fatale che avrebbe strappato il velodal loro volto. Poi i necrofori avanzarono con

passo pesanteseguiti dai dolenti che rattristavano la strada dietro alferetroseguiti a loro volta dal reverendo Hooper

col suo velo nero.

«Perché ti volti a guardare?»domandò una della processione alla suavicina.

«Ho avuto la sensazione»rispose questa«che il pastore e lo spirito diquella fanciulla stessero camminando

mano nella mano».

«Anch'io l'ho avutanello stesso momento»le disse l'altra.

Quella serala più bella coppia del villaggio di Milford doveva essereunita in matrimonio. Pur essendo

considerato un uomo malinconicoil pastore Hooper mostrava in questeoccasioni una bonaria giovialità che suscitava

spesso un sorriso di simpatialaddove una più vivace allegria sarebbe statadisdicevolee nessun altro aspetto del suo

carattere lo rendeva benvoluto come questo. La compagnia degli invitatiattendeva il suo arrivo con impazienza

augurandosi che fosse stata ora fugata quella strana cappa di mestizia chel'aveva accompagnato tutto il giorno. Ma ciò

non era accaduto: all'arrivo del reverendo Hooperla prima cosa su cui siposarono i loro sguardi fu quello stesso

orribile crespo nero che aveva reso ancora più mesto il funeralee chepoteva far presagire soltanto male a una

cerimonia di nozze. Tale fu l'effetto immediato tra gli ospiti che una foscanube sembrò sollevarsi da sotto al crespo

nero. offuscando la luce delle candele. La coppia di sposi si alzò in piedidavanti al pastorema le gelide dita della sposa

fremevano nella mano tremula dello sposoe il suo mortale pallore indussetaluni a mormorare che la fanciulla da poche

ore sepolta fosse risorta dalla tomba per sposarsi. Se un altro matrimonio fualtrettanto lugubre fu quellodivenuto

famosoin cui furono suonate le campane a morto. Celebrata la cerimoniailreverendo Hooper sollevò un bicchiere di

vino alle labbra per augurare felicità ai novelli sposicon uno sforzo digiovialità che avrebbe dovuto ravvivare

l'espressione degli invitati come l'allegro bagliore del focolare. Ma in quelmomento il pastore scorse la propria

immagine nello specchio e il velo nero avvolse anche il suo spirito in quellasensazione di angoscia che aveva

sopraffatto tutti gli altri. Il suo corpo fu percorso da un brividolelabbra gli si sbiancaronoe il reverendo rovesciò sul

tappeto il vino che non aveva ancora assaggiatopoi corse fuori nel buio.Anche la terra ora era coperta da un velo nero.

E giorno dopo tutto il villaggio di Milford non parlava quasi d'altro che delvelo nero del parroco Hooper.

Questo velo e il mistero che nascondeva offrivano argomento di discussione acoloro che s'incontravano per strada e

alle brave donne che pettegolavano alle loro finestre aperte. Era questa laprima notizia che l'oste dava ai suoi avventori

e anche i bambini ne farfugliavano mentre andavano a scuola. Un monello chevoleva imitarlo si coprì il volto con un

vecchio fazzoletto nero e impaurì a tal punto i suoi compagni di gioco chefu contagiato dal loro stesso spaventoe per

poco non uscì di senno a causa della sua stessa burla.

Strano a dirsitra tutti i ficcanaso e gli impertinenti della parrocchianessuno si azzardava a chiedere al

reverendo Hooper ragione del suo comportamento. Fin'alloraogni volta che sipresentava il minimo motivo per tali

interferenzenon gli erano mai mancati consigliné egli si era maimostrato riluttante ad ascoltare gli altrui pareri. Se

mai aveva commesso qualche erroreera stato anzi per una sua penosa mancanzadi fiducia in sétale da indurlo a

considerare una colpa la propria indifferenza anche alla più lieve dellecritiche. Tuttaviapur conoscendo bene questa

sua amabile debolezzanessuno dei suoi parrocchiani si azzardò a fare diquel velo oggetto di amichevoli censure. Una

sensazione di pauranon apertamente confessata né attentamente dissimulatainduceva ognuno a scaricarne su altri la

responsabilitàfinché fu infine giudicato opportuno inviare unadelegazione della parrocchia per chiedere al reverendo

Hooper delucidazioni su quel misteroprima che diventasse uno scandalo. Maiambasciatori assolsero così male la loro

missione. Il pastore li accolse con cordiale cortesiama rimase in silenzioquando si furono sedutilasciando ai suoi

visitatori l'oneroso compito di introdurre l'importante questioneanche seera facile supporre quale fosse l'argomento. Il

velo nero era lìcinto intorno alla fronte del reverendo Hoopernascondendo ogni suo lineamento al di sopra della

serena espressione della boccasulla quale si poteva scorgere di quando inquando l'accenno di un malinconico sorriso.

Ma quel lembo di crespo sembrava ai loro occhi sospeso sul suo cuorecomesimbolo di un pauroso segreto che si

frapponeva fra loro. Se il velo fosse cadutoavrebbero potuto parlarneliberamentema soltanto allora. Rimasero perciò

seduti lì a lungoincapaci di parlareconfusi e intimoriti sotto gli occhidel reverendo Hooperche sentivano puntati su

di sé con uno sguardo invisibile. Infine la delegazione ritornò mortificataai suoi mandantidichiarando che la questione

era troppo grave per essere trattata da altri che da un consiglio dellechiesese nonaddiritturada un sinodo generale.

Un'abitante del villaggio non era stata però contagiata dalla paura che quelvelo nero incuteva a tutte le persone

che ella aveva intorno. Quando i delegati fecero ritorno senza dare alcunaspiegazionee senza aver nemmeno osato.14

chiederne unaquesta donna prese la decisionecon la serena determinazionedel suo caratteredi cacciar via quello

strano alone che sembrava incombere sul reverendo Hooper e divenire dimomento in momento più cupo. Come sua

promessa sposasarebbe stato suo privilegio scoprire per prima che cosacelava quel velo nero. Alla prima visita del

pastoreaffrontò quindi l'argomento con una schietta semplicità che resepiù facile il compito per ambedue. Quando il

pastore si fu sedutoella appuntò attentamente lo sguardo sul velomasenza riuscire a scorgere quella cappa di paura

che aveva tanto intimidito gli altri: era soltanto una doppia falda dicresposospesa dalla fronte alla boccadove

s'increspava lievemente al suo respiro.

«No»disse la donna ad alta vocesorridendo«questo pezzo di crespo nonha niente di terribilese non che

nasconde un volto che guardo sempre con piacere. Orsùmio signorelasciasplendere il sole dietro a quella nuvola!

Metti da parte quel velo neroe poi dimmi perché l'hai messo sul tuovolto».

E reverendo Hooper mostrò un fievole sorriso.

«Arriva sempre un momento»rispose«in cui tutti noi dobbiamo scostare inostri veli. Ma non avertene a

malecara amicase fin'allora porterò questo pezzo di crespo».

«Anche le tue parole sono misteriose»replicò la giovane donna. «Spogliaalmeno queste del loro velo».

«Lo faròElizabeth»rispose il pastore«per quanto può consentirmeloil mio voto. Devi saperedunqueche

questo velo è un emblemaun simboloe devo portarlo semprealla luce e albuionella solitudine e davanti allo

sguardo della moltitudinedi fronte agli estranei e agli amici più cari.Nessuno sguardo di mortale lo vedrà mai

sollevarsi. Quest'ombra cupa deve separarmi dal mondoe nemmeno tuElizabethpotrai mai varcarla!».

«Quale funesta sventura ti ha colpito»domandò lei con maggior ardore«per cui devi oscurare così il tuo

sguardo per sempre?».

«Se fosse un segno di lutto»rispose il reverendo Hooper«anch'ioforseal pari di quasi tutti i mortaliavrei

tali pene da rappresentarle con un velo nero».

«E se il mondo non credesse che questo è il simbolo di un comune dolore?»lo incalzò Elizabeth. «Per quanto

tu sia amato e rispettatopuò correre voce che tu nasconda il tuo volto perla coscienza di qualche segreto peccato. Per

amore del tuo sacro ufficiofai cessare questo scandalo!».

Un rossore le imporporò le guance nell'alludere alla natura delle voci chegià correvano nel villaggio. Ma la

consueta dolcezza non venne meno al reverendo Hoopere sorrise di nuovoconquel solito mesto sorriso che sempre

trapelavacome un fievole barlume di lucedall'oscurità dietro al suovelo.

«Se nascondo il mio volto per qualche doloreil motivo può esseresufficiente»si limitò a rispondere. «E se

mai lo coprissi per un segreto peccatoquale altro mortale non potrebbe farealtrettanto?».

E con questa dolcema irriducibile ostinazioneil pastore resisté a tuttele suppliche di Elizabethche alla fine

rimase in silenzio. Per qualche minuto sembrò assorta nei suoi pensierimeditando forse su quali altri espedienti tentare

per allontanare il suo amato da così cupe fantasie chese non avevano altrisignificatierano forse sintomo di qualche

malattia mentale. Benché fosse di carattere più forte di luile lacrime lescesero sulle gote. Macome in un attimoun

nuovo sentimento prese il posto del doloree mentre il suo sguardoinsensibile era posato su quel velo neroil terrore

che esso incuteva calò intorno a lei come un'ombra improvvisa nell'aria.Allora Elizabeth si alzò e rimase tremante

davanti a lui

«È questo che proviallora?»le domandò lui con voce dolente.

Lei non diede rispostama si coprì gli occhi con la manopoi si voltò perlasciare la stanza. Lui la rincorse e

l'afferrò per un braccio.

«Devi essere paziente con meElizabeth»esclamò con passione. «Non miabbandonareanche se questo velo

deve stare sempre tra noi su questa terra. Sii miae poi non ci sarà piùvelo sul mio voltoné oscurità tra le nostre

anime. Non è che un effimero velonon è per l'eternità! Ahtu non saiquanto sono soloquanta paura ho di rimanere

solo dietro al mio velo nero! Non mi lasciare per sempre in questa infeliceoscurità!».

«Alza quel velo almeno una volta e guardami in faccia»lei gli chiese.

«Mainon posso!»esclamò il reverendo Hooper.

«E allora addio»disse Elizabeth.

Ritrasse il braccio dalla sua presa e lentamente si allontanòfermandosisulla porta per rivolgergli un lungo

tremante sguardo che sembrò quasi penetrare il mistero del velo nero. Manonostante il suo doloreil reverendo Hooper

sorrisenel pensare che soltanto un simbolo materiale lo aveva separatodalla felicitàanche se il turbamento che esso

incuteva doveva essere per sempre calato cupamente anche tra i piùappassionati amanti.

Dopo d'allora non fu più fatto alcun tentativo per far rimuovere il velonero del reverendo Hooperné per

scoprirecon una diretta petizionequal era il segreto che si supponevanascondesse. Da coloro che si dichiaravano

superiori ai pregiudizi popolari era considerato soltanto un'eccentricastravaganzasimile a quelle che sovente

s'introducono nel comportamento assennato di persone peraltro ragionevoliimprontandolo con una parvenza di follia.

Ma per la moltitudine il buon reverendo Hooper era ormai definitivamente unospauracchio. Non poteva passeggiare

tranquillamente per le stradeassillato com'era dal pensiero che le personemiti e timide avrebbero scantonato per

evitarlo e che altreinveceincrociavano volutamente il suo cammino per darprova della loro forza d'animo. Fu

l'impudenza di questi ultimi che lo costrinse infine a rinunciare alla suasolita passeggiata al tramontofino al cimitero

dovechinandosi pensoso sul cancellovedeva sempre volti che spiavano ilsuo velo nero dietro alle lapidi. Si

raccontava anche la favola che fossero gli sguardi dei defunti a condurlo finlì. Il pastore si rattristava fin nel profondo

del cuore nel vedere i bambini che fuggivano al suo avvicinarsiinterrompendo i loro giochi spensierati quando la sua.15

malinconica figura era ancora lontana. La loro istintiva paura lo inducevasempre più a pensare che qualcosa di terribile

sovrannaturaledoveva essere intrecciato tra i fili di quel crespo nero. Inveritàtale era la sua ben nota avversione per

quel velo che evitava sempre di passare davanti a uno specchio o di chinarsia bere a una fontana per tema di essere

spaventato dalla sua stessa immagine riflessa nelle limpide acque. Era ciòche dava conferma alle voci secondo cui la

coscienza del reverendo Hooper era tormentata da qualche terribile delittotroppo grave per essere tenuto del tutto

nascostose non rivelandolo così oscuramente. Da sotto a quel velo nero sialzava perciò alla luce un'ambigua cappa di

peccato e di rimorso che avvolgeva il povero pastoretanto da impedire cheaffetto e simpatia potessero raggiungerlo. Si

diceva anche che lì sotto spettri e demoni si annidassero accanto a lui. Tratremiti interiori ed esterne paureil pastore

camminava continuamente all'ombra del suo velobrancolando nel buio dellasua animaoppure scrutando il mondo

intorno a sé attraverso quella cortina che lo immalinconiva. Persino ilvento senza leggesi dicevarispettava il suo

spaventoso segretoe mai un suo alito sollevava quel velo. Eppureil buonreverendo Hooper continuava a sorridere

tristemente ai volti pallidi della folla terrena davanti a cui passava.

Tra tutte le sue nefaste influenzequel velo nero ebbe però l'unicopositivo effetto di trasformare chi lo portava

in un ecclesiastico molto capace. Grazie all'aiuto di quel misteriososimbolonon essendoci altre cause apparentiil

pastore diventò un uomo dotato di un enorme potere sulle anime di coloro cheerano tormentati dal peccato. Le persone

da lui convertite lo guardavano sempre con un loro peculiare timore eaffermavanoma solo in senso figuratoche prima

di essere condotte da lui alla luce del cielo gli erano state accanto dietroal velo nero. La sua malinconia gli consentiva

infatti di essere in sintonia con tutti i più cupi sentimenti. I peccatorimorenti invocavano il suo nomee trattenevano

l'ultimo respiro finché egli non comparivaanche sequando si chinava persussurrare parole di consolazione

trasalivano davanti a quel volto velato così vicino al loro. Tale era ilterrore che incuteva quel velo neroanche quando

la morte aveva denudato il suo volto! Forestieri giungevano da lontanelocalità per assistere alle funzioni nella sua

chiesacol solo ozioso scopo di vedere la sua figuraessendo vietatocontemplarne il voltoe molti erano quelli che

tremavano fino al momento della partenza. Un giornodurantel'amministrazione del governatore Belcheril reverendo

Hooper fu invitato a pronunciare un sermone elettorale. Coperto dal suo velosi presentò al primo magistratoal

consiglio e ai rappresentantie produsse una così profonda impressione chele misure legislative di quell'anno furono

improntate tutte dalla malinconica pietà della nostra più anticatradizione.

In tal modo il reverendo Hooper trascorse una lunga vitaesteriormenteirreprensibilema circondata da foschi

sospetti: dolce e amorevolesebbene non amato e oscuramente temutoera unuomo separato dagli altri uominida loro

scansato quand'erano felici e in buona salutema sempre chiamato in lorosoccorso al momento della mortale agonia.

Mentre gli anni trascorrevanosciogliendo le loro nevi sul suo luttuosoveloegli acquistava fama in tutte le chiese del

New Englanddov'era ora chiamato padre Hooper. Quasi tutti i suoiparrocchianiche erano d'età matura quando si era

insediato nel suo incaricoerano stati ormai portati via da molti funeralicosì che ora egli aveva una congregazione

nella chiesa e un'altrapiù numerosanel cimitero. Dopo aver lavorato finoa così tarda ora della sera e avendo svolto

così bene la sua operagiunse infine il momento di riposare anche per ilbuon padre Hooper.

Parecchie persone erano visibili alla fioca luce delle candele intorno alcapezzale del vecchio ecclesiastico.

Non aveva parenti naturalima era presente il medicodignitoso e graveseppur imperturbabileil quale si sforzava

soltanto di mitigare gli ultimi tormenti del paziente che non poteva piùsalvare. Erano presenti i diaconi e altri eminenti

e devoti membri della sua chiesa. Era presente anche il reverendo Clark diWestburyun giovane e zelante ecclesiastico

accorso in tutta fretta a pregare al capezzale del pastore moribondo. E c'eral'infermieranon una prezzolata ancella della

mortema una donna che aveva conservato fin'allora la sua serena devozionein segretoin solitudinenel gelo dell'età

avanzatae che non desisteva nemmeno nell'ora della morte. E chi potevaesserese non Elizabeth? E lìsul guanciale

era posato il capo canuto del buon padre Hoopercol suo velo nero semprecinto intorno alla fronte e calato sul volto

così che s'increspava a ogni sempre più stentato ansito del suo fievolerespiro. Per tutta la sua vita quel lembo di crespo

era stato calato tra lui e il mondol'aveva separato dall'allegra compagniadei fratelli e dall'amore di una donnal'aveva

tenuto prigioniero nella più triste delle celleil suo cuoree ancora eracalato sul suo voltocome per accrescere la

malinconia di quella stanza buia e ripararlo dalla luce del soledell'eternità.

Per qualche tempo la sua mente confusa aveva vagato nel dubbiotra passato epresentelibrandosi di quando

in quando aldilànell'indistinto mondo a venire. Aveva avuto accessifebbriliche l'avevano squassato da parte a parte

logorando quelle poche forze che ancora aveva. Ma anche nei suoi momenti piùconvulsinei più incontrollati

vaneggiamenti della sua mentequando nessun altro pensiero conservavaluciditàegli mostrava sempre l'assillante

preoccupazione che il velo nero gli scivolasse dal volto. Tuttaviaanche sela sua anima tormentata poteva averlo

dimenticatouna donna fedele era sempre accanto al suo capezzale edistogliendo lo sguardoavrebbe coperto quel

volto invecchiato che per l'ultima volta aveva contemplato nella bellezzadella maturità. Infineil vecchio moribondo si

distese nel torpore dello sfinimento fisico e mentalecol polso quasiimpercettibile e il respiro sempre più fievolese

non quando un ansito più lungoprofondo e irregolare sembrava preludereall'esalazione del suo spirito.

Il pastore di Westbury si avvicinò al capezzale.

«Venerabile padre Hooper»gli disse«il momento della tua liberazione èvicino. Sei pronto a sollevare il velo

che separa il tempo dall'eternità?».

Padre Hooper rispose dapprima soltanto con un lieve movimento del capomapoiforse temendo che il suo

significato potesse essere dubbiosi sforzò di parlare.

«Sì»rispose con voce fievole«la mia anima dovrà stancamentepazientare finché sarà sollevato quel velo»..16

«Ma è giusto»soggiunse il reverendo Clark«che un uomo così deditoalla preghieraun così immacolato

esempiosanto nelle azioni come nei pensieriper quanto può giudicare unmortaleè giusto che un padre della chiesa

lasci sul suo ricordo un'ombra che sembra oscurare una vita così pura? Tipregomio venerabile fratellonon lasciare

che ciò avvenga! Consentici di allietarci alla vista del tuo trionfanteaspetto mentre vai a ricevere la tua ricompensa!

Prima che si alzi il velo dell'eternitàpermettimi di levare questo velonero dal tuo volto!».

Così dicendoil reverendo Clark si chinò per svelare il mistero di tantianni. Ma alloramostrando

un'improvvisa energia che fece trasalire tutti i presentipadre Hoopersollevò ambedue le mani da sotto le coperte e le

premette con forza sul velo neroben deciso a opporsi se il pastore diWestbury avesse voluto sfidare un moribondo.

«Mai!»esclamò l'ecclesiastico velato. «Su questa terra mai!».

«Vecchio tenebroso!»esclamò il pastore spaventato. «Con quale tremendodelitto sulla coscienza stai ora per

presentarti al giudizio?».

Padre Hooper respirava affannosamenterantolandoma con un estremo sforzotese avanti le mani chiuse

come per afferrare la vita e trattenerla finché non fosse riuscito aparlare. Si sollevò perfino sul letto e si mise seduto

rabbrividendo tra le braccia della morte. Il velo era calato sul visoterribile fino a quell'ultimo momentonell'angoscia

che aveva raccolto per tutta la vita. Eppurequel lieve e mesto sorrisochecosì spesso era comparsoora sembrava

balenare nell'oscurità e aleggiare sulle labbra di padre Hooper.

«Perché tremate soltanto per me?»esclamòvolgendo il viso velatointorno alla cerchia degli spettatori

impalliditi. «Tremate anche l'uno dell'altro! Gli uomini mi hanno scansatole donne non hanno mostrato alcuna pietài

bambini sono fuggiti gridandoe soltanto per il mio velo nero? Che cosasenon il mistero che così oscuramente

simboleggiafa apparire così spaventoso questo pezzo di crespo? Quandol'amico mostrerà l'intimo suo cuore all'amico

e l'amante alla donna amataquando l'uomo non tenterà vanamente disottrarsi alla vista del suo Creatorecustodendo

miserevolmente il segreto del suo peccatoallora consideratemi pure unmostro per il simbolo sotto il quale sono vissuto

e ora muoio! Guardo intorno a me ed eccosu ogni voltovedo un velonero!».

Mentre gli ascoltatori si ritraevano l'uno dall'altroin preda a reciprocospaventopadre Hooper ricadde sul

cuscinoun cadavere velato con un lieve sorriso che aleggiava ancora sullesue labbra. Ancora velato lo adagiarono

nella bara e fu un cadavere velato quello che portarono alla tomba. L'erba dimolti anni è cresciuta ed è appassita su

quella tombala lapide è coperta di muschio e il volto del buon reverendoHooper non è che polverema ancora fa paura

pensare che si è dissolto sotto quel velo nero.

L'ALBERO DI MAGGIO DI MONT'ALLEGRO

Si trovano interessanti spunti per un romanzo filosofico nella curiosa storiadel primo insediamento di Mount

Wollastondetto Mont'Allegro. Nel breve racconto qui abbozzatoi fattiquali sono registrati nelle ponderose pagine

dei nostri annalisti del New Englandsi sono elaborati quasi spontaneamentein una sorta di allegoria. Le mascherate

le pantomime e le feste descritte nel testo sono conformi a quelle in uso aquel tempo. Le fonti in proposito si possono

trovare nel libro di Strutt sugli «Sport e passatempi inglesi».

Erano gioiosi i tempi a Mont'Allegroquando l'Albero di maggio era l'astadello stendardo di quell'amena

colonia! Coloro che lo innalzavanoper farne il loro trionfante vessillodovevano inondare di sole le selvagge colline

del New England e spargere sulla terra sementi di fiori. Allegria emalinconia si contendevano il dominio di

quell'impero. La vigilia di mezz'estate era giuntaportando un verde piùintenso nella forestae rose nel suo grembo di

una più vivida tonalità dei teneri boccioli di primavera. Ma Maggiocolsuo spirito giocosoabitava tutto l'anno intorno

a Mont'Allegrospassandosela nei mesi estivifacendo baldoria in quelliautunnalicrogiolandosi al fuoco del caminetto

in inverno. Nel mezzo di un mondo di fatiche e di stentiMaggio aleggiavacon un sognante sorrisoe scendeva lì per

trovare asilo tra i cuori spensierati di Mont'Allegro.

Mai l'Albero di Maggio era festosamente addobbato come al tramonto dellavigilia di mezz'estate. Questo

venerato emblema era un albero di pino che aveva conservato l'esile graziadella giovinezzapur eguagliando le più alte

cime dei vetusti sovrani della foresta. Sulla sua cima garriva uno stendardodi seta con i colori dell'arcobalenopiù a

terra l'albero era addobbato con grossi rami di betulla e altri del piùvivido verdealcuni con foglie argenteelegati con

nastri che fluttuavano con fantastici fiocchi di venti diversi colorinessuno dei quali era triste. Fiori di giardino e

boccioli selvatici ridevano lietamente nella verzuracosì freschi erugiadosi che sembravano cresciuti come per magia

su quel felice albero di pino. Là dove terminava questo verde e fioritosplendoreil tronco dell'Albero di Maggio era

dipinto con i sette vividi colori dello stendardo sulla sua cima. Sul ramoverde più basso era appesa una ricca ghirlanda

di rosealcune raccolte nei luoghi più soleggiati della forestae altredi più intenso rossorecoltivate dai coloni con i

semi d'Inghilterra. Gente dell'età dell'oroil principale prodotto delvostro lavoro nei campi erano i fiori che coltivavate!

Ma che cos'era quella turbolenta moltitudine che stava mano nella manointorno all'Albero di Maggio? Non

potevano essere fauni e ninfe chescacciati dai loro classici boschetti edimore delle antiche leggendeavevano cercato

rifugiocome tutti i perseguitatinei freschi boschi d'Occidenteperchéquelle lì intorno erano creature goticheanche se

forse di discendenza greca. Sulle spalle di un aggraziato giovane si ergevanola testa e le corna ramificate di un cervo;

un altroumano in ogni altro aspettoaveva il truce volto di un lupo; unterzoanch'esso col tronco e le gambe di un.17

mortalemostrava la barba e le corna di un venerabile caprone. Comparivanole sembianze di un orso erettoselvatico in

tutto tranne che nelle zampe posterioririvestite con calze rosa di setaealtrettanto stupefacente si ergeva un vero orso

della cupa forestache offriva le zampe anteriori alla presa di mani umanepronto a danzare come tutti gli altri

alzandosi nella sua inferiore statura per incontrare quella dei suoi compagniche stavano chini. Altre facce mostravano

le sembianze di uomini e donnema distorte e bizzarrecon nasi rossipendenti sulla boccache sembrava di spaventosa

profondità e tesa da un orecchio all'altro in un'interminabile risata. Quisi vedeva l'Uomo dei Boschiben noto in

araldicapeloso come un babbuino e inghirlandato con foglie verdi. Al suofiancostava una più nobile figurama

anch'essa contraffattaquella di un cacciatore indianocon la sua crinierapiumata e il perizoma di perline. Moltiin

questa strana compagniaportavano berretti da giullare e avevanocampanellini appesi ai loro abitiche tintinnavano con

suono argentinorispondendo alla musica inudibile dei loro cuori gioiosi.Alcuni giovani e fanciulle indossavano vestiti

più sobrima occupavano il loro posto in mezzo a quella folla eterogeneacon l'espressione festosa ed esultante dei loro

voti. Questi erano i coloni di Mont'Allegroraccolti nel diffuso sorriso deltramonto intorno al loro venerato Albero di

Maggio.

Se un viandante smarrito nella malinconica foresta avesse udito quellabaldoria e avesse lanciato di nascosto

uno sguardo quasi impaurito alla scenaavrebbe potuto immaginare che costoroerano una schiera di baccantialcuni già

trasformati in brutialtri a metà tra l'uomo e la bestiae altri ancora inpreda all'euforica ebbrezza che precedeva la

trasformazione. Ma alcuni puritaniche osservavano non visti la scenaparagonavano quelle maschere ai demoni e alle

anime perdute di cui la superstizione popolava quella cupa landa desolata.

All'interno di quella cerchia di mostricomparvero poi le due creature piùeteree che avessero mai calpestato

qualcosa di più solido delle nuvole purpuree e dorate. Uno era un giovane inabiti sgargianticon una fusciacca color

dell'arcobaleno di traverso sul petto. La sua mano destra impugnava unoscettro doratosimbolo di alta dignità tra i

festantila sinistra stringeva le esili dita di un'avvenente fanciullanonmeno pittorescamente abbigliata del suo

accompagnatore. Splendide rose scintillavano in contrasto con i riccioliscuri e lucenti di ambedueed erano sparse ai

loro piedioppure vi erano sbocciate spontaneamente. Dietro a questaleggiadra coppiae così vicino all'Albero di

Maggio che i suoi rami ne ombreggiavano il volto giovialestava la figura diun sacerdote inglesevestito con abiti

canonicima decorati anch'essi con fioricome quelli dei paganie con unacorona di pampini in testa. Con i suoi occhi

roteanti e con la profana decorazione della sua sacra vestesembrava lì ilpiù mostruoso di tuttiil Bacco di quella

schiera di baccanti.

«Devoti dell'Albero di Maggio!»esclamò il sacerdote decorato di fiori«lietamente i boschi hanno echeggiato

tutto il giorno della vostra allegria. Ma questa sia la vostra ora piùlietamiei cari! Eccoqui stanno il Signore e la

Signora di Maggioche ioecclesiastico di Oxford e primo pastore diMont'Allegrosto ora per unire nel santo

matrimonio. Su col vostro lieve spiritodanzatori di morescae voiuominidei boschi e cantatrici del coroorsi e lupi e

signori cornuti! Sucantiamo in corooracon tutta l'allegria dellavecchia Inghilterra e con lo spirito più selvaggio di

questa ombrosa forestae poi danziamoper mostrare a questa giovane coppiacom'è fatta la vitae come devono

attraversarla lievemente! Tutti voi che amate l'Albero di Maggiounite lavostra voce al canto nuziale del Signore e

della Signora di Maggio!».

Questa cerimonia nuziale era qualcosa di più serio di molti altriavvenimenti di Mont'Allegrodove la celia e

l'ingannolo scherzo e la fantasia davano vita a un ininterrotto carnevale.Il Signore e la Signora di Maggiopur

dovendo abbandonare i loro titoli al tramonto seguentedovevano essererealmente compagni in quella danza della vita

a iniziare da quell'animata vigilia. La ghirlanda di roseappesa al ramopiù basso dell'Albero di Maggioera stata

intrecciata per loroe sarebbe stata gettata sulle teste di ambedue comesimbolo della loro unione fioreale. Dopo che il

sacerdote ebbe parlatosi alzò un tumultuoso clamore da quella folla dimostruose figure.

«Dia lei inizio all'accordoreverendo»gridarono tutti«e mai i boschirisuonino di così allegri canti come

quelli che innalziamo noi dell'Albero di Maggio!».

E subito un preludio di cetrezampogne e violesuonate con la dovutamaestriasi fece udire da un vicino

boschettoe con ritmo così vivace che anche i rami dell'Albero di Maggiofremettero a quel suono. Ma il Signore di

Maggiocolui che impugnava lo scettro doratoguardò casualmente negliocchi della sua dama e rimase sconcertato

dallo sguardo quasi pensoso che incontrò il suo.

«Edithdolce Signora di Maggio»sussurròquasi in tono di rimprovero«quella ghirlanda di rose è forse una

corona posata sulle nostre tombeper farti apparire così triste? OhEdithquesto è il nostro momento dorato! Non

offuscarlo con l'ombra pensosa della menteperché può darsi che nullainfuturosia più luminoso del semplice ricordo

di ciò che sta ora trascorrendo».

«Era proprio questo il pensiero che mi rattristava! Come mai è passatoanche per la tua mente?»rispose Edith

in tono ancor più sommessoperché la tristezza era considerata altotradimento a Mont'Allegro. «È per questo motivo

che sospiro in mezzo a questa musica di festa. E poicaro Edgarmi dibattocome in un sognoe mi sembra che queste

immagini dei nostri spensierati amici siano una visioneche la loro allegriasia irrealee che noi non siamo i veri Signori

di Maggio. Qual è il mistero che si annida nel mio cuore?».

Proprio in quel momentocome sciolta da un incantesimouna lieve pioggia dipetali di rosa sfioriti cadde

dall'Albero di Maggio. Ahimè! Non appena i cuori dei giovani amanti si eranoaccesi di vera passioneessi avevano

sentito qualcosa di effimerodi inconsistente nel loro precedente piacereeavevano avuto il cupo presentimento di un

inevitabile mutamento. Nel momento in cui si erano realmente amatisi eranoassoggettati al comune destino della terra

quello degli affannidei doloridel tormentato piaceree non avevano piùposto a Mont'Allegro. Questo era il mistero di.18

Edith. Ma ora lasciamo che il sacerdote li sposi e che le maschere follegginointorno all'Albero di Maggiofinché

l'ultimo raggio di sole scomparirà dalla sua cima e le ombre della forestasi mescoleranno malinconicamente alle danze.

E nel frattempo possiamo scoprire chi erano queste spensierate persone.

Duecento e più anni fail vecchio mondo e i suoi abitanti si erano stancatil'uno degli altri. Gli uomini si

imbarcarono a migliaia per l'Occidentealcuni per barattare perline e similicianfrusaglie in cambio delle pelli dei

cacciatori indianialtri per conquistare imperi verginie un austero gruppodi loro per pregare. Ma nessuna di queste

motivazioni aveva molta importanza per i coloni di Mont'Allegro. I loro capierano uomini che se l'erano tanto spassata

nella vita che quando arrivava il momento della riflessione e della saggezzaanche questi sgraditi ospiti erano dispersi

da tutte le vanità che essi avrebbero dovuto fugare. L'ozioso pensiero e lapervertita saggezza erano messi in maschera

per fare la parte del buffone. Gli uomini di cui parliamodopo aver perdutola fresca gaiezza del cuoreavevano

escogitato una sfrenata filosofia del piacereed erano lì giunti pertradurre in realtà il loro sognotrovando seguaci in

tutta quella giocosa tribù la cui intera vita è come un giorno di festa pergli uomini morigerati. Al loro seguito

accorrevano cantastorieben noti nelle strade di Londraattori girovaghiicui teatri erano stati i saloni dei nobiluomini

e guittifunambolisaltimbanchidi cui si sarebbe sentita a lungo lamancanza nei veglionialle feste della birra e alle

sagreinsomma i buontemponi di ogni rismaquali abbondavano in quell'epocama che iniziavano allora a essere

osteggiati dalla rapida diffusione del puritanesimo. Lievi erano stati i loropassi sulla terrae altrettanto lievemente

avevano attraversato il mare. Molti di loro erano stati follemente indotti auna spensierata disperazione a causa di

precedenti traversiealtri erano altrettanto follemente gioiosi nell'euforiadella giovinezzacome il Signore di Maggio e

la sua damama qualunque fosse la causa del loro buonumorevecchi e giovanierano parimenti giocosi a Mont'Allegro.

I giovani si consideravano felicie i più anzianianche quando sapevanoche l'allegria è solo la contraffazione della

felicitàseguivano nondimeno caparbiamente quell'illusoria chimeraperchéi suoi indumentialmenoerano più

sgargianti. Dediti per tutta la loro esistenza alle frivolezzenon volevanoavventurarsi nelle cose serie della vita

nemmeno per essere felicemente benedetti.

Tutte le feste tradizionali della vecchia Inghilterra furono là trapiantate.Il sovrano di Natale fu opportunamente

incoronatoe il Signore del Disordine esercitava il suo dominio. Allavigilia di San Giovannii coloni abbattevano interi

acri di alberi della foresta per farne falòe danzavano tutta la notte allaluce delle fiammeinghirlandati di fiori e

gettandone altri nel fuoco. All'epoca del raccoltoanche se questo era moltoscarsocostruivano una figura con i covoni

di granturcola inghirlandavano con fiori autunnali e la portavanotrionfanti nelle loro case. Ma ciò che maggiormente

distingueva i coloni di Mont'Allegro era il loro culto dell'Albero di Maggioche ha fatto della loro storia una fiaba per

poeti. La primavera addobbava il venerato emblema con freschi boccioli egiovani virgulti verdil'estate portava rose

del colore più intenso e il fogliame rigoglioso della forestal'autunno loarricchiva con quello splendore rosso e giallo

che trasforma ogni foglia selvatica in un fiore dipintoe l'inverno loinargentava di nevischio e vi sospendeva ghiaccioli

tutt'intornofino a farlo scintillare alla fredda luce del soledivenendoanch'esso un gelido raggio. E così ogni

successiva stagione rendeva omaggio all'Albero di Maggioe gli faceva donodel suo maggior splendore. I suoi devoti

vi danzavano intorno almeno una volta ogni mesee talvolta lo chiamavanoloro religione o loro altaree comunque

esso era sempre il vessillo di Mont'Allegro.

Purtroppovivevano nel nuovo mondo anche uomini di una fede più austera diquella di questi adoratori

dell'Albero di Maggio. Non lontano da Mont'Allegro abitava infatti unacolonia di puritaniperlopiù tristi personaggi

che recitavano le loro preghiere prima dell'alba e lavoravano poi nellaforesta e nei campi di grano fino a seraquando

giungeva ancora l'ora della preghiera. Le loro armi erano sempre a portata dimanoper uccidere i selvaggi vagabondi.

Quando si riunivano in assembleanon era mai per far rivivere il buonumoredella vecchia Inghilterrama per ascoltare

sermoni lunghi tre ore o per stabilire taglie sulle teste dei lupi o sugliscalpi degli indiani. Le loro feste erano giorni di

digiunoil loro principale passatempo era il canto dei salmi. E guai aigiovani e alle fanciulle che solo si sognavano di

danzare! Il consigliere faceva cenno alla guardiae il reprobo ballerino eramesso in ceppioppurese danzavaera

intorno al palo della fustigazioneche si potrebbe definire l'Albero diMaggio dei puritani.

Una spedizione di questi capi puritanifacendosi strada a fatica nellaforestacarico ciascuno come un mulo di

un'armatura di ferro che rendeva ancor più pesanti i suoi passisiavvicinava talvolta ai soleggiati dintorni di

Mont'Allegrodove i frivoli coloni folleggiavano intorno al loro Albero diMaggioinsegnando magari a danzare a un

orsosforzandosi di trasmettere la loro allegria a qualche grave indianooppure mascherandosi con pelli di daini o di

lupi che essi cacciavano a questo particolare scopo. Spesso tutta la coloniagiocava a moscaciecacomprese le autorità

e tutti con gli occhi bendatitranne un unico zimbello che i non vedentipeccatori inseguivano al tintinnio dei

campanelli appesi ai suoi vestiti. Una voltaa quanto si dicevaerano stativisti seguire fino alla tomba un cadavere

ricoperto di fioritra allegri canti e musiche festose. Ma il defunto forserideva? Nei loro momenti più pacatii coloni

cantavano ballate e raccontavano storie a edificazione dei devoti visitatorioppure li sconcertavano con i loro giochi di

prestigiofacevano smorfie attraverso i collari dei cavalliequando ilgioco diventava noiososi facevano beffe della

loro stessa stupidità e davano inizio a una gara di sbadigli. Anche allaminima di queste sciocchezzegli uomini vestiti

di ferro scuotevano la testa e aggrottavano così cupamente la fronte chequei buontemponi alzavano lo sguardo al cielo

immaginando che una nuvola passeggera avesse offuscato la luce del solechelì doveva splendere perpetuamente. Dal

canto loroi puritani affermavano che quando risuonava un salmo dal loroluogo di culto l'eco rimandata dalla foresta

sembrava spesso quella di un coro festoso che si concludeva con uno scrosciodi risate. Ma chi eranose non il demonio

e i suoi schiaviovvero la combriccola di Mont'Allegrocoloro che liturbavano in tal modo? Sorse cosìcol tempouna

reciproca ostilitàsevera e aspra da una partee profonda dall'altraperquanto poteva esserlo tra quei giocosi spiriti che.19

avevano giurato fedeltà all'Albero di Maggio. Nell'importante contesa era ingioco tutto il futuro del New England. Se

quei tetri santoni avessero affermato la loro giurisdizione sugli spensieratipeccatoriallora il loro spirito avrebbe

rabbuiato tutta la regionene avrebbe fatto per sempre una terra di volticupidi duro lavorodi sermoni e di salmi. Se

invece avesse avuto fortuna il vessillo di Mont'Allegroil sole avrebbebrillato su quelle collinei fiori avrebbero

decorato la forestae i posteri avrebbero reso omaggio all'Albero di Maggio.

Dopo questi autentici accenni storiciritorniamo ora alle nozze del Signoree della Signora di Maggio.

Purtroppo abbiamo indugiato troppo a lungoe il nostro racconto devedivenire tutt'a un tratto più cupo. Quando

rivolgiamo di nuovo lo sguardo all'Albero di Maggioun solitario raggio disole sta infatti svanendo sulla sua cima

lasciando soltanto una pallida sfumatura dorata che si mescola con i coloriarcobaleno dello stendardo. Anche quella

fioca luce ora scomparelasciando tutto il regno di Mont'Allegro alletenebre della serache è calata così

improvvisamente dai neri boschi circostanti. Ma alcune di queste cupe ombresono comparse d'improvviso in forma

umana.

Sìcon il calare del sole era trascorso anche l'ultimo giorno di festa aMont'Allegro. Il cerchio delle allegre

maschere era stato scompigliato e discioltoil cervo aveva abbassatosgomento le sue cornail lupo si era fatto più

docile dell'agnelloi campanelli dei danzatori di moresca tintinnavano contremulo timore. I puritani avevano imposto

la loro peculiare presenza nelle pantomime dell'Albero di Maggio. Le lorocupe figure si mescolavano con le folli

immagini dei loro avversarie trasformavano quella scenacome nel momentoin cui i pensieri del risveglio prendono

forma tra le disperse fantasie del sogno. Il capo del manipolo nemico stavaora nel mezzo del cerchiocircondato dalla

massa di quei mostri intimiditisimili a spiriti maligni alla presenza di untemuto stregone. Nessuno di quegli irreali

buffoni riusciva a guardarlo in faccia. Così severo era il suo vigorosoaspetto che tutto l'uomoil suo voltoil corpo e

l'animasembravano fatti di ferrodotati di vita e di pensieroma pursempre di un'unica sostanzacon il suo cimiero e

la corazza. Era il puritano dei puritaniera Endicott in persona!

«Scostatisacerdote di Baal!»esclamò con cupo cipigliosenza posare lamano reverente sulla cotta. «Io ti

conoscoBlackstone! Tu sei l'uomo che non potrebbe sopportare nemmeno ildominio della sua stessa chiesa corrotta

sei giunto qui per predicare l'empietàper darne esempio nella tua vita. Maora vedremo che il Signore ha santificato

questa landa selvaggia per il suo proprio popolo. Guai a coloro che osanocorromperla! Eprimo tra tuttiquesto

abominio cosparso di fioril'altare del tuo culto!».

Econ la sua spada affilataEndicott si avventò contro il venerato Alberodi Maggioe questo non resistette a

lungo al suo braccio. Gemendo con lugubre rumoreinondò di foglie eboccioli di rosa l'implacabile giustizieree infine

il vessillo di Mont'Allegro si schiantò con tutti i suoi rami verdiinastri e i fiorisimbolo di trascorsi piaceri. E mentre

si abbattevaracconta la tradizioneil cielo della sera si fece più scuroe gli alberi gettarono ombre più cupe.

«Ecco!»esclamò Endicottguardando trionfante la sua opera. «Qui giacel'unico Albero di Maggio del New

England. Forte è in me la convinzione che la sua caduta prefigura la sortedei fatui e oziosi buontemponi presenti tra noi

e i nostri posteri. E così siadice John Endicott!».

«E così sia!»gli fecero eco i suoi seguaci.

I devoti dell'Albero di Maggio emisero invece un gemito per il loro idoloabbattuto. A quel suonoil capo dei

puritani lanciò uno sguardo a quella schiera di baccantialtrettanteimmagini di incontenibile allegriache peròin quel

momentoesprimevano stranamente mestizia e sgomento.

«Valoroso capitano»intervenne Peter Palfreyil veterano del suomanipolo«quali ordini si devono eseguire

con i prigionieri?».

«Pensavo di non pentirmiabbattendo un Albero di Maggio»risposeEndicott«ma ora sento nel mio cuore il

desiderio di piantarlo di nuovoper offrire a ciascuno di questi animaleschipagani un'ultima danza intorno al loro idolo.

Pochi altri pali sarebbero stati adatti come questo alla fustigazione!».

«Ma qui intorno non scarseggiano altri alberi»suggerì il suoluogotenente.

«È ben veromio buon veterano»rispose il suo capo. «Perciò legatequesta banda di paganie somministrate a

ciascuno una buona dose di nerbatecome anticipo della nostra futuragiustizia. Mettete in ceppi alcuni di questi

furfanticosì che possano riposarsinon appena la Provvidenza ci condurràin uno dei nostri ben ordinati insediamenti

in cui si possano trovare simili strumenti. Ulteriori punizioniquali lamarchiatura e il taglio delle orecchiesaranno

prese in considerazione in seguito».

«Quante nerbate per il sacerdote?»domandò il veterano Palfrey.

«Nessunaper ora»rispose Endicottposando il suo severo cipiglio sulcolpevole. «Spetterà alla Corte grande

e a quella generale stabilire se le nerbatela lunga carcerazione e altresevere punizioni possono riparare le sue

trasgressioni. Che badi a se stesso! Per coloro che violano il nostro ordinecivilepuò esserci consentito di mostrare

clemenza. Ma guai agli sciagurati che turbano la nostra religione!».

«E quest'orso ballerino»domandò ancora l'ufficiale«deve anch'essodividere le nerbate dei suoi compari?».

«Sparategli in testa»rispose il drastico puritano. «Sospetto la manodella stregoneria in questa bestia».

«Ecco qui una coppia di illustri personaggi»proseguì Peter Palfreyindicando con la sua arma il Signore e la

Signora di Maggio. «Sembrano avere alto grado tra questi malfattorie pensoche la loro dignità non possa essere

onorata con meno di una doppia dose di nerbate».

Endicott si appoggiò alla sua spada ed esaminò attentamente l'abbigliamentoe l'aspetto dell'infelice coppia.

Erano lìpallidiafflitti e impauritieppure mostravano un atteggiamentodi reciproco confortodi puro e semplice

affettocome di chi chiede aiuto e lo dàche li rivelava come marito emoglieuniti da un amore che aveva la sanzione.20

di un sacerdote. In quel momento di pericoloil giovane aveva lasciatocadere il suo scettro dorato e aveva posato il

braccio sulla sua Signora di Maggioche s'appoggiava al suo pettotroppolievemente per essergli di pesoma

abbastanza per far capire che i loro destini erano legati insiemenel bene onel male. Si guardarono dapprima l'un l'altra

poi rivolsero lo sguardo al volto accigliato del capitano. Stavano lìnellaprima ora delle loro nozzementre i vani

piaceridi cui i loro compagni erano rappresentantilasciavano posto aipiù gravi affanni della vitapersonificati da quei

cupi puritani. Ma la loro giovanile bellezza non era mai apparsa così pura eluminosa come quando la sua luce era

offuscata dalle avversità.

«Giovanotto»disse Endicott«vi trovate in una brutta situazionetu ela tua giovane sposa. Preparateviperché

ho intenzione di dare a tutti e due un esempio per ricordare il giorno dellevostre nozze!».

«Uomo senza cuore»esclamò il Signore di Maggio«come possocommuoverti? Se ne avessi i mezzi

resisterei fino alla mortema essendo impotenteti supplico! Fai di me ciòche vuoima risparmia Edith!».

«Nient'affatto»replicò l'inflessibile puritano. «Non intendiamomostrare una vana benevolenza verso quel

sesso che richiede invece la più severa disciplina. Tu che ne diciragazza?Il tuo tenero sposo dovrà subire anche la tua

parte di penaoltre alla sua?».

«Sia la morte»rispose Edith«ma soltanto per me!».

In veritàcome aveva detto Endicottgli infelici amanti si trovavano inuna penosa situazione. I loro nemici

trionfavanoi loro amici erano prigionieri e umiliatila loro casa eradesertale tenebre della foresta li circondavanoe

un crudele destinoimpersonato dal capo dei puritaniera tutto ciò che liattendeva. Eppurele ombre calanti della notte

non potevano del tutto nascondere che quell'uomo di ferro era impietositoquando sorrise davanti al tenero spettacolo

dell'amore giovanilee quasi sospirò per quelle giovanili speranze cosìcrudelmente infrante.

«Le avversità della vita sono precocemente calate su questa giovanecoppia»osservò Endicott. «Vedremo

come si comporteranno davanti a questa provaprima di gravarli con altrepiù severe. Senel bottinosi trovano

indumenti di foggia più decentesiano fatti indossare a questo Signore diMaggio e alla sua signorainvece di queste

vacue frivolezze. Che provveda qualcuno di voi».

«E i capelli di questo ragazzo non saranno tosati?»domandò PeterPalfreyguardando inorridito le ciocche e i

lunghi riccioli lucenti del giovane.

«Che siano rasati immediatamentee nell'autentica foggia a gusciod'uovo!»ordinò il capitano. «Poi riportateli

qui tra noima con maggior riguardo dei loro compagni. Questo giovane haqualità che possono renderlo valoroso in

battagliaresistente alla fatica e devoto nella preghierae in quanto allafanciullapuò essere adatta a diventare una

madre nella nostra Israeleper allevare bambini in modo migliore di quantolei stessa lo sia stata. E non pensate

giovaniche essi siano i più felicianche nel breve arco della nostravitatra quanti l'hanno mal spesa danzando intorno

a un Albero di Maggio!».

E allora Endicottil più severo dei puritani che posarono le fondamenta delNew Englandsollevò la ghirlanda

di rose dall'Albero di Maggio abbattutoe la gettò con la sua mano guantatasulle teste del Signore e della Signora di

Maggio. Fu un gesto profetico. Come il rigore morale del mondo ne sopraffàtutta la voluta gaiezzacosì il loro focolare

di sfrenata allegria diventò deserto nella triste foresta. Non vi feceropiù ritornoma come la loro ghirlanda fiorita era

intrecciata dalle più vivide rose che lì erano cresciutecosì nel legameche li unì erano intessute le loro prime gioiele

più pure e le più belle. Andarono verso il cielosostenendosi l'un l'altranel difficile cammino che era loro destino

percorreree mai sprecarono un pensiero di rimpianto alle vanità diMont'Allegro.

IL DOLCE FANCIULLO

Nel corso dell'anno 1656 fecero la loro comparsa nel New England parecchi dicoloro che sono chiamati

quaccherispintia loro direda un intimo impulso dell'animo. Per viadella fama che li aveva preceduti di essere

propugnatori di oscuri e perniciosi principiii puritani subito sisforzarono di ostacolare e impedire l'ulteriore

propagazione della nascente setta. Ma le misure adottate per epurare quellaregione dall'eresiaanche se più severe del

necessariosi rivelarono del tutto infruttuose. I quacchericonsiderandoqueste persecuzioni come un richiamo divino

sul posto del pericolofecero appello a un sacro coraggio che erasconosciuto agli stessi puritanii quali erano sfuggiti

alla crocefissione scegliendo per il pacifico esercizio del loro culto unaremota e disabitata regione. Anche seper un

fatto singolareogni nazione della terra aveva respinto i randagi fanaticiche professavano la pace verso tutti gli uomini

essi prescelsero la provincia di Massachusetts Bayproprio perché eraquella di maggior disagio e pericolo.

Le ammendele incarcerazioni e le fustigazioni dispensate a profusione dainostri devoti antenatil'ostilità

popolarecosì radicata che perdurò per quasi un secolo ancora dopo la finedelle persecuzioni vere e proprie

costituivano per i quaccheri un'attrazione così irresistibile quanto possonoesserlo la pacel'onore e le ricompense per

gli uomini di mondo. Ogni vascello trasportava dall'Europa nuovi carichi dimembri della settaansiosi di recare la loro

testimonianza contro l'oppressione che speravano di condivideree quando icapitani delle navi furono dissuasi con

pesanti ammende dal concedere loro il trasportoi quaccheri si avventuraronoin lunghi e tortuosi tragitti attraverso le

regioni degli indiani per comparire infine nella provinciacome guidati daqualche forza sovrannaturale. Il loro

fanatismoesasperato fin quasi alla follia dal trattamento loro riservatoera tale da dar luogo ad azioni sconsiderate

contrarie alle regole del buon senso nonché a quelle della savia religionee singolarmente contrastanti con il contegno.21

severo e compassato degli attuali successori di questa setta. L'imperativodello spiritopercettibile soltanto dall'anima e

non contestabile sul piano dell'assennatezza umanacostituivagiustificazione per le più indecorose esibizioni che

considerate in astrattoben meritavano la moderata punizione della frusta.Queste intemperanzee le persecuzioni che

ne furono insieme causa ed effettosi inasprirono sempre più fin quandonell'anno 1659il governo di Massachusetts

Bay finì col concedere a due membri della setta dei quaccheri la corona delmartirio.

Le mani di tutti coloro che consentirono questo misfatto sono macchiateindelebilmente di sanguema una gran

parte di questa tremenda responsabilità dev'essere attribuita alla personache era a quel tempo a capo del governo.

Questi era un uomo di intelligenza limitata e di insufficiente istruzioneche accendeva e inaspriva la sua ottusa

bigotteria con violenti e incontrollati furori. Quest'uomo esercitò la suaautorità in modo indegno e ingiustificabile per

procurare la morte dei fanaticie tutta la sua condotta nei loro confrontifu improntata a pari crudeltà. I quaccherila cui

sete di vendetta non fu meno profonda perché non poté esprimersicontinuarono a ricordare quest'uomo e i suoi accoliti

anche in epoche posteriori. Lo storico della setta sostiene che la colleradel Cielo si abbatté sulla regionein prossimità

della «sanguinaria cittadina»di Bostonper cui neppure più una spiga digrano vi crebbein particolar modo sulle

tombe degli antichi persecutorie racconta trionfante le dure prove che liattesero nella vecchiaia e nell'ora della morte.

Lo storico racconta che morirono tutti all'improvvisodi morte violenta oprecipitati nella folliama nulla può superare

l'amaro sarcasmo con cui descrive la malattia disgustosa e la «morte perimputridimento» del feroce e crudele

governatore.

Sull'imbrunire del giorno d'autunno che aveva visto il martirio dei dueuomini di fede quaccheraun colono

puritano faceva ritorno dalla città al vicino paese di campagna in cuiabitava. L'aria era frescail cielo limpidoe il tardo

crepuscolo era rischiarato dai raggi di una giovane luna che era allora quasisulla linea dell'orizzonte. Il viandanteun

uomo di mezza età avvolto in un grigio mantello di lanaaffrettò il passoquando arrivò ai sobborghi della cittàperché

lo attendeva un desolato tratto di strada lungo circa quattro miglia prima diarrivare alla sua dimora. Le case basse

coperte da tetti di pagliaerano disseminate a lunghi intervalli lungo lastradae in quella regionecolonizzata da appena

trent'annila foresta originaria contendeva ancora non poca parte alle terrecoltivate. Il vento d'autunno turbinava tra i

rami e ne strappava le foglietranne che dai pinie gemevacome lamentandola desolazione di cui era esso stesso

strumento. La strada penetrava nell'intrico dei boschi che erano assai vicinialla cittadina e stava per sfociare in uno

spiazzoquando alle orecchie del viandante giunse un suono più lamentosoancora di quello del vento. Era come il

gemito di qualcuno che soffrivae sembrava provenire da sotto un alto abetesolitarionel mezzo di un terreno non

cintato e incolto. Il puritano non poté trattenersi dal ricordare che eraquello il luogo divenuto maledetto qualche ora

prima per l'esecuzione dei quaccherii cui cadaveri erano stati gettatiinsieme in una fossa frettolosamente scavata sotto

l'albero del loro supplizio. Ricacciò indietrotuttaviai timorisuperstiziosi propri di quell'epoca e si costrinse a fermarsi

e ad ascoltare.

«La voce è sicuramente umanané avrei motivo di temere se così nonfosse» pensò il colonoaguzzando la

vista nel fioco chiarore della luna. «Mi sembra il pianto di un bambinodiun adolescente che ha perduto la mamma ed è

capitato per caso in questo luogo di morte. Per tranquillità della miacoscienzadevo andare a vedere».

Lasciò quindi il sentiero ealquanto trepidantesi avventurò attraversolo spiazzo. Il terrenoora così desolato

era stato nondimeno calpestato quel giorno dal migliaio di piedi di coloroche erano andati ad assistere allo spettacolo e

che ora se n'erano andati lasciando i morti alla loro solitudine. Ilviandante arrivò infine all'abete chedalla metà in su

era coperto di verdi frondeanche se al di sotto era stato eretto ilpatibolo ed erano stati fatti gli altri preparativi per

l'opera di morte. Sotto questo funereo alberoche in epoche successive sidiceva stillasse veleno insieme con la rugiada

era seduta una figura solitaria che piangeva quel sangue innocente. Era unragazzetto smilzovestito con abiti leggeri

checol viso appoggiato su un cumulo di terra smossa e quasi gelatagemevaamaramentema con voce soffocataquasi

che il suo dolore potesse essere punito come un delitto. Il puritanogiuntoaccanto al bambino senz'essere uditogli

posò una mano sulla spalla e gli si rivolse mosso da pietà.

«Hai scelto un ben lugubre rifugiomio povero bambinoe non c'è quindi dameravigliarsi del tuo pianto»gli

disse. «Ma asciugati le lacrimeorae dimmi dove abita la tua mamma. Tiprometto che se la strada non è troppo lunga

ti riporterò questa sera stessa tra le sue braccia».

Il ragazzettoche aveva subito smesso di piangerealzò il viso verso losconosciuto. Era un viso pallidocon

occhi molto vivie certamente non doveva avere più di sei annianche se ildolorela paura e il bisogno avevano

cancellato in gran parte la sua espressione infantile. Il puritanonelvedere lo sguardo spaventato del fanciullo e nel

sentire che tremava sotto la sua manosi sforzò di tranquillizzarlo.

«Nobambinose volevo farti del malenon avevo che da lasciartisemplicemente qui. Ma come? Non temi di

stare seduto sotto una forcasopra una tomba appena scavatae invece tremial tocco della mano d'un amico? Fatti

animofiglioloe dimmi come ti chiami e dov'è la tua casa».

«Amico»gli rispose il fanciullocon voce dolce ma esitante«il mionome è Ilbrahim e la mia casa è qui».

Quel volto pallido e spiritualequegli occhi che sembravano confondersi conil chiarore della lunaquella voce

dolce ed etereaquel nome esotico indussero quasi il puritano a pensare cheil ragazzetto fosse in realtà una creatura

sorta dalla stessa tomba su cui sedeva. Quando però si rese conto chel'apparizione non era svanita dopo una breve

preghiera recitata mentalmentee che il braccio da lui toccato era quello diuna persona vivaoptò per un'ipotesi più

razionale. «Il povero bambino dev'essere toccato nel cervello»si disse«ma le sue parole suonano davvero spaventose.22

in un luogo come questo». Poi riprese a parlare in tono dolce e pacatocercando di assecondare le strane idee del

fanciullo.

«La tua casa è ben poco confortevoleIlbrahimin questa fredda notted'autunnoe temo che tu non abbia di

che mangiare. Io mi sto affrettando verso una cena calda e un lettoe severrai con me potrai avere la tua parte!».

«Ti ringrazioamicoma anche se sono affamato e tremo dal freddotu nonmi darai né cibo né alloggio»

rispose il ragazzetto con la voce pacata che la disperazione gli avevainsegnatopur in così giovane età. «Mio padre era

della gente che tutti gli uomini odiano. L'hanno adagiato quisotto questomucchio di terrae qui è la mia casa».

Il puritano che aveva preso la mano del piccolo Ilbrahimla lasciò subitoandare come se avesse toccato un

rettile ripugnante. Aveva però un cuore capace di pietàche nemmeno ilpregiudizio religioso poteva indurire come la

pietra.

«Dio mi castighi se lascerò qui a perire questo bambinoanche se egli faparte di quella dannata setta»disse

tra sé. «Non siamo tutti originatiforsedalla stessa mala pianta? Nonsiamo tutti immersi nelle tenebre fin quando la

luce non risplenderà su di noi? Noquesto bambino non periràné nelcorpo né nell'anima se la preghiera e l'educazione

lo soccorreranno». Si rivolse allora con dolcezza a Ilbrahimche aveva dinuovo nascosto il viso sulla fredda terra della

tombae a voce alta disse: «Ti è stata dunque chiusa ogni porta dellaterrafigliolo mioper cercare rifugio in questo

luogo sconsacrato?».

«Mi hanno fatto uscire dalla prigione quando hanno portato qui mio padre»spiegò il ragazzo«e da lontano ho

osservato la folla; poiquando tutti se ne sono andatisono venuto qui e hotrovato soltanto questa tomba. Ho capito che

qui dormiva mio padre e allora mi sono detto: "Questa sarà la miacasa!"».

«Nobambino mionofinché avrò un tetto sopra la testa e un boccone dipane da dividere con te!»esclamò il

puritanoacceso ora da una commossa simpatia. «Alzativieni con mee nontemere alcun male».

Il fanciullo scoppiò di nuovo in lacrime e si strinse al cumulo di terracome se il freddo cuore lì sotto fosse per

lui più caldo d'ogni petto vivente. Il viandante continuò tuttavia ainsistere dolcementecosì da acquistare un po' della

fiducia del bambinoche alla fine si alzò. Ma le sue gracili gambevacillavano per la debolezzae la testolina gli girava

così che dovette appoggiarsi all'albero della morte per sostenersi.

«Sei così debolemio povero bambino?»domandò il puritano. «Da quandonon tocchi cibo?».

«Ho mangiato pane e acqua con mio padre in prigione»rispose Ilbrahim«ma non gliene hanno portato né ieri

né oggidicendo che aveva mangiato a sufficienza per arrivare alla fine delviaggio. Ma non ti preoccuparemio caro

amicoperché già tante altre volte il cibo mi è mancato».

Il viandante prese il bambino tra le braccia e lo avvolse dentro il suomantellomentre il cuore gli fremeva di

vergogna e di collera per la gratuita crudeltà che era strumento di quellapersecuzione. Nel ridestato calore dei suoi

sentimentidecise chequalunque fosse il rischionon avrebbe abbandonatoil povero essere indifeso che il Cielo aveva

affidato alle sue cure. Con questa determinazionel'uomo lasciò il campomaledetto e riprese la strada di casa dalla

quale l'aveva distolto il pianto del fanciullo. Il lieve e immobile fardellonon gli intralciava quasi il camminoe ben

presto scorse il riverbero del camino dalle finestre della fattoria che luinato in lontane regioniaveva costruito nella

solitudine di quelle terre a occidente. La costruzione era circondata da unavasta distesa di terreno coltivato ed era

situata al riparo di una collina boscosacome se lì si fosse nascosta incerca di protezione.

«Guarda lassùfigliolo»disse il puritano a Ilbrahimche teneva ladebole testa reclinata sulla sua spalla. «Là

c'è la nostra casa».

Alla parola «casa» un brivido percorse da capo a piedi il bambinocheperò continuò a restare in silenzio.

Pochi momenti dopo erano davanti alla porta della fattoriae a essa ilpadrone di casa bussòperché in quei tempi

lontaniin cui i selvaggi si aggiravano ovunquespranga e chiavistelloerano indispensabili per la sicurezza delle

abitazioni. Alla chiamata rispose uno schiavoun pezzo d'uomo vestitorozzamente e privo d'espressionee dopo essersi

accertato che era stato il padrone a bussaregli aprì la porta e gli feceluce con una fiammeggiante torcia di legno di

pino. Più avantinel corridoiola fiamma rossastra illuminò una donnad'aspetto matronalema non frotte di bambini

che correvano a salutare il ritorno del padre. Una volta entratoil puritanoscostò il mantello e mostrò alla donna il volto

di Ilbrahim.

«Dorothyecco un piccolo proscritto che la Provvidenza ha posto nellenostre mani»disse l'uomo. «Sii buona

con luicome se fosse uno di quei piccoli cari che ci hanno lasciato».

«Chi è questo pallido bambino dal vivido sguardoTobias?»domandò ladonna. «È uno dei bambini che i

selvaggi hanno strappato alla loro madre cristiana?».

«NoDorothyquesto povero bambino non era prigioniero dei selvaggi»rispose l'uomo. «I selvaggi pagani gli

avrebbero dato da mangiare del loro scarso ciboe da bere nelle loro ciotoledi betullama i cristianiahimèl'avevano

abbandonato alla morte».

Poi le raccontò come aveva trovato il piccolo sotto il patibolosulla tombadel padree come il cuore gli aveva

ordinatosimile a una voce dentro di sédi portare a casa il piccoloproscritto e di essere buono con lui. Le comunicò la

sua decisione di nutrirlo e di vestirlocome se fosse figlio suoe didargli l'educazione necessaria per contrastare i

perniciosi errori che erano stati instillati nella sua giovane mente.Dorothyche era una donna di buon cuore ancor più

del maritoapprovò senza riserve la sua condotta e le sue decisioni.

«Hai la mammafigliolo?»domandò.

Le lacrime scoppiarono dal profondo del cuore del bambinomentre tentava dirisponderema Dorothyalla

finecomp rese che egli aveva una madre la qualeal pari dell'altra gentedi quella settaandava raminga e perseguitata..23

La donna era stata portata fuori dalla prigione poco tempo prima eabbandonata nelle lande disabitate e selvaggeper

morirvi di fame o sbranata dagli animali feroci. Era questo un sistema noninconsueto per sbarazzarsi dei quaccherii

quali solevano affermare che gli abitanti del deserto erano più ospitalidegli uomini civilizzati.

«Non temerepiccolinonon avrai più bisogno di una buona madre»glidisse Dorothy quando ebbe saputo

tutto ciò. «Asciugati le lacrimeIlbrahime sii il mio figliolocome iosarò la tua mamma».

La buona donna gli preparò poi il lettinodal quale i suoi figli eranostati portati viaa uno a unoper un altro

luogo di riposo. Prima di acconsentire a occuparloIlbrahim volleinginocchiarsie Dorothynell'ascoltare la sua

semplice e commovente preghierasi domandò com'era possibile che fosserostati giudicati meritevoli di morte i

genitori che gliel'avevano insegnata. Quando il bambino si fu addormentatoella si chinò sulla sua smunta e spirituale

figurae impresse un bacio sulla pallida frontegli rincalzò le coperteintorno al collo e uscì con una malinconica gioia

nel cuore.

Tobias Pearson non era stato tra i primi emigrati dal vecchio continente. Erarimasto in Inghilterra durante i

primi anni della Guerra civilenella quale aveva avuto una certa parte comealfiere dei dragoni sotto Cromwell. Quando

però gli ambiziosi progetti del suo capo cominciarono a rivelarsi appienoPearson aveva abbandonato l'esercito del

Parlamentocercando rifugio lontano dalla battagliache non era più santatra la gente della sua fede nella colonia del

Massachusetts. La sua decisione era stata forse influenzata anche da una piùpratica considerazioneperché il New

England offriva qualche vantaggio materiale agli uomini di scarse fortunecosì come a quelli insoddisfatti per motivi

religiosie Pearson aveva fino ad allora provveduto con difficoltà a unamoglie e a una famiglia sempre più numerosa.

A questa presunta impurità delle motivazioni i puritani più bigottitendevano a imputare la dipartita di tutti i suoi figli

del cui bene terreno il padre si era eccessivamente preoccupato. Essi avevanolasciato il loro paese natio fiorenti come

rosee come rose erano appassiti in terra straniera. Questi interpreti deipiani della divina Provvidenzache avevano in

quel modo giudicato il loro fratello e attribuito ai suoi peccati i suoidolori familiarinon si mostrarono più

misericordiosi quando videro che lui e Dorothy cercavano di colmare il vuotodei loro cuori adottando un figlio della

setta maledetta. Né mancarono di esprimere la loro disapprovazione a Tobiasil qualecome rispostasi limitava a

indicare semplicemente quel bambino dolce e gentileil cui aspettola cuicondotta costituivano il più valido argomento

tra quanti potevano essere addotti in suo favore. Ma perfino la sua bellezzae i suoi modi accattivanti producevano a

volte un effetto alla fine sfavorevole perché i bigottiuna voltaraddolcita la superficie esterna dei loro cuori di pietra

tornavano a indurirla e affermavano che nessuna causa semplicemente naturaleavrebbe potuto produrre su loro un

simile effetto.

La loro antipatia nei confronti del povero bambino era accresciuta anche perl'insuccesso di svariate discussioni

teologiche con le quali avevano tentato invano di convincerlo degli erroridella sua setta. In veritàIlbrahim non era un

abile contraddittorema il senso della sua religione era in lui radicato eistintivoe non era possibile distoglierloné con

le lusinghe né in altro mododalla fede per cui suo padre era morto.L'astio suscitato da questa ostinazione ricadeva in

gran parte anche sui protettori del bambinotanto che Tobias e Dorothycominciarono ben presto a conoscere una delle

più amare forme di persecuzioneovvero il raffreddarsi dei rapporti conmolti amici che avevano avuto cari. L'altra

gente manifestava in modo anche più aperto le sue opinioni. Pearson era unuomo d'un certo rispettoin quanto

rappresentante alla Corte generale e stimato tenente della miliziaeppure auna settimana di distanza dall'adozione di

Ilbrahim era additato al pubblico ludibrio. E una voltamentre camminava perun bosco solitarioudì perfino una

persona chenon vistagli gridava ad alta voce: «Che cosa ne faremo delrinnegato? Sì! La sferza è bell'e pronta per lui

e anche lo staffile a nove codee ogni coda tre nodi!». Questi insultiinfastidivano Pearson sul momentoma poi gli

entrarono anche nel cuoredivenendo agenti impercettibili ma assai efficaciverso un fine che nemmeno nel suo intimo

osava ancora immaginare.

Giunta la seconda domenica da quando Ilbrahim era divenuto membro della lorofamigliaPearson e sua

moglie ritennero opportuno che il ragazzo partecipasse con loro a unacerimonia religiosa pubblica. Da parte del

ragazzo avevano previsto qualche resistenzama questi si preparò insilenzioe all'ora convenuta si fece trovare vestito

di tutto punto col nuovo abito a lutto che Dorothy gli aveva preparato. Aquel tempoe per molti anni in seguitola

chiesa era sprovvista di campanee quindi il segnale d'inizio del ritoreligioso era dato col rullo del tamburo. Al primo

rullo di quell'appello marziale al luogo di sante e quiete meditazioniTobias e Dorothy si misero in camminotenendo

ciascuno per una mano il piccolo Ilbrahimcome due genitori uniti insiemedal frutto del loro amore. Strada facendo

attraverso i boschi brullisi imbatterono in molte persone di loroconoscenzae tutti li scansarono passando dall'altra

partema la loro tenacia doveva essere messa ancora a più dura provaquandodiscesa la collinasi avvicinarono alla

disadorna casa di preghiera costruita in legno di pino. Ai lati della portasulla quale il tamburino lanciava ancora i suoi

roboanti richiamiera schierata una compatta falange composta da parecchidei membri più anziani della congregazione

da molti membri di mezza età e da quasi tutti i maschi più giovani. Pearsonsostenne a fatica il loro unanime sguardo di

disapprovazionema Dorothyche era di mentalità diversatrasse il bambinopiù stretto a sé e non esitò nell'avvicinarsi.

Varcata la sogliaudirono dietro di sé i mormorii del crocchioe quando levoci ingiuriose dei più piccoli percossero le

orecchie di Ilbrahimquesti scoppiò a piangere.

L'interno della casa di culto era squallido. Il soffitto bassoi muri nonintonacatile nude travi di legnoe il

pulpito spoglio di addobbi non offrivano niente che stimolasse la devozionela qualesenza questi rinforzi esteriori

spesso rimane latente nel cuore. Il pavimento era occupato da lunghe file dicomuni panche non imbottiteche.24

sostituivano i banchimentre l'ampio corridoio formava una barriera didivisione tra i sessiinvalicabile se non da

bambini al di sotto di una certa età.

Pearson e Dorothy si divisero sulla soglia della chiesae Ilbrahimnonavendo superato l'età dell'infanzia

rimase insieme con quest'ultima. Le beghine rugose si imbacuccarono nei loroscialli polverosi quando il bambino passò

loro accantoe perfino le giovinette di mite aspetto sembrarono temered'esserne contaminatementre molti vecchi

arcigni si alzavano in piedi e voltavano la faccia disgustata e disumanaverso il povero bambinocome se il santuario

fosse profanato dalla sua presenza. Egli era un dolce fanciullo dei cieli cheaveva perduto la strada di casama tutti

quanti gli abitanti di questo miserabile mondo gli chiudevano i loro cuoriimpuriritiravano i loro abiti sporchi di terra

al suo contatto e dicevano: «Noi siamo più mondi di te».

Ilbrahimseduto a fianco della sua madre d'adozione e tenendola stretta permanoprese un contegno grave e

dignitosoquale si conviene a una persona di gusto e d'intelligenza maturiche trovandosi in un tempio dedicato a un

culto che non riconoscesi sente nondimeno in dovere di rispettarlo. Il ritonon era ancora iniziato quando l'attenzione

del bambino fu richiamata da un episodio apparentemente insignificante. Unadonnacol viso coperto dal cappuccio e la

figura interamente avvolta nel mantelloavanzò lentamente lungo l'ampiocorridoio per andare a prendere posto nella

prima panca. Il pallore di Ilbrahim si accesei suoi nervi fremetteromentre lo sguardo non riusciva a distogliersi dalla

donna incappucciata.

Al termine della preghiera introduttiva e dell'innoil pastore si alzò edopo aver capovolto la clessidra posta a

fianco di una grossa Bibbiainiziò il suo sermone. Ormai provato daglianniquesti era un uomo pallido e magro

d'aspettocon capelli grigi accuratamente coperti da una papalina di vellutonero. In gioventù aveva conosciuto per

diretta esperienza il significato della parola «persecuzione»dall'arcivescovo Laude non era disposto ora a dimenticare

la lezione contro la quale egli stesso aveva borbottato a quel tempo.Introdotta la dibattutissima questione dei quaccheri

tracciò la storia di quella setta e fece l'esposizione delle loro dottrinenelle quali l'errore predominava e il pregiudizio

distorceva l'aspetto di ciò che era vero. Vo lse poi l'attenzione ai recentiprovvedimenti adottati nella provincia e mise in

guardia i suoi ascoltatori più sensibili dal dubitare della giusta severitàche magistrati timorati di Dio erano stati costretti

alla fine ad applicare. Parlò dei pericoli della pietàin alcuni casi unavirtù lodevole e cristianama non applicabile a

quella setta nefasta. Osservò che tale era la loro diabolica pervicacianell'errore che perfino i bambini piccolie perfino i

lattanti erano da considerarsi eretici irrecuperabili. Affermò che nessunosenza un particolare mandato del Cielo

doveva tentare la loro conversione per non precipitare a sua volta nelbaratromentre tendeva loro la mano per trarli dal

pantano.

I granelli di sabbia della seconda ora erano per la maggior parte nella metàinferiore della clessidra quando il

sermone ebbe fine. Seguì un mormorio di approvazionepoi il pastoredopoaver intonato l'innoprese posto a sedere

molto soddisfatto di sétentando di leggere sui volti degli ascoltatori glieffetti della sua eloquenza. Mentre le voci da

ogni parte dell'edificio si apprestavano a intonare il cantoavvenne peròun fatto chepur non essendo molto insolito in

quel periodo nella provincianon aveva precedenti in quella parrocchia.

La donna incappucciatache fino a quel momento era rimasta a sedere immobilein prima filasi alzò e con

passo lentosolenne e sicuro salì i gradini del pulpito. I tremuli accordidell'incipiente armonia subito si zittirono e il

predicatore rimase seduto senza parolain preda a un attonito stuporementre la donna apriva il cancelletto e saliva sul

sacro palco dal quale egli aveva poco prima tuonato le sue maledizioni. Poila donna si spogliò del mantello e del

cappuccio e si mostrò in un singolare abbigliamento. Un'informe tunica ditela di sacco le era cinta intorno alla vita da

una corda annodatai capelli corvini le ricadevano giù per le spalle constriature grigiastre della cenere con cui si era

cosparsa la testa. Le sopracciglianere e marcatefacevano risaltare ilmortale pallore di un viso cheemaciato dalle

privazioni e acceso dall'esaltazione e da non comuni dolori non mostrava piùtraccia della primitiva bellezza. La figura

rimase a fissare intensamente il pubblico ammutolito e immobilepercorsosoltanto dal lieve tremito che ciascuno

percepiva nel proprio vicinoma quasi non avvertiva dentro di sé. Allafinepresa dallo slancio dell'ispirazionela

donna parlòdapprima a bassa voce e con pronuncia non sempre chiara. Il suodiscorso rivelava una fantasia

aggrovigliata senza speranza con la ragione; era una confusaincomprensibilerapsodia che nondimeno sembrava

propagare la sua atmosfera sull'anima dell'ascoltatore e scuotere i suoisentimenti per una qualche influenza disgiunta

dalle parole. Mentre la donna proseguiva il discorsobalenavano talvoltabelle e ombrose immaginicome oggetti

splendenti che si muovono in un torbido corso d'acquaoppure balzava fuoriun'idea forte e singolarmente espressa che

faceva breccia nella mente e nel cuore insieme. Ma la sua eloquenza quasisovrannaturale ben presto la condussenel

suo svolgersialle persecuzioni subite dalla sua settae di qui il passo aisuoi personali dolori fu breve. Era per natura

una donna di possenti passionie l'odio e la vendetta si annidavano tra lepieghe del manto della pietà; poi il carattere

del suo discorso si mutòle immaginiseppur esasperatesi fecero piùchiaree le denunce presero un tono quasi

diabolicamente amaro.

«Il governatore e i suoi potenti»disse la donna«si sono riunitisisono consigliati tra lorosi sono domandati:

che cosa faremo di questa gentee di tutta la gente che è venuta in questaterra per far arrossire di vergogna le nostre

iniquità? Edecco!il diavolo che entra nella camera di consigliohal'aspetto d'un uomo basso e zoppicanteè

compuntamente abbigliatoha espressione tetra e perversacon occhiscintillanti e sfuggenti. E si aggira tra i governanti

va avanti e indietosussurrando qualcosa a ciascuno e ciascuno gli prestaorecchioperché la sua parola è questa:

"Ammazza! Ammazza!". Ma io vi dico: Sventura a coloro cheammazzano! Sventura a coloro che versano il sangue dei

santi! Sventura a coloro che hanno assassinato il marito e condannato ilfiglioil tenero adolescentea vagare senza

casanella fame e nel freddofino alla mortea coloro che hannorisparmiato la vita alla madrenella crudeltà della loro.25

misericordia! Sventura a loro nel corso della vitamaledetti siano neipiaceri e nella dolcezza del loro cuore! Sventura a

loro nell'ora della mortesia che avvenga all'improvvisonel sangue e nellaviolenzao dopo lunghi e lenti tormenti!

Sventura nella casa delle tenebrenella putrefazione della tombaquando ifigli dei figli oltraggeranno le ceneri dei

padri! Sventurasventurasventurafino al giorno del giudizioquandotutti i perseguitati e tutti gli uccisi in questa terra

grondante di sanguee il padrela madre e il figliolo li attenderanno in ungiorno che essi non possono sfuggire!

Sementi della fedevoisementi della fedevoi che sentite i cuori mossi dauna forza sconosciutasu alzatevilavate le

vostre mani di questo sangue innocente! Fate sentire le vostre vociopresceltigridate forteinvocate con me la

punizione e la giustizia!».

Dopo aver dato sfogo alla piena dei suoi astiosi sentimenti che scambiava perispirazionela donna rimase in

silenzio. Alla sua voce fecero seguito le grida isteriche di alcune donnemain generale i sentimenti del pubblico non

furono trascinati dalla corrente con quelli della donna. I presenti rimaseroattoniticome incagliati nel mezzo di un

torrente che li assordava con il suo ruggito ma non li trascinava con la suaviolenza. Il pastoreche fino a quel momento

non avrebbe potuto estromettere l'intrusa dal pulpito se non con la forzafisicaora le si rivolse col tono della giusta

indignazione e della legittima autorità.

«Scendi di lìdonnascendi dal sacro luogo che profani»le intimò.«È quinella casa del Signoreche vieni a

dar sfogo alla perfidia del tuo cuore e all'ispirazione del demonio? Scendidi lìe ricorda che la condanna a morte ti

pende sul caposìe sarai giustiziatanon foss'altro per quello che haifatto quest'oggi!».

«Me ne vadoamicome ne vadoora che la mia voce ha avuto eco»glirispose la donnacon tono rassegnato

perfino mite. «Ho compiuto la mia missione verso te e verso la tua genteeora ricompensatemi con le frustatecon la

prigione o la mortecome vi sarà concesso».

La debolezza succeduta all'esaurirsi della passione fece vacillare i suoipassi mentre scendeva i gradini del

pulpito. Gli astantinel frattemposi agitavano avanti e indietro per lachiesamormoravano tra loro e lanciavano

occhiate verso l'intrusa. Molti di loro riconobbero allora in lei la donnache aveva aggredito il Governatore con inaudito

linguaggiomentre questi passava sotto la finestra della sua prigioneericordarono anche che era stata giudicata

meritevole di morte e che era stata poi salvata soltanto per essere deportatanel deserto. Il nuovo oltraggiocol quale

aveva voluto segnare il suo destinosembrava rendere impossibile ulterioreindulgenza nei suoi confronti. Un uomo in

uniforme militareseguito da un altro più robusto di rango inferioresiavviò verso la porta del tempio dove rimase ad

attenderla. La donna aveva però appena messo piede sul pavimento quandoavvenne una scena imprevista. In quel

momento di pericolomentre gli sguardi di tutti chiedevano corrucciati lamorteun piccolotimido bambino si fece

avanti e gettò le braccia al collo della madre.

«Sono quimadre miasono ioe verrò con te in prigione»esclamò ilbambino.

La donna lo scrutò con espressione sconcertataquasi sgomentaperchésapeva che il suo bambino era stato

abbandonato alla morte e non sperava più di rivedere il suo viso. Temevaforseche fosse soltanto una delle felici

allucinazioni con cui la sua fantasia esaltata l'aveva spesso ingannata nellasolitudine del deserto o del carcere. Ma

quando sentì la mano calda del bambino nella propria e udì le brevi paroledel suo amore infantilecominciò a capire

che era ancora madre.

«Che tu sia benedettofiglio mio»singhiozzò la madre. «Il mio cuoreera appassitosìera morto con te e con

tuo padree ora mi batte come nel primo momento che ti ho stretto al seno».

Si inginocchiò e lo abbracciò ancora e ancoramentre la gioiache nontrovava parole per esprimersisi

manifestava in accenti spezzaticome bolle d'acqua che affiorano escompaiono sulla superficie di una più profonda

sorgente. I tormenti del passato e il più cupo pericolo che incombeva ora sudi lei non gettavano alcuna ombra sulla luce

di quel momento fuggevole. Ben prestoperògli spettatori videro mutarel'espressione del suo visocome se vi fosse

riaffiorato il ricordo della sua triste condizionee fosse il dolore adalimentare la fonte delle lacrime che la gioia aveva

fatto sgorgare. E le parole che pronunciò fecero pensare che il naturaleamore a cui si era abbandonata le avesse dato

momentaneamente la coscienza degli errori commessifacendole capire quantosi fosse allontanata dal dovere per

seguire i dettati di un inconsulto fanatismo.

«In un'ora dolorosa sei ritornatomio povero bambino»disse la donna«perché la strada della tua mamma si è

andata rabbuiando sempre più finché ora la sua mèta è la morte. Figliofiglio mioti ho tenuto tra le braccia quando le

mie gambe vacillavanoti ho nutrito con il mio cibo quando mi sentivosvenireeppure sono stata in vita una cattiva

madre per te e ora non ti lascio altra eredità che la sventura e lavergogna. Per quanto cercherai nel mondotroverai tutti

i cuori chiusi per te e i più dolci affetti tramutati in amari sentimentiper colpa mia. Figlio miofiglio mioquante

sofferenze attendono il tuo dolce animoe io sono la causa di tutto!».

Nascose il viso sopra la testa di Ilbrahim e i suoi lunghi capelli corvinisbiaditi dalla cenere della penitenza

calarono su di lui come un velo. Un gemito sordo e spezzato fu la voce dellostrazio del suo cuoree non mancò di

suscitare la commozione di molti che considerarono un peccato la loroinvolontaria virtù. Singhiozzi si udivano

provenire dalla parte della chiesa riservata alle donnee ogni uomo chefosse padre teneva la mano sugli occhi. Tobias

Pearson era inquieto e a disagioma un certo sentimento come di colpa loopprimevacosì che non poteva farsi avanti e

presentarsi come protettore del bambino. Dorothy aveva invece osservato losguardo del maritoe avendo la mente

sgombra dall'influenza che aveva cominciato a farsi sentire in luisiavvicinò alla donna quacchera e si rivolse a lei

facendosi udire da tutta la congregazione.

«Straniera»le disse prendendo la mano di Ilbrahim«affidami questobambinoe io gli farò da madre. La

Provvidenza ha designato chiaramente mio marito a proteggerloed egli hamangiato alla nostra tavolaha alloggiato.26

sotto il nostro tettogià da molti giorni ormaifinché i nostri cuori sisono molto affezionati a lui. Lascia a noi questo

tenero fanciullo e stai tranquilla per quanto concerne il suo benessere».

La donna quacchera si alzò da terrama stringendo ancor più il bambinomentre guardava Dorothy fissamente

in volto. I suoi lineamentidolci ma tristierano in armonia con il suoabbigliamento severo e matronalee insieme

componevano quasi un verso di poesia domestica. Il suo stesso aspettodimostrava cheper quanto mortaleera senza

pecca davanti a Dio e agli uomini mentre la fanaticarivestita della suatunica di sacco legata dalla corda annodata

aveva violatocon altrettanta evidenzai doveri della vita presente efuturaconcentrandosi esclusivamente su

quest'ultima. Le due donneche tenevano ciascuna una mano di Ilbrahimformavano una vivente allegoria: da una parte

la ragione e la pietàdall'altra il fanatismo senza freni si contendevanoil dominio di un piccolo cuore.

«Tu non sei della nostra gente»disse poi malinconicamente la donnaquacchera.

«Nonoi non siamo della tua gente»rispose Dorothy con dolcezza«masiamo cristiani e guardiamo come te

allo stesso Cielo. Non dubitareil tuo bambino ti incontrerà lassù sesarà benedetta l'amorosa e devota educazione che

gli impartiremo. Lassùne sono sicurasono saliti i miei figli prima dimeperché anch'io sono stata madre. Ora non lo

sono più»soggiunse con voce tremante«e tuo figlio avrà tutte le miecure».

«Ma tu lo guiderai lungo il sentiero che i suoi genitori hanno percorso?»domandò la quacchera. «Saprai

insegnargli la fede luminosa per la quale suo padre è mortoper la qualeanch'io devo divenire tra breve un'indegna

martire? Il bambino è stato battezzato nel sangue: conserverai questomarchio rosso e vivo sulla sua fronte?».

«Non voglio ingannarti»rispose Dorothy. «Se tuo figlio diventerà nostrofigliodobbiamo crescerlo secondo

gli insegnamenti che ci sono stati impartiti dal Cielo; dobbiamo recitare conlui le preghiere della nostra fede; dobbiamo

agire nei suoi confronti secondo i dettami della nostra coscienzae nondella tua. Se facessimo diversamente

tradiremmo la tua fiduciapur rispettando i tuoi desideri».

La madre abbassò lo sguardo sul suo figliolotormentatapoi alzò gliocchi verso il cielo. Sembrò pregare in

cuor suocon l'animo evidentemente dibattuto.

«Amica»disse alla fine a Dorothy«non dubito che mio figlio riceveràdalle tue mani tutta l'umana tenerezza.

Voglio credere anche che la tua luce imperfetta possa guidarlo verso un mondomiglioreperché tu sei di certo su quella

strada. Ma tu hai parlato di tuo marito. Egli è quiin mezzo a questamoltitudine? Che si faccia avantialloraperché io

devo conoscere la persona a cui affido questa preziosissima eredità».

Si volse verso il gruppo degli uominie dopo un attimo d'indugio TobiasPearson si fece avanti in mezzo a

loro. La donna quacchera vide subito l'uniforme che ne rivelava il gradomilitare e scrollò il capoma poi si accorse

della sua espressione esitantedegli occhi che si incontravano timidamentecon i suoi e cheincertinon sapevano dove

posarsi. E mentre lo osservavaun sorriso privo di gioia le si distese sulvisocome un raggio di sole che si fa strada

malinconicamente in qualche landa desolata. Le sue labbra si schiusero senzaparlarepoi alla fine disse:

«La sentola sento. La voce parla dentro di me e dice: "Lascia ilbambinoCatharineperché il suo posto è qui

e vai oltre perché ho altri compiti da affidarti. Spezza i vincoli deinaturali affettisacrifica il tuo amoree sappi che in

tutto ciò la saggezza eterna ha i suoi fini". Ora vadoamicivado.Prendete voi il mio figlioloil mio gioiello prezioso.

Io vado oltresicura che tutto andrà bene e che nella vigna ci sarà lavoroanche per queste mani di fanciullo».

Poi si inginocchiò e sussurrò all'orecchio di Ilbrahimil qualedapprimasi aggrappò disperatamente alla

madrecon singhiozzi e lacrimema rimase poi calmo e rassegnato quando ellagli ebbe baciato la guancia e si fu alzata

da terra. Poidopo avergli posto le mani sul capoin una muta preghieraladonna si preparò a partire.

«Addioamicinel mio momento estremo»disse poi a Pearson e a suamoglie«la buona azione che mi avete

reso è un tesoro depositato in cieloche vi sarà ripagato mille volte nelfuturo. E addio anche a voimiei nemiciche non

siete degni né di torcermi un capello né di stare ai miei piedi nemmeno perun attimo. Giorno verrà che sarete chiamati

davanti a me a discolparvi di questo peccatoe allora io mi alzerò erisponderò».

Poi volse i suoi passi verso la portae gli uomini che vi si erano posti diguardia si fecero da parte e la

lasciarono uscire loro malgrado. Un generale sentimento di pietà aveva avutola meglio sulla virulenza dell'odio

religioso. Santificata dal suo amore e dal suo dolorela donna si allontanòe tutti rimasero a guardarlafinchésalita la

collinascomparve alla vista dietro la sua cresta. Se ne andò cosìapostolo del suo stesso cuore inquietoa riprendere le

peregrinazioni degli anni trascorsi. La sua voceinfattiera già stataudita in molte regioni della Cristianitàe il suo

corpo aveva languito nelle celle dell'Inquisizione cattolicaprima ancora diconoscere la sferza e il carcere dei puritani.

La sua missione era arrivata anche tra i seguaci del Profetae da essi avevaavuto l'attenzione e il rispetto che tutte le

sette contendenti della nostra religione più pura le avevano negato. Suomarito e lei avevano soggiornato per molti mesi

in Turchiadove lo stesso sultano aveva mostrato loro la sua simpatia; inquella terra pagana era anche nato Ilbrahime

il suo nome orientale era appunto un segno di riconoscimento delle buoneazioni compiute da un miscredente.

Quando Pearson e sua moglie ebbero così acquisito tutti quei diritti suIlbrahim che potevano essere delegatiil

loro affetto per lui diventòal pari del ricordo della terra natia e delquieto dolore per i loro mortiuna parte inalienabile

dei loro cuori. E anche il bambinodopo una o due settimane di inquietudinecominciò a contraccambiare i suoi

protettori rivelando con molti gesti spontanei che li considerava comegenitori e la loro casa come la sua. Prima che

fosse sciolta la neve dell'invernoil piccolo perseguitatol'esule di unlontano paese paganosembrava nato in quella

fattoria del New England e inseparabile dal calore e dalla sicurezza del suofocolare. Per effetto di questa tenerezza e

per la consapevolezza d'essere amatoquella precoce maturità indotta dallasua precedente condizione andò

scomparendo nel comportamento di Ilbrahimche diventò più infantile epoté rivelare liberamente il suo carattere.27

naturale. Era sotto molti aspetti un bel bambinoanche se le disordinatefantasie dei suoi genitoridel padre come della

madreavevano forse lasciato una certa instabilità nella sua mente. IngeneraleIlbrahim trovava motivo di piacere nelle

cose più insignificanti che accadevano e in ogni oggetto che aveva intornoe sembrava scoprire grandi tesori di felicità

grazie a una facoltà analoga a quella dell'amamelideche usano i rabdomantiper scoprire l'acqua nascosta dove tutto

appare sterile all'occhio. La sua briosa gaiezzache egli derivava da milleoccasionisi propagava alla famigliaper la

quale Ilbrahim era come un domestico raggio di sole che illuminava i visicrucciati e scacciava le tenebre dagli angoli

bui della casa.

D'altro cantoessendo la sensibilità alla felicità anche quella che ispirail dolorel'esuberante allegria

prevalente nel ragazzo cedeva talvolta a momenti di cupo sconforto. Nonsempre era possibile risalire all'origine di

questi momenti di afflizionema spessoanche se Ilbrahim era ancora troppogiovane per rattristarsi per simili cause

sembravano aver origine da un amore ferito. L'esuberanza di questa allegrialo faceva spesso eccedere dai limiti del

decoro di una casa puritanae in queste occasioni non sempre Ilbrahimsfuggiva al rimprovero. Ma la minima parola

realmente asprache egli sapeva distinguere infallibilmente dalla collerasimulatasembrava pesargli sul cuore e

avvelenargli tutti i piaceri fin quando non si rendeva conto d'esser statocompletamente perdonato. Della malizia che

solitamente si accompagna a una superficiale sensibilità Ilbrahim eracompletamente sprovvisto: se mortificatonon si

risollevava; se feritonon poteva che morire. Il suo spirito mancava diquella forza che dà la sicurezza di sé: era come

un arbusto che fiorisce splendidamente quando è avvolto a un fusto piùrobustoma se viene respinto o strappato non gli

resta che avvizzire a terra. Con la sua perspicaciaDorothy comprese che laseverità avrebbe soffocato l'intelligenza del

fanciulloe lo nutrì quindi con la delicatezza di chi tiene in mano unafarfalla. Suo marito dimostrava un uguale affetto

anche se questo diventava ogni giorno meno prodigo di carezze.

I sentimenti dei vicini nei confronti del piccolo quacchero e dei suoiprotettori non erano favorevolmente

mutatianche se l'infelice madre era riuscita a conquistare momentaneamentele loro simpatie. Il disprezzo e l'astio di

cui era oggetto pesavano molto su Ilbrahimsoprattutto quando egli capiva daqualche episodio che i bambini suoi

coetanei condividevano l'ostilità dei genitori. Il suo carattere tenero esocievole traboccava d'affetto per tutto ciò che

aveva intornoeppure restava in lui un residuo d'amore non speso che bramavarivolgere ai piccoli che imparavano

invece a odiarlo. Quando arrivarono i tiepidi giorni di primaveraIlbrahimprese l'abitudine di restare da solo per ore e

oresilenzioso e in dispartead ascoltare le voci degli altri bambini chegiocavanoma con la sua consueta delicatezza di

sentimenti evitava di farsi notare da loroe anzi li sfuggiva e sinascondeva al più piccolo tra loro. Il casotuttavia

sembrò aprirgli alla fine una via di comunicazione tra il suo cuore e illoroe l'occasione si presentò nella persona di un

ragazzo di un paio d'anni più grande di luiche si ferì cadendo da unalbero in prossimità della casa dei Pearson.

Essendo un po' lontana l'abitazione di questo ragazzoDorothy lo accolse benvolentieri sotto il suo tetto e ne divenne la

premurosa e sollecita infermiera.

Ilbrahim possedeva un notevole intuitosenza saperloin fatto difisionomiee questo l'avrebbe sconsigliatoin

altre circostanzedi tentare di diventare amico di questo ragazzo. L'aspettodi quest'ultimoinfattiimpressionava subito

sfavorevolmente chi l'osservavae bastava poco per comprendere che la causaera dovuta a una leggera distorsione della

boccaai lineamenti irregolari e sconnessialla linea quasi congiunta dellesopracciglia. Analogheforsea queste lievi

deformitàaveva impercettibili storture delle articolazioni e un'insolitaprominenza del pettoe tutto ciò formava un

corpo quasi regolare nell'insiemema pieno di piccole imperfezioni. Ilcarattere del ragazzo era inoltre chiuso e

scontrosoe il maestro del villaggio lo giudicava ottusoanche se neglianni successivi avrebbe rivelato ambizioni e

particolari attitudini. Tuttavianonostante queste imperfezioni fisiche emoraliIlbrahim gli si affezionò subitofin dal

momento in cui il ragazzo fu portato ferito alla fattoria: il fanciulloperseguitato sembrò allora confrontare il suo destino

con quello dell'infermo e avvertire una sorta di affinità tra lorochedisgrazie d'origine diversa avevano costituito.

Trascurando il ciboil riposo e l'aria apertadi cui aveva tanto bisognoIlbrahim prese posto al capezzale dell'estraneo

e con affettuosa perseveranza si sforzò di essere il tramite di tutte lecure e le attenzioni che gli venivano prodigate.

Quando il ragazzo entrò in convalescenzaIlbrahim escogitava giochi adattialle sue condizionio lo divertiva con una

sua particolare dote che aveva forse respirato con l'aria del suo selvaggiopaese natale. Era la dote di raccontare

fantasiose avventure inventate sul momentoe in successione apparentementeinesauribile. Naturalmente i suoi racconti

erano assurdiincongruenti e insensatima erano sottesi da una curiosavenatura di umanità e di tenerezza che sembrava

un dolce viso familiare incontrato nel mezzo di uno scenario selvaggio eirreale. L'ascoltatore prestava molta attenzione

a questi racconti e talvolta li interrompeva con brevi osservazioni su questoo quell'episodio che rivelavano una

sottigliezza superiore ai suoi anni e insieme un'ambiguità morale chestrideva aspramente con l'innata rettitudine di

Ilbrahim. Nulla poteva però scoraggiare l'affetto di quest'ultimoe mo ltisintomi rivelavano che trovava risposta

nell'animo oscuro e chiuso del ragazzo cui era rivolto. Infinei genitoridel ragazzo lo riportarono sotto il loro tetto per

terminare le cure.

Ilbrahim non andò a far visita al nuovo amico dopo la sua partenzamacontinuò a chiedere ansiosamente

notizie di lui e del giorno in cui sarebbe ricomparso tra i suoi compagni digiochi. In un bel pomeriggio estivoi ragazzi

del vicinato si erano raccolti in un piccolo spiazzo circondato dallaforestadietro alla chiesae tra loro c'era anche il

piccolo infermoormai in via di guarigioneche si appoggiava a un bastone.L'allegria che scaturiva da una ventina di

petti ancora puri si faceva udire in voci argentine e squillantiche sirincorrevano tra gli alberi come raggi di sole

divenuti udibili; e gli adulti di questo stanco mondopassando lì vicinosi domandavano meravigliati perché la vita

iniziata in tanta letiziadovesse poi proseguire nella malinconiaed eranoi cuori o la fantasia a rispondere loro che

l'incanto della fanciullezza ha origine dall'innocenza. Ma avvenne poi che lapiccola e allegra brigata si accrebbe.28

inaspettatamente. Era Ilbrahim che si faceva incontro ai ragazzi conun'espressione di dolce sicurezza sul suo bel viso

spirituale come seavendo manifestato il suo affetto a uno di lorononavesse più da temere d'essere respinto dalla sua

compagnia. Il silenzio calò sulle voci gioiose dei bambininel momentostesso in cui lo riconobberoe cominciarono

allora a confabulare tra loro mentre Ilbrahim si avvicinavapoi il demonedei loro genitori entrò nel cuore degli

scatenatie lanciando grida acute e feroci si avventarono contro il poverobambino quacchero. In un attimoIlbrahim si

trovò nel mezzo di una turba di piccoli spietati nemici che alzavano bastonicontro di lui e lo colpivano con pietre

mostrando un istinto di distruzione molto più ripugnante della sete disangue degli adulti.

Il piccolo infermoche nel frattempo si era tenuto in disparte dalla ressagridava intanto ad alta voce: «Non

aver pauraIlbrahimvieni qui e prendimi per mano». Dopo aver osservatocon calmo sorriso e senza batter ciglio

l'infelice amico che si sforzava faticosamente di raggiungerloil piccolofarabutto sollevò poi il suo bastone e colpi

Ilbrahim sulla bocca così forte che il sangue gli sgorgò a fiotti. Ilpoverinoche teneva le mani sulla testa per ripararsi

dai colpile lasciò allora ricadere subito. Poi i piccoli aguzzini siaccanirono sul poveretto caduto a terracalpestandolo

e trascinandolo per i lunghi capelli biondi. Ilbrahim stava per diventare unautentico martiretra quanti sono mai entrati

sanguinanti in cielose il tumulto non avesse richiamato l'attenzione dellepersone vicinele quali si diedero la pena di

soccorrere il piccolo eretico e di portarlo alla porta di casa dei Pearson.

Se le lesioni fisiche subite da Ilbrahim erano gravilunghe e amorose cureresero possibile la sua guarigione

ma il male arrecato al suo animo sensibile era ancora più graveanche semeno visibile. Le sue manifestazioni erano

soprattutto negativee potevano essere percepite soltanto da coloro chel'avevano conosciuto in precedenza. Il

comportamento del bambino fu da quel momento tardouniforme e immutato daquegli improvvisi accessi di vivacità

che un tempo corrispondevano alla sua straripante allegria; il suo contegnofu più gravee la nuvola che incombeva

sulla sua vita ne cancellò il precedente modo d'espressionesimile a danzadei raggi del sole riflessa nell'acqua corrente

mentre la sua attenzione era attirata molto meno dagli avvenimenti di tutti igiorni e sembrava incontrare molta maggior

difficoltàche in un passato felicenel comprendere ciò che per lui eranuovo. Un estraneobasando il suo giudizio su

questi elementiavrebbe detto che l'apatia intellettuale del bambinocontraddiceva apertamente ciò che prometteva

l'espressione del suo voltoma la causa consisteva nella direzione deipensieri di Ilbrahimche continuavano a covargli

dentroanziché manifestarsi naturalmente all'esterno. Un tentativo diDorothy di ravvivare la sua precedente gaiezza

diede lo spunto all'unica occasione in cui il torpore del bambino lasciò ilposto a un violento sfogo del suo tormentoe

allora egli scoppiò a piangere a dirotto e corse a nascondersiperché ilcuore gli pesava a tal punto che anche una mano

gentile lo tormentava come il fuoco. Talvoltaalla notte e probabilmente nelsognolo si udiva gridare: «Mamma!

Mamma!»come se quel postoche un'estranea aveva preso nel tempo in cuiIlbrahim era felicenon potesse avere

sostituzioni nel momento della più profonda afflizione. Forsetra i tantiinfelici stanchi della vita che erano allora sulla

terranessuno univa la disperazione all'innocenza come quel povero bambinodal cuore spezzatocosì precocemente

vittima della propria celeste natura.

Mentre questa malinconia prendeva il sopravvento su Ilbrahimun'altratrasformazione di precedente origine e

di diversa natura si compiva nel suo padre adottivo. Nell'episodio da cuitrae spunto questo raccontoPearson si trovava

in uno stato di apatia religiosa e insieme di inquietudine mentale dettatadall'ardente desiderio di una più fervida fede di

quella che aveva. Il primo effetto della sua tenerezza per Ilbrahim fu quellodi indurre in lui un attutito sentimento

come una incipiente simpatia per l'intera setta cui il bambino appartenevama insieme a ciòe derivante forse da

diffidenza verso se stessosi accompagnava un orgoglioso e ostentatodisprezzo per le dottrine e le stravaganti

esibizioni di questa setta. Tuttavianel corso di lunghe riflessioni suquesto argomento che continuava irresistibilmente

ad agitarsi nella sua mentele assurdità di questa dottrina cominciarono adapparigli meno evidentie i punti che più

avevano offeso la sua ragione gli si presentarono sotto una diversa luce osvanirono completamente. Questo travaglio

interiore sembrava proseguire perfino durante il sonnoe quello che gli siera presentato come un dubbio al momento di

coricarsi spesso si trasformava in veritàconfermata anche da qualchedimostrazione dimenticataquando al mattino

ricapitolava i suoi pensieri. E mentre veniva così contagiato dalla dottrinadei fanaticiil suo disprezzo per loro non

accennava però a diminuiree anzi si inaspriva verso se stessofino acredere di scorgere un sogghigno sulla faccia di

ogni suo conoscente e di avvertire un certo sarcasmo in ogni parola che gliveniva rivolta. Questo era dunque il suo

stato d'animo all'epoca della disavventura di Ilbrahime l'emozioneprovocata da quell'avvenimento completò la

trasformazione di cui il bambino era stato originariamente lo strumento.

Nel frattemponon accennavano a diminuire né la ferocia dei persecutori nél'esaltazione delle vittime. Le

carceri non erano mai vuotele strade di quasi tutti i villaggi echeggiavanoogni giorno del sibilo delle sferzeed era

stata anche sacrificata la vita di una donna il cui mite animo cristiano nonpoteva essere inasprito da nessuna crudeltà

mentre altro sangue innocente doveva ancora macchiare le mani che cosìspesso si congiungevano nella preghiera. Poco

tempo dopo la Restaurazionei quaccheri inglesi denunciarono a Carlo II che«una vena di sangue scorreva nei suoi

dominii»ma anche se ciò dispiacque al voluttuoso sovranoil suointervento non fu altrettanto tempestivo. A questo

punto il nostro racconto deve andare oltre di molti mesidurante i qualiPearson conoscerà il disonore e la sventurasua

moglie sopporterà mille tormenti con animo fermoil povero Ilbrahimlanguirà e sfiorirà come un bocciolo di rosa

corrosoe sua madre vagherà verso una falsa metadimentica della missionepiù santa che possa essere affidata a una

donna.

Una sera tempestosa d'inverno era calata cupa sulla casa dei Pearsone nonvi era volto gioioso che fugasse la

malinconia del suo ampio focolare. È vero che un bel fuoco mandava beneficotepore e vivida lucee che grossi ceppi

gocciolanti di neve non ancora sciolta erano accatastati per essere gettatisulle bracima la casa era triste per la.29

mancanza di quell'agiatezza che una volta l'aveva allietatadopo che il suopadrone si era impoverito per le continue

ammende e per la poca cura che egli stesso rivolgeva agli affari temporali. Econ gli utensili della paceanche gli

strumenti di guerra erano parimenti scomparsi: la spada era spezzatal'elmoe la corazza erano stati buttati via per

sempre; il soldato aveva messo fine alle battaglie e ora non poteva alzareche la sua mano nuda per ripararsi. Ma la

Sacra Bibbia era rimastaposata su un tavolo che era stato avvicinato alfuocoe lì sedevano due membri della setta

perseguitata che cercavano conforto nelle pagine del libro.

L'uomo che ascoltava leggere l'altro era il padrone di casaora emaciatonell'aspetto e trasformato

nell'espressione e nel coloritoperché la sua mente si era troppo a lungoattardata in visionarie meditazioni e il suo

corpo era stato logorato dalla prigione e dalla frusta. Il vecchio vigoroso esegnato dalle intemperie che gli sedeva a

fianco mostrava meno di lui i patimenti di un più lungo corso dello stessogenere di vita. Nella personaera alto e

dignitoso e avevaciò che sarebbe bastato a farlo odiare dai puritanilunghi cernecchi grigi che gli ricadevano sulle

spalle da sotto alla larga tesa del cappello. Mentre il vecchio leggeva adalta voce le pagine del sacro librola neve

turbinava contro le finestre o si insinuava tra le fessure della portamentre raffiche di vento scendevano ululando per il

camino e la fiamma balzava furiosamente in alto come per scovarlo. Etalvoltaquando il vento scendeva giù dalla

collina con una certa angolatura e spazzava la gelida pianura della fattoriafaceva sentire la voce più lamentosa che si

possa immaginare: sembrava che fosse il Passato a parlareche i Morti vicontribuissero ciascuno con un sussurroche

la Desolazione dei Secoli alitasse in quel gemito.

Il quacchero chiuse infine il librotenendo tuttavia la mano tra le pagineche aveva lettoe guardò Pearson fisso

in volto. L'atteggiamento e i lineamenti di quest'ultimo testimoniavano ildolore fisico che sopportavamentre teneva la

fronte china tra le manii denti serratie il corpo era percorso di quandoin quando da un tremito di agitazione nervosa.

«Amico Tobias»domandò il vecchio con voce colma di pietà«non haitrovato conforto in questi passi

benedetti della Scrittura?».

«La tua voce mi è arrivata all'orecchio come suono lontano e indistinto»rispose Pearson senza sollevare lo

sguardo. «È cosìe quando prestavo ascolto attentamente le parole misembravano fredde e inanimateintese per

un'altra persona e per un dolore meno grande del mio. Metti via il libro»soggiunse in tono di cupa amarezza. «Io non

partecipo delle sue parole di consolazione ed esse non fanno altro cheinasprire il mio dolore».

«Nopovero fratellonon essere come coloro che non hanno mai visto laluce»replicò il quacchero anziano

con voce ferma ma dolce. «Non sei tu colui che sarebbe stato contento didare tutto e di sopportare tuttoper il bene

della tua coscienzache desiderava perfino affrontare speciali proveaffinché la tua fede fosse purificata e il tuo cuore

mondato dai desideri terreni? E ora vuoi cedere sotto il peso d'unaafflizione che accade parimenti a coloro che hanno la

loro parte quaggiù come a quelli che ripongono il loro tesoro nel cielo? Nonon ti accasciareperché il tuo fardello è

ancora lieve!».

«Lieve? È più pesante di quanto possa portare!»esclamò Pearson conl'esasperazione del suo animo mutevole.

«È dalla giovinezza che sono vittima designata della collerae anno dopoannogiorno dopo giornoho sopportato

dolori che altri non conoscono in tutta la loro vita. E non parlobadadell'amore trasformato in odiodell'onore divenuto

disonoredegli agi e dell'abbondanza di ogni cosa tramutati in pericolopenuriaindigenza. Tutto ciò avrei potuto

sopportarloe mi sarei considerato fortunato. Ma quando il mio cuore eraafflitto da tante perditel'ho riposto nel figlio

di una sconosciutaed egli mi è divenuto più caro dei miei morti. E oraanch'egli deve morirequasi che il mio amore

fosse un veleno. È la veritàsono un uomo maledettoe vorrei giacerenella polvere e non rialzare mai più il capo».

«Tu commetti un peccatofratelloma non sta a me rimproverartiperchéanch'io ho avuto le mie ore buie

durante le quali ho imprecato anche contro la croce»replicò il vecchioquacchero. Poiforse nella speranza di

distogliere i pensieri del compagno dai suoi affanni proseguì: «Anche direcente la luce si è oscurata dentro di me

quando i sanguinari mi hanno banditopena la mortee i conestabili mi hannocondotto di villaggio in villaggio verso il

deserto. Una mano forte e crudele tirava le corde annodate che mi entravanofin dentro la carnecosì che si sarebbe

potuto seguire ogni mio passo vacillante dalla scia di sangue che lasciavodietro di me. E mentre proseguivamo...».

«E io non ho forse sopportato tutto ciò senza lamentarmi?»lo interruppePearson con impazienza.

«Noamicoascoltami»proseguì l'altro. «Mentre proseguivamo ilviaggiola notte oscurò il nostro cammino

così che nessuno avrebbe potuto vedere il furore dei persecutori né lacostanza della nostra sopportazioneper quanto il

Cielo mi vieti di vantarmene. Le luci cominciavano ad accendersi nellefinestre delle fattoriee potevo distinguerne gli

abitanti raccolti nell'intimità e nella sicurezzaciascuno insieme con lamoglie e i figliaccanto al focolare della sera.

Alla fine giungemmo in un tratto di terra coltivatadove la foresta intornonon era visibile nella fioca luce eascolta!

era lì un'abitazione coperta di pagliasimile in tutto alla mia casalontanaal di là dello sterminato oceanolaggiù nella

nostra lontana Inghilterra. Allora mi passarono per la mente amari pensierisìricordo che erano di morte per la mia

anima. Mi passarono davanti agli occhi la felicità della mia giovinezzal'inquietudine della maturitàla mutata fede

della vecchiaia. Ricordai com'ero stato indotto ad andarmene randagio quandomia figliala più giovanela più cara del

mio greggegiaceva sul letto di morte e...».

«E tu hai potuto ubbidire al comando in un momento come quello?»esclamòPearson con un brivido.

«Sìsì»rispose in fretta il vecchio. «Ero inginocchiato al suocapezzale quando la voce parlò perentoria dentro

di mee immediatamente mi alzaipresi il bastone e mi misi in cammino. Ohmi sia consentito dimenticare il suo

dolente sguardo quando ritrassi il braccio e la lasciai andar sola nellavalle buia! Sìperché la sua anima era fragile e lei

la sosteneva alle mie preghiere. Ed ecco che in quella notte d'orrore fuiassalito dal pensiero di essere stato un cattivo

cristiano e uno snaturato genitore; sìperfino mia figliacol suo pallidovolto di morente sembrava starmi accanto e.30

sussurrare: "Padreti sei ingannato: torna a casa e metti al riparo latua testa grigia". OhTuTu cui ho guardato nelle

mie remote peregrinazioni»esclamò ancora il quacchero alzando al cielogli occhi spiritati«non infliggere al più

sanguinario dei nostri persecutori l'implacabile strazio della mia animaquando ho creduto che tutto quanto ho fatto e

sofferto per Te fosse per istigazione di un demonio che mi derideva! Ma noncedettimi inginocchiai e combattei con il

tentatore mentre la sferza mi mordeva ancora più crudelmente la carne. Lamia preghiera fu accolta e proseguii il

cammino in pace e letizia verso il deserto».

Anche se il suo fanatismo aveva in generale tutta la calma della ragioneilvecchio era profondamente

commosso mentre raccontava e la sua inconsueta emozione sembrò averel'effetto di mortificare e reprimere quella del

compagno. I due uomini rimasero seduti in silenziocol viso rivolto verso ilfuocoimmaginando forse di vederenelle

sue ardenti bracinuove scene di persecuzioni ancora da affrontare. La nevecontinuava a turbinare fuori dalla finestra e

talvolta scendeva giù per l'ampio caminodove la fiamma dei ceppi eraandata calandoe sfrigolava sul focolare. Un

cauto scalpiccio si udiva di quando in quando provenire dalla stanzacontiguae quel rumore richiamava ogni volta gli

occhi dei due quaccheri verso la porta della stanza. Poiquando una rafficadi vento più violenta e altisonante portò i

suoi pensieriper associazione di ideea coloro che vagavano senza casa inuna notte come quellaPearson riprese la

conversazione.

«Anch'io ho quasi ceduto sotto il peso della parte che mi è stata riservatain questa prova»osservòtraendo un

profondo sospiro«eppure vorrei che mi fosse raddoppiatase questoservisse a risparmiare la madre del bambino. Le

sue ferite sono state molte e profondema questa sarà la più crudele ditutte».

«Non temere per Catharine»rispose il vecchio quacchero«perché ioconosco quella donna valorosa e ho visto

come sa portare la croce. Il cuore della madre batte forte dentro di leièveroe può semb rare che sia prepotentemente in

competizione con la sua fedema ben presto si ergerà in piedi e renderàgrazie perché suo figlio è stato così presto

accolto come sacrificio. Il fanciullo ha compiuto la sua operae lei capiràche è stato portato via di qui per un atto di

bontà verso di lui come verso lei stessa. Benedettibenedetti coloro checon così poche sofferenze possono accedere alla

pace celeste!».

Le raffiche furiose del vento furono in quel momento sovrastate dal sinistrorumore di qualcuno che bussava

rapidamente ed energicamente alla porta esterna. L'esangue colorito diPearson si fece più pallido ancoraperché le

molte visite dei persecutori gli avevano insegnato che cosa temerementre ilvecchiodal canto suosi alzò in piedi con

lo sguardo fermo del veterano che attende il nemico.

«Gli uomini sanguinari sono venuti a cercarmi»osservò con voce calma.«Hanno saputo che sono stato

indotto a ritornare dall'esilioed ora vogliono ricondurmi in prigionee dilì alla morte. È una fine cui aspiro da molto

tempo. Aprirò ioperché non possano dire: "Guardatehapaura!"».

«Nomi presenterò io a loro»replicò Pearsoncon rinnovata forzad'animo. «Può darsi che cerchino soltanto

me e non sappiano che ti trovi in casa mia».

«Andiamo tutti e due con coraggio»propose allora il suo compagno. «Èsconveniente che l'uno o l'altro

indietreggi».

Insieme si avviarono quindi verso la portache aprirono ordinando alvisitatore: «Entrain nome di Dio!». Una

furiosa folata di vento spinse la tormenta in faccia a loro e fece spegnerela lampadacosì che essi ebbero appena il

tempo di intravvedere una figuracosì bianca di neve dalla testa ai piedida sembrare l'Inverno in personagiunto in

aspetto umano per cercare riparo dalla sua stessa desolazione.

«Entraamicoe compi la tua missionequalunque essa sia»esclamòPearson. «Dev'essere cosa urgentese sei

venuto in una notte di tempesta come questa».

«La pace sia in questa casa»disse la persona sconosciuta mentre i dueuomini erano ancora sulla soglia.

Pearson trasalìmentre il vecchio quacchero smuoveva le braci assopite delcamino che alzarono allora una

viva fiammata. Era una voce di donna quella che aveva parlatoed era unafigura femminile quella che si stagliava

intirizzitanel confortante chiarore.

«Catharinedonna benedetta!»esclamò il vecchio. «Sei ritornata dunquein questa terra buia? Sei giunta a

portare la tua valorosa testimonianza come negli anni passati? La frusta nonè stata più forte di tee dalla prigione sei

uscita trionfantema ora il tuo cuore deve farsi forza. Catharineperchéil Cielo ti metterà alla prova ancora questa

voltaprima che tu possa andare alla tua ricompensa».

«Rallegrateviamici»replicò Catharine. «Tuche da tanto tempo sei deinostrie tuche un piccolo bambino

ha condotto a noirallegratevi! Sìsono giunta come messaggero di lietenovelleperché i giorni della persecuzione

sono finiti. Il cuore del reCarlo il giustosi è mosso a pietà di noi edegli ha inviato le sue lettere per fermare la mano

degli uomini sanguinari. Una nave carica di nostri amici è arrivata incittà e anch'ioho fatto lietamente il viaggio

insieme a loro».

Mentre Catharine parlavai suoi occhi vagavano per la stanza in cerca dicolui che ora le faceva avere cara la

sicurezza. Pearson rivolse un silenzioso cenno al vecchioil quale non siritrasse dal penoso incarico che gli era stato

assegnato.

«Sorella»iniziò a dire con voce dolce e pacata insieme«tu ci parlidel Suo amoremanifestato nella sicurezza

terrenae ora noi dobbiamo parlarti di quello stesso amore rivelato nelcastigo. FinoraCatharinesei andata per una

strada difficile e oscuraconducendo il tuo piccolo per mano: ben volentieriavresti rivolto continuamente il tuo sguardo

al cielose le cure richieste dal piccolo figlio non avessero tenuto legatii tuoi occhi e i tuoi affetti alla terra. Sorella

continua a rallegrartiperché i suoi passi vacillanti non intralcerannopiù i tuoi»..31

Ma l'infelice madre non poteva essere consolata da queste parolee tremòcome una foglia e sbiancò come la

neve che aveva tra i capelli. Il vecchio vigoroso le tese la mano persostenerlatenendo gli occhi fissi nei suoicome a

reprimere ogni suo sfogo passionale.

«Io sono una donnasono soltanto una donnaed Egli vuole mettermi a unaprova superiore alle mie forze?»

disse Catharine con voce concitata e sommessacome un sussurro. «Sono stataferita dolorosamentee molto ho

soffertomolte volte nel corpomolte volte nell'animo; sono statacrocefissa nella mia persona e nelle persone che mi

erano più care. E certo»soggiunse dopo un lungo brivido«Egli mi harisparmiato una cosa soltanto». Poi ruppe in un

improvviso e incontenibile grido di violenza. «Dimmiuomo senza cuorechecosa mi ha riservato Iddio? Mi ha forse

gettato così in basso da non potermi più rialzare? Ha forse volutoinfrangere il mio cuore con le Sue stesse mani? E tu a

cui ho affidato il mio bambinotu come hai assolto il tuo compito? Ridammiil mio bambinobellosanovivovivo

oppure la terra e il cielo mi vendicheranno!».

Al grido straziato di Catharine rispose la voce flebilemolto flebile di unbambino.

Quel giorno era apparso evidente a Pearsonal suo anziano ospite e a Dorothyche il breve e tormentato

cammino di Ilbrahim era ormai prossimo alla fine. I primi due sarebberorimasti volentieri accanto a luiper recitare

preghiere e gli edificanti discorsi che ritenevano confacenti allacircostanzae chepur essendonel mondo in cui è

direttoimpotenti in quanto all'accoglienza destinata a chi partepossononondimeno confortarlo nel momento del

congedo dalla terra. Ma Ilbrahimpur senza lamentarsiera turbato dai visiche lo guardavanocosì che le preghiere di

Dorothy e la loro stessa convinzione che i passi del fanciullo avrebberopercorso i sentieri del Cielo senza infangarli

avevano indotto i due quaccheri ad allontanarsi. Ilbrahim aveva allora chiusogli occhi e si era calmatoe se non fosse

stato per qualche parola gentile rivolta sommessamente di quando in quandoalla sua assistentesi sarebbe pensato che

fosse assopito. Col calar della sera e con l'inizio della tormentaqualcosasembrò tuttavia turbare il riposo del piccolo e

rendere il suo senso dell'udito più attivo e acuto. Se una raffica di ventopiù forte scuoteva la casail piccino si sforzava

di voltare la testa in quella direzionese la porta cigolava nei cardiniegli guardava a lungoansiosamenteverso di

essa; se la voce grave del vecchio che leggeva le Scritture si alzava ancheleggermenteil bambino quasi tratteneva il

suo respiro morente per ascoltarese una folata di neve investiva lafattoria con un rumore simile al frusciare delle vesti

Ilbrahim sembrava porsi in attesa dell'arrivo di qualche visitatore.

Dopo qualche attimoperòabbandonava quella segreta speranza che sembravaaverlo agitatoe con un lungo

lamentoso sospirovoltava di nuovo la guancia sul cuscino. Egli allora sirivolgeva a Dorothy e con la sua consueta

dolcezza le chiedeva di farsi più vicina a luipoiaccontentatoleprendeva la mano tra tutte e due le suestringendola

con lieve pressione come per accertarsi di averla. Di quando in quandoesenza alterare l'espressione rilassataera

percorso dalla testa ai piedi da un lievissimo tremorecome se un ventoleggero ma gelido avesse alitato su di lui

facendolo rabbrividire. E mentre il bambino la teneva così per manonel suoquieto cammino verso i confini

dell'eternitàDorothy aveva quasi la sensazione di poter scorgere laprossimama ancor nebulosa delizia della casa che

egli stava per raggiungeree allora non avrebbe richiamato indietro ilpiccolo viandanteanche se rimpiangeva di

doverlo lasciare e ritornare sui suoi passi. Ma proprio mentre i suoi piedistavano per varcare la soglia del Paradiso

Ilbrahim udì una voce dietro di sé e questa lo fece tornare indietro diqualche passo sul faticoso cammino che aveva

percorso. E Dorothyosservando i suoi lineamentisi accorse che la loroplacida espressione era di nuovo turbata

mentre i suoi pensieri erano così immersi in lui che non udiva nemmeno tuttii suoni della tempesta e delle voci umane;

ma quando il grido di Catharine penetrò nella stanzail ragazzo di sforzòdi sollevarsi.

«Amica miaè giunta finalmente! Aprile la porta!»gridò il bambino.

In un attimola madre era inginocchiata al suo capezzale e lo stringeva alpettoe Ilbrahim vi si rifugiònon

con la violenza della gioiama appagatocome se potesse finalmenteabbandonarsi al sonno. Poi la guardò in viso e

leggendone lo straziodis se con flebile sicurezza:

«Non piangeremadre carissima. Ora sono felice». E con queste parole ilfanciullo morì.

L'ordine del re di far cessare le persecuzioni nel New England si rivelòefficace nel prevenire ulteriori martirii

ma le autorità della coloniaconfidando nella lontananza e forse nellasupposta instabilità del governo del re

rinnovarono ben presto la loro severità sotto tutti gli altri aspetti. Ilfanatismo di Catharine si fece ancor più esasperato

dopo il suo distacco da tutti i legami umanie ogni volta che la sferzaveniva alzataera lei che riceveva il colpoogni

volta che le porte del carcere si aprivanoera lei che vi era gettata sulpavimento. Ma col passare del tempouno spirito

più cristianouno spirito di tolleranza se non di cordialità o diapprovazionecominciò a diffondersi in quella terra nei

confronti della setta perseguitata. E alloraquando i vecchi pellegriniarcigni cominciarono a guardarla con pietà più che

con colleraquando le donne di casa la sfamarono con gli avanzi del cibo deiloro figlie le offrirono alloggio su un

duro e umile lettoquando le turbe di scolari non lasciarono più i lorogiochi per correre a scagliar pietre dietro alla

fanatica vagabondaallora Catharine ritornò all'abitazione dei Pearson e viprese alloggio.

Come se la dolcezza di Ilbrahim ancora emanasse dalle sue cenericome se lasua gentilezza fosse scesa dal

cielo per insegnare alla madre una vera religioneil carattere fiero evendicativo di Catharine si addolcì per quegli stessi

dolori che un tempo l'avevano esasperato. E quando il corso degli anni ebbereso familiare nella regione il volto di

quella donna infelice e discretaCatharine divenne oggetto di interesse nonacutoma generalecome una creatura alla

quale potevano essere rivolte le simpatiealtrimenti superfluedi tutti.Tutti parlavano di lei con quel tanto di pietà che

fa piacere conosceretutti erano pronti a usarle quelle piccole gentilezzeche non costano care e nondimeno rivelano

buona volontàe quando alla fine morìun lungo corteo di coloro che eranostati un tempo i suoi crudeli persecutori la.32

accompagnòcon mesto cordoglio e lacrime non simulateal suo luogo diriposoaccanto alla tomba verde e profonda

di Ilbrahim.

LA SVENTURA DEL SIGNOR HIGGINBOTHAM

Un giovane venditore ambulante di tabacco era in viaggio da Morristowndoveaveva fatto molti affari col

diacono dell'insediamento degli Shakerverso il villaggio di Parker's Fallssul fiume Salmon. Aveva un bel carretto

verdedov'era dipinta su ambedue le fiancate una scatola di sigari el'immagine di un capo indiano sul retrocon la pipa

in mano e una pianticella dorata di tabacco. Il venditore lo faceva trainareda una piccola giumentaed era un giovane di

ottimo caratteredotato di senso degli affarima nondimeno apprezzato dagliYankee chea quanto diconopreferiscono

essere rasati con una lama affilata piuttosto che con una smussata. Erabenvoluto soprattutto dalle graziose fanciulle del

Connecticutdi cui era solito accattivarsi i favori con doni del migliortabacco da fumo della sua scortaben sapendo

che le ragazze di campagna del New England sono in generale esperte fumatricidi pipa. E poicome si vedrà nel corso

del mio raccontoil venditore era un giovane curioso e un po' chiacchieronesempre attento ad ascoltare le novità e

impaziente di riferirle.

Dopo una mattiniera colazione a Morristownil nostro venditore di tabaccoche si chiamava Domenicus Pike

aveva viaggiato per circa sette miglia attraverso un tratto solitario diboschisenza parlare con anima viva se non con se

stesso e la sua piccola giumenta grigia. Erano quasi le settee il giovaneera sempre più impaziente di fare qualche

chiacchiera mattutinacome un bottegaio di città lo è di leggere ilgiornale del mattino. E sembrò offrirsene l'occasione

quando alzò lo sguardodopo essersi acceso un sigaro con una lente da solee scorse un uomo che scendeva la collina ai

cui piedi il giovane aveva fermato il suo carretto verde. Dominicus loosservò mentre scendeva il fiancoe notò che

portava sulla spalla un fagotto appeso all'estremità di un bastonee checamminava con passo stanco ma risoluto. Non

sembrava che si fosse messo in cammino col fresco del mattinoma che avessecamminato per tutta la notte e che

intendesse proseguire per tutto il giorno.

«Buon giornosignore»disse Dominicusquando l'uomo fu abbastanza vicinoper udirlo. «Lei cammina

davvero di buon passo... E quali sono le ultime novità a Parker's Falls?».

L'uomo sollevò l'ampia tesa del suo cappello grigio e risposein tonopiuttosto infastiditoche non veniva da

Parker's Fallsun nome che il venditore aveva menzionato solo perché era lameta del suo viaggio per quel giorno.

«E allora»replicò Domenicus Pike«sentiamo quali sono le ultimenovità del luogo da cui lei viene. Non mi

interessa Parker's Falls in particolarequalsiasi posto può andar bene».

Il viaggiatore che era stato così importunatoun brutto ceffo da incontrarein un tratto solitario del bosco

sembrò esitare un po'come se stesse cercando nella memoria qualche novitàda raccontareo soppesasse l'opportunità

di raccontarla. Infinesalì sul gradino del carretto e sussurròall'orecchio di Dominicusanche se avrebbe potuto gridare

a gran voce perché nessun altro mortale l'avrebbe udito.

«Ricordo ora una notiziola»sussurrò. «Il vecchio signor Higginbotham diKimballton è stato ucciso nel suo

orto alle otto di ieri sera da un irlandese e da un negro. L'hanno appeso alramo di un pero di San Micheledove nessuno

l'ha trovato fino al mattino».

Non appena comunicata la terribile notizialo sconosciuto riprese il camminocon passo ancor più speditoe

non voltò nemmeno la testa quando Dominicus lo invitò a fumare con lui unsigaro spagnolo e a raccontargli tutti i

particolari. Il venditore chiamò allora con un fischio la sua giumentaesalì su per la collinameditando sulla triste sorte

del signor Higginbothamche aveva conosciuto nel suo commercioavendoglivenduto molti pacchetti di sigari a buon

prezzo e una grossa partita di trecce di tabacco e di trinciato fine egrosso. Era piuttosto stupito dalla rapidità con cui la

notizia si era diffusa. Kimballton era lontana quasi sessanta miglia in lineadirettae se l'omicidio era stato commesso

alle otto della sera precedente e Dominicus ne aveva avuto notizia già allesette del mattinoquando i famigliari del

povero signor Higginbotham ne avevano probabilmente scoperto da poco ilcadavere appeso all'albero di pero di San

Michelelo sconosciuto viandante doveva calzare gli stivali delle setteleghe per viaggiare così velocemente.

«Le cattive notizie volanoa quanto dicono»pensò Dominicus Pike«maquesta corre ancor più veloce della

ferrovia. Quel tipo dovrebbe essere assunto per portare a spron battuto imessaggi del presidente».

L'enigma fu risolto immaginando che il messaggero avesse commesso l'errore diun giornonella data

dell'avvenimentocosì che il nostro amico non esitò a raccontarel'accaduto in tutte le taverne e le botteghe che incontrò

lungo la stradavendendo nel frattempo un bel mucchio di sigari spagnoli trauna ventina almeno di inorriditi

ascoltatori. Essendo sempre il primo latore della notiziafu ogni voltacosì tempestato di domande che non poté evitare

di arricchire di nuovi particolari i dati del raccontoche diventò infineuna storia degna di tutto rispetto. Trovò anche

un'attendibile testimonianzaperché il signor Higginbotham era unbottegaioe un suo ex commessoal quale

Dominicus aveva riferito l'accadutoconfermò che l'anziano signore erasolito ritornare a casa al tramonto attraverso

l'ortoportando in saccoccia il denaro e i documenti importanti del negozio.Il commesso manifestò ben poco

rammarico per la sventura del signor Higginbothamlasciando intendere ciòche il venditore di tabacco aveva già

scoperto nei suoi rapporti con luiche era un vecchio bilioso e taccagno.Tutte le sue proprietà sarebbero state ora

ereditate da una graziosa nipote che insegnava nella scuola di Kimballton..33

Raccontando queste notizie a beneficio del pubblicoe occupandosi nelfrattempo dei propri affariDominicus

perse tanto tempostrada facendoche decise di fermarsi in una taverna acirca cinque miglia da Parker's Falls. Dopo

cenaacceso uno dei suoi sigari miglioriandò a sedersi nella sala del bare anche lì riferì la storia dell'omicidio

divenuta ormai così corposa che impiegò una mezz'ora a raccontarla. Eranouna ventina gli avventori del localee

diciannove di loro la ascoltarono come vangelo. Il ventesimo era invece unanziano contadinoarrivato a cavallo poco

tempo primache stava seduto in un angolo fumando la sua pipa. Una voltaterminato il raccontosi alzò lentamente dal

tavoloportò la sua sedia davanti a Dominicus e lo guardò in facciaalitandogli una zaffata del più pestilenziale tabacco

che il venditore avesse mai annusato.

«Lei è disposto a fare una dichiarazione giurata»gli domandò col tonosolenne di un giudice che interroga un

testimone«che l'anziano signor Higginbotham di Kimballton è statoassassinato nel suo orto la notte prima e trovato

appeso al suo grande albero di pero ieri mattina?».

«Riferisco la storia quale l'ho uditasignore»rispose Dominicuslasciando cadere il mozzicone spento del suo

sigaro. «Non dico di aver visto l'accadutoe quindi non posso giurare chesia stato ucciso esattamente in quel modo».

«Io posso invece giurare»replicò il contadino«che se il signorHigginhotham è stato ucciso l'altra seraho

bevuto un bicchiere di amaro col suo fantasmaquesta mattina. Essendo un miovicino di casami ha invitato nella sua

bottegaquando sono passato di lì a cavallomi ha offerto da bere e poi miha chiesto di fargli una piccola commissione

lungo la strada. E non sembrava essere a conoscenza del suo omicidio più diquanto ne so io».

«Perbaccoallora non può essere vero!»esclamò Dominicus Pike.

«Penso che me ne avrebbe accennatose lo fosse stato»replicò il vecchiocontadinopoi riportò la sua sedia

nell'angololasciando Dominicus ammutolito.

Ecco dunque la resurrezione del vecchio signor Higginbotham! Il venditoreambulante non aveva più coraggio

di unirsi alla conversazionema si consolò con un bicchiere di gin e acquae poi andò a lettosognando per tutta la notte

di impiccagioni al pero di San Michele. Per evitare di imbattersi nel vecchiocontadino (che ora detestava al punto che

la sua impiccagione gli avrebbe fatto più piacere di quella del signorHigginbotham)Dominicus si alzò quando la luce

del mattino era ancora grigiaattaccò la piccola giumenta al suo carrettoverde e se ne andò trotterellando lestamente in

direzione di Parker's Falls. L'aria frescala rugiada sulla stradalapiacevole alba estiva gli rinfrancarono lo spirito e

l'avrebbero incoraggiato a raccontare ancora la sua storia se qualcuno fossestato sveglio per ascoltarla. Ma non incontrò

né carri di buoi né calessiné uomini a cavallo o a piedifinchéattraversando il fiume Salmonvide un uomo che

veniva arrancando verso di lui sul pontecon un fagotto in spalla appeso aun bastone.

«Buon giornosignore»disse il venditore ambulantetirando le redinidella giumenta. «Se lei viene da

Kimballton o dai dintorniforse può dirmi la verità su questa storia delvecchio signor Higginbotham. È vero che il

vecchio è stato assassinato due o tre sere fa da un irlandese e da unnegro?».

Dominicus aveva parlato troppo in fretta per accorgersi subito che anche losconosciuto aveva la carnagione

scura di un negro. Nell'udire questa brusca domandal'etiope sembrò cambiarpellee il suo colorito giallastro diventò

spaventosamente bianco mentre rispondevatremando e balbettando:

«Nono! Non c'era nessun uomo di colore! È stato un irlandese a impiccarloieri sera alle otto... Io me ne sono

andato alle sette! E i suoi parenti non possono averlo ancora cercatonell'orto...».

L'uomo aveva appena parlato quando s'interruppee anche se prima sembravapiuttosto stancoproseguì subito

il cammino con un passo che avrebbe costretto al piccolo trotto la giumentadi Dominicusil quale lo seguì con uno

sguardo molto perplesso. Se l'omicidio non era stato commesso fino a martedìserachi era quel veggente che l'aveva

previstoin tutti i suoi particolarifin da martedì mattina? E se ilcadavere del signor Higginbotham non era stato ancora

scoperto dai suoi famigliaricome faceva il mulattoa una trentina dimiglia di distanzaa sapere che quell'uomo era

appeso nel suo ortotanto più che aveva lasciato Kimballton prima che losventurato fosse ancora impiccato? Queste

controverse circostanzeunite all'espressione di sorpresa e sgomento dellosconosciutoindussero Dominicus a pensare

di lanciare l'allarme e di denunciarlo come complice del delittoperché undelittoa quanto parevaera stato

effettivamente commesso.

«Ma lasciamolo andarequel povero diavolo»si disse il venditoreambulante. «Non voglio avere sulla

coscienza il suo sangue neroe anche se impiccassero quel negrociò nonservirebbe a disimpiccare il signor

Higginbotham. Disimpiccare quel vecchio gentiluomo... È un peccatolo soma non sopporterei che ritornasse in vita

per darmi del bugiardo!».

Tra queste meditazioniDominicus Pike arrivò col suo carretto nella stradaprincipale di Parker's Fallsche

come tutti sannoè un villaggio reso fiorente da tre cotonifici e unasegheria. I loro macchinari non erano ancora in

movimento e solo poche botteghe erano già aperte quando Dominicus arrivòalla stalla della tavernae per prima cosa

ordinò un intero gallone di avena per la sua giumenta. Il suo secondocompito fu naturalmente quello di informare lo

stalliere della sciagura del signor Higginbotham. Ritenne però opportuno nonmostrarsi troppo sicuro sulla data del

funesto eventoe anche incerto se il delitto era stato commesso da unirlandese e un mulattoo dal solo figlio di Irlanda.

E nemmeno dichiarò di appellarsi alla propria autorità o a quella di altrima riferì l'accaduto come una voce

generalmente diffusa.

La notizia si propagò per il villaggio come un incendio tra i boschiediventò subito così universale che

nessuno sapeva dire da dove avesse avuto origine. Il signor Higginbotham eratra i più conosciuti cittadini di Parker's

Fallsessendo comproprietario della segheria e importante azionista deicotonificie gli abitanti del luogo ritenevano

quindi che dalla sua sorte dipendesse anche la loro prosperità. Tale era ilfermento generale che la «Gazzette» di.34

Parker's Falls anticipò il suo regolare giorno di pubblicazione e uscì conmezza pagina bianca e una colonna in corpo

tipografico doppioevidenziata dal titolo cubitale ORRIBILE ASSASSINIO DELSIGNOR HIGGINBOTHAM! Tra gli

altri agghiaccianti particolaril'articolo descriveva il segno della cordaintorno al collo della vittima e precisava anche di

quante migliaia di dollari era stato derubato. Molta commozione destava ancheil dolore di sua nipotecolta da uno

svenimento dopo l'altro da quando suo zio era stato rinvenuto appeso al perodi San Michele con le tasche rovesciate. Il

poeta del villaggio celebrò a sua volta i patimenti della giovane con unaballata di diciassette stanze. I consiglieri

municipali si riunirono ein considerazione dei meriti acquisiti dal signorHigginbotham nel villaggiostabilirono di far

affiggere manifesti che offrivano una ricompensa di cinquecento dollari perla cattura dei suoi assassini e il recupero

della refurtiva.

Nel frattempol'intera popolazione di Parker's Fallscomposta da bottegaiaffittacamereoperaie e operai delle

fabbriche e scolarettiaccorreva nelle strade e compensava abbondantementecol suo inarrestabile cicaleccioil silenzio

delle macchine dei cotonificiche si astenevano dal loro consueto frastuonoper rispetto del defunto. Se il signor

Higginbotham si fosse curato della sua postuma notorietàil suo spettroavrebbe esultato davanti a simile tumulto. Il

nostro amico Dominicuslusingato nella sua vanitàaccantonò le sueprecedenti precauzioni esalito sulla pompa

dell'acquasi dichiarò latore della notizia originaria che aveva suscitatocosì straordinario scalpore. Subito diventò

l'uomo del momentoe aveva appena iniziato a raccontare una nuova versionedell'accaduto con la voce di un

predicatorequando la diligenza della posta arrivò nella strada delvillaggio. Aveva viaggiato per tutta la nottee doveva

aver cambiato i cavalli a Kimballton alle tre del mattino.

«Ora potremo conoscere tutti i particolari!»gridò la folla.

La diligenza arrivò cigolando fino alla piazza della tavernaseguita da unmigliaio di personeperché se

qualcuno avesse badato agli affari suoi fin'allorane sarebbero rimasti seio sette ad ascoltare le notizie. Dominicusil

primo tra gli inseguitoriscoprì a bordo due passeggeriambeduerisvegliati bruscamente da un placido sonnellino per

trovarsi al centro di questo tumulto. E tutti li assillavano con domandediversema formulate tutte insiemecosì che la

coppia rimase senza paroleanche se uno era un avvocato e l'altra unagiovane donna.

«Il signor Higginbotham! Vogliamo sapere tutti i particolari sul vecchiosignor Higginbotham»strepitava la

folla. «Qual è il verdetto del medico legale? Gli assassini sono staticatturati? E la nipote del signor Higginbotham si è

ripresa dagli svenimenti? Il signor Higginbotham... Vogliamo sapere delsignor Higginbotham!».

Il postiglione non disse una sola parolaoltre a lanciare terribiliimprecazioni allo stalliere che non aveva

ancora portato una coppia fresca di cavalli. L'avvocatoche aveva di solitoil controllo di séanche quando dormiva

non appena capì il motivo di quel tumulto estrasse innanzi tutto un grossoportafoglio rosso. Nel frattempoDominicus

Pikeche era un giovane molto educatoe presumendo anche che una donnapotesse riferire l'accaduto con la stessa

eloquenza di un avvocatoaveva aiutato la giovane a scendere dalladiligenza. Era una bella e spigliata fanciullaora

ben desta e fresca come una rosae la sua bocca era così dolce e invitanteche Dominicus avrebbe preferito ascoltare da

lei parole d'amore piuttosto che la descrizione di un delitto.

«Signore e signori»disse l'avvocato ai bottegaialle operaie e aglioperai degli opifici. «Posso assicurarvi che

qualche inspiegabile equivocoo più probabilmente una deliberata falsitàmalignamente intesa a offendere il buon

nome del signor Higginbothamha suscitato questo singolare fermento. Siamopassati per Kimballton alle tre del

mattinoe sicuramente sarei stato informato del delittose mai fosse statoperpetrato. Ma ho qui una prova del contrario

inoppugnabile quanto una testimonianza orale dello stesso signorHigginbotham. È un appunto relativo a una sua

istanza presso la corte del Connecticutche mi è stato consegnato da quelgentiluomo in personae vedo che è datato

alle ore dieci della scorsa sera».

Così dicendol'avvocato esibì la data e la firma dell'appuntoda cuirisultava inconfutabilmente che quel

maligno signor Higginbotham era vivo e vegeto quando l'aveva scrittooppure- ciò che alcuni ritenevano più probabile

- era così assorto negli affari di questo mondo da continuare a trattarlianche dopo la morte. Ma stava per presentarsi

un'inattesa testimonianza: la giovane donnadopo aver ascoltato lespiegazioni del venditore ambulanteattese un

attimo per aggiustarsi la gonna e i ricciolipoi comparve sulla porta dellataverna e fece un lieve cenno con la mano per

farsi ascoltare.

«Brava gente»disse poi«sono io la nipote del signor Higginbotham».

Un mormorio di stupore attraversò la folla nel vedere così fresca e roseaquella stessa infelice nipote che

secondo la «Gazette» di Parker's Fallsdoveva giacere svenuta e prossimaalla morteanche se alcunipiù accorti

avevano sempre dubitato che una giovane donna fosse davvero così disperataper la morte di un vecchio e ricco zio.

«Come vedete»soggiunse la signorina Higginbotham con un sorriso«questastrana storia è del tutto priva di

fondamento per quanto mi riguardae credo di poter affermare che lo èaltrettanto per quanto riguarda il mio caro zio. Il

signor Higginbotham ha avuto la gentilezza di darmi ospitalità nella suacasaanche se io contribuisco al mio

mantenimento insegnando a scuola. Sono partita da Kimballton questa mattinaper trascorrere le vacanze di fine

settimana con un'amicaa circa cinque miglia da Parker's Falls. Il miogeneroso zionell'udirmi sulle scalemi ha

chiamato al suo letto e mi ha dato due dollari e cinquanta per pagarmi ilprezzo del viaggioe un dollaro per le altre mie

spese. Ha poi riposto il portafoglio sotto il cuscinomi ha stretto le manie mi ha consigliato di portare con me un po' di

biscotti nella borsettaanziché far colazione per strada. Ho quindifiduciaavendo lasciato in vita il mio amato parente

di ritrovarlo tale al mio ritorno».

La giovane donna fece quindi un inchino al termine del suo discorsocosìsensatoforbito e pronunciato con

tanta grazia e proprietà che tutti la giudicarono meritevole della carica dipreside della miglior Accademia dello Stato..35

Un estraneo avrebbe tuttavia pensato che il signor Higginbotham dovesseessere oggetto di esecrazione a Parker's Falls

e che un pubblico ringraziamento fosse stato elevato per la sua mortetantofu la collera dei suoi abitanti quando

scoprirono l'errore in cui erano incorsi. Gli operai della segheria deciseroanche di rendere pubblici onori a Dominicus

Pikeincerti soltanto se impeciarlo e ricoprirlo di piume o se innaffiarlocon un'abluzione dalla pompa cittadinain cima

alla quale egli si era dichiarato latore della notizia. Gli assessorimunicipaliconsigliati dall'avvocatoparlarono anche

di perseguirlo legalmente per diffusione di notizie false e per graveturbamento della quiete pubblica. Niente avrebbe

salvato Dominicus dalla giustizia sommaria della folla o da un regolaretribunale se la giovane nipote non avesse

elevato un appello in sua difesa. Dopo aver pronunciato qualche parola disentita gratitudine per la sua benefattrice

Dominicus salì sul suo carretto verde e se ne andò subito dal villaggioaccompagnato dalle scariche di artiglieria degli

scolarettiche trovarono abbondanti munizioni nelle vicine pozzanghere enelle cave di argilla. Quando si voltò per

rivolgere uno sguardo d'addio alla nipote del signor Higginbothamil poveroDominicus fu colpito proprio sulla bocca

da una di queste pallegrossa come un budinoche gli diede un ancor piùmiserevole aspetto. Tutta la sua persona era

ora così inzaccherata da questi melmosi missili che pensò quasi diritornare per invocare la minacciata abluzione alla

pompa cittadinache pur non essendo intesa a fin di benesarebbe stata oraun atto caritatevole.

Ma ora il sole splendeva alto sul povero Dominicusasciugando il fangosimbolo di tutte le macchie

dell'immeritato ludibrioche poté essere facilmente spazzato via. Edessendo di carattere amenoDominicus ben presto

si rallegrò e non riuscì a trattenere una grassa risata al pensiero ditutto il tumulto che il suo racconto aveva suscitato. I

manifesti affissi dai consiglieri avrebbero provocato inoltrel'incarcerazione di tutti i vagabondi dello Statol'articolo

della «Gazette» di Parker's Falls sarebbe stato ripubblicato dal Maine finoalla Floridae forse avrebbe dato spunto ad

altri articoli sui giornali londinesie molti taccagni avrebbero tremato peri loro averi e per la loro vita nell'apprendere

ciò che era capitato al signor Higginbotham. Il venditore ambulante ripensòanchecon devozioneal fascino della

signorina Higginbothame si disse che nemmeno Daniel Webster aveva maiparlato così angelicamente come quella

giovane insegnantequando l'aveva difeso dalla collera della popolazione diParker's Falls.

Era ora giunto in vista del casello della gabella di Kimballtonluogo cheaveva già deciso di visitareanche se

gli affari lo avevano distolto dalla strada più diretta per Morristown.Avvicinandosi alla scena del supposto delitto

Dominicus continuava a rimuginare sulle circostanze e sugli stupefacentiaspetti che aveva assunto tutta la vicenda. Se

niente fosse intervenuto a confermarloil racconto del primo viaggiatorepoteva sembrare ora una burlama il mulatto

era evidentemente a conoscenza della notizia o del fatto avvenutoed erasospetta anche la sua espressione sgomenta e

colpevole quando era stato bruscamente interrogato. Se a questa singolarecoincidenza di eventi si aggiungeva che la

voce corrispondeva esattamente al carattere e alle abitudini del signorHigginbothame il fatto che egli aveva

effettivamente un orto con un pero di san Michele davanti al quale passavasempre al tramontole circostanze

apparivano così convincenti da indurre Dominicus a dubitare che lo fosseroaltrettanto il testo autografo esibito

dall'avvocato e la stessa testimonianza diretta della nipote. Svolgendoprudenti indagini lungo la stradail venditore

venne anche a sapere che il signor Higginbotham aveva al suo servizio unirlandese di dubbia reputazioneche aveva

ingaggiato senza alcuna raccomandazione per fare economia.

«Che sia io stesso impiccato»esclamò allora Dominicusmentre arrivavain cima a una solitaria collina«se

mai crederò che il vecchio Higginbotham è stato disimpiccatofinché nonlo vedrò con i miei occhi e lo udirò dalla sua

bocca! E allorase è davvero un imbroglionechiamerò a testimoniare ilpastore o qualche altro autorevole

personaggio!».

Stava facendosi sera quando Dominicus arrivò al casello della gabella diKimballtona circa un quarto di

miglio dall'omonimo villaggio. La sua piccola giumenta trottava lestamentedietro a un uomo a cavallo poco avanti a lui

chedopo aver superato il casellofece un cenno di saluto al gabelliere eproseguì verso il villaggio. Dominicus

conosceva il gabellieree mentre gli pagava il dovuto scambiò con lui isoliti commenti sul tempo.

«Immagino»disse poi il venditoreposando come una piuma la frusta sulfianco della giumenta«che tu non

veda da qualche giorno il vecchio signor Higginbotham...».

«Ma certo»rispose il gabelliere«è passato qui al casello poco primadi teed eccolo là a cavallose riesci a

vederlo nel buio della sera. È stato a Woodfieldquesto pomeriggioper unavendita all'incantoe solitamente mi stringe

la mano e scambia qualche chiacchiera con mema questa sera mi ha fattosoltanto un cennocome per dire "mettilo in

conto"e poi ha proseguitoperchéovunque vadadev'essere sempre acasa per le otto in punto».

«Così mi hanno detto»assenti Dominicus.

«Non ho mai visto nessuno così pallido e malconcio come quell'uomo»soggiunse il gabelliere. «E così mi

sono dettoquesta sera: sembra più un fantasma o una vecchia mummia che unuomo in carne e ossa».

Il venditore tese lo sguardo nel crepuscoloma riuscì soltanto adistinguere un uomo a cavalloora molto avanti

sulla strada per il villaggio. Gli sembrò di riconoscere la schiena delsignor Higginbothamma nelle ombre della sera e

nella polvere degli zoccoli del cavallola figura appariva vaga eindistintacome se quel misterioso vecchio fosse

modellato nelle tenebre e nella luce grigia. Dominicus si sentì percorrereda un brivido.

«Il signor Higginbotham è ritornato dall'altro mondo»pensò«passandoper il casello di Kimballton».

Diede allora un colpo di redini e proseguìmantenendosi pressappoco allastessa distanza da quella vecchia

figura grigiafinché questa non scomparve dietro a una curva della strada.Quando arrivò in quel puntoil venditore non

vide più l'uomo a cavalloma si trovò all'inizio della strada delvillaggionon distante da alcune botteghe e da due

taverne raggruppate intorno al campanile della chiesa. Alla sua sinistra videun muro di pietra e un cancelloil limitare

di un boscoe dietro a questo un ortopiù avanti un campo mietutoe infondo una casa. Era questa la proprietà del.36

signor Higginbothamla cui abitazione si trovava ai margini della vecchiastrada maestrama sullo sfondo della gabella

di Kimballton. Dominicus conosceva bene il posto e la sua giumenta si fermòper istintoperché egli non s'accorse

nemmeno di aver tirato le redini.

«Per l'anima mianon posso andar oltre questo cancello»si dissetremando. «Non sarò mai più me stesso

finché non vedo se il signor Higginbotham è appeso al pero di sanMichele!».

Saltò giù dal carrettolegò le redini a un palo del cancello e corse peril verde sentiero nel boscocome se il

diavolo in persona lo inseguisse. In quel momento l'orologio del villaggiosuonò le otto e a ogni rintocco Dominicus

trasalì e poi corse ancor più di prima finchéindistinto e solitario nelmezzo dell'ortovide il fatale albero di pero. Un

grande ramo si estendeva sul sentiero dal suo vecchio tronco contortoe inquel punto gettava una cupa ombra. Ma

qualcosa sembrava dibattersi sotto il ramo!

Il venditore non si era mai vantato di avere più coraggio di quanto siaddicesse alla sua pacifica occupazionee

non poté spiegarsene il motivo in questo caso d'emergenza. Certo ècomunqueche accorse sul postoabbatté un

robusto irlandese col manico della sua frustae infine trovò... non ancoraappeso all'albero del pero di San Michelema

tremante al di sottocon un cappio già intorno al colloproprio il vecchiosignor Higginbotham!

«Signor Higginbotham»esclamò Dominicus con voce tremante«lei è unuomo onesto e la sua parola mi

basta... Mi dicalei è stato impiccato o no?».

Se l'enigma non è stato ancora risoltopoche parole possono spiegare ilsemplice accaduto per cui «il prossimo

evento proiettò avanti la sua ombra». Tre uomini avevano progettato diderubare e uccidere il signor Higginbothamdue

di loro avevano poi perso il coraggio e se l'erano squagliatarimandandociascuno il delitto di un giorno rispetto alla

propria scomparsae il terzo era nell'atto di compierlo quando un paladinoche ciecamente obbediva al richiamo del

fatocome gli antichi eroi dei romanziera comparso nella persona diDominicus Pike.

Rimane soltanto da dire che il signor Higginbotham prese a cuore il venditoreambulanteraccomandò i suoi

meriti alla graziosa maestra di scuola e destinò tutti i suoi averi ai lorofigliassicurandone a loro gli interessi. E a suo

tempo il vecchio gentiluomo coronò questi suoi favori morendo cristianamentenel suo lettoe dopo questo triste evento

Dominicus Pike si è trasferito da Kimballton per costruire una grandefabbrica di tabacco nel mio paese natale.

LA PASSEGGIATA DELLA PICCOLA ANNIE

Din-don! Din-don!

Il banditore ha suonato la sua campanella a un lontano angolo della stradaela piccola Annie è sui gradini

della casa di suo padresforzandosi di udire che cosa dice quell'uomo con lavoce stentorea. Voglio ascoltare anch'io!

Ehi! sta annunciando alla gente che un elefanteun leoneuna tigre realeun cavallo con le corna e altri strani animali di

paesi lontani sono giunti in città e riceveranno tutti coloro che desideranovisitarli. Forse anche la piccola Annie

vorrebbe andare a vederli. Sìposso vedere che la graziosa bambina èannoiata da questa larga e piacevole stradacon i

suoi alberi verdi che gettano la loro ombra attraverso la placida luce delsolecon il selciato e i marciapiedi puliti come

se la domestica li avesse appena spazzati con la scopa. Sente l'impulso difare una passeggiataquel desiderio di

scoprire i misteri del gran mondo che molti bambini sentonoe anch'iosentivo alla loro età. La piccola Annie farà una

passeggiata con me: devo soltanto tenderle la manoed ecco che come unuccellino nell'aria limpidacol suo vestitino di

seta azzurra svolazzante sulla calzamaglia biancala piccola Annieattraversa saltellando la strada.

Aggiustati quei riccioli bruniAnnielascia che ti leghi la cuffiae oramettiamoci in cammino! Che strana

coppiaquesta che va a passeggio insieme. Uno cammina vestito in neroconpasso misurato e serio in voltolo sguardo

pensoso posato a terramentre la gaia ragazzina saltella lievementecome sefosse costretta a tenermi per mano

altrimenti i suoi piedi la farebbero danzare lontano da questa terra. Eppurec'è affinità tra noi. Se mi vanto di qualcosaè

del mio sorriso che incanta i bambinie d'altronde sono poche le signoreadulte che riuscirebbero ad attirarmi lontano

dalla piccola Annieperché mi rallegra lasciar andare la mia mente accantoa quella di un'innocente bambina. Su

andiamoAnniee se ti faccio una predica mentre camminiamonon prestarmiascoltoma pensa soltanto a te e sii

felice!

Voltato l'angolovediamo carrozze con due cavalli e diligenze con quattroche rimbombano incrociandosi

carri e carretti che si muovono più lentamentecarichi di bariliprovenienti dal moloe cigolanti calessi che forse

vedremo andare in pezzi sotto i nostri occhi. Più avantiecco che viene unuomo che spinge una carriola sul selciato.

Ma la piccola Annie non ha paura di tutta questa baraonda? Nonon si ritraenemmeno accanto a mema passa oltre con

intrepida fiduciafelice in mezzo a questa grande folla di adultichemostrano lo stesso rispetto per la sua giovane età

quanto per l'estrema vecchiaia. Nessuno la spingema tutti si fanno da parteper lasciare il passo alla piccola Anniee

ciò che è più singolare è che lei sembra consapevole del suo diritto aquesto rispetto. E ora i suoi occhi si illuminano di

piacere: un suonatore ambulante è seduto sui gradini di quella chiesalaggiù e riversa le sue note sulla città affaccendata

una melodia che si perde nello scalpiccio dei passinel brusio delle vocinel cigolio delle ruote. Chi presta ascolto al

povero suonatore di organetto? Nessunooltre a me e alla piccola Annieicui piedi iniziano a muoversi al ritmo di

quella musica vivacecome se le dispiacesse che andasse sprecata senza unadanza. Ma dove potrebbe trovare un

cavalierela piccola Annie? Alcuni hanno la gotta o i reumatismialtri sonorigidi per l'etàalcuni sono fiaccati dalle

malattiealtri sono così magri che le loro ossa scricchiolerebberooppurecosì ponderosi che i loro movimenti.37

spezzerebbero il lastricato. Ma moltimolti altri hanno piedi di piomboperché i loro cuori sono molto più pesanti del

piomboed è un triste pensiero quello in cui mi sono imbattuto. Che coppiadi ballerini saremmo! Ma anch'io sono un

posato gentiluomocara Anniee quindi proseguiamo con passo regolare ilnostro cammino.

Mi domando chi prova maggior piacere a guardare le vetrine dei negozisequesta frivola giovinetta o il

ponderato signore che sono io. Amiamo le sete di sgargianti coloricherisplendono dentro i negozi bui di azzimati

venditori di tessutisiamo piacevolmente abbagliati dagli oggetti di argentobrunito e di oro cesellatodagli anelli di

matrimonio e dai costosi monili di fidanzamento che scintillano nella vetrinadel gioiellierema Anniepiù di mesi

sforza anche di intravvedere la sua immagine mentre passa davanti aglispecchi polverosi dei negozi di articoli

casalinghi. Tutto ciò che è vivace e brillante attira l'attenzione diambedue.

Ecco un negozio al quale i ricordi della mia infanziaoltre che le mieattuali propensioniconferiscono

particolare fascino. Che piacere lasciar correre la fantasia tra le leccorniedi un pasticciere: quelle torte di pasta sfoglia

così bianca e di misterioso contenutosia un abbondante ripieno di prugne euva passa oppure di mele fragranti

delicatamente insaporite con essenza di rosae quei pasticcini a forma dicuore o rotondiammucchiati in un'alta

piramidee quei dolci cerchietti dolcemente chiamati bacie quelle massescure e imponentipronte a diventare torte

nuziali al matrimonio di qualche ereditierain forma di montagne con lasommità incappucciata di zucchero simile a

neve! E poi quei tesori di zuccherinibianchicremisi o giallicontenutiin grandi vasi di vetroe canditi d'ogni varietà

e quei cioccolatinio come si chiamanomolto apprezzati dai bambini per laloro dolcezzae ancor piùper le frasi che

contengonoda fanciulle e giovanotti innamorati! Ohsento l'acquolina inboccae anche tupiccola Anniema non ci

lasceremo indurre in tentazionese non da un'immaginaria scorpacciataeperciò proseguiamo in fretta il cammino

divorando la visione di un bel budino.

Ed ecco piaceri di un genere più elevatocome direbbero alcuninellavetrina di un libraio. Annie è una

letterata? Sìè appassionata lettrice dei libri di Peter Parleyha unacrescente passione per le fiabeanche se raramente

soddisfatta oggigiornoe l'anno prossimo si abbonerà alla «Miscellanea»giovanile. Peròper dire la veritàtende a

distogliere lo sguardo dalla pagina stampata per rivolgerlo alle belleillustrazionicome quelle di vivaci colori che fanno

di questa vetrina una continua attrazione per i bambini. Che cosa diràAnniese nel libro che intendo mandarle per

Capodanno trovasse la sua dolce personcina rilegata in seta o in marocchinocon i bordi doratidove rimarrà finché lei

sarà una donna adultacon figli che leggeranno lì dell'infanzia della loromamma? Sarebbe davvero buffo.

Ora la piccola Annie è stanca di illustrazioni e mi tira per la mano finchéd'improvviso ci fermiamo davanti al

più meraviglioso negozio di tutta la città. Ohbuon Dio! è un negozio dibalocchi o il paese delle fiabe? Qui vediamo

infatti un cocchio dorato sul quale il re e la regina delle fiabe possonoviaggiare fianco a fiancomentre i loro cortigiani

a cavallo galoppano in trionfale processione davanti e dietro alla regalecoppia. Qui vediamo anche stoviglie di

porcellanapronte per essere apparecchiate davanti agli stessi regalipersonaggiquando imbandiscono un sontuoso

pranzo nella sala più maestosa del loro palazzoalta cinque piedieguardano gli altri nobili che banchettano sulla lunga

prospettiva della tavolata. Tra il re e la regina dovrebbe sedere la miapiccola Anniela più bella di tutte le fate. Ecco

qui un turco col turbante che ci minaccia con la sua sciabolacome un bruttoceffo di pagano qual è. E lì accantoecco

un mandarino cineseche annuisce col capo verso Annie e me. Qui possiamopassare in rassegna un intero esercito di

cavalieri e fanti in uniformi rosse e azzurrecon tamburipifferitrombe eogni sorta di silenziosi strumenti musicali

che si sono fermati sul ripiano di questa vetrina dopo la loro faticosamarcia da Lilliput. Ma che cosa importa ad Annie

dei soldati? Lei non è una regina conquistatricenon è Semiramide néCaterina di Russia: tutto il suo cuore è rivolto a

quella bambola che ci osserva con uno sguardo così incantevole. È questo ilvero giocattolo della bambina: anche se è

fatta di legnouna bambola è un personaggio visionario ed etereodotato diuna sua peculiare vita dalla fantasia

dell'infanziaè un'eroina di romanzoun'attriceuna dama che soffre inmigliaia di immaginarie situazionila principale

protagonista di quel mo ndo fantastico in cui i bambini scimmiottano quellovero. La piccola Annie non capisce ciò che

dicoma guarda con occhi sognanti l'orgogliosa dama nella vetrina. Lainviteremo a casa con noi al nostro ritorno. Per

adesso arrivedercisignora Bambola! Anche tu sei un giocattoloe guardidalla tua vetrina molte signore che sono

giocattoli anch'esseanche se camminano e parlanoe una folla di persone incerca di giocattolianche se sono così serie

in volto. Tucon i tuoi occhi che non si chiudono maise solo avessil'intelligenza per trovare una morale in tutto ciò

che scorre davanti a loroche bambola saggia saresti! SuandiamopiccolaAnnietroveremo altri giocattoliovunque si

vada.

Ora ci facciamo di nuovo strada in mezzo alla folla. È strano incontrarenella parte più affollata della città

creature viventi che sono nate in qualche luogo remoto e solitarioma hannoacquistato una seconda natura nel mondo

selvaggio degli uomini. GuardaAnniequel canarino nella sua gabbia fuoridalla finestra. Poverinole sue piume

dorate sono macchiate da questa luce fumosa del sole. Sarebbe stato lucenteil doppio nelle isole dell'estatema ormai è

diventato cittadinocon tutti i suoi gusti e abitudinie non canterebbecerto così bene senza il tumulto che sommerge la

sua musica. È un peccato che non sappia com'è infelice. Ed ecco unpappagallo che strilla «Loreto belloLoreto bello!»

mentre passiamo davanti. Stupido uccelloche parla della sua bellezza asconosciutitanto più che non è un bel Loreto

anche se è vestito con sgargianti piume verdi e gialle. Se avesse detto«Annie bella»sarebbe stato più sensato. E guarda

quello scoiattolo grigio sulla porta del negozio del fruttivendoloche giracosì allegramente nella sua ruota di metallo!

Condannato alla tortura della ruotane ha fatto un suo divertimento: cheammirevole filosofia!

Ecco che arriva un grosso cane irsutoil cane di qualche contadino allaricerca del suo padronee annusa i piedi

di tuttisfiora la mano di Annie col suo freddo nasoma se ne va in frettaanche se lei l'avrebbe volentieri accarezzato.

Auguri per la tua ricercaamico fedele! E là sul davanzale di una finestrase ne sta sdraiato un grosso gatto gialloun.38

gatto corpulento e placido che guarda questo mondo effimero con i suoi occhidi gufoe fa sicuramente alcune succinte

considerazionio ciò che sembrasu quella stupida bestia. Fammi spazioaccanto a tesaggio micioe saremo una

coppia di filosofi!

E là vediamo qualcosa che ci ricorda il pubblico banditorecon la suacampanella squillante. Guarda! guarda il

grande telo teso nell'ariadipinto tutt'intorno con animali selvaggicomese si fossero lì riuniti per eleggere un re

secondo le loro tradizioni fin dai tempi di Esopo. Ma non stanno eleggendo unre né un presidentealtrimenti udiremmo

orribili voci ringhianti. Sono invece venuti dai boschi profondidallemontagne selvaggedalle sabbie del desertodalle

nevi polari solo per rendere omaggio alla mia piccola Annie. E quandoentriamo tra loroil grande elefante ci fa un

inchino nella migliore etichetta elefanticachinando lentamente la suaenorme moleil tronco abbassato e una zampa

tesa di dietro. Annie restituisce il salutocon gran compiacimentodell'elefante che è certamente il mostro più educato

del serraglio. Il leone e la leonessa hanno da fare con due ossa succulentee la tigre realebella e indomabilecontinua a

passeggiare nella sua stretta gabbia con fare alteroincurante deglispettatorio ricordando le feroci imprese della sua

vita di un tempoquando era solita avventarsi su questi animali inferiorinelle giungle del Bengala.

Qui vediamo il lupoma non avvicinartiAnnie!lo stesso lupo che hadivorato Cappuccetto Rosso e la sua

nonna. Nella gabbia accanto vediamo una iena dell'Egittoche ha sicuramenteululato intorno alle piramidie un orso

bruno delle nostre foresteche sono compagni di prigionia ed eccellentiamici. Esistono forse due creature viventi che

hanno così poche simpatie comuni da non poter essere amiche? Ecco qui ungrande orso biancoche un comune

osservatore direbbe una bestia molto stupidaperò intuisco che è soloassorto in meditazione: pensa ai suoi viaggi tra gli

icebergalla sua comoda casa nelle vicinanze del Polo Norde ai suoicuccioli che ha lasciato a ruzzolare tra le nevi

eterne. E in realtà è un orso sentimentalema come sono prive disentimenti quelle scimmiequegli stranipiccoli bruti

sogghignanti e scimmiottantipettegolimaleducati e dispettosi! Ad Annienon piacciono le scimmiela loro bruttezza

spaventa i suoi gusti istintivamente delicati e inquieta la sua mente per laloro primitiva e oscura rassomiglianza con

l'umanità. Ma ecco qui un piccolo ponycosì piccolo che Annie potrebbecavalcarloe galoppa intorno in cerchio

battendo gli zoccoli al ritmo di una banda musicale. E arriva poi un omettocon la giacca gallonatail tricorno in testa e

la frusta roteante in manocosì piccolo che potrebbe essere il re dellefatee così brutto che potrebbe esserlo degli

gnomie con un balzo salta in groppa. Allegra suona la musicaallegrogaloppa il ponyallegro lo cavalca il piccolo

gentiluomo. SuAnnieritorniamo in stradaforse potremo vedere anche lìscimmie a cavallo...

Misericordiama in quale mondo chiassoso viviamonoi gente tranquilla? Lapiccola Annie ha mai sentito

parlare dello strepito della città di Londra? E con quali robusti polmonigrida quell'uomo che la sua carretta è piena di

aragoste! Ecco che ne arriva un altro su un carrosoffiando in un roco eassordante corno di latta per annunciare: «pesce

fresco!». Ascolta! Una voce dall'altocome quella di un muezzin in cima auna moscheacomunica che uno

spazzacamino è risalito all'aria aperta dal fumo e dalla fuliggine di antricavernosi. Ma che cosa può interessare al

mondo? Ahimè! Udiamo anche un acuto grido di dolorela voce di un bambinoche si alza sempre più ogni volta che si

ripete quel secco e acuto rumore prodotto da una mano aperta sulla teneracarne. Annie se ne rattristaanche se non ha

esperienza diretta di questo crudele dolore. Ecco di nuovo il banditorecittadinocon qualche nuovo annuncio da

comunicare al pubblico ascolto. Ci darà notizia di un'astadi unportafoglio smarritodi una mostra di belle figure di

cerao di qualche mostruoso animaleancora più orribile di quelli delserraglio? Propendo per quest'ultima ipotesi.

Guarda come solleva la campanella nella mano destra e la scuote dapprimalentamentepoi sempre più in frettafinché

il batacchio sembra colpire ambedue i lati contemporaneamentee il suono sipropaga in rapida successionevicino e

lontano.

Din-Don! Din-Don!

E ora si alza la sua voce limpida e forte sopra al frastuono della cittàsoffocando il brusio di molte bocche

distogliendo ogni mente dai propri affariecheggiando su e giù nellastradasalendo nel silenzio delle camere dei malati

penetrando fin nello scantinato delle cucinedove la cuoca accaldata lasciai fornelli per ascoltare. Tra tutti coloro che si

rivolgono al pubblico ascoltosia in chiesain tribunale o nell'aula delmunicipiochi ha un pubblico così attento come

il banditore cittadino? E che cosa dice ora l'oratore del popolo?

«È scomparsa dalla sua casa una bambina di cinque anni. Indossa un abitinoazzurro e calzamaglia biancaha

riccioli bruni e occhi color nocciola. Chiunque la riporti alla sua mamma inpena...».

Basta cosìbanditore: la bambina scomparsa è ritrovata! Ohmia caraAnnieci siamo dimenticati di informare

tua mamma della nostra passeggiataed ella è così in pena che ha mandatoil banditore a gridare nelle strade

spaventando giovani e anzianiper dar notizia dello smarrimento di unabambina che non ha mai lasciato la mia mano!

Beneaffrettiamoci verso casae mentre andiamocara Annienon dimenticaredi ringraziare il cielo che dopo aver

vagabondato un po' per il mondopuoi far ritorno al primo richiamocolcuore sgombro e leggeroed essere di nuovo

una bambina felice. Ioinveceho smarrito troppo la strada perché ilbanditore venga a cercarmi!

Dolce è stata la compagnia dell'infanzia per il mio spiritoin questapasseggiata con la piccola Annie! Non dite

che è stato uno spreco di tempo preziosoun'oziosa attivitàun cicalecciodi discorsi e fantasie infantili su argomenti

indegni dell'attenzione di un uomo adulto. È stato soltanto questo? Nondireie non sono veramente saggi coloro che lo

pensano. Come l'alito puro dei giovani ridà vita agli anzianicosì lanostra natura morale riprende vita grazie ai loro

liberi e semplici pensieriai loro ingenui sentimentialla loro frescaallegriadovuta a poco o nessun motivoai loro

doloripresto destati e altrettanto presto sopiti. La loro influenza su noiè almeno reciproca a quella che noi abbiamo su

loro. Quando la nostra infanzia è quasi dimenticatae ormai lontana è lafanciullezzaanche se sembra soltanto ieri

quando la vita cala pesantemente su noi e dubitiamo di poterci chiamareancora giovaniallora è bene evadere dalla.39

società degli uomini barbutie anche da quella più gentile delle donneetrascorrere un'ora o due in compagnia dei

bambini. Dopo esserci abbeverati a queste fonti ancora fresche di vitaritorneremo nella follacome io faccio oraper

riprendere la lotta e fare la nostra parteforse con ancora maggior fervoremaper una voltacon cuore più puro e dolce

con spirito più lieve e saggio. E tutto ciò grazie al tuo dolceincantesimocara piccola Annie!

WAKEFIELD

In qualche vecchia rivista o giornalericordo d'aver letto la storiariferita come veradi un uomocui daremo il

nome di Wakefieldil quale abbandonò per lungo tempo sua moglie. Questofattocosì astrattamente enunciatonon è

particolarmente insolitoe senza un'opportuna descrizione delle circostanzenon può nemmeno essere giudicato crudele

o insensato. Nondimenoanche se non è il più gravequesto è forse ilpiù strano caso registrato di inadempienza nei

doveri coniugalie anche un singolare esempio tra quanti se ne possonotrovare in tutti gli annali delle umane

stravaganze. La coppia abitava a Londrae l'uomocol pretesto di partireper un viaggioprese alloggio in una strada

vicina alla sua casa e lìall'insaputa della moglie e degli amicie senzaun'ombra di motivo per questo volontario esilio

visse per più di vent'anni. Durante questo periodosi recava ogni giorno avedere la sua casae non di rado anche la

moglie abbandonata. E dopo un così lungo intervallo della sua felice vitaconiugalequando la sua morte era ormai data

per certadivise le sue proprietàcancellato il suo nome dal ricordoe lamoglie ormai da tempo rassegnata alla sua

autunnale vedovanzauna sera costui si presentò alla porta di casatranquillamente come dopo un giorno di assenzae

divenne uno sposo devoto fino alla morte.

Questi fatti essenziali sono tutto ciò che ricordo. Ma l'episodioperquanto assolutamente originalesenza

precedenti e probabilmente irripetibileè taleio credoda richiamare lagenerale curiosità della gente. Ciascuno di noi

sa bene che non potrebbe commettere una simile folliaeppurela sensazioneche qualcun altro ne sarebbe capace.

Questo episodio è stato ripetutamente oggetto delle mie personaliriflessioniquanto menosuscitando sempre il mio

stuporeaccompagnato però dalla sensazione che dev'essere accadutorealmentenonché da una certa idea del carattere

del suo protagonista. Ogni volta che un argomento richiama cosìinsistentemente l'attenzione della menteè ben speso il

tempo dedicato a riflettervi. Se il lettore preferiscelo lascerò alle suepersonali riflessionima se volesse vagabondare

con me attraverso quei vent'anni di stravaganza di Wakefieldgli do ilbenvenutoconfidando che vi sia contenuto un

senso e una moraleanche se non riuscissimo a trovarliben riordinati econdensati nella sua conclusione. Il pensiero ha

sempre la sua utilitàe ogni avvenimento singolare la sua morale.

Che tipo d'uomo era Wakefield? Siamo liberi di farcene una nostra idea e diattribuirla al suo nome. Era allora

nel fiore degli annie le sue passioni coniugalimai smodatesi eranoattutite in un sentimento tranquillo e

consuetudinario; tra tutti i mariti era probabilmente il più fedeleperchéuna certa indolenza teneva a riposo il suo cuore

ovunque potesse essere rivolto. Era un intellettualema non in modo attivo:la sua mente s'intratteneva in lunghe e

oziose meditazioni che non tendevano a nessun fineo non avevano forzasufficiente per raggiungerloi suoi pensieri

erano di rado abbastanza risoluti da trovare espressione nelle parole.L'immaginazionenel senso proprio del termine

non faceva parte delle doti di Wakefield. Con un cuore freddoma noncorrotto né volubilee con una mente mai

infiammata da pensieri turbolentiné turbata da pensieri originalichiavrebbe potuto immaginare che il nostro amico si

sarebbe meritato un posto di primo piano tra gli autori di eccentricheimprese? Se ai suoi conoscenti fosse stato

domandato chi era l'uomoin tutta Londrache sicuramente non avrebbe fattooggi niente che potesse essere ricordato

l'indomanitutti avrebbero pensato a Wakefield. Soltanto la compagna dellasua vita avrebbe forse esitato. Pur senza

aver analizzato il carattere del maritoella avvertiva vagamente in lui unplacido egoismo che aveva arrugginito la sua

mente già inattivauna sua peculiare vanitàla sua caratteristica piùinquietanteuna certa disposizione all'ingannoche

di rado aveva prodotto effetti maggiori di qualche piccolo segreto che tenevacelatoe che non meritava nemmeno

d'essere rivelatoe infinequella che lei definiva una vaga stranezza chesi manifestava a volte nel buon uomo. Questa

sua ultima peculiarità era indefinibilee forse nemmeno esistente.

Immaginiamo ora Wakefield mentre si congeda dalla moglie. È il crepuscolo diuna sera d'ottobree lui indossa

uno sbiadito cappottoun cappello coperto di tela ceratastivali altitiene un ombrello in una mano e una valigetta

nell'altra. Ha informato sua moglie che deve prendere la diligenza della seraper la campagna. Lei vorrebbe informarsi

sulla durata del viaggiosul suo scopo e sulla probabile data del ritornoma rispettando quella sua innocua passione per

il misterosi limita a interrogarlo soltanto con uno sguardo. Lui le dice dinon aspettarlo con certezza al ritorno della

diligenza e di non preoccuparsi se mai dovesse trattenersi fuori casa per treo quattro giornima di attenderlo in ogni

caso per venerdì sera all'ora di cena. Si può pensare che nemmeno lo stessoWakefield ha ancora idea di ciò che

accadrà. Le porge la manolei gli dà la suae si scambiano un baciodistratto come avviene dopo dieci anni di

matrimoniopoi il signor Wakefieldun uomo di mezza etàse ne vagiàquasi deciso a sconcertare la sua buona moglie

con un'intera settimana di assenza. Dopo che la porta si è chiusa alle suespallelei si accorge che viene leggermente

scostatae attraverso lo spiraglio le appare il volto del maritoche lesorride e un attimo dopo scompare alla sua vista. In

quel momento ella trascura l'episodiosenza nemmeno pensarcima molto tempodopoquando è da più anni vedova

che mogliequel sorriso riaffiora fugacemente in tutti i suoi ricordi delvolto del marito. Nelle sue ripetute meditazioni

circonda quel sorriso di una moltitudine di fantasieche lo fanno apparirestrano e inquietante: seper esempiolo

immagina dentro una baraquello sguardo d'addio è raggelato sui suoipallidi lineamentio se lo sogna nei Cieliil suo.40

spirito mostra ancora quel tranquillo e scaltro sorriso. Ma è proprio perquel sorrisoquando tutti gli altri danno

Wakefield per mortoche lei dubita a volte di essere vedova.

Ma l'oggetto del nostro interesse è il marito. Dobbiamo affrettarci aseguirlo per stradaprima che perda la sua

individualità e si mescoli con la gran folla della vita londinesedovesarebbe inutile cercarlo. Seguiamolo allora da

vicinofinchédopo molte deviazioni e giri viziosilo troviamocomodamente seduto accanto al caminetto di un piccolo

appartamento da lui precedentemente affittato. Si trova ora nella stradaaccanto a quella di casa suaed è giunto al

termine del suo viaggio. Non riesce quasi a credere alla sua fortunadiessere arrivato fin là inosservatoricordando che

a un certo punto è stato trattenuto dalla folla proprio sotto la luce di unlampione accesoche gli è sembrato di udire

passi che lo seguivanodistinti dallo scalpiccio della moltitudine intorno aluie chein un'altra occasioneha udito una

voce che gridava e gli era parso che chiamasse il suo nome. Sicuramentealmeno una decina di ficcanaso deve averlo

vistoe avrà già raccontato tutto a sua moglie. Povero Wakefieldnon tirendi conto di come sei insignificante in questo

vasto mondo! Nessun occhio di mortaletranne il mioha seguito le tuetracce. Vattene tranquillamente a lettobabbeo

e domanise sei saggioritorna a casa tuadalla buona signora Wakefieldedille tutta la verità. Non allontanarti mai

nemmeno per una breve settimanadal tuo posto nel suo casto seno. Se maianche per un solo momentoella dovesse

considerarti mortoscomparso o per sempre diviso da leiti accorgerestiallora amaramente di un permanente

mutamento nella tua fedele moglie. È pericoloso provocare fratture negliaffetti umaninon perché esse si divaricano

sempre piùma perché si chiudono così rapidamente!

Quasi pentito della sua marachellao come si voglia chiamarlaWakefield sicorica di buon'orae trasalendo

nel suo primo sonno allunga le braccia nella solitaria distesa di quel lettosconosciuto. «No»pensa avvolgendosi nelle

coperte«non dormirò un'altra notte da solo!».

Il mattino dopo si alza più presto del solitoe riflette seriamente su ciòche in realtà intende fare. I suoi

ragionamenti sono infatti così vaghi e tortuosi che egli è giunto a questasingolare decisione sì con la coscienza di uno

scopoma senza la capacità di definirlo abbastanza bene per poterloesaminare. La nebulosità del progetto e il

precipitoso impegno con cui si è accinto a realizzarlo denotano in parimisura un uomo di debole carattere. Wakefield

tuttaviavaglia minuziosamente i suoi pensierie si scopre la curiosità disapere come vanno le cose a casacome la

moglie esemplare sopporterà la sua vedovanza di una settimanacome reagiràalla sua scomparsa la piccola cerchia di

persone e cose di cui lui era il centro. In fondo a tutta la faccendac'èquindi una sua morbosa vanità. Ma come può

conseguire il suo scopo? Non certo chiudendosi in questo comodo alloggiodovepur avendo dormito ed essendosi

destato nella strada accanto a casa suane è in effetti lontano come se ladiligenza lo avesse velocemente trasportato per

tutta la notte. Ma se mai ricomparisse a casatutto il suo piano andrebbe infumo. Il suo povero cervello è

disperatamente dilaniato dal dilemmae infine egli si avventura fuori dicasaquasi deciso ad attraversare l'incrocio per

lanciare un frettoloso sguardo al suo domicilio abbandonato. L'abitudineperché egli è un uomo abitudinariolo prende

per mano e lo conduceassolutamente inconsapevolefino alla porta di casa.doveproprio nel momento fatidicoè

risvegliato dallo scalpiccio del suo piede sul gradino. Wakefield! Dove vai?

In quel momentoil suo destino sta ruotando su un perno. Senza pensare alfuturo verso cui lo porterebbe quel

primo passo indietroWakefield fugge viaansimanteper un'agitazionefinora sconosciutae non osa quasi voltare la

testa quando giunge in fondo alla strada. Può essere che nessuno l'abbiavisto? Gli abitanti della casala decorosa

signora Wakefieldla scaltra servetta e il piccolosudicio garzonenonsolleveranno un putiferio per le strade di Londra

all'inseguimento del loro padrone e signore fuggitivo? Una fuga ben riuscita!Prende coraggio per fermarsi e guardare

verso casama è sconcertato nel vedere una sorta di mutamento avvenuto inquell'edificio così famigliarecome capita a

tutti noi quandoa distanza di mesi o di annirivediamo una collinaunlago o un'opera d'arte con cui eravamo una volta

in rapporto. Comunementequesta indescrivibile sensazione è provocata dalconfronto e dalla differenza tra i nostri

imperfetti ricordi e la realtà. Nel caso di Wakefieldinveceè statol'incantesimo di una sola notte a produrre una simile

trasformazioneperché in quel breve lasso di tempo è avvenuto un profondomutamento moraleanche se lui ne è

ignaro. Prima di andarsenecoglie una lontana e fuggevole apparizione di suamoglie mentre passa davanti alla finestra

di frontecol viso rivolto verso il fondo della strada. Lestamentel'ingenuo se la squagliatemendo chetra tante

migliaia di atomi di mortalitàlo sguardo di lei possa averlo riconosciuto.È felice in cuor suoma frastornato nella

mentequando si ritrova davanti al caminetto del suo alloggio.

Questo per quanto riguarda l'inizio di questa prolungata stravaganza. Dopol'idea iniziale e tutto il fermento

della pigra mente di quest'uomo per tradurla in praticala vicenda si svolgesecondo un ordine naturale. Possiamo

immaginare che Wakefielddopo lunghe riflessioniacquistinella bottega diqualche rigattiere ebreouna nuova

parrucca di pelo rossiccio e scelga con cura vari indumenti di foggia diversadal suo solito abito marrone. E' fattaora

Wakefield è un altro uomo. Stabilito un nuovo stile di vitaun ritorno alvecchio sarebbe quasi altrettanto difficile del

passo che l'ha portato in questa situazione senza precedenti. E siincaponisce ancor più a causa di un'occasionale

ombrosità del suo carattereprovocata ora dalla sensazione che nel cuoredella signora Wakefield non è stata prodotta

un'adeguata reazione. Non farà ritorno a casa fin quando sua moglie nonsarà spaventata a morte. Già due o tre volte ella

è passata davanti ai suoi occhiogni volta con passo più pesantepiùpallida e preoccupata in voltoe la terza settimana

dalla sua scomparsa egli vede entrare nella casa un funesto presagionellevesti di un farmacista. L'indomaniil

batacchio della porta viene attutito con un panno. Verso seraarriva lacarrozza di un medicoe deposita il suo

imparruccato e austero occupante davanti alla porta di casada dove egliesce dopo una visita di un quarto d'oraforse

per preannunciare un funerale. Povera donnamorirà? A questo puntoWakefield è in preda a un certo fermento di

sentimentima ancora si trattiene lontano dal capezzale della mogliee sigiustifica con la propria coscienza dicendosi.41

che ella non dev'essere disturbata in questo momento critico. Sequalcos'altro lo trattieneegli non se ne rende conto.

Nel corso di alcune settimanela moglie si ristabilisce: la crisi èsuperatail suo cuore è afflittoforsema tranquillo e

presto o tardi che lui ritorninon sarà più tormentato a causa sua. Questeidee balenano nella nebbia della mente di

Wakefieldil quale acquista confusamente coscienza del fatto che un baratroormai quasi incolmabile separa ora

l'alloggio preso in affitto dalla sua casa d'un tempo. «È soltanto nellastrada accanto!»dice talvolta tra sé. Scioccoè in

un altro mondo! Finora ha rimandato il suo ritorno da un giorno con l'altroma ora questa data diviene imprecisata. Non

domaniforse la prossima settimanaabbastanza prestocomunque. Poveretto!I morti hanno pressappoco le stesse

probabilitàche ha l'autoesiliato Wakefielddi rivisitare le loro dimoreterrene.

Come vorrei avere un in-folio da scrivereanziché un racconto d'una decinadi pagine! Potrei allora spiegare

come un'influenza al di là del nostro controllo prende nelle sue salde maniogni atto che noi compiamoe ne ordisce in

un ferreo tessuto le inevitabili conseguenze. Wakefield è ora prigionierodel suo destino. Dobbiamo ora lasciarloper

una decina d'annimentre s'aggira intorno a casa suasenza varcarne mai lasogliasempre fedele a sua mogliecon tutta

la devozione di cui è capace il suo cuorementre la sua figura lentamentesbiadisce in quello di lei. Già da temposi

deve rilevareegli ha perso coscienza della bizzarria del suo comportamento.

Ed ecco la scena fatale! Nel mezzo della folla di una strada londinesericonosciamo un uomoormai avviato

alla vecchiaiacon poche caratteristiche che possano richiamare l'attenzionedi osservatori distrattiil quale mostra

tuttaviain tutto il suo aspettol'impronta di un destino non comunepercoloro che hanno la capacità di vederla.

È dimagritola sua fronte bassa e stretta è percorsa da profonde rugheisuoi occhipiccoli e opachisi

guardano talvolta intorno nervosamentema più spesso sembrano guardaredentro di sé. Cammina a capo chinocon una

strana andatura obliquacome se non volesse mostrare al mondo la vistafrontale di sé. Osservatelo abbastanza bene per

vedere ciò che abbiamo descrittoe anche voi dovrete convenire che lecircostanzele quali spesso creano persone

singolari da un comune prodotto della naturahanno qui forgiato uno diquesti uomini. Dopo averlo lasciato mentre

cammina furtivamente sul marciapiedevolgete ora lo sguardo nella direzioneoppostadove una donna prosperosa

giunta evidentemente al declino della vitasta dirigendosi con un libro dipreghiere in mano verso la chiesa vicina. Il

suo placido contegno è quello di una vedova ormai abituata alla suacondizione. I suoi rimpianti si sono ormai sopiti

oppure sono divenuti così indispensabili al suo cuore che potrebbero esserequasi scambiati per una gioia. Proprio

mentre l'uomo magro e la donna prosperosa stanno passandoavviene un breveingorgo che porta le due persone

direttamente a contatto. Le loro mani si toccanola pressione della follaspinge il seno di lei contro la spalla dell'uomoe

si trovano lìfaccia a facciaguardandosi l'un l'altra negli occhi. Ed ècosì chedopo dieci anni di separazione

Wakefield incontra sua moglie!

Poi la folla li trascina viasepara le loro strade. La tranquilla vedovariprende il suo passo e prosegue verso la

chiesama si ferma davanti al portale e lancia uno sguardo perplesso nellastrada. Ma poi varca la sogliaaprendo il suo

libro di preghiere. E l'uomo? La sua espressione è così stravolta che anchei londinesicosì affaccendati e individualisti

si fermano a guardarlo mentre s'affretta a ritornare al suo alloggioe lìgiunto chiude col chiavistello la porta e si getta

sul letto. I sentimenti sopiti negli anni ora proromponoe la sua fragilemente riceve una momentanea energia dal loro

impulsotutta la miserabile stravaganza della sua vita gli si rivela in unlampoe allora esclama con tutta la sua

passione: «Wakefield! Tu sei pazzo!».

Forse era proprio così. La peculiarità della sua situazione deve averlocondizionato a tal punto chea confronto

con i suoi simili e con la vita in generalenon si può dire che eglipossedesse tutte le sue facoltà mentali. Gli è riuscito

o piuttosto gli è capitato di separarsi dal mondodi scompariredirinunciare al suo posto e ai suoi privilegi tra i viventi

senza però essere ammesso tra i defunti. La vita dell'eremita non èparagonabile alla sua. Egli viveva una volta nel

fermento della cittàma la folla gli è passata accanto e non l'ha visto;è sempre statosi può dirlo in senso figurato

accanto a sua moglie e al suo focolarema senza mai sentire il caloredell'unoné l'amore dell'altra. Il destino particolare

di Wakefield era quello di conservare il suo posto di prima negli affettidegli esseri umani e di essere ancora coinvolto

nei loro interessimentre aveva ormai perduto ogni sua influenza su ambedue.Sarebbe interessante ricostruire qui gli

effetti di tali circostanze sul suo cuore e sulla menteseparatamente enell'insieme. Eppureper quanto fosse mutato

raramente se ne rendeva contoma si considerava sempre lo stesso uomo.Barlumi di verità in effetti gli apparivanoma

solo momentaneamenteed egli continuava a ripetersi: «Ritornerò presto!»senza accorgersi che continuava a dirlo

ormai da vent'anni.

Penso anche che questi vent'anni dovevano sembrargliretrospettivamentedipoco più lunghi della settimana

che aveva inizialmente posto come limite alla sua assenzae che consideravatutta la vicenda poco più di un interludio

tra le cose più importanti della sua vita. Quandodopo un po' di tempoancoraavesse deciso che era tempo di far

ritorno nel suo salottosua moglie avrebbe battuto le mani di felicità nelvedersi riapparire davanti quell'attempato

signor Wakefield. Quale erroreahimè! Se il tempo attendesse la fine dellenostre amate folliesaremmo tutti quanti

giovanie fino al Giorno del Giudizio.

Una seravent'anni dopo la sua scomparsaWakefield sta facendo la suasolita passeggiata verso la dimora che

considera ancora sua. È una ventosa sera d'autunnocon frequenti scrosci dipioggia che battono il selciato e terminano

prima ancora che si sia aperto l'ombrello. Fermatosi nei pressi di casa suaWakefield intravvedeattraverso le finestre

del salotto al secondo pianoil riverbero rossastroi guizzi e i baglioridelle fiamme di un allettante focolare. Sul soffitto

appare l'ombra grottesca della buona signora Wakefield. La sua cuffia danotteil nasoil mentole larghe anche

formano una bizzarra caricaturache danza insieme con le fiamme che s'alzanoe s'abbassanoun'ombra quasi troppo

gaia per essere quella di un'anziana vedova. Proprio in quel momento vuolecadere uno scroscio d'acqua che una.42

dispettosa folata di vento getta sul volto e sul petto del signor Wakefieldpenetrandolo col suo gelo autunnale. Deve

rimanere lìinzuppato e tremantequando nel suo camino è acceso un belfuoco che lo riscalderàmentre sua moglie

corre a prendergli la vestaglia grigia e gli indumenti intimiche di sicuroha amorevolmente custodito nell'armadio della

loro camera da letto? NoWakefield non è così sciocco! Sale i gradini conpasso pesanteperché vent'anni gli hanno

rattrappito le gambeda quando li ha scesi l'ultima voltaanche se lui nonse ne rende conto. FermatiWakefield! Vuoi

proprio andare nella sola dimora che ti è rimasta? Allora calati nella tuatomba! La porta si apree mentre lui ne varca la

soglia diamo un ultimo sguardo di commiato al suo volto e riconosciamo quelfurbesco sorriso che aveva anticipato

l'innocente burla che egli ha continuato a giocare ai danni della moglie.Come ha imbrogliato impietosamente quella

povera donna! Be'auguriamo a Wakefield una buona notte di riposo!

Questo lieto eventoammesso che sia talepuò essere avvenuto soltantosenza premeditazione. Non seguiremo

il nostro amico al di là della soglia. Ci ha già offerto sufficientemateria di meditazionee questa dovrà almeno in parte

prestarsi a una morale e prendere la forma di una metafora. Nell'apparenteconfusione del nostro mondo misteriosogli

individui sono così ben adattati a un sistemae i sistemi l'uno all'altroe a tutto un insiemeche un uomose si fa da

parte per un solo attimosi espone al terribile rischio di perdere il suoposto per sempre. Al pari di Wakefieldegli può

divenireper così direil reietto dell'universo.

UN RIVOLO D'ACQUA DELLA FONTANA CITTADINA

(La scena è l'incrocio di due strade principalila Essex e la WashingtonStreet di Salemdove la fontana cittadina sta

parlando attraverso il suo beccuccio.)

È mezzogiornoall'orologio del Nord! È mezzogiornoa quello dell'Est! Èmezzogiorno in punto anche a questi

caldi raggi del soleche cadono un po' di sbieco sulla mia testae fannoquasi ribollire e fumare l'acqua nella vaschetta

sotto al mio naso. In veritànoi personaggi pubblici abbiamo una vitadavvero dura! E tra tutti i funzionari cittadini

nominati alla riunione di marzoqual è quello che sostienein un soloannoil peso di tutti i molteplici compiti che sono

perpetuamente imposti alla fontana municipale? Il titolo di «tesorierecittadino» mi spetta di dirittoin quanto custode

del tesoro più prezioso che ha la città. I patronati dei poveri dovrebberonominarmi loro presidenteperché io provvedo

generosamente agli indigentisenza alcuna spesa per coloro che pagano letasse. Sono anche il capo dei pompierie uno

dei medici della commissione d'igiene. Come tutore della pace socialetuttii bevitori d'acqua dovranno ammettere che

sono pari al capo della polizia. Assolvo inoltre alcuni compiti del messocittadinodivulgando gli avvisi pubblici

quando sono affissi sulla mia faccia. Senza esageraresono il principalepersonaggio della municipalitàe rappresento

anche un ammirevole esempio per gli altri ufficialiper la freddezzalacontinuitàla rettitudinela schiettezza e

l'imparzialità con cui assolvo i miei compitie per la costanza con cuimantengo il mio posto. Sia inverno o estate

nessuno mi cerca invanoe per tutto il giorno sono visibile all'angolo piùmovimentato della cittàproprio davanti al

mercatodove distendo le mie braccia a ricchi e poverie la notte tengo unalanterna sul mio caposia per mostrare dove

sonosia per non far incespicare i passanti.

In questo afoso mezzogiornosono coppiere degli assetatiper i quali èstata incatenata alla mia cintola una

tazzina di ferro. Come un venditore ambulante di liquori sulla piazzacittadinanei giorni più affollatigrido a tutti

quanti indistintamentecon i toni più semplici e con tutta la mia voce:Eccomi quasignori! Ecco il buon liquore!

Venitevenitesignoriavvicinatevi! Ecco qualcosa di superiorela genuinabevanda di nostro padre Adamomigliore

del cognacdell'acquavitedel rhumdella birra e del vino di qualsiasiprezzoeccola quia barili o a singoli bicchierie

non pagherete un centesimo! Venitesignoriavvicinatevi e servitevi!

Sarebbe un peccato se tutte queste grida non attirassero clienti. Ed ecco chearrivano. È una giornata calda

signoritracannate e bevete ancoracosì da mantenervi in un bell'abitofresco. E leiamico mioha bisogno di un'altra

bella tazza per lavare la polvere nella sua golase ne è così coperta comelo sono le sue scarpe di pelle. Vedo che lei ha

camminato per una decina di chilometri oggie saggiamente è passato oltrele bettolefermandosi invece ai ruscelli e

alle sorgentialtrimentinella calura di fuori e nel fuoco di dentrosisarebbe ridotto in cenereo si sarebbe sciolto in

niente. come gelatina! Bevae poi faccia posto a quell'altro signore chechiede il mio aiuto per spegnere la bruciante

febbre delle libagioni di ieri serae che certo non ha attinto dalla miatazza. Benvenutorubizzo signore! Lei e io siamo

stati estraneifinoraeper dire il veroil mio naso non è così ansiosodi avere maggiore intimità con leifinché gli

effluvi del suo alito non saranno un po' meno pesanti. Misericordiasignore!L'acqua gorgoglia giù per il suo

gargarozzoe si trasforma subito in vapore in quell'inferno in miniatura chelei confonde col suo stomaco. Si riempia

ancora la tazza e mi dicasull'onore di un onesto ubriacone: in una cantinataverna o in qualsiasi spaccio di vini ha mai

speso i soldi del cibo dei suoi figli per bere una sorsata così deliziosa? Eoraper la prima volta in dieci annilei conosce

il gusto dell'acqua fresca! Arrivedercie ogni volta che ha sete ricordi chene ho un'inesauribile scortaqui alla vecchia

colonnina. Chi c'è dopo? Ahmio piccolo amicotu sei stato scacciato dascuola e sei venuto qui per pulire il tuo viso

arrossato e annegarecon una sorsata d'acqua della fontanail ricordo dicerte bacchettate e di altre amarezze della

scuola. Bevi pureè pura come la linfa della tua giovane vita. Bevie tiauguro che il tuo cuore e la lingua non siano mai

inariditi da una sete più bruciante di questa! Prendiragazzo miomandagiù questa tazzae lascia il tuo posto a questo

anziano signore che avanza così cautamente sul selciato da far pensare chetema di romperlo. Ma come! Se ne va via.43

zoppicandosenza nemmeno ringraziarmicome se le mie generose offertefossero rivolte soltanto a coloro che non

hanno una cantina di vini. Benesignoreniente di malemi auguro. Vadapure a stappare la bottigliaa riempire la

caraffama quando l'alluce del piede la farà gridare di dolorenon sarannoaffari miei. Se lor signori preferiscono il

piacevole solleticamento della gottafa lo stesso per la fontana cittadina.Questo cane assetatocon la lingua rossa

penzoloninon disprezza la mia ospitalitàma si siede sulle zampeposteriori e lappa avidamente dalla vasca. E guardate

ora come saltella via nuovamente! Bobivostra Eccellenzahai mai avuto lagotta?

Siete tutti soddisfatti? Allora asciugatevi la boccamiei buoni amiciementre la mia fonte prende qualche

attimo di treguadelizierò la cittadinanza con qualche reminiscenzastorica. Nella remota antichitàsotto l'ombra scura

di venerabili ramizampillava una sorgente dalla terra cosparsa di foglieproprio qui dove ora mi vedetesul

marciapiede assolato. L'acqua era limpida e chiaraed era consideratapreziosa quanto un diamante liquido. I capi tribù

indiani la bevevano da tempi immemorabilifinché il fatale diluviodell'acqua di fuoco si è abbattuto sugli uomini rossi

e ha spazzato via tutta la loro stirpe dalle fresche sorgenti. Endicott e isuoi seguaci sono venuti dopoe spesso si sono

inginocchiati qui a bereimmergendo le loro lunghe barbe nell'acqua dellasorgentequando il più ricco calice era fatto

allora di corteccia di betulla. Il governatore Winthropdopo un viaggio apiedi da Bostonsi abbeverò qui dalla cavità

della sua mano. Higginson il vecchio bagnò qui il palmo della mano e loposò sulla fronte del suo primo figlio nato in

città. Per molti anni è stata il bagno termaleper così direil lavabodei dintornicui ricorrevano tutte le persone pulite

per detergersi il volto e guardarlo dopoquanto meno le belle ragazzenellospecchio delle sue acque. Nei giorni festivi

quando doveva essere battezzato un neonatoil sacrestano riempiva qui il suobacile e lo posava sul tavolo comune

dell'umile luogo di preghierache occupava in parte il posto di quello dimattonipiù imponenteche è laggiù. E così

una generazione dopo l'altra sono state consacrate al cielo con le sue acquee hanno gettato sulla sua vitrea superficie le

loro tremule ed effimere ombreper poi scomparire dalla terracome se lavita dei mortali fosse soltanto la fugace

immagine di una sorgente. E infine anche la sorgente è scomparsa.Sotterranei sono stati scavati tutt'intornocarri pieni

di ghiaia sono stati scaricati sulla sorgente dalla quale sgorgava poi untorbido rigagnolo che formava una pozzanghera

melmosa all'angolo di due strade. Nei mesi più caldiquando il suorefrigerio era più necessarionuvole di polvere si

posavano sul luogo nataleormai dimenticatodi quelle acquedivenuto orala loro tomba. Ma poicol tempouna

pompa è stata calata sul fondo dell'antica sorgentee quando la primafontana si è rovinataun'altra ha preso il suo

postoe un'altra ancorae poi un'altrafinché eccomi quisignore esignoripronta a servirvi con la mia tazza di ferro.

Bevete e rinfrescatevi! L'acqua è ancora pura e fresca come quella chespegneva la sete dei capitribù pellerossa sotto gli

antichi rami degli alberianche se ora il cuore della foresta è custoditosotto queste pietre roventidove non calano

ombre se non da questi edifici di mattoni. E questa sia la morale della miastoriache come questa antica fontanaa

lungo perdutaè ora conosciuta e apprezzata di nuovocosì sarannoriconosciuti da tutti i pregi dell'acqua frescatroppo

poco dai valutati tempi dei vostri padri.

Vi chiedo scusabrava gente! Ora devo interrompere il flusso della miaeloquenza e sgorgare un flusso d'acqua

riempiendo così la vasca per questo carrettiere e i suoi due buoi aggiogatiche sono venuti qui da Topsfieldo da

qualche luogo in quella direzione. Nessuna parte del mio lavoro mi dàpiacere come dissetare il bestiame. Guardate

come si abbassa rapidamente il livello dell'acqua dentro la vascamentre illoro capace stomaco si riempie di un paio di

galloni! E ora possono concedersi il tempo di respiraresospirandosoddisfatti e volgendo il loro placido sguardo

intorno al bordo del loro enorme abbeveratoio. Il bue è davvero un grandebevitore.

Ma mi sembra di capirecari amiciche siete impazienti di ascoltare ilresto del mio racconto. Non datene la

colpavi pregoalla mia mancanza di modestiase insisto ancora un po' suun argomento così importante com'è quello

dei miei multiformi meriti. È anche per il vostro beneperché se pensatebene di me vi scoprirete anche uomini e donne

migliori. Non parlerò del mio determinante contributo nei giorni del bucatoperché se fosse solo per questo potrei

dichiararmi patrono della casa di centinaia di famiglie. Lungi da merispettabili amicialludere anche allo spettacolo di

facce sporche che voi presentereste senza i miei sforzi per tenerle pulite. Enon vi ricorderò nemmeno quante volteai

rintocchi notturni della campanaavete tremato per la vostra infiammabilecittadina e siete corsi alla fontana

municipaletrovandomi sempre al mio postosalda in mezzo al trambustosempre pronta a prosciugare la mia linfa

vitale in vostro soccorso. Né è il caso di sottolineare troppo il miodiritto a una laurea in medicinain quanto che il

semplice esercizio della pratica medica è preferibile a tutta la nauseanteerudizioneche ha scoperto uomini malati e li

ha lasciati talifin dai tempi di Ippocrate. Si deve avere una più ampiavisione della mia benefica influenza su tutta

l'umanità.

Notutte queste sono bazzecole a confronto col merito che gli uomini saggimi riconoscononon a me

singolarmentema come rappresentante di una categoriaquello di essere lagrande riformatrice del nostro tempo. Dalla

mia fonte e da altre fonti come la miadeve scorrere il fiume che pulirà lanostra terra dai crimini e tormenti che in gran

parte sono sgorgati dalle nefaste fonti della distillazione. In questagrandiosa impresala mucca sarà la mia grande

alleata: latte e acquala fontana e la mucca! Questa è la gloriosa alleanzache abbatterà le distillerie e le fabbriche di

birraestirperà i vignetidistruggerà le presse da mele per il sidromanderà in rovina il commercio del tè e del caffèe

infine monopolizzerà tutto il mercato che si occupa di spegnere la sete. Siabenedetta quest'opera! Allora la povertà

scomparirà dalla terranon trovando alcun tugurio così miserevole in cuipossa trovar rifugio il suo squallore. Allora la

malattiain mancanza di altre sue vittimesi roderà il cuore e perirà.Allora il peccatose non si estinguerà

completamenteperderà almeno metà della sua forza. Finorail delirio diuna febbre ereditaria ha infuriato nel sangue

degli uominitrasmettendosi di padre in figlioriaccendendosi a ognisuccessiva generazione con altre sorsate del

liquido di fuoco. Quando quelle fiamme interiori si estinguerannoil caloredelle passioni non potrà che raffreddarsie.44

le guerrel'ubriachezza delle nazioniforse cesseranno. Quanto menonon cisaranno più guerre nelle case. Marito e

moglieabbeverandosi a semplici piaceria una serena felicità di temperatiaffettiattraverseranno insieme la vitamano

nella manoe giaceranno infinesenza rimpiantialla sua tarda conclusione.Per loroil passato non sarà un tumulto di

folli sogniné il futuro un'eternità di quei momenti che seguono aldelirio dell'ebbrezza. Dopo la mortei loro volti

esprimeranno ciò che erano e devono essere i loro spiriticon un perdurantesorriso di ricordi e di speranze.

Ehm! tutto questo concionare è un'impresa che secca la golaspecialmenteper un'oratrice improvvisata come

me. Non ho mai pensatofinoraalla fatica che devono fare a mio nome ipredicatori di temperanzae d'ora in poi il

compito spetterà soltanto a loro. Suqualche buon cristiano dia un colpo dipompatanto per bagnarmi il becco! Grazie

a leisignore! Miei cari ascoltatoriquando il mondo sarà rigeneratograzie a medovrete raccogliere tutti i vostri inutili

tini e barili di liquori in un gran mucchio e farne un falò in onore dellafontana cittadina. E quando anch'io cadrò in

rovinaal pari dei miei predecessoriallorase avete caro il mio ricordodovrete erigere una fontana di marmo

riccamente scolpitache prenda il mio posto in questo luogo. Monumenti comequesto dovrebbero essere eretti

ovunquee scolpiti con i nomi dei più eminenti campioni della mia causa. Eora ascoltateperché ho ancora qualcosa di

molto importante da dire.

Ci sono due o tre miei cari amicie amici sincerilo so beneche ciònonostantecol loro pugnace impegno a

mio favoremi espongono al pauroso rischio di rompermi il naso o perfino dirovesciarmi completamente sul selciato

con conseguente perdita del tesoro che io custodisco. Vi pregoillustrisignorifate qualcosa per porvi riparo. È giusto

secondo voiubriacarsi di fervore di temperanza e difendere l'onorevolecausa della fontana cittadina nello stesso modo

in cui un ubriacone si batte per la sua bottiglia di brandy? Forse non èpossibile dimostrare le ottime qualità dell'acqua

fredda in altro modo che tuffandosi sconsideratamente nell'acqua caldae intal modo ustionare dolorosamente se stessi

e altre persone? Credete a meè possibile. Nella battaglia morale chedovete ingaggiaree anzi in tutta la condotta della

vostra vitanon potreste scegliere un esempio migliore di meche non ho maipermesso alla polvereall'atmosfera

inquinataalle turbolenze e alle molteplici inquietudini del mondo intorno ame di raggiungere quel profondo e sereno

pozzo di purezza che può essere definito la mia anima. E ogni volta cheriverso quell'animaè per raffreddare la febbre

del mondo o per pulire le sue macchie.

E l'una! Be'se inizia a suonare l'ora del pranzoio posso allora rimanerein silenzio. Ecco che viene una

graziosa fanciulla di mia conoscenzacon una grande brocca di pietra chedevo riempirle. Le auguro di trovare marito

mentre attinge l'acquacome successe a Rachele nei tempi antichi. Porgi latua broccamia cara! Eccoè colma fino

all'orloe ora corri a casascrutando la tua dolce immagine nell'acquamentre vaie non dimenticarequando alzi un

bicchiere del mio nettaredi bere al successo della fontana cittadina!

IL GRANDE CARBONCHIO

Il mistero delle Montagne Bianche

In una sera di molti anni fasul versante impervio di una delle Montagne diCristalloun piccolo gruppo di

avventurieri stava rifocillandosi dopo un'estenuante e infruttuosa giornatadi ricerche del Grande Carbonchio. Erano lì

giunti non come amiciné come soci nell'impresama spinti ciascuno perproprio contoa parte una giovane coppia di

sposidalla personale ed esclusiva cupidigia di possedere la meravigliosagemma. Il loro senso di fratellanza era

nondimeno abbastanza forte per indurli a darsi reciproco aiuto nel costruireuna primitiva capanna di frasche e

nell'accendere un gran fuoco con i pini sradicati che la corrente precipitosadell'Amonoosuck aveva trascinatolà sulla

riva bassa del fiume dove si accingevano a trascorrere la notte. Uno soltantotra loroforseera diventato così refrattario

alla naturale simpatia per i propri similia causa dell'esclusiva dedizionea quella ricercada non provare piacere alla

vista di facce umane nella selvaggia e solitaria regione in cui si eranoinoltrati. Una vasta distesa disabitata li divideva

dal più vicino insediamentomentre poco più di un miglio sopra alle loroteste si profilava quel nero crinale sul quale le

colline si spogliano del loro irsuto mantello boscoso e si ammantano dinuvoleoppure si ergono nudesimili a torrioni

nel cielo. Il ruggito dell'Amonoosuck sarebbe stato troppo pauroso per unsolitario viandantementre il torrente

montano dialogava con il vento.

Gli avventurieri si scambiavano quindi saluti cordiali e si davano ilbenvenuto l'un l'altro in quella capanna in

cui ciascuno era l'anfitrione e tutti erano gli ospiti della compagnia.Imbandirono con le loro provviste la superficie

piana di una roccia e parteciparono tutti insieme al banchettoal terminedel quale si avvertiva in mezzo a loro un caldo

sentimento di cameratismoanche se condizionato dal pensiero che la ripresadelle ricerche del Grande Carborichioil

mattino dopoli avrebbe fatti ritornare estranei l'un l'altro. Sette uominie una giovane donna si riscaldavano insieme al

fuoco che estendeva il suo chiarore su tutta la facciata della loro capanna.E mentre osservavano le variegate e

contrastate figure che componevano la compagniaciascuna simile a unacaricatura di sénella luce instabile che

guizzava sopra di lorogiunsero insieme alla conclusione che una piùstravagante associazione non si sarebbe mai

potuta mettere insiemenella città o nel desertosulle montagne o inpianura.

Il più anziano del gruppoun uomo alto e allampanatosegnato dalleintemperieche dimostrava una sessantina

d'anniera vestito con pelli di animali selvaticidei quali imitava tantobene il modo di vestire perché il dainoil lupo e

l'orso erano da lungo tempo i suoi più intimi compagni. Era costui uno diquegli sventurati mortaliquali sono

considerati dagli Indianiche nella loro prima gioventù il GrandeCarbonchio aveva contagiato d'una particolare pazzia.45

divenendo il sogno esclusivo della loro vita. Tutti coloro che visitavanoquella regione lo conoscevano col nome di

Cercatoree nessun altro. Nessuno ricordava quando aveva iniziato laricercae correva quindi una leggenda nella valle

del Saco secondo la quale l'uomoper l'inconsulta cupidigia del GrandeCarbonchioera stato condannato a vagare

senza sosta tra le colline per tutti i secoli a veniresempre con la stessafebbrile speranza all'alba e con la stessa

disperazione al tramonto. Accanto all'infelice Cercatore sedeva un omettopiccolo e anziano che aveva in testa un alto

cappello a cilindro che faceva pensare a un crogiolo. Veniva di làdall'oceanodove era conosciuto come dottor

Cacaphodele si era rinsecchito come una mummia stando continuamente chinosu fornaci a carbone e respirando

insalubri esalazioni durante le sue ricerche chimiche e alchimistiche. Vero ofalso che fossesi diceva di lui che agli

inizi dei suoi studi avesse prosciugato il suo corpo di tutte le parti piùricche del sanguesciupandole con altre

preziosissime sostanze in un esperimento fallitoe che da allora non fossepiù stato in salute. Un altro degli avventurieri

era l'onorevole Ichabod Pigsnortun influente mercante e consiglieremunicipale di Bostone anziano della famosa

chiesa di Mister Norton. I suoi nemici avevano fatto circolare la ridicolastoria che l'onorevole Pigsnort fosse avvezzo a

trascorrere un'ora interadopo le preghiere del mattino e della serasguazzando nudo in mezzo a una montagna

immensa di scellini di pinoche costituivano allora la più antica monetaargentea del Massachusetts. La quarta persona

di cui faremo conoscenza non aveva un nome che fosse noto ai suoi compagniiquali lo distinguevano soprattutto per

un ghigno che gli distorceva sempre il viso affilato e per un paio diformidabili occhialiche pareva dovessero

deformare e scolorire la faccia stessa della natura agli occhi di questogentiluomo. Anche del quinto avventuriero non

era conosciuto il nomee questo era un gran peccato perché aveva un'aria dapoeta. Era un uomo dallo sguardo vispo

ma d'una magrezza da far spaventoe pareva quindi perfettamente verosimileche la sua normale dietacome qualcuno

sostenevaconsistesse di nebbiadi bruma mattutina e di una fetta dellapiù densa nuvola che aveva a portata di mano

condita con un raggio di lunaquando gli riusciva di acchiapparne. Certo èche la poesia che emanava da lui aveva il

sapore di tutte queste squisitezze. Il sesto componente del gruppo era ungiovanotto dall'aria sdegnosa che stava seduto

un po' in disparte dagli altri e teneva altezzosamente in testa il cappellopiumato dei suoi antenatimentre la fiamma si

rifletteva scintillando sui ricchi fregi del suo abito e mandava il suointenso riverbero sull'elsa ingioiellata della sua

spada. Questi era Lord de Veredel quale si diceva che a casa suatrascorresse gran parte del tempo nella cappella

mortuaria dei suoi avirovistando tra le loro bare ammuffite in cerca ditutti i vanti e le vanità terrene che si

nascondevano tra le ossa e la polverecosì cheoltre alla propriaavevaanche tutta la boria messa insieme della sua

dinastia.

Per ultimi c'erano un bel giovane rusticamente abbigliato eal suo fiancouna personcina appena sbocciata

nella quale un'ombra delicata di riservatezza femminile ben si fondeva con laricchezza dei sentimenti di una giovane

sposa. Il suo nome era Hannah e quello di suo marito Matthewdue nomi comuniche ben si addicevano alla semplice

coppiettache sembrava stranamente fuori posto in mezzo a quella bizzarracompagnia che il Grande Carbonchio faceva

spasimare.

Al riparo di un'unica capannadavanti alla viva fiamma dello stesso fuocoera dunque seduta questa

accozzaglia di avventurieritutti così assorbiti da un unico oggetto chedi qualsiasi cosa iniziassero a parlaresi poteva

star certi che le loro ultime parole sarebbero state illuminate dal GrandeCarbonchio.

Parecchi di loro avevano già raccontato le circostanze che li avevanocondotti in quel luogo. Uno aveva

ascoltatonel suo lontano paesela descrizione della pietra meravigliosafatta da un viaggiatoree subito era stato colto

da una tale sete di possederla che avrebbe potuto spegnerla soltanto dentroil suo intenso bagliore. Un altroancora ai

tempi in cui il famoso capitano Smith navigava lungo queste costel'avevavista risplendere dal mare e da allora non

aveva avuto più quiete fin quando non aveva dato inizio alla ricerca. Unterzotrovandosi accampato durante una

battuta di caccia a una quarantina di miglia a sud delle Montagne Bianchesiera svegliato a mezzanotte e aveva visto il

Grande Carbonchio risplendere come una meteoratanto che le ombre deglialberi si proiettavano davanti a lui.

Parlarono poi degli innumerevoli tentativi compiuti per raggiungere quelluogoe della singolare fatalità che aveva fino

ad allora impedito il successo a tutti gli avventurierianche se sarebbesembrato così facile arrivare alla fonte di una

luce che era più forte di quella della luna ed era quasi pari a quella delsole. Appariva evidente che ciascuno sorrideva di

scherno per la follia degli altri che speravano in una fortuna migliore chein passato mentre accarezzava la convinzione

mal dissimulata di essere proprio lui il prescelto della fortuna. Come pertenere a freno le loro ottimistiche speranze

chiamarono in causa le antiche leggende indianesecondo le quali uno spiritostava di guardia alla gemma e si faceva

gioco di coloro che la cercavanoo spostandola da una cima all'altra dellepiù alte colline o facendo alzare una nebbia

dal lago incantato sul quale essa era sospesa. Ma questi racconti eranogiudicati non degni di fedee tutti si dicevano

convinti che la ricerca era stata infruttuosa per la scarsa sagacia operseveranza dei ricercatorio per quali altre cause

naturali possano ostruire l'accesso a un qualsiasi luogotra gli intrichidella forestadella valle e della montagna.

Durante una pausa della conversazionel'uomo dai formidabili occhiali volseintorno a sé lo sguardo

soffermandolo a turno su ciascuno dei presentiche diveniva oggetto delsogghigno che incessantemente gli era dipinto

sul viso.

«Alloracompagni d'avventura»disse l'uomo«eccoci quisette uominisaggi e un'avvenente damigellala

quale senza alcun dubbio è assennata quanto ogni barba grigia della nostracompagniaeccoci quidicevotutti

impegnati nella stessa grande impresa. A me dunque non pare sconveniente checiascuno di noi dichiari ciò che si

propone di fare col Grande Carbonchiosempre ammesso che abbia la buonasorte di metterci sopra le mani. Dunque

che cosa ci dice il nostro amico coperto di pelle d'orso? Come intende leicaro signoregodersi il premio che sta

cercando da Dio sa quando tra le Montagne di Cristallo?»..46

«Come godermelo?»esclamò con amarezza il vecchio Cercatore. «Non speroproprio nienteio... questa folle

idea me la sono tolta di mente già da un pezzo! Io continuo la ricerca diquella stramaledetta pietra perché la vana

ambizione della mia gioventù è diventata la condanna della mia vecchiaia.Questa ricerca è la mia unica fonte di forza

l'energia della mia animail calore del mio sangueil midollo stesso dellemie ossa! Se dovessi abbandonarlacadrei

stecchito a terra sull'altra parte del Passoche è la via d'accesso allaregione delle montagne. Eppurenemmeno se mi

fosse restituito il tempo sprecato della mia vita rinuncerei alle speranzeche ripongo nel Grande Carbonchio! Se lo

trovassilo porterei in una certa caverna che io solo conoscoe listringendolo tra le bracciami coricherei per morire

tenendolo sepolto con me per sempre».

«Miserabileincurante degli interessi della scienza»protestò il dottorCacaphodelcon l'indignazione del

filosofo. «Tu non sei degno di vedere nemmeno da lontano il bagliore dellagemma più preziosa che mai sia stata

concepita nel laboratorio della Natura! Il mio è l'unico scopo che un uomosaggio possa avere per desiderare il possesso

del Grande Carbonchio. Non appena lo avrò conquistatoperché io ho ilpresentimentobrava genteche questo premio

è destinato a coronare la mia fama di scienziatoritornerò subito inEuropa e dedicherò gli anni che mi restano da vivere

a scomporlo nei suoi elementi primari. Una parte della pietra la ridurrò infinissima polverealtre parti le dissolverò

negli acidio in qualsiasi altro solvente capace di agire su una cosìmirabile composizionee il resto progetto di fonderlo

in un crogiolo o di bruciarlo con il ferruminatore. Grazie a questi diversimetodipotrò fare le più accurate analisie

infine donerò al mondo il frutto delle mie fatiche in un volume in-folio».

«Magnifico!»esclamò l'uomo con gli occhiali. «Né deve esitaredottoscienziatodavanti alla necessaria

distruzione della gemmaperché la consultazione del suo volume in-foliopotrà insegnare a ogni figlio di mamma come

fabbricarsi un Grande Carbonchio per proprio conto».

«In verità»interloquì l'onorevole Ichabod Pigsnort«per parte miasono contrario a queste contraffazioni che

hanno l'unico scopo di ridurre il valore commerciale della gemma autentica.Io vi dico francamentesignoriche ho

interesse a tenerne alto il prezzo. Eccoho abbandonato il mio regolarecommercioaffidando il mio magazzino alla

cura dei miei impiegatimetto a grave rischio la mia reputazionee come senon bastasse affronto il pericolo d'essere

ucciso o catturato da questi maledetti selvaggi pagani... e tutto ciò senzaazzardarmi nemmeno a chiedere le preghiere

della mia congregazioneperché la ricerca del Grande Carbonchio èconsiderata poco meno che un traffico col demonio.

E voi credete che avrei arrecato questo grave pregiudizio alla mia animaalmio corpoalla mia reputazione e ai miei

beni senza una ragionevole probabilità di profitto?».

«Io no davverodevoto e onorevole Pigsnort»affermò l'uomo con gliocchiali. «Io non ti avrei mai creduto

capace d'una simile follia».

«Lo spero bene»replicò il mercante. «Oranon appena avrò toccatoquesto Grande Carbonchiosarò libero di

possedere ciò che nemmeno ho mai immaginatoma fosse anche la centesimaparte splendente di quanto dice la gente

sicuramente supererà il valore del diamante più bello del Gran Mogolcheegli ha avuto a un prezzo incalcolabile.

Dunqueho intenzione di imbarcare il Grande Carbonchio e di mettermi inviaggio con esso per l'Inghilterrala Francia

la Spagnal'Italiao anche per le Terre dei Paganise la Provvidenzavorrà inviarmi laggiù; insomma voglio vendere la

gemma al miglior offerente tra i potenti della terrae questi potràconservarla tra i gioielli della corona. E orase

qualcuno di voi ha un progetto migliorelo tiri fuori».

«Io ne ho unouomo miserabile!»esclamò il poeta. «Tuche non desiderinulla di più lucente dell'oro

trasformeresti dunque questo etereo bagliore nella sconcezza in cui giàsguazzi? In quanto a menascosta la gemma

sotto il mio mantelloandrò a nascondermi nel mio atticoin uno dei vicolipiù bui di Londrae lì la contemplerò giorno

e nottecosì che essa si irradierà sulla mia animasi trasfonderà sulmio intellettoe risplenderà viva del suo bagliore in

ogni verso della mia poesia. E cosìper secoli e secoli dopo che saròmortolo splendore del Grande Carbonchio

illuminerà il mio nome!».

«Ben dettosignor Poeta!»esclamò l'uomo con gli occhiali. «Nasconderlosotto il tuo mantellodici? Giàcosì

risplenderà attraverso i suoi buchi e ti darà la sembianza di un fuocofatuo!».

«Ma pensa!»interloquì Lord de Vereparlando più a se stesso che aisuoi compagniil migliore dei quali egli

giudicava assolutamente indegno della sua considerazione. «Pensare che untipo cosìavvolto in un mantello

rappezzatoparli di portare il Grande Carbonchio in una soffitta dellaStrada degli Scribacchini! Non sono forse giunto

già alla conclusione che in tutta la terra non vi è ornamento più adattoper la grande sala del mio avito castello? Li

risplenderà per secolirischiarerà la mezzanotte come a mezzogiornoscintillerà sulle armaturesugli stendardi e sugli

scudi appesi alle paretie illuminerà il ricordo degli eroi. Per questomotivo tutti gli avventurieri hanno cercato sempre

invano il premio che io solo sono destinato a conquistareper farne ilsimbolo delle glorie del mio nobile casato. E mai

sul diadema delle Montagne Biancheil Grande Carbonchio avrà avuto un postocosì onorato come quello che gli è

riservato nel salone dei De Vere!».

«Un nobile proposito»commentò il Cinicocon un sogghigno ossequioso.«Eppurese mi è consentito dare un

suggerimentola gemma potrebbe diventare una straordinaria lampadasepolcrale e celebrare le glorie dei progenitori di

Vostra Signoria nella loro cappella mortuaria più degnamente che nel salonedel castello».

«No davvero»osservò Matthewil giovane campagnolo che sedeva tenendoper mano la sua sposa«questo

gentiluomo ha pensato di fare un uso acconcio della pietra splendente. Hannahe io la stiamo cercando per uno scopo

analogo».

«Comecome?»esclamò sbigottito Sua Signoria. «Quale salone di castellohai tu ove appenderla?»..47

«Nessun castello»rispose Matthew«ma una graziosa fattoria quant'altrenon si vedono nelle Colline di

Cristallo. Dovete sapereamici mieiche Hannah e ioessendoci sposati lascorsa settimanaabbiamo intrapreso la

ricerca del Grande Carbonchio perché avremmo bisogno della sua luce nellelunghe sere d'invernoe questa sarà anche

una bella cosa da mostrare ai vicini che verranno in visita. Esso splenderàper tutta la casacosì che potremo ritrovare

anche uno spillo in qualsiasi angoloe tutte le finestre si illuminerannocome se nel camino ardesse un gran fuoco di

ceppi di pino. E poiche bellezza sarebbe svegliarsi nel cuore della notte epotersi vedere in faccia l'un l'altra!».

Un sorriso si propagò tra gli avventurieri per la semplicità di ciò cheprogettava di fare la giovane coppia con

questa pietra meravigliosa e inestimabiledella quale il più grande monarcadella terra sarebbe stato orgoglioso di

adornare il suo palazzo. In particolare l'uomo con gli occhialiil qualeaveva sogghignato alle parole di ciascunoora

contorse la faccia in una smorfia di tale beffarda ilarità che Matthew glidomandòpiuttosto risentitoche cosa

intendesse fare lui del Grande Carbonchio.

«Il Grande Carbonchio!»ripeté il Cinicocon indicibile disprezzo.«Ebbenetestone che non sei altrosappi

che non esiste nulla di simile in rerumnatura. Ho percorso trecentomiglia per arrivare fin quie sono deciso a posare il

piede su ogni cima di queste montagne e a ficcare il naso in ogni precipizioper l'unico scopo di dimostrarea

soddisfazione di tutti coloro che sono un tantino meno asini di teche ilGrande Carbonchio è soltanto un'impostura!».

Vani e insensati erano i motivi che avevano portato la maggior parte degliavventurieri tra le Colline di

Cristalloma nessuno era così vanocosì insensatoe anche cosìscelleratocome il motivo del sapientone dai

formidabili occhiali. Egli era uno di quegli uomini tristi e maligni chepreferiscono rivolgere le loro brame verso le

tenebre del sottosuolo anziché verso la luce del cielouomini chesepotessero spegnere tutte le luci che Dio ha acceso

per noiconsidererebbero le tenebre della notte come loro maggior vanto.Mentre il Cinico parlavaparecchi membri

della compagnia trasalirono alla vista di un raggio di rosso splendore cheilluminava la sagoma enorme delle montagne

circostanti e il letto pietroso dell'impetuoso torrente con una luce diversada quella che il loro fuoco spargeva sui tronchi

e sui rami neri degli alberi della foresta. Restarono in ascolto del rombodel tuonoma non udirono nullae si

rallegrarono che il temporale non si avvicinasse. Le stellequei puntimeridiani del cieloavvertirono allora gli

avventurieri di chiudere i loro occhi al riverbero dei ceppi e di aprirlinel sognoallo splendore del Grande Carbonchio.

La giovane coppia di sposi aveva preso dimora nell'angolo più appartatodella capannadov'era separata dal

resto della compagnia da una cortina di ramoscelli stranamente intrecciatiquale forse poteva essere stata appesain fitti

festoniintorno alla camera nuziale di Eva. Era stata la piccola e riservatasposa a intessere quel tendaggio mentre gli

altri convitati conversavano. Poi lei e il marito si addormentarono con lemani teneramente allacciatetra visioni di

ultraterrena radiositàper incontrare al risveglio una luce più benedettal'uno negli occhi dell'altra. Si risvegliarono nello

stesso istantecon i volti illuminati da un unico felice sorrisoche sifece ancor più luminoso con la coscienza della

realtà della vita e dell'amore. Ma la sposa aveva appena ricordato dove sitrovavano quando videsbirciando tra le

fessure della cortina di frascheche l'altra parte della capanna era ormaideserta.

«In piediMatthew caro!»gridò in gran fretta. «Gli stranieri se nesono andati tutti! In piedisubitoaltrimenti

perderemo il Grande Carbonchio!».

In veritàquesti due poveri giovani meritavano così poco l'ambito premioche li aveva condotti in quel luogo

che avevano dormito saporitamente tutta la nottefin quando le vette dellecolline si erano illuminate dei raggi del sole

mentre gli altri avventurieri si erano rivoltati nel loro giaciglio in predaa una febbrile insonniao avevano sognato di

scalare precipizie poialle prime luci dell'albasi erano messi incammino per realizzare i loro sogni. Matthew e

Hannahdopo il loro sonno ristoratoreerano però leggeri come due giovanidaini e si attardarono soltanto a recitare le

preghierea rinfrescarsi in una gelida pozza dell'Amonoosucke a mangiareun bocconeprima di volgere il viso verso

il fianco della montagna. Come in un dolce ritratto di amore coniugalediedero inizio all'ardua salitatraendo forza dal

reciproco aiuto che si davano. Dopo tanti piccoli infortuniquali una vestestracciatauna scarpa perduta e i capelli di

Hannah impigliati tra i rami d'un alberoessi raggiunsero il limitare piùalto della forestada dove dovevano ora

proseguire un più avventuroso cammino. I tronchi innumerevoli e la fittavegetazione della foresta avevano fino allora

posto una cortina ai loro pensieriche in quel momento si ritrasseroimpauriti davanti alla regione del ventodelle

nuvole e delle nude roccedel desolato e assolato paesaggio che si alzavasmisurato sopra di loro. Si volsero a guardare

l'oscura solitudine che avevano attraversato e desiderarono essere sepoltiancora nelle sue profondità anziché

avventurarsi in così vasta e visibile desolazione.

«Andiamo avanti?»domandò Matthew cingendo col braccio la vita di Hannahsia per proteggerla sia per

rinfrancare il proprio cuore che l'aveva ora più vicina.

Ma la piccola sposaper quanto semplice fosseaveva la passione di tutte ledonne per i gioiellie non poteva

abbandonare la speranza di possederne il più brillante di tuttinonostantei pericoli che comportava la sua conquista.

«Saliamo un po' più su»mormoròseppur con voce tremulamentre volgevail viso in altoverso il cielo

solitario.

«Andiamoallora»disse Matthewfacendo appello al suo coraggio virile etrascinandola con séperché ella

tornava a essere timida nel momento che lui si faceva intrepido.

E insieme salironoi pellegrini del Grande Carbonchioavanzando ora al disopra della cima e dei rami

fittamente intrecciati dei pini nani checol trascorrere dei secoliesebbene coperti dal muschio degli anninon

raggiungevano il metro d'altezza. Arrivarono poi ai macigni e agli spuntonidi nuda rocciaaccumulati alla rinfusa

insiemecome un tumulo eretto da giganti in ricordo del capo dei giganti. Inquesto desolato regno dell'eterenulla

respiravanulla crescevanon vi era vita se non quella concentrata nei lorodue cuori: erano saliti così in alto che la.48

Natura stessa sembrava non tener loro più compagnia. Si era fermata sotto diloroal limitare della forestae da lì

lanciava uno sguardo d'addio ai suoi due figli che si smarrivano là dove lesue grandi impronte verdi non erano mai

arrivate. E ben presto essi scomparvero alla sua vista. Densa e buialanebbia cominciò ad addensarsi al di sotto

proiettando cupe macchie d'ombra sul vasto paeasggioe navigando lentamenteverso un unico centrocome se il picco

più alto delle montagne avesse convocato un raduno delle nuvole sue affini.Infine i vapori si saldarono in un'unica

massapresentandosi nell'aspetto di un pavimentosul quale i viandantiavrebbero potuto camminarema dove

avrebbero vanamente cercato una strada per ritornare alla terra benedetta cheavevano perduto. E i due amanti

rimpiangevano quella verde terrae più intensamente ancoraahimèdiquantosotto un cielo rannuvolatoavessero mai

desiderato uno squarcio di cielo. Provarono perfino un senso di sollievo allaloro desolazione quando le nebbiesalendo

a poco a poco per il versante della montagnaarrivarono a nasconderne lavetta solitariacancellando cosìalmeno per

lorol'intera distesa di spazio visibile. Ma si stringevano più viciniancoracon sguardo innamorato e malinconiconella

paura che quella nuvola infinita li derubasse l'un l'altro della vista.

Eppuresarebbero stati forse ugualmente risoluti a salire ancorasemprepiù in altotra la terra e il cielofin

dove potevano posare il piedese le forze di Hannah non avessero cominciatoa mancaree con quelle anche il suo

coraggio. AnsimanteHannah non voleva aggravare il marito con il suo pesoma spesso vacillava al suo fiancoe ogni

volta si riprendeva con sforzo sempre più fievole. Alla fine si accasciò suuno dei gradini rocciosi della salita.

«Siamo perdutiMatthew caro»sospirò tristemente. «Non ritroveremo piùla strada per la terra. Ahcome

potevamo essere felici nella nostra fattoria!».

«Amore caro! Saremo ancora felici laggiù»replicò Matthew. «Guarda! Inquesta direzione i raggi del sole

penetrano attraverso la tetra nebbia. Con il loro aiuto posso dirigere ilnostro cammino verso il Passo. Ritorniamo

indietroamore mioe non sogniamo più il Grande Carbonchio!».

«Il sole non può essere in quella direzione»obiettò Hannah consconforto. «Ormai dev'essere mezzogiornoe

se potesse arrivare qui un raggio di solescenderebbe da sopra alle nostreteste».

«Ma guarda!»insisté Matthewin tono ora diverso. «È sempre piùluminosodi momento in momento. Se non

è il soleche cosa può essere?».

La giovane sposa non poté più negare che raggi di luce facevano breccianella nebbia e ne mutavano il pallido

colore in un rosso cupoche si faceva sempre più vividocome se particellesplendenti permeassero quella cortina

opaca. Oraanche la nuvola cominciava a scendere dalla montagna e mentre siritirava sempre piùun oggetto dopo

l'altro usciva dalla sua impenetrabile oscuritàmostrandosi alla vistaproprio come in una nuova creazioneprima che le

forme indistinte del caos primordiale si delineassero completamente. E mentreil fenomeno si manifestava sempre più

viderovicino ai loro piedilo scintillio dell'acqua e si trovarono sullariva di un lago di montagnalucentelimpido

profondoserenamente belloche si stendeva da un bordo all'altro di unbacino scavato nella dura roccia. Un raggio

meraviglioso guizzava sulla sua superficie. I viandanti cercarono con gliocchi la sua provenienzama li chiusero con un

fremito di intimidita ammirazione per respingere il vivo bagliore cherisplendeva dal ciglio di una roccia che incombeva

sul lago incantato. I due semplici sposi avevano infatti raggiunto il lagodel misterodov'era la tanto ricercata culla del

Grande Carbonchio!

Si buttarono l'uno nelle braccia dell'altratremanti del loro successoperchémentre le leggende su questa pietra

meravigliosa si affollavano nel loro ricordosi sentirono segnati dal fatoe questa consapevolezza faceva loro paura.

Spessofin dall'infanzial'avevano vista brillare come una stella lontanae ora quella stella gettava sui loro cuori il suo

più intenso splendore. Ora ciascuno sembrava diverso agli occhi dell'altronel vivo rossore che imporporava le loro

guance con la stessa fiamma che si stendeva sul lagosulle roccenel cieloe sulla nebbia che si era diradata davanti alla

sua potenza. Ma quando guardarono di nuovoscorsero qualcosa che attrasse laloro attenzionedistraendola perfino

dall'incantesimo della pietra. Ai piedi della rocciaproprio sotto il GrandeCarbonchiosi vedeva la figura di un uomo

con le braccia protese nell'atto di arrampicarsie con la faccia rivolta inaltocome per dissetarsi allo zampillo

straripante di quello splendore. Ma la figura non si muovevaproprio come sesi fosse tramutata in marmo.

«È il Cercatore»mormorò Hannahstringendo convulsamente il braccio delmarito. «Matthewè morto».

«La gioia del successo lo ha ucciso»spiegò Matthewpercorso da unviolento tremito. «O forse la luce stessa

del Grande Carbonchio è stata la sua morte!».

«Il Grande Carbonchio»esclamò una voce stizzita alle loro spalle. «IlGrande Imbrogliopiuttosto! Se l'avete

trovatodi grazia mostratemelo».

Si voltarono e si trovarono davanti il Cinicocon i suoi formidabiliocchiali appoggiati con cura sul nasoche

volgeva lo sguardo ora al lagoora alle rocceora alle lontane masse divaporee ora diritto al Grande Carbonchioma

apparentemente insensibile alla sua lucecome se tutte le nuvole sparse sifossero condensate intorno a lui. Anche se i

raggi della mirabolante gemma proiettavano l'ombra dell'incredulo ai suoipiediquando questi le volgeva la schiena

egli non voleva convincersi che ci fosse il minimo bagliore lì intorno.

«Dov'è dunque il vostro Grande Imbroglio?»ripeté. «Vi sfido a farmelovedere!».

«Eccolo là»esclamò Matthewesasperato da tanta caparbia cecitàefece voltare il Cinico verso la roccia

illuminata. «Tolga questi occhialie non potrà fare a meno di vederlo!».

Si deve sapere che questi occhiali colorati oscuravano probabilmente la vistadel Cinico almeno quanto i vetri

affumicati attraverso i quali si osservano le eclissi. Con risoluta aria disfidaegli tuttavia se li strappò dal naso e fissò

audacemente lo sguardo sul fulgore rossastro del Grande Carbonchio. Ma loaveva appena incontrato quandocon un

lungoagghiacciante gemitolasciò ricadere la testa e premette ambedue lemani sui suoi poveri occhi. Da quel.49

momentonon ci fu piùin veritànessuna luce per il povero Ciniconéquella del Grande Carbonchioné le altre luci

della terra e nemmeno quelle del cielo. Da troppo tempo era abituato a vederetutte le cose attraverso quel filtro che le

privava del minimo barlume di lucee un solo lampo di quello stupefacentefenomenocolpendo i suoi occhi nudili

aveva accecati per sempre.

«Matthew»esclamò Hannahaggrappandosi a lui. «Andiamocene di qui!».

Matthew si accorse allora che era svenuta einginocchiandosila prese trale bracciagettandole poi sul viso e

sul petto un po' dell'acqua gelida e vivificante del lago incantato. Questola fece ritornare in séma non servì a restituirle

il coraggio.

«Sìmia cara!»rispose Matthewstringendo al petto il corpo tremante dilei«ce ne andremo di qui e

ritorneremo alla nostra umile fattoria. La luce benedetta del sole e quellaserena della luna illumineranno le nostre

finestre. Alla seraaccenderemo l'allegra fiamma del nostro focolare e ciallieteremo alla sua luce. Maimai più

desidereremo altra luce di quella che abbiamo in comune con il resto delmondo».

«Nono»fece eco la sua sposa«come potremmo vivere di giornoodormire alla nottenello spaventoso

bagliore del Grande Carbonchio?».

Nel cavo della manobevvero ambedue un sorso dal lagoche offrì loro lesue acque incontaminate da labbra

umane. Poiprestando la loro guida al Cinico accecatoche ora nonpronunciava più una parola e anzi soffocava i

lamenti nel suo cuore infelicei due sposi cominciarono a scendere lamontagna. Tuttaviaprima di lasciare la rivafino

a quel momento inviolatadel Lago dello Spiritolanciarono uno sguardod'addio verso la rocciae videro i vapori che

si andavano addensando e la gemma che in mezzo a essi splendeva cupamente.

Per quanto riguarda gli altri pellegrini del Grande Carbonchiola leggendaracconta ancora che il devoto e

onorevole Ichabod Pigsnort rinunciò ben presto alla ricercaconsiderandolaun investimento senza speranzae

saggiamente decise di riprendere la strada del suo magazzinovicino al portodi Boston. Ma mentre attraversava il Passo

tra le montagneuna tribù guerriera di indiani catturò il nostrosfortunato mercante e lo portò a Montrealtenendolo

prigioniero finché non fu pagato un forte riscattoche egli dovettemalinconicamente sottrarre al suo mucchio di scellini

di pino. E oltre a ciòa causa della sua prolungata assenzai suoi affarierano andati in maloratanto cheper il resto dei

suoi giorniinvece di sguazzare nell'argentoraramente si trovava inpossesso d'una monetina di rame. Il dottor

Cacaphodell'alchimistaritornò al suo laboratorio con un enorme pezzo digranitoche egli macinò in polveresciolse

negli acidifuse nel crogiolo e bruciò col ferruminatorepubblicando irisultati dei suoi esperimenti in uno dei più

poderosi volumi in-folio dei suoi tempi. E per questo scopola gemma nonsarebbe stata certamente più adatta del

granito. Il poetacadendo in un analogo abbagliofece tesoro di un granpezzo di ghiaccio che trovò in un ombroso

crepaccio delle montagnee giurò che esso corrispondevain tutto e pertuttoall'idea che si era fatto del Grande

Carbonchio. I critici affermano che la sua poesiase mancava dello splendoredella gemmaaveva invece tutto il gelo

del ghiaccio. Lord de Vere fece ritorno al suo avito castellodove dovetteaccontentarsi della cera di un candelieree

andò a riempirea tempo debitoun'altra bara nella cappella mortuaria deisuoi antenati. E lìquando le torce funebri

illuminarono quell'oscuro antrodel Grande Carbonchio non ci fu alcunbisogno per rivelare la vanità dell'orgoglio

terreno.

Il Cinicomessi da parte i suoi occhialiandò vagando come un relitto peril mondoe fu punito con una

tormentosa sete di luce per la perversa cecità dei suoi anni trascorsi. Pertutta la notte teneva le sue orbite spente alzate

verso la luna e le stellee all'alba le volgeva verso levantecon laperseveranza di un adoratore del sole; fece perfino un

pellegrinaggio a Roma per poter assistere alla sfarzosa illuminazione dellabasilica di San Pietroe infine perì nel

grande incendio di Londrain mezzo al quale si era gettato con la disperataintenzione di cogliere almeno un fievole

riverbero di quel rogo che illuminava cielo e terra.

Matthew e la sua sposa trascorsero molti anni sereniraccontando benvolentieri la leggenda del Grande

Carbonchio. Verso la fine delle loro lunghe vitela leggenda però nonincontrava più il credito che le era stato conferito

da coloro che ricordavano l'antico splendore della gemma. Si dice infatti cheda quando due mortali si erano mostrati

così semplicemente saggi da rifiutare un gioiello che avrebbe offuscato ognialtra luce terrenalo splendore della

gemma andò affievolendosi. Quando altri pellegrini raggiunsero la rocciatrovarono soltanto una pietra opacacon

granelli di mica che risplendevano sulla sua superficie. Racconta un'altraleggenda cheuna volta allontanatasi la

giovane coppiala gemma si distaccò dal ciglio della rocciaricadendo nellago incantatoe che lìa mezzogiornosi

può vedere ancora la figura del Cercatore china sopra l'inestinguibile lucedella pietra.

Alcuni altri credono invece che questa inestimabile gemma risplenda ancoracome nei tempi antichie

affermano di averne intravvisto i raggicome il saettare di un lampod'estatein fondo alla valle del Saco. E io stesso

devo ammettere chea molte miglia di distanza dalle Montagne di Cristallovidi una luce meravigliosa rifulgere intorno

alle sue cime econ la fede della poesiafui indotto a diventare l'ultimopellegrino del Grande Carbonchio.

I RITRATTI PROFETICI

«Che pittore!»esclamò Walter Ludlow in tono entusiasta. «Non soltantoeccelle nella sua artema possiede

anche vaste conoscenze in tutti gli altri campi della cultura e dellascienza. Parla in ebraico col dottor Matherdà lezioni

di anatomia al dottor Bolyston. Insommaè in grado di confrontarsi da paria pari con i più dotti tra noi. E poi è un.50

gentiluomo così compitoun cittadino del mondosìun vero cosmopolitaperché sa parlare come un indigeno di ogni

clima e luogo del globotranne che nelle nostre forestedove si sta orarecando. E non è soltanto questo che ammiro

maggiormente in lui».

«Davvero?»gli fece eco Elinorche aveva ascoltato con femminilecuriosità la descrizione di quest'uomo.

«Eppure tutto ciò è già abbastanza apprezzabile!».

«Puoi ben dirlo»replicò il suo innamorato«ma molto meno della suanaturale capacità di adattarsi a ogni tipo

di caratterein quanto che tutti gli uominie anche le donneElinortroveranno un ritratto di sé in questo meraviglioso

pittore. Ma la più grande meraviglia non è stata ancora detta».

«Certamente nose possedesse doti ancor più meravigliose di queste»replicò Elinor con una risata. «Boston è

un posto pericoloso per questo gentiluomo. Stai parlando di un pittore o diuno stregone?».

«In verità»rispose lui«questa domanda potrebbe essere fatta moltopiù seriamente di quanto immagini.

Dicono che egli dipinga non soltanto i lineamenti di una personama anche lasua mente e il cuore. Sa cogliere i

sentimenti e le passioni segretee le rende sulla tela come un raggio disolee fors'anchenei ritratti di persone

tenebrosecome un bagliore di fuoco infernale. È una dote che incutepaura»soggiunse Walterabbassando il suo tono

di voce entusiasta. «Ho quasi timore di posare per lui».

«Walterparli seriamente?»esclamò Elinor.

«Per amor del cielocarissima Elinorsperiamo che non dipinga lo sguardoche hai ora sul volto»disse il suo

innamoratocon un sorriso un po' titubante. «Eccoora sta scomparendomamentre parlavi sembravi spaventata a

mortee anche molto triste. A che cosa pensavi?».

«A niente»si affrettò a rispondere Elinor. «Tu dipingi le tue fantasiesul mio volto. Benevieni a prendermi

domanie andremo a far visita a questo meraviglioso artista».

Quando però il giovane se ne fu andatouna strana espressione erainnegabilmente ancora dipinta sul bel volto

giovanile della sua amata. Era uno sguardo triste e inquietoche poco siconfaceva a quelli che dovevano essere i

sentimenti di una giovane donna alla vigilia delle nozze. Eppure WalterLudlow era il prescelto del suo cuore.

«Uno sguardo!»disse tra sé Elinor. «Non stupisce che l'abbia turbatose esprimeva ciò che talvolta sento. So

beneper mia stessa esperienzaquanto può essere pauroso uno sguardo. Maè stata soltanto una fantasia. Non ci

pensavo in quel momentonon ho più visto niente da alloral'ho soltantosognato».

E si chinò al ricamo di una gorgieracon la quale intendeva essereritratta.

Il pittore di cui parlavano non era uno di quegli artisti locali cheinun'epoca successivaprendevano a prestito

i loro colori dagli indiani e costruivano i loro pennelli con il pelo dianimali selvatici. Forsese avesse potuto

ricominciare la sua vita e prestabilire il suo destinoavrebbe forse sceltodi appartenere a quella scuola che non aveva

un maestronella speranza di essere almeno originaleperché lì nonesistevano opere d'arte da imitarené regole da

seguire. Era invece nato e si era educato in Europa. La gente diceva cheaveva studiato la grandiosità e la bellezza della

concezione artistica e che il tocco di qualsiasi maestro in tutti i piùcelebri dipinti conservati nelle pinacotechenelle

gallerie e sulle pareti delle chiesenon aveva più nulla da insegnare allasua mente superiore. Se l'arte non poteva

aggiungere niente alla sua lezionepoteva invece farlo la natura. Era andatoperciò a visitare un mondo in cui nessuno

dei suoi colleghi l'aveva precedutoper ispirarsi alla vista di immaginichepur suggestive e pittoreschenon erano mai

state trasferite sulla tela. L'America era troppo povera per offrire altrevisioni allettanti a un artista così eminentema

all'arrivo del pittore molti esponenti dell'aristocrazia coloniale avevanoespresso il desiderio di tramandare ai posteri le

loro fattezze per mezzo della sua arte. Ogni volta che venivano avanzatequeste propostel'artista fissava sul postulante

il suo sguardo penetrante e sembrava esaminarlo da capo a piedi. Se vedevadavanti a sé soltanto un volto disteso e

placidononostante i merletti per adornare il ritratto e le ghinee d'oro perpagarlodeclinava garbatamente l'incarico e la

relativa ricompensa. Se invece un volto rivelava qualcosa d'insolitonelpensieronel sentimento o nell'esperienzao se

egli incontrava nella strada un accattone con la barba bianca e la frontesolcata da rughese capitava talvolta che un

bimbo alzasse verso di lui il suo viso sorridenteallora egli dedicava aloro tutta la sua arte che aveva negato a persone

ben più facoltose.

La pittura era allora così rara nelle colonie che l'artista era diventatooggetto di generale curiosità. Se pochio

nessunopotevano apprezzare le qualità tecniche della sua produzioneperaltri aspetti l'opinione della massa era

apprezzabile quanto il raffinato giudizio dell'intenditore. Egli studiavaquindi la reazione che ogni suo dipinto

produceva su quei profani osservatorie traeva vantaggio dai loro commentimentre essi avrebbero pensato di poter

dare consigli alla natura stessaprima che a colui che sembrava competerecon essa. La loro ammirazione era però

condizionatasi deve diredai pregiudizi del tempo e del luogo. Alcuniritenevano che fosse un'offesa alla legge

mosaicae perfino un arrogante derisione del Creatoreil dar vita a cosìvivide immagini delle sue creature. Altri

spaventati da un'arte che poteva evocare fantasmi a sua volontà e conservaretra i vivi l'immagine dei defuntierano

inclini a considerare il pittore come uno stregone o magari come ilfamigerato «uomo nero» dei tempi delle streghe

intento a tramare sventure in una diversa forma. Queste sciocche fantasieerano molto diffuse tra la gentema anche

nelle sfere più alte la sua personalità incuteva un vago timorereverenzialeche in parte si alzava come una voluta di

fumo dalle superstizioni popolarima era soprattutto sollevato dallevariegate conoscenze e capacità che egli asserviva

alla sua professione.

Walter Ludlow ed Elinoressendo alla vigilia delle nozzeerano impazientidi avere il loro ritrattoil primo

come speravanodi quella che sarebbe stata una lunga serie di ritratti difamiglia. Il giorno dopo la conversazione su

citatasi recarono in visita nell'abitazione del pittore. Un domestico liintrodusse in un appartamento in cui l'artista non.51

era presentema erano in vista personaggi che a stento si trattennerodall'ossequiare. Sapevanoin realtàche tutto quel

consesso era composto soltanto da ritrattituttavia era per loro impossibiledistinguere l'immagine della vita e

dell'intelletto da quei loro sconcertanti simulacri. Parecchie persone lìraffigurate erano a loro notesia come eminenti

personaggi del temposia come conoscenze personali. C'era il governatoreBurnetche sembrava aver appena ricevuto

qualche sgradita comunicazione della Camera dei rappresentantialla quale siaccingeva a dare una brusca risposta. Il

signor Cooke era appeso accanto al governatore suo avversariosolido ealquanto puritano nell'aspettocome si

confaceva a un capopolo. L'anziana consorte di sir William Phips li scrutavadalla parete oppostacon gorgiera e

crinolinauna vecchia dama imperiosanon esente da sospetti di stregoneria.John Winslowallora molto giovane

mostrava quell'espressione bellicosa che molto tempo dopo ne avrebbe fatto uncelebre generale. Le loro personali

conoscenze erano riconoscibili a prima vistaperché il loro carattere erarivelato nel contegno e si concentrava in un

solo sguardocosì cheparadossalmentegli originali non sembravano quasicosì somiglianti a se stessi quanto il loro

ritratto.

Tra queste moderne personalità comparivano anche due vecchi santi barbutiche quasi scomparivano

nell'oscurità della tela. E c'era anche una pallidama non sbiaditaMadonnache era stata forse venerata a Romae ora

osservava gli amanti con uno sguardo così dolce e santo che anch'essiavrebbero voluto venerarla.

«È strano pensare»osservò Walter Ludlow«che questo bel volto siastato bello per oltre duecent'anni! Ahse

la bellezza si conservasse sempre così a lungo! Non la invidiElinor?».

«Potreise la terra fosse il cielo»rispose lei. «Ma dove ogni cosasvaniscecome sarebbe triste essere l'unica

che non svanisce!».

«Questo vecchio e cupo san Pietro ha uno sguardo severo e accigliatoperquanto sia santo»soggiunse Walter.

«Mi inquietamentre la Vergine ci guarda dolcemente».

«Sìma anche malinconicamentemi sembra»replicò Elinor.

Sotto a questi tre antichi dipinti stava un cavalletto che ne sosteneva unaltro da poco iniziato. Dopo averlo

osservatoiniziarono a riconoscere i lineamenti del loro pastoreilreverendo Colmanche stava prendendo forma e vita

come uscendo da una nuvola.

«Che buon vecchio!»esclamò Elinor. «Mi guarda come se stesse perpronunciare qualche parola di paterno

consiglio».

«E guarda me»soggiunse Walter«come se stesse per scrollare il caporimproverandomi qualche sospetto

peccato. Ma anche l'originale fa altrettanto. Non mi sentirò mai tranquillosotto il suo sguardofinché non ci

presenteremo davanti a lui per sposarci».

Udirono allora un passo alle loro spalleevoltandosividero il pittoreche già da qualche minuto era nella

stanza e aveva ascoltato alcuni dei loro commenti. Era un uomo di mezza etàe il suo contegno era all'altezza del suo

pennello. In effettiper via del suo abbigliamento pittorescobenchéincuranteo forse perché il suo spirito era sempre

presente nelle forme che dipingevaassomigliava lui stesso a uno dei suoiritratti. I suoi visitatori avvertirono qualche

affinità tra l'artista e le sue opereed ebbero la sensazione che uno deipersonaggi ritratti sulla tela ne fosse uscito per

salutarli.

Walter Ludlowche era vagamente conosciuto dal pittoregli spiegò lo scopodella loro visita. Mentre parlava

un raggio di sole illuminava di traverso la sua figura e quella di Elinorcon un così felice effetto che anch'essi

sembravano immagini viventi della gioventù e della bellezza baciate dallaradiosa fortuna. L'artista ne rimase

evidentemente colpito.

«Il mio cavalletto è occupato per parecchi giorni a veniree il miosoggiorno a Boston dovrà essere breve»

disse pensosamente; ma dopo uno sguardo più attento soggiunse: «Ma i vostridesideri saranno esauditianche se dovrò

deludere il primo magistrato e la signora Oliver. Ma non posso perdere questaoccasione per dipingere qualche misura

di broccato».

Il pittore espresse poi l'intenzione di introdurre i loro ritratti inun'unica composizionerappresentandoli in

qualche opportuna occupazione. Il progettoche peraltro piaceva molto ai dueinnamoratifu però necessariamente

accantonatoperché una tela così grande sarebbe stata inadatta alla stanzache essi volevano decoraree s'accordarono

perciò per due ritratti a mezzo busto. Dopo che si furono congedatiWalterLudlow chiese a Elinor con un sorriso se si

rendeva conto di quale influenza sul loro destino stava per acquistare ilpittore.

«Le vecchie di Boston»soggiunse«affermano che dopo essersiimpossessato del volto e della figura di una

personail pittore può rappresentarla in qualsiasi atto o situazionee chequesto ritratto sarà profetico. Tu ci credi?».

«Non molto»rispose Elinor con un sorriso. «Comunquese anche avessequesta magica facoltà ha qualcosa di

così delicato nel suo modo di fare che di certo saprà farne usoappropriato».

Il pittore preferì dipingere i due ritratti contemporaneamenteadducendocome motivonell'esoterico

linguaggio che talvolta usavache i loro volti gettavano luce l'unosull'altro. Di conseguenzadava un tocco ora al

ritratto di Walterora a quello di Elinore le fattezze dell'uno edell'altra iniziarono a delinearsi così vividamente che

sembrava quasi che la sua arte trionfante estraesse le loro immagini dallatela. Tra ricche luci e ombre profondeessi

vedevano comparire le loro immaginima anche se la somiglianza sembravaessere perfettanon erano del tutto

soddisfatti dall'espressioneche sembrava più incerta che nelle altre operedel pittore. Questi era nondimeno soddisfatto

delle sue prospettive di successoed era così interessato al ritratto degliinnamorati chea loro insaputadedicava anche

il suo tempo libero a disegnare l'immagine a carboncino delle loro figure.Durante le sedute di posali intratteneva in

conversazioneaccendendo nei loro volti peculiari espressioni che siproponeva di amalgamare e fissare sulla tela per.52

quanto mutassero continuamente. E finalmente annunciò chealla loroprossima visitaambedue i ritratti sarebbero stati

pronti per la consegna.

«Se il pennello riuscirà a essere fedele alla mia visionenegli ultimitocchi che sto meditando»concluse

«questi due ritratti saranno le mie opere migliori. Raramenteinfattiunartista ha avuto a disposizione simili soggetti».

Mentre parlavacontinuava a posare su loro il suo sguardo penetrantesenzadistoglierlo finché essi non

giunsero in fondo alle scale.

Tra tutte le vanità umanenessuna ha maggior presa sull'immaginazione diquella di far dipingere il proprio

ritratto. Ma perché è così? Lo specchioi lucidi pomelli degli alari delcaminoil riflesso dell'acquae ogni altra

superficie che rifletta ci offrono continuamente un ritratto di noiopiuttosto un nostro simulacro che contempliamo e

subito dimentichiamo. Ma lo dimentichiamo solo perché esso svanisce. Èl'idea della duratadell'immortalità terrena che

conferisce un così misterioso fascino al nostro ritratto dipinto. A ciò nonerano insensibili Walter ed Elinormentre

s'affrettavano puntualmenteall'ora convenutaverso lo studio del pittoreper conoscere quelle loro sembianze dipinte

che dovevano rappresentarli nella posterità. La luce del sole entrò conloro nell'appartamentoche rimase però un po' in

ombra quando fu chiusa la porta.

I loro sguardi furono subito richiamati dai loro ritrattiche erano posaticontro la parete opposta della stanza. A

prima vistanel vedersi a distanza nella luce fiocain quello che era illoro naturale atteggiamento e nell'atmosfera che

riconoscevano così benelanciarono contemporaneamente un'esclamazione dicompiaciuto stupore.

«Eccoci qui»esclamò Walter entusiasta«fissati per sempre alla lucedel sole. Nessuna cupa passione può

oscurare i nostri volti!».

«No»soggiunse Elinor in tono più pacato«nessun funesto mutamentopotrà rattristarci».

Era questo che dicevano mentre si avvicinavano e avevano una visione ancoraimperfetta dei loro ritratti. Il

pittoredopo averli salutatisi era appartato a un tavolo per terminare unoschizzo a carboncinolasciando che i suoi

visitatori si formassero un proprio giudizio sulle sue opere finite. Diquando in quandolanciava loro un'occhiata da

sotto alle sue folte sopraccigliaosservando la loro espressione di profilocon la matita sospesa sopra al bozzetto. Erano

là già da qualche minutociascuno davanti al ritratto dell'altrocontemplandoli con affascinata attenzionema senza

pronunciare parola. InfineWalter fece un passo avantipoi uno indietroosservando il ritratto di Elinor sotto varie luci

e finalmente parlò.

«Non vedi un cambiamento?»domandòin tono perplesso e pensoso. «Sìquesta sensazione si fa sempre più

nettapiù lo guardo. È certamente lo stesso ritratto che ho visto ieri:l'abitoi lineamenti sono gli stessieppure qualcosa

è mutato».

«Forse il ritratto è meno somigliante di quanto era ieri?»domandò ilpittore avvicinandosispinto da

invincibile curiosità.

«I lineamenti sono esattamente quelli di Elinor»rispose Walter«e aprima vista anche l'espressione appariva

la sua. Ma mi è sembrato che il ritratto mutasse espressione mentre loguardavo. Gli occhi sono fissi nei miei con uno

sguardo stranamente triste e inquieto. Sìuno sguardo di dolore e di paura!Non ti sembraElinor?».

«Confronti il volto reale con quello dipinto»suggerì il pittore.

Walter lanciò un'occhiata di traverso alla sua amatae trasalì. Immobile eassortoaffascinato quasi nella

contemplazione del ritratto di Walteril volto di Elinor aveva assuntoesattamente l'espressione che Walter lamentava.

Se si fosse esercitata per ore davanti a uno specchioElinor non sarebberiuscita a cogliere così bene quella espressione.

Se il ritratto fosse stato uno specchionon avrebbe potuto riflettere il suoattuale aspetto con maggiore e più malinconica

verosimiglianza. Elinor non sembrava nemmeno ascoltare la conversazione tral'artista e il suo fidanzato.

«Elinor!»esclamò Walter sgomento«quale trasformazione è avvenuta inte?».

Lei non lo udì e nemmeno distolse il suo sguardo fissofinché lui le presela mano richiamando la sua

attenzionee alloracon un improvviso tremitoella spostò lo sguardo dalritratto al volto originario.

«Non vedi alcun mutamento nel tuo ritratto?»gli domandò.

«Nel mio? Nonessuno»rispose Walter osservandolo. «Ma lasciamiguardare... Sìvedo un lieve mutamento

in meglio mi sembranel ritrattoma non nella somiglianza. Mostraun'espressione più vivace di iericome se qualche

pensiero gli brillasse negli occhi e stesse per essere pronunciato dalle suelabbra. Ora che ho colto quello sguardomi

appare ancor più evidente».

Mentre Walter faceva queste osservazioniElinor si rivolse al pittoreguardandolo con tristezza e sgomentoed

ebbe la sensazione che lui la ricambiasse con uno sguardo di comprensione epietàanche se lei poteva intuirne solo

vagamente il motivo.

«Quello sguardo!»mormorò rabbrividendo. «Come è comparso sul suovolto?».

«Signora»rispose il pittore tristementeprendendola per mano eportandola in disparte«in tutti e due i ritratti

ho dipinto ciò che vedevo. L'artistail vero artistadeve guardare sottoall'esteriorità. Il suo dono più preziosoma

spesso anche il più dolorosoè quello di vedere l'anima interiore egrazie a un potere che nemmeno lui saprebbe

definirefarla rifulgere o oscurarsi sulla telaattraverso sguardi cheesprimono pensieri e sentimenti di anni. Volesse il

cielo che mi convincessi di essere in errore in questo caso!».

Si erano ora avvicinati al tavolosul quale erano posate teste di gesso emani espressive quasi quanto un volto

bozzetti di chiese ricoperte d'ederadi casupole col tetto di pagliadivecchi alberi colpiti dal fulminedi costumi esotici

e antichie tutte quelle pittoresche divagazioni di un artista nei suoimomenti oziosi. Mentre li rivoltava con aria

apparentemente distrattal'artista mostrò un disegno a carboncino di duefigure..53

«Se fossi in errore»proseguì«se il suo cuore non si riconosce inquesto suo ritrattose lei ha qualche

recondito motivo per diffidare della mia rappresentazione dell'altronon ètroppo tardi per modificarli. Potrei

trasformare anche l'azione di queste figure. Ma ciò potrebbe influiresull'evento?».

Diresse allora l'attenzione di Elinor verso lo schizzo. Un brivido percorseElinore un grido le affiorò alle

labbrama lei lo trattennecon quell'autocontrollo che diventa abituale atutti coloro che nascondono nel seno pensieri

di paura e d'angoscia. Voltandosi dal tavoloella s'accorse che Walter siera avvicinato abbastanza per vedere lo

schizzoanche se non poteva sapere se aveva attratto la sua attenzione.

«Nonon faremo modificare i ritratti»si affrettò a rispondere. «Se ilmio è tristeapparirò ancora più gaia al

confronto».

«E così sia»concluse il pittore con un inchino. «Mi auguro che levostre pene siano così immaginarie che

soltanto i vostri ritratti possano piangere per esse! In quanto alle vostregioiepossano essere sincere e profondee

dipingersi su questo bel voltofino a smentire la mia arte!».

Dopo il matrimonio di Walter ed Elinori due ritratti costituivano il piùprezioso ornamento della loro dimora.

Erano appesi fianco a fiancoseparati da una stretta strisciae sembravanoscrutarsi sempre l'un l'altroma ricambiando

sempre lo sguardo di chi li osservava. Alcuni viaggiatoriche sidichiaravano esperti in materiali giudicarono tra i più

pregevoli esemplari della moderna ritrattisticamentre i comuni osservatorili confrontavano in ogni tratto con gli

originalied esaltavano con lodi sperticate la loro somiglianza. Ma era suuna terza categorianon di esperti viaggiatori

né di comuni osservatorima di persone dotate di naturale sensibilitàchequei ritratti esercitavano il loro massimo

effetto. Costoro potevano dare inizialmente uno sguardo distrattomaunavolta interessatiritornavano giorno dopo

giorno per studiare quei volti dipinti come pagine di un mistico libro. Erail ritratto di Walter Ludlow che attirava per

primo l'attenzione. Quando lui e la sua sposa non erano presentiquestiosservatori discutevano talvolta sull'espressione

che il pittore aveva inteso conferire ai suoi lineamentie tutti convenivanoche era uno sguardo evidentemente allusivo

anche se nemmeno due vi attribuivano la medesima interpretazione. Le opinionierano meno divergenti per quanto

riguardava il ritratto di Elinor. Divergevano in effettinel tentativo digiudicare la natura e la profondità della

malinconia che aleggiava sul suo voltoma convenivano tutti che eraun'espressione malinconicaed estranea al naturale

temperamento della loro giovane amica. Una persona dotata di particolareimmaginazione dichiarò infinedopo così

approfondito esameche tutti e due i ritratti facevano parte di un solodisegnoe che la malinconica forza espressiva di

Elinor faceva riscontro alla più vitale espressioneo come lui la definìalla sfrenata passione del ritratto di Walter. Per

quanto digiuna d'artequesta persona provò perfino ad accennare uno schizzoin cui l'azione delle due figure doveva

corrispondere alle rispettive espressioni.

Tra gli amici si sussurrava che il volto di Elinor assumeva giorno dopogiorno una sempre più profonda

pensositàtale da minacciare di renderla una controparte troppo somiglianteal suo malinconico ritratto. Walterdal

canto suoanziché acquistare il vivido sguardo che il pittore gli avevaconferito sulla teladiventava riservato e

depressonon mostrava alcun lampo esteriore di emozioneper quanto questapotesse covare dentro di lui. Dopo

qualche tempoElinor appese uno sgargiante telo di seta purpurearicamatocon fiori e decorato con vistose nappe

doratedavanti ai ritrattiadducendo il motivo che la polvere potevacorroderne i colori e la luce sbiadirli. Ciò fu

sufficiente a dare ai visitatori la sensazione che quello spesso telo di setanon sarebbe mai stato rimossoe che dei

ritratti non si sarebbe più parlato in loro presenza.

Il tempo trascorsee infine il pittore fece ritorno. Si era spintoabbastanza lontanonel nordper vedere le

cascate argentee delle Colline di Cristalloe per ammirare la vasta distesadi nuvole e foreste dall'alto della vetta delle

più elevate montagne del New Englandma senza profanare quello spettacolocon la finzione della sua arte. Aveva

anche attraversato in canoa il bacino del lago Georgerispecchiando la suaanima nella sua bellezza e grandiositàtanto

che nessun dipinto del Vaticano era rimasto altrettanto vivido nel suoricordo. Si era recato con i cacciatori indiani alle

cascate del Niagaradove aveva gettato nel precipizio la sua inutile matitanella convinzione che non avrebbe potuto

rappresentare il ruggito delle acque più di qualsiasi altra cosa checomponeva quelle meravigliose cateratte. In verità

raramente sentiva l'impulso di ispirarsi a scene naturalise non comecontesto per delineare il volto e la figura degli

esseri umanii loro istinti e pensierile loro passioni e sofferenze. Fattotesoro di tutto ciòil suo viaggio avventuroso

l'aveva arricchito con la conoscenza della severa dignità dei capi indianidell'ombrosa bellezza delle ragazze indiane

della vita domestica nelle loro tendedelle marce furtive e delle battaglieall'ombra delle pinetedi un fortino di frontiera

con la sua guarnigionedella bizzarria di un vecchio pioniere franceseeducato nelle corti ma invecchiato nella

selvaggia solitudine: questi erano i ritratti e le scene che aveva abbozzato.Il bagliore del pericoloi lampi di sentimenti

primordialile battaglie di forze prepotenticome l'amorel'odioildolorel'impulsoinsomma tutto il cuore della

vecchia terragli si erano rivelati sotto nuova luce. Il suo albo era fittodelle sintetiche illustrazioni del suo libro di

ricordiche il genio avrebbe poi tramutato nella sua essenza e imbevutod'immortalità. Aveva la sensazione che la

profonda ispirazione della sua arteche aveva così lontano ricercataerastata infine trovata.

Tuttavianella maestosità o nella bellezza della naturanei pericoli dellaforesta o nel suo imponente silenzio

due fantasmi erano sempre stati compagni del suo cammino. Come tutti gliuomini dominati da uno scopo sovrastante

anche il pittore era isolato dalla massa del genere umano. Non aveva altrofinepiacere o inclinazione se non ciò che era

associato con la sua arte. Per quanto cortese fosse nei modied elevato neipropositi e nelle azioniegli non conosceva

sentimenti di bontàil suo cuore era freddo e nessuna creatura viventepoteva avvicinarsi a lui abbastanza per

riscaldarlo. Per questi due esseri umaniinveceaveva provato nella massimaintensità quell'interesse che sempre lo

avvicinava ai soggetti del suo pennello. Aveva indagato nelle loro anime conla sua più acuta intuizionee ne aveva.54

dipinto l'effetto sui loro lineamenticosì da arrivare quasi a quel livelloche nessun genio può mai raggiungerela

soddisfazione del proprio severo giudizio. Aveva strappato alle tenebre delfuturoquesto almeno immaginavaun

pauroso segretoe l'aveva oscuramente rivelato nei loro ritratti. Tantaparte di sédella sua immaginazione e delle sue

altre facoltàaveva profuso nello studio di Walter ed Elinor che liconsiderava quasi proprie creatureal pari delle

migliaia con cui aveva popolato il regno della pittura. Essi aleggiavanoquindi nel crepuscolo dei boschinel pulviscolo

delle cascate d'acqualo guardavano dallo specchio del lagoe non sidissolvevano al sole del mezzogiorno. Erano

sempre presenti nelle sue visioni pittorichee non come imitazioni dellavitané come pallidi spiriti di defuntima in

forma di ritrattiognuno con l'inalterabile espressione che la sua magiaaveva evocato dalle profondità dell'anima. Non

avrebbe potuto riattraversare l'Atlantico senza vedere ancora una volta imodelli di quegli eterei ritratti.

«Aharte immortale!»meditava tra sé il pittore con fervorementrecamminava per strada. «Tu sei l'immagine

del creatore stesso. Le forme innumerevoli che si librano nel nulla inizianoa divenire a un tuo cenno. I morti vivono

ancorae tu li rievochi nei loro scenari d'un tempoe dai alle loro grigieombre la lucentezza di una vita miglioreal

tempo stesso terrena e immortale. Tu catturi i momenti fuggevoli dellastoriae grazie a te non esiste passatoperchéal

tuo toccotutto ciò che è grande diventa presente per sempree gli uominiillustri vivono attraverso i secolinel visibile

compimento delle imprese che li hanno resi tali. Aharte possentetu chefai apparire il nebuloso passato in quella

stretta striscia di luce che chiamiamo "adesso"non puoi tuevocare il futuro ancora ammantato per incontrarlo qui? Non

è questo che io ho compiuto? Non sono io il tuo profeta?».

Così egli declamava quasi ad alta vocecon orgoglioso ma malinconicofervorementre passava per le strade

brulicanti di persone che nulla sapevano delle sue fantasiené potevanocomprenderle e curarsene. Non è bene che un

uomo accarezzi in solitudine le sue aspirazioni perchése non ha intorno asé quelle persone col cui esempio egli può

controllarsii suoi pensieridesiderisperanze diventeranno stravagantied egli stesso assumerà la parvenzase non la

realtàdi un folle. Leggendo nel cuore degli altricon perspicacia quasisovrannaturaleil pittore non riusciva a vedere il

disordine dentro il suo.

«Eccoquesta dovrebbe essere la casa»si dissealzando lo sguardo versola sua facciata prima di bussare alla

porta. «Il cielo mi aiuti! Quel ritratto... penso che non svanirà mai. Seguardo queste finestrequesta portalo vedo

incorniciato là dietrovividamente dipintosplendente dei più ricchicolorivedo i volti ritrattile figure e l'azione

rappresentate nello schizzo!».

Bussò alla porta.

«I ritratti! Sono qui dentro?»domandò al domesticopoi si riprese: «Isuoi padroni... sono in casa?».

«Sìci sonosignore»rispose il domesticopoiosservando il bizzarroaspetto di cui il pittore non poteva mai

spogliarsisoggiunse: «E anche i ritratti!».

L'ospite fu introdotto in un salotto che comunicavaattraverso una portacentralecon una stanza interna delle

stesse dimensioni. Essendo deserto il primo localesi diresse all'ingressodel secondoe lì il suo sguardo incontrò quei

personaggi viventie i ritratti che li rappresentavanoche per tanto tempoerano stati oggetto del suo peculiare interesse.

Involontariamentesi fermò sulla soglia.

Non si erano accorti del suo arrivo. Walter ed Elinor erano in piedi davantiai loro ritrattidai quali il primo

aveva appena rimosso il pesante telo di seta pieghettatotrattenendone unanappa dorata con una manomentre l'altra

stringeva quella della sua sposa. I ritrattitenuti celati per mesirifulgevano ancora d'immutato splendoreeanziché

essere illuminati da un riverbero preso a prestitosembravano gettare unacupa luce nella stanza. Quello di Elinor era

divenuto quasi profetico. Una pensosità e poi una dolce malinconia si eranosuccessivamente posate sulla sua

espressioneapprofondendosicol trascorrere del tempoin una sommessaangoscia. Un miscuglio di paura era ciò che

ora avrebbe reso l'espressione di quello sguardo. Il volto di Walter eraaccigliato e opacooppure era animato da

sporadici sprazziche dopo averlo illuminato brevemente lasciavano un'ombraancora più scura. Spostò lo sguardo da

Elinor al suo ritrattoe poi sul proprioe lì si soffermò infine incontemplazione.

Al pittore sembrò di udire i passi del destino che si avvicinavano alle suespalleproseguendo verso le sue

vittimee uno strano pensiero gli attraversò la mente. Non era forse luistesso la figura in cui quel destino si era

incarnatonon era lui il principale artefice del male che aveva prefigurato?

Walter rimaneva in silenzio davanti al ritrattoraccolto in comunione conesso come col proprio cuore

abbandonandosi al sortilegio della maligna influenza che il pittore avevacalato sui suoi lineamenti. A poco a poco il

suo sguardo si accesee mentre Elinor osservava il furore che si diffondevasul suo voltoquello di lei assumeva

un'espressione inorriditafinchéquando lui si voltò verso di leilarassomiglianza di ambedue ai loro ritratti diventò

perfetta.

«Il nostro destino incombe su di noi!»gemette Walter. «Muori!».

Estratto un coltellola sostenne con un bracciomentre lei s'afflosciava aterrae lo puntò al suo petto. In

quell'azionenello sguardo e nell'atteggiamento di ambedueil pittore potériconoscere le figure del suo disegno. Il

ritrattocon tutta la sua terribile improntaera ora finito.

«Fermatipazzo!»gridò con voce perentoria.

Era avanzato dalla porta e si era interposto tra quei due infelici con lastessa capacità di dominare il loro

destino quanta ne aveva nel modificare una scena sulla tela. Rimase lì comeuno stregonecontrollando gli spiriti che

egli stesso aveva evocato.

«Come?»balbettò Walter LudIowricadendo dalla sua furiosa esaltazionein una tetra apatia. «Il destino

impedisce l'esecuzione del suo stesso decreto?»..55

«Stupida donna!»esclamò il pittore. «Non l'avevo forse avvertita?».

«Sìè vero»rispose sommessamente Elinormentre il terrore lasciavaposto alla silenziosa malinconia che

esso aveva turbato. «Ma... io l'amavo!».

Non contiene una profonda moralequesto racconto? Auguriamoci che l'esito diuna nostra azioneo di tutte

possa essere prefigurato e posto davanti a noi: alcuni lo chiamerannodestinoe s'affretteranno oltrealtri saranno

sopraffatti dalle loro passionima nessuno ne sia distolto da un ritrattoprofetico.

DAVID SWAN

Una fantasia

Possiamo essere solo in parte a conoscenza degli stessi eventi cheinfluenzano realmente il corso della nostra

vita e il nostro destino ultimo. Sono innumerevoli gli altri eventise cosìpossono essere chiamatiche ci sfiorano ma

passano oltre senza esitoe senza nemmeno rivelare la loro vicinanza con ilriflesso di una luce o di un'ombra che ci

attraversi la mente. Se potessimo conoscere tutte le vicissitudini dellenostre sortila vita sarebbe troppo fitta di

speranze e timoridi entusiasmi e delusioniper concederci una sola ora diautentica serenità. Quest'idea potrebbe essere

illustrata da una pagina della storia sconosciuta di David Swan.

Non sappiamo niente di David finché non lo troviamoall'età di vent'annisulla strada principale che dal suo

luogo natale conduce alla città di Bostondove suo zioun piccolocommerciante di speziedoveva metterlo al lavoro

dietro al banco. Basti dire che era nato nel New Hampshire da rispettabiligenitori e che aveva ricevuto una comune

educazione scolasticaconclusa con un classico anno finale all'accademia diGilmanton. Dopo aver camminato dall'alba

fin quasi a mezzodì in una giornata d'estatela stanchezza e la crescentecalura gli fecero prendere la decisione di

sedersi nel primo posto ombreggiato e di attendere lì l'arrivo delladiligenza. Come se fosse stata piantata lì apposta per

luigli apparve ben presto una piccola macchia di aceri con un deliziosorecesso nel mezzoe una fresca e spumeggiante

sorgente che sembrava zampillare per nessun altro viandante che David Swan.Fosse vergine o noegli la baciò con le

sue labbra assetate e poi si lasciò cadere sul suo limitarefacendosicuscino con qualche camicia e un paio di pantaloni

legati insieme con un fazzoletto di cotone a strisce. I raggi del sole nonpotevano raggiungerlola polvere della strada

non si alzava ancoradopo l'acquazzone del giorno primae cosìquell'erboso giaciglio si confaceva al giovane più di un

letto di piume. La fonte mormorava pigramente accanto a luii rami deglialberi stormivano come in sogno nel cielo

azzurro sopra alla sua testae un sonno profondoche forse nascondeva sogninelle sue profonditàscese su David

Swan. Ma qui dobbiamo parlare di eventi che egli non sognò.

Mentre era profondamente addormentato all'ombraaltre persone erano bendeste e passavano di lì avanti e

indietroa piedia cavallo e su ogni sorta di veicolilungo la stradasoleggiata che passava accanto alla sua alcova.

Alcuni non guardavano né a destra né a mancae non s'accorsero della suapresenza; altri lanciarono soltanto

un'occhiata da quella partema senza tener conto del dormiente tra i lorogravi pensieri; alcuni risero nel vedere come

dormiva profondamentee alcuni altricol cuore traboccante di disprezzoriversarono su David Swan tutta la loro

superflua velenosità. Una vedova di mezza età si affacciò per un attimonell'anfrattomentre nessuno era nei pressie si

disse che quel giovane addormentato era davvero affascinante. Un predicatoredi temperanza lo videe introdusse

l'ignaro David nel filo del suo sermone seralecome orribile esempio diubriachezza sul ciglio della strada. Ma il

biasimol'approvazioneil dileggioil disprezzo o l'indifferenza eranotutt'unoanzi nienteper David Swan.

Dormiva solo da qualche minuto quando una carrozza scuratirata da una bellacoppia di cavallisfrecciò

lungo la strada e si arrestò quasi davanti al luogo in cui David riposava.Il chiodo di un mozzo era cadutofacendo

slittare fuori una delle ruote. Era un lieve inconvenientee aveva provocatosolo un attimo di apprensione a un anziano

mercante e a sua moglieche facevano ritorno a Boston a bordo dellacarrozza. Mentre il cocchiere e un domestico

riparavano la ruotala donna e suo marito andarono a ripararsi all'ombradegli acerie il scorsero la fonte zampillante e

David Swan addormentato accanto. Attratto da quel fascino che solitamenteispira anche il più umile dormienteil

mercante si avvicinò quanto più lievemente gli consentiva la gottae suamoglie ebbe cura di non far frusciare la sua

gonna di seta per non destare David di soprassalto.

«Come dorme saporitamente!»sussurrò l'anziano gentiluomo. «Da qualiprofondità attingerà quel tranquillo

respiro? Un sonno come questonon indotto da sonniferivarrebbe per me piùdella metà dei miei guadagniperché

presuppone buona salute e una mente sgombra di affanni».

«E anche gioventù»soggiunse sua moglie. «Una sana e serena vecchiaianon consente di dormire così. Il

nostro sonno non è più come il suonon più della nostra veglia».

Più a lungo lo guardavanopiù l'anziana coppia era interessata a quelgiovane sconosciutoal quale il ciglio

della strada e l'ombra degli aceri facevano da segreta alcovaavvolgendolonella fitta penombra di tende damascate.

Accorgendosi che un raggio di sole cadeva sul suo voltola donna riuscì aspostare il ramo d'un albero in modo che lo

intercettasse. E dopo aver compiuto questo piccolo gesto di cortesia sisentì come una madre per lui.

«Sembra che sia stata la Provvidenza a condurlo qui»sussurrò rivolta almarito«e che abbia condotto qui

anche noi per trovarlodopo la delusione per il figlio di nostro cugino. Misembra di vedere una somiglianza col nostro

povero Henry. Vogliamo destarlo?».

«A quale scopo?»domandò il mercanteesitante. «Non sappiamo nulla delcarattere di questo giovane»..56

«Guarda quell'espressione aperta!»replicò sua mogliesempre con voceattutitama anche commossa. «Quel

sonno innocente!».

Mentre venivano scambiati questi sussurriil cuore del dormiente nontrasalivané il suo respiro s'interrompeva

né i suoi lineamenti tradivano la minima ombra d'interesse. Eppure lafortuna si era chinata su di luipronta a ricolmarlo

d'oro. Il vecchio mercanteinfattiaveva perduto il suo unico figlio e nonaveva eredi a cui lasciare i suoi averitranne

un lontano parentedella cui condotta era insoddisfatto. In questi casilepersone compiono talvolta azioni più strane di

quelle che avvengono per magiae possono destare nella ricchezza un giovaneche si era addormentato nella povertà.

«Non vogliamo destarlo?»ripeté la signorain tono ancor piùpersuasivo.

«La carrozza è prontasignore»annunciò il domestico dietro a loro.

L'anziana coppia trasalìarrossì e s'allontanò in frettadomandandosiambedue come avevano potuto solo

immaginare qualcosa di così ridicolo. Il mercante risalì in carrozzadoveoccupò la sua mente col progetto di un

magnifico ospizio per uomini d'affari caduti in disgrazia. E nel frattempoDavid Swan continuava a dormire beatamente.

La carrozza non poteva aver percorso più di un miglio o due quando unagraziosa fanciulla arrivò lì con passo

spigliatoche rivelava esattamente come il suo piccolo cuore le danzava inpetto. E forse fu proprio questo suo

movimento disinvolto che le fece sciogliere la giarrettiera: forse c'è delmale a dirlo? Accorgendosi che il reggicalze di

setase di seta erastava per caderela fanciulla si voltò al riparodegli aceri e lì vide un giovane addormentato accanto

alla sorgente. Arrossendo come una rosa per essersi introdotta nell'alcova diun uomoe per di più a quello scopola

giovane stava per fuggire in punta di piedima un pericolo incombeva accantoal dormiente. Un'ape mostruosa ronzava

sopra la sua testaora volteggiando tra le frondeora guizzando attraversoi raggi del soleora perdendosi nell'ombra

finché sembrò in procinto di posarsi sulla palpebra di David Swan. Lapuntura di un'ape può essere a volte mortalema

la fanciullaintrepida quant'era innocenteassalì l'intrusa col suofazzoletto e la scacciò energicamente da sotto l'ombra

degli aceri. Che delizioso quadretto! Compiuta questa buona azioneansimantee ancor più rossa in visolanciò

un'occhiata al giovane sconosciuioper il quale aveva dato battaglia a queldrago dell'aria.

«Com'è bello!»pensòarrossendo ancor più.

Com'era possibile che un sogno di felicità non sorgesse dentro di luicosìimpetuoso chetravolto dalla sua

stessa forzanon prorompesse per consentirgli di percepire la presenza dellafanciulla tra le sue visioni? Perchéalmeno

un sorriso di benvenuto non illuminò il suo volto? Era lì giunta quellafanciulla la cui animasecondo un'antica e bella

immaginesi era separata dalla suacolei chenei suoi sogni confusi maappassionatilui anelava solo di conoscere. Lei

soltanto egli poteva amare con amore perfettoe lui soltanto ella potevaricevere nell'intimità del suo cuore. E ora

l'immagine di quella fanciulla arrossiva lievemente nella fontana al suofiancoe quando fosse scomparsail suo lieto

riverbero non avrebbe più illuminato la sua vita.

«Come dorme profondamente!»mormorò la ragazza.

Poi se ne andòma il suo passo sulla strada non era così lieve come quandoera lì giunta.

Si dava il caso che il padre della ragazza fosse un facoltoso mercante dellacampagna circostante e chein quel

momentofosse alla ricerca di un giovanotto proprio come David Swan. SeDavid avesse conosciuto casualmente sua

figliasarebbe divenuto l'aiutante del padrecon tutto ciò che conseguenella successione naturale. E anche qui la

fortunala migliore delle fortunegli si era avvicinata così furtivamenteche i suoi indumenti l'avevano sfioratoma lui

non ne seppe mai nulla.

La ragazza era da poco scomparsa alla vista quando due uomini voltarono sottol'ombra degli aceri. Avevano

ambedue volti cupicelati da berretti di stoffa che tenevano di sbieco sullafrontee vestivano miseramentema con una

certa eleganza. Erano una coppia di malviventi che campavano di ciò che ildiavolo offriva loroe orafra l'una e l'altra

delle loro impreseavevano scommesso il comune bottino della loro prossimaribalderia su un gioco di carteche

doveva essere deciso proprio lì sotto gli alberi. Ma nel vedere Davidaddormentato accanto alla fonteuno dei furfanti

sussurrò al suo compare:

«Ehil'hai visto quel fagotto sotto la sua testa?».

L'altro gaglioffo annuì e strizzò l'occhio con aria d'intesa.

«Scommetto una pinta di brandy»soggiunse il primo«che quel tipo ha unportafoglio o un bel gruzzolo di

monete nascosto lì tra le sue camicie. E se non è lìlo troveremo nellatasca dei suoi pantaloni».

«E se si sveglia?»domandò l'altro.

Il suo compare si slacciò il panciottoindicò il manico di un pugnale efece un cenno d'intesa.

«E così sia!»mormorò l'altro malvivente.

Si avvicinarono a Davidancora addormentatoe mentre l'uno gli puntava ilpugnale al cuore l'altro si diede a

frugare nel fagotto sotto alla sua testa. I loro cefficupigrinzosisfigurati dalla colpa e dalla pauraerano chini sulla

vittimaed erano così orribili da poter sembrare quelli di due diavoliseDavid si fosse destato d'improvviso. Gli stessi

furfantise avessero dato uno sguardo alla fontedifficilmente si sarebberoriconosciuti nel riflesso dell'acqua. Ma

David Swan non aveva mai avuto un'espressione così serenanemmeno quandoera al seno di sua madre.

«Devo strappar via il fagotto»sussurrò uno dei briganti.

«Se si muovelo colpisco»mormorò l'altro.

Ma in quel momento un caneannusando per terrasi addentrò tra gli alberie guardò prima l'unopoi l'altro

dei malviventie infine il silenzioso dormientepoi lappò l'acqua dellasorgente.

«Maledizione!»esclamò uno dei manigoldi. «Ora non possiamo fare piùnienteil padrone del cane dev'essere

qui vicino»..57

«Beviamo qualcosa e squagliamocela»propose l'altro.

L'uomo ripose il pugnale dentro il panciotto e prese un'altra arma dallatascama non di quelle che uccidono

con un solo colpo. Era una fiaschetta di liquore con un bicchiere di metalloavvitato in cima. Ciascuno bevve

un'abbondante sorsatapoi se ne andarono insiemescherzando e ridendo dellaribalderia non commessa tanto da far

pensare che andassero a festeggiarla. Poche ore dopo avevano dimenticatotutto l'accadutonon immaginando

lontanamente che un angelo aveva registrato sulle loro anime il delitto diomicidiocon lettere indelebili nell'eternità. In

quanto a David Swancontinuava a dormire beatamenteinconsapevole siadell'ombra della morte che si era posata su

di luisia della nuova vita che si era accesa quando quell'ombra erascomparsa.

Continuava a dormirema non più profondamente come prima. Un'ora di sonnoaveva risollevato la sua

robusta costituzione dalla stanchezza di molte ore di fatica. Ora s'agitavaora muoveva le labbra senza proferire suono

ora parlava tra sé e sérivolgendosi ai fantasmi diurni dei suoi sogni. Mauno sferragliare di ruote si fece sempre più

forte lungo la stradafinché irruppe tra le disperse nebbie del sonno diDavidche vide allora la diligenza e balzò in

piedi nel pieno possesso di tutte le sue idee.

«Ehilàcocchiere!»gridò. «Mi dai un passaggio?».

«C'è posto sul tetto»gli rispose il conducente.

David salì a bordo e partì allegramente alla volta di Bostonsenza nemmenovoltarsi a guardare quella fonte di

oniriche vicissitudini. Non sapeva che una chimera di ricchezza aveva dipintod'oro le sue acquené che una d'amore

aveva sospirato lievemente al loro mormorioe nemmeno che un'altra di mortele aveva quasi arrossate del suo sangue

e tutto nella breve ora in cui aveva dormito. Nel sonno o nella vegliatuttinoi non udiamo i lievi passi delle strane cose

che quasi accadono. Non vuole forse affermareuna superiore Provvidenzachementre eventi invisibili e inattesi

attraversano continuamente il nostro camminola nostra vita mortale dovrebbeessere abbastanza regolare per rendere

possibilealmeno in partela premonizione?

IMMAGINI DA UN CAMPANILE

Sìsono salito in altoe la mia ricompensa è poca. Sono qui con leginocchia mollicome di terraun

vertiginoso baratro di sottoma il cielo è lontanoancora così lontano dame. Ohse potessi librarmi lassù fino allo

zenithfin dove uomo non ha mai respirato né aquila ha volatodovel'azzurro etereo si scioglie alla vista e sembra

soltanto un'ombra più scura del nulla! Eppure rabbrividisco a questo gelidosolitario pensiero. Quante nubi si

addensano all'occidente doratocon funesti intenti contro la luce e ilcalore di questo pomeriggio d'estate! Sono come

pesanti navi dell'arianere come la morte e cariche di tempestae di quandoin quando il tuonocome una cannonata di

questa minacciosa flottabrontola in lontananza nelle profondità del cielo.I cumuli più vicini di queste vaporose

pecorelletra le quali vorrei gettarmi e rotolare tutto il giornosembranospargersi qua e làper dare riposo agli stanchi

pellegrini del cielo. Forse - chi può dirlo? - sono graziosi spiriti che quisi trastullano e allietano la mia vista mortale con

la breve apparizione dei loro riccioli di luce dorata e con i loro voltiridentibelli e impercettibili come personaggi di un

roseo sogno. Oppuredove questa massa galleggiante ostruisce imperfettamenteil colore del firmamentoun lieve piede

e un artoposandosi troppo pesantemente su quel fragile sostegnopossonosprofondare e d'improvviso si ritraggono

mentre un'ardente fantasia li segue invano. Laggiù si vede un etereoarcipelagodove i raggi del sole amano indugiare

nei loro viaggi attraverso lo spazio. Ognuna di quelle piccole nubi è stataimmersa e impregnata in una luce radiosa che

la più lieve pressione può sciogliere in un'argentea profusionecome acquastrizzata dai capelli di una sirena. Sono

vivide come le visioni di un giovanee al pari di queste si realizzerebberonel freddonell'oscurità e nelle lacrime. Non

le guarderò più.

Su tre lati di questo cerchio visibileal cui centro è il campaniledistinguo campi coltivativillaggibianche

case di campagnatortuosi percorsi di ruscelliplacidi laghettie qua elà un'altura che vorrebbe essere chiamata collina.

Sul quarto lato si vede il mareche si estende verso invisibili confiniazzurro e calmotranne dove una passeggera

ombra di collera increspa la sua superficie e poi scompare. In quauna vastainsenatura penetra profondamente nella

terrae ai limiti del portoformato dalla sua estremitàsorge una cittàsopra la quale io sto come un guardianoche tutto

osserva inosservato. Se questa moltitudine di camini potesse parlarecomequelli di Madride rivelare con fumosi

sussurri i segreti di tutti coloro chefin dalle fondamentasi sonoraccolti intorno a questi focolari! Se il Diavolo Zoppo

di Lesage fosse appollaiato qui accanto a mee tendesse la sua bacchetta suquesta di stesa di tettiscoprendo tutte le

camere per farmi far conoscenza dei loro abitanti! Il modo più desiderabiledi vivere potrebbe essere quello di un Paul

Pry spiritualeche aleggia invisibile intorno a uomini e donnetestimoniando le loro azionipenetrando nei loro cuori

appropriandosi della luce della loro felicità e dell'ombra dei loro dolorisenza conservare alcun proprio sentimento. Ma

niente di tutto ciò è possibilee per conoscere l'interno di questi muridi mattoni e i misteri del cuore umano dovrei solo

indovinarli.

Laggiù si vede una bella strada che si estende verso nord e sud. Signorilidimore si ergono sui due lati del suo

tappeto verdeggiantee una lunga rampa di gradini scende da ogni porta finoal selciato. Alberi ornamentalicome

l'ippocastano latifogliol'olmo così alto e curvol'aggraziato e insolitosalicee altri di cui non conosco il nome

crescono fiorenti tra mattoni e pietre. I raggi obliqui del sole sonointercettati da questi verdi abitanti della città e dalle

sue casecosì che un lato della strada offre un'ombreggiata e piacevolepasseggiata. Lungo tutta la sua estensione si.58

vede ora un solo passanteche avanza dall'estremità più in altoe questise non sono la distanza e il cannocchiale con

cui lo guardo a rendergli troppa giustiziaè un bel giovane d'una ventinad'anni. Cammina lentamentebattendo un paio

di guanti piegati sul palmo della mano sinistrae tiene gli occhi abbassatialzandoli di quando in quando per dare

un'occhiata davanti a sé. Ha certamente un'aria pensosa: sarà assillato daidubbi o dai debiti? è innamoratose la

domanda è lecita? si sforza di apparire malinconico e signorile? Oppure èsemplicemente oppresso dalla calura? Ma per

il momento mi congedo da lui. La porta di una delle caseun aristocraticoedificio con tende color porpora e oro alle

finestresi apre e ne scendono i gradini due signore roteando i loroombrellinivestite con abiti leggeri per una

passeggiata estiva. Sono ambedue giovani e graziosema a me sembra chequella di sinistra sia la più bella delle duee

anche se in questo momento è così seriagiurerei che dentro di sénasconde un tesoro di gentile gaiezza. Si trattengono a

conversare un po' sui gradinie infine proseguono per la strada. E oramentre mi voltano il visoposso rivolgere altrove

lo sguardo.

Su quel molo e nella strada corrispondentesi svolge un operoso fermento checontrasta con la tranquillità della

scena che ho or ora osservato. Qui ferve evidentemente l'attivitàe moltepersone stanno sciupando questo pomeriggio

d'estate tra lavori e affanniperdendo ricchezze e guadagnandonequandosarebbero più saggi a rifugiarsi in qualche

piacevole villaggio di campagnao presso un ombroso laghetto nei boschiosu una spiaggia solitaria e fresca. Vedo

vascelli che scaricano sul molo merci prezioseora sparse per terra inabbondanzacome sul fondo del marequel

mercato dal quale le merci non fanno ritornodove non c'è comandante ocommissario di bordo che renda conto delle

vendite. Quiinvecegli impiegati si occupano diligentemente delle lorocarte e pennei marinai maneggiano i bozzelli

dei paranchi sospesi sulla stivaaccompagnando le loro fatiche con lunghegrida raucamente melodiosefinché balle e

casse sono sollevate in aria. A poca distanzaun gruppo di uomini èraccolto davanti alla porta di un magazzino. Sono

severi e anziani signorie scommettereise di questi tempi fosse prudentegarantire per qualcunoche il meno eminente

tra loro potrebbe competere col vecchio Vincenzol'incomparabile mercante diPisa. Potrei riconoscere persino il più

ricco della compagnia: è quell'anziano personaggio vestito in un nero quasirugginosocon i capelli incipriatiil cui

superfluo candore è visibile sopra il bavero della sua mantella. Le sueventi navi sono sparse sulle loro molteplici rotte

sospinte da tutti i venti che soffianoe il suo nomemi azzardo a direanche se non lo so per certoè ben noto a tutti i

lontani mercanti d'Europa e delle Indie.

Ma ho rivolto troppo a lungo la mia attenzione da questa parte. Nel guardaredi nuovo il lungo viale

ombreggiatomi accorgo che le due belle ragazze hanno incontrato il giovaneche dopo un timido cenno di

riconoscimento ritorna con loro sui suoi passi. Ha anche dato conferma aimiei gustiper quanto riguarda le sue

compagnecollocandosi all'interno del marciapiedepiù vicino alla Venerecui ioassumendo da questo campanile la

parte di Paride sul monte Idaho aggiudicato il pomo d'oro.

Su due strade che convergono ad angolo retto verso la mia torre di guardiascorgo tre diverse processioni. Una

è un'orgogliosa sfilata di soldati volontari in sgargianti uniformicheassomiglianovisti dall'altoai veterani dipinti che

presidiano le vetrine dei negozi di giocattoli. Eppure eccitano il mio cuore:la loro marcia regolarei loro pennacchi al

ventoil riverbero del sole sulle loro baionette e sulle canne dei loromoschettiil rullo dei loro tamburi che sale fino a

me e quello dei pifferi che di quando in quando lo trapassatutto ciò hadestato il mio ardore marzialeper quanto possa

essere un uomo pacifico. Dietro a loromarcia un battaglione di scolarettidisposti in disordinati e irregolari plotoni

che imbracciano bastoni e sollevano aspri e dissonanti suoni da uno strumentodi lattascimmiottando comicamente le

complesse manovre del drappello davanti a loro. Tuttaviaessendo scarsamentepercepibili queste lievi differenze dal

campanile di una chiesasi è quasi tentati di domandarsi: «Quali sono iragazzi?»o piuttosto: «Quali sono gli

uomini?». Ma oradistogliendoci da lororivolgiamo l'attenzione alla terzaprocessione chepur esteriormente più triste

può suscitare analoghe riflessioni in una mente pensosa. È un funeraleconun carro funebre trainato da un nero e ossuto

destriero coperto da una polverosa gualdrappa. Due o tre carrozze percorronorumorosamente l'acciottolatoguidate da

sonnacchiosi cocchieri e seguite da qualche decina di distratti dolentineiloro abiti di tutti i giorni: non era questo il

modo in cui i nostri padri accompagnavano un amico alla tomba. Non si odononemmeno i dolenti rintocchi delle

campane che annunciano il lutto della città. Forse che la Regina delleTenebre incuteva maggior rispetto ai loro tempi

che ai nostriin cui l'esperienza e la filosofia hanno potuto produrre unsimile mutamento? Non è così. Vediamo qui una

prova che essa conserva tutta la sua maestàquando i militariuomini eragazzivoltano l'angolo e si trovano proprio

davanti al funerale. Immediatamente il tamburo tacee ogni altro rumoretranne il battito che dà la cadenza al passo

poi i soldati lasciano strada al polveroso carro funebre e al suo umilecorteomentre i ragazzini sciolgono le fila e si

raggruppano sui marciapiedicon timorosa e istintiva curiosità. Il corteofunebre entra nel cimitero della chiesaai piedi

del campanilee si ferma davanti a una fossa aperta tra le pietre tombali.Il lampo illumina i dolenti mentre calano la

bara e il tuono rimbomba cupamente mentre gettano terra sul coperchio. Inveritàil temporale si avvicinae sono in

ansia per il giovanotto e le ragazzeche sono ora scomparsi dal lungo vialealberato.

Come sono diverse le situazioni delle persone al riparo dei tetti sotto dimee come sono disparati i casi che

capitano loro in questo momento! Il neonato e l'anzianoil moribondolapersona in buona salute e quella da poco

defunta sono tutti nelle camere di queste numerose abitazioni. L'ottimista eil soddisfattoil miserabile e l'infelice

abitano insieme nella sfera della mia vista. In alcune delle case su cui siaggira freddamente il mio sguardola colpa sta

penetrando in cuori che sono ancora abitati da una precaria e calpestatavirtùuna colpa che sta per essere commessa e

potrebbe essere ancora scongiuratama quando è compiuta il colpevole sidomanda se può essere revocata. Sono diffusi

pensieri quelli che si dibattono nella mia mentee se riuscissi a ordinarlidistintamentepotrebbero esprimersi in modo

eloquente. Guarda! cadono le prime gocce di pioggia..59

In breve tempole nuvole si sono ammassate nel cielo e incombono come inprocinto di precipitare sulla terra

in una sola massa compatta. Di quando in quandola folgore lampeggia nelprofondo del loro cuoreserpeggia e

scomparepoi la segue il tuonoviaggiando più lentamente dietro allafiamma sua gemella. Si è alzato un forte vento e

ulula nelle strade buiesollevando dense nuvole di polvere come perribellarsi alla tempesta che s'avvicina. I soldati

sbandati si danno alla fugail corteo funebre è già scomparsoal pari deldefuntoe tutti si affrettano verso casatutti

coloro che l'hannomentre alcuni si trattengono agli angolioppureriprendono faticosamente il cammino quando

possono. In uno stretto vicoloche comunica con il viale alberatoscorgo ilricco e vecchio mercante che cammina col

passo più veloce possibileperché la pioggia non riduca in poltiglia lacipra sui suoi capelli. Infelice! Dal trattenuto

impeto e dalla faticosa cautela con cui camminaappare evidente che lapodagra gli ha lasciato sull'alluce il suo

lancinante marchio. Ma ecco che laggiùcon passo ben più lestoarrivanoaltre tre mie conoscenzele due belle ragazze

e il giovanottoinopportunamente interrotti nella loro passeggiata. I loropassi sono sostenuti dalla polvere che s'è alzata

e il vento accresce la loro velocitàcosì che volano tutti e tre comeuccelli di mare spinti verso terra dal vento di

burrasca. Le due dame non gareggerebbero forse con Atalanta se solo sapesseroche qualcuno sta comodamente

osservandole. Purtroppomentre si affrettano sulla loro stradaridendo infaccia alla natura rabbiosanon sanno che

vanno incontro a un'inattesa disavventura. All'angolo in cui il vicoloconfluisce nella strada principalesi trovano infatti

di fronte al vecchio mercanteil cui cammino di tartaruga l'ha condotto finoa quel punto. Costui è contrariato dal

piacevole incontroe l'aria cupa del temporale si addensa subito sul suovoltopoi segue qualche attimo di imbarazzo da

ambedue le parti. Infineil vecchiopoco garbatamentescosta da parte ilgiovaneprende per un braccio ambedue le

ragazze e prosegue il suo arrancante camminocome un mago che ha fattoprigioniere due belle fate. Tutto ciò è

facilmente comprensibile. Come rimane sconsolato il povero corteggiatore!Incurante della pioggia che minaccia di

recare grave danno ai suoi abiti ben confezionatirimane lì finché noncoglie un ultimo sguardo allegro di occhi

ammiccantie allora se ne va con quel po' di consolazione che ne ha avuto.

Il vecchio e le sue figlie sono ora al sicuro in casae il temporale scatenaallora la sua furia. Immagino i volti

delle casalinghe che in tutte le abitazioni s'affrettano a chiudere leimposteper impedire l'accesso all'acquazzone

impetuosoper poi ritrarsidavanti alle sue rabbiose folate. I gocciolonicadono con veemenza sui tetti d'ardesia e se ne

alzano fumantisi ode uno scroscio tumultuosocome di un fiume cheattraversa l'ariae rivoli melmosi ribollono

maestosamente lungo i marciapiediturbinando con la loro torbida schiuma neicanaletti di scoloe infine scompaiono

dentro le grate di ferro. Così è scomparsa anche Aretusa. Non mi piace lamia posizione quassùnel mezzo di un

tumulto che sono impotente a dirigere o placaretra il lampo azzurrino chemi fa aggrottare la fronte e il tuono che mi

mormora all'orecchio le sue prime parole minacciose. Scenderò da quimaprima lasciatemi dare un altro sguardo al

maredove la schiuma si frange in lunghe strisce bianche su una vastadistesa scuraoppure ribolle in lontananzacome

una cima innevatanei vortici della burrasca; lasciatemi guardare ancora laverde pianurale collinette di campagna

sulle quali avanza a grandi passi il gigante del temporale col suo mantonebbiosoe la città con le sue strade buie e

deserteche la fanno sembrare una città di morti. Poialzando ancora perun attimo lo sguardo al cieloora cupo come le

prospettive di uno scrittoremi preparo a riprendere il mio posto sullaterra qui sotto. Ma guarda! una piccola chiazza

d'azzurro si è allargata nel cielo a occidente e i raggi del sole trovano unvarco per penetrare gioiosamente la tempestae

su quella nuvola più scura laggiùsimile alla fulgida speranza dellagloria di un altro mondosorto dagli affanni e dalle

lacrime di questocompare luminosamente l'arcobaleno!

LA VALLETTA TRA LE TRE COLLINE

In quegli stranivecchi tempiin cui fantastici sogni e folli fantasie siavveravano tra gli avvenimenti reali della

vitadue persone si incontrarono in un luogo e un'ora convenuti. Una era unagiovane donnaaggraziata nelle forme e

nell'aspettobenché pallida e tormentataafflitta da una precocemalinconia in quello che doveva essere il fiore dei suoi

anni. L'altra era una vecchia miseramente vestita e di sgradevole aspettocosì avvizzita e decrepita che perfino l'inizio

del suo decadimento doveva essere anteriore al comune arco dell'esistenzaumana. Nel luogo in cui si incontrarono

nessun mortale avrebbe potuto vederle: tre piccole colline si ergevano unaaccanto all'altrae nel centrofra esseera

incassata una piccola valle quasi perfettamente circolarelarga una trentinadi metri e così profonda che un maestoso

albero di cedro poteva essere appena visibile dal di sopra. I pini naniabbondavano sulle colline e in parte bordavano i

limiti esterni della cavitàin mezzo alla quale non c'era altro che l'erbaingiallita d'ottobre e qualche tronco d'albero

caduto qua e làche da molto tempo marciva senza che niente di verde neprendesse il posto dalle radici. Una di queste

masse di legno putrescenteche era un tempo una maestosa querciagiacevaaccanto a una pozza d'acqua verde e

stagnante sul fondo della valletta. Luoghi come questoraccontano oscureleggendeerano un tempo ritrovo di una

maligna potenza e dei suoi docili sudditiche a mezzanotte o al fosco calaredella serasi riunivano qui intorno alla

pozza stagnanteturbandone le putride acque con sacrileghi riti battesimali.La gelida bellezza di un tramonto autunnale

indorava ora le cime delle tre collineda dove una sfumatura più tenuescendeva lungo i fianchi della valletta.

«Ecco che avviene il nostro piacevole incontro»disse la vecchia megera«come tu desideravi. Dimmi in fretta

che cosa vuoi da meperché abbiamo soltanto una breve ora per trattenerciqui»..60

Mentre la vecchia avvizzita parlavaun sorriso brillò sul suo voltocomeun cero su una pietra sepolcrale. La

giovane donna rabbrividì e lanciò uno sguardo verso il bordo dellavallettacome pensando di ritornare senza

conseguire il suo scopoma ciò non era prestabilito.

«Sono straniera in questa terracome sai»disse infine. «Da dove vengonon ha importanzama dietro a me ho

lasciato coloro con cui il mio destino era intimamente legatoe dai qualisono ora per sempre separata. Questo è un peso

sul mio petto da cui non posso liberarmie sono venuta qui per avere loronotizie».

«E chiaccanto a questa pozza verdepuò darti queste informazionidall'altro capo della terra?»esclamò la

vecchiascrutando il suo volto. «Non è dalle mie labbra che puoi udirequeste notiziema se sarai coraggiosala luce del

giorno non sarà scomparsa sulla cima di quelle colline quando il tuodesiderio sarà esaudito».

«Farò ciò che ordinianche a costo della vita»rispose la giovane donnadisperata.

La vecchia si sedette sul tronco dell'albero cadutocalò il cappuccio checopriva i suoi capelli grigi e fece

cenno all'altra di avvicinarsi.

«Inginocchiati»le disse«e posa la fronte sulle mie ginocchia».

La donna esitò un attimoma l'ansia che da tempo covava ora divampavadentro di lei. Mentre si

inginocchiavabagnò il bordo della sua veste nella pozza d'acquapoi posòla fronte sulle ginocchia della vecchia e

questa le avvolse una mantella intorno al voltoimmergendola nel buio. Poila giovane donna udì le parole biascicate di

una preghieranel mezzo della quale trasalì e fece per alzarsi.

«Lasciami fuggire»gridò. «Lasciami fuggire e lascia che mi nascondacosì che non possano vedermi». Ma

quando ritornò il ricordorimase in silenzioimmobile come la morte.

Sembrava che altre vocifamiliari nella sua infanzia e non dimenticateattraverso i molti vagabondaggi e le

vicissitudini del suo cuore e delle sue fortunesi mescolassero con leparole della preghiera. Erano dapprima voci

fievoli e indistintenon tanto per la lontananzama simili piuttosto alleopache pagine di un libro che ci sforziamo di

leggere a una luce imperfetta che diventa a poco a poco più nitida. Inquesto modomentre proseguiva la preghiera

quelle voci diventavano più distinte all'orecchiofinchéal terminedell'invocazionela conversazione di un uomo ormai

vecchio e di una donna cadente quanto lui diventò chiaramente udibile alladonna inginocchiata. Ma quegli sconosciuti

non sembravano essere nella valletta tra le tre collinele loro voci eranoracchiuse ed echeggianti tra le pareti di una

camerale cui finestre erano sferzate dal vento. Il regolare ticchettio diun orologiolo scoppiettio di un caminolo

sfrigolio dei tizzoni che cadevano tra le ceneri rendevano vivida la scenacome dipinta allo sguardo. Accanto a un

malinconico focolare erano seduti due vecchil'uomo taciturno e affrantoladonna gemente e in lacrimee le loro

parole erano tutte di dolore. Parlavano di una figliauna vagabonda di cuinon sapevano più nullache portava con sé il

disonore e lasciava gravare sui loro capi canuti la vergogna e il dolore cheli avrebbero portati alla tomba. Alludevano

anche a un altro più recente dolorema nel mezzo del discorso le loro vocisembrarono mescolarsi con quella del vento

che soffiava lamentosamente tra le foglie d'autunnoe quando la giovanedonna alzò lo sguardo si trovò inginocchiata

nella valletta tra le tre colline.

«Una vita dolorosa e solitariaquella che ha trascorso questa anzianacoppia»commentò la vecchia megera

sorridendole.

«Anche tu li hai uditiallora!»esclamò la giovane donnavinta da unsenso di intollerabile umiliazionepiù

forte del tormento e della paura.

«Sìe abbiamo ancora altro da udire»rispose la vecchia. «Perciòaffrettati a coprirti la faccia!».

E di nuovo la vecchia avvizzita intonò le monotone parole di una preghierache non era rivolta al cieloe ben

prestotra le pause dei suoi ansitiiniziarono a farsi udire stranimormorii che a poco a poco diventavano più fortifino

a sommergere e soffocare gli incantesimi da cui erano evocati. Acute gridatrapassarono l'oscurità dei suonie furono

seguite dal canto di dolci voci femminiliche a sua volta lasciò posto asguaiati scrosci di risateimprovvisamente

interrotti da gemiti e singhiozziche formavano tutti insieme una paurosaaccozzaglia di terroreangoscia e sfrenata

allegria. Sferragliavano catenevoci crudeli e imperiose pronunciavanominaccee ai loro ordini risuonava il sibilo della

sferza. Tutti questi suoni prendevano corpo e sostanza alle orecchie di chiascoltava finché ella poté distinguere ogni

delicato e sognante accento di una canzone d'amoreche senza motivo sispense in un inno funebre. Rabbrividì per un

improvviso accesso di collera che divampò senza motivocome una fiammataspontaneae si sentì mancare per la

paurosa allegria che sentì diffondersi miserevolmente intorno a lei. Nelmezzo di questa delirante scenain cui sfrenate

passioni si scontravano le une con le altrecome in un'orgia di ubriachisiudì la solenne voce di un uomoche un tempo

poteva esser stata virile e melodiosa. L'uomo andava avanti e indietrocontinuamentefacendo risuonare i suoi passi sul

pavimentoe in ogni componente di quella frenetica compagniai cui febbrilipensieri erano divenuti un mondo

esclusivocercava un ascoltatore del racconto dei torti da lui subitie neinterpretava le risate o le lacrime come una

reazione di scherno o di compassione. Parlava della perfidia femminilediuna moglie che aveva infranto i suoi sacri

votidi una casa e un focolare abbandonati. E mentre l'uomo andava avanti eindietrole gridale risatele stridai

singhiozzi si alzavano all'unisonofino a tramutarsi nel cupointermittentee disuguale ululato del ventoche si faceva

strada tra i pini su quelle tre solitarie colline. La donna alzò lo sguardoe vide la vecchia avvizzita che le sorrideva.

«Avresti mai immaginato che ci fosse tanta allegria in un manicomio?»ledomandò la vecchia.

«È veroè vero»disse tra sé la giovane donna. «C'è allegria tra lesue murama infelicitàtanta infelicitàal di

fuori».

«Vuoi ascoltare ancora?»domandò la vecchia.

«C'è un'altra voce che vorrei ascoltare ancora»rispose fievolmente ladonna..61

«Allora posa subito la testa sulle mie ginocchiacosì che tu possaandartene da qui prima che sia trascorsa

l'ora».

I lembi dorati della luce del sole indugiavano sulle collinema fitte ombreoscuravano la valletta e la pozza

d'acquacome se la cupa notte stesse alzandosi di là per distendersi sututto il mondo. La megera iniziò a intrecciare di

nuovo i suoi incantesimiche rimasero a lungo inascoltatifinché ilrintocco di una campana si introdusse tra una parola

e l'altracome un clangore che avesse viaggiato a lungo attraverso la vallee le alturee stesse per spegnersi nell'aria. La

giovane donna si agitò sulle ginocchia della vecchia nell'udire quel suonofunesto. Poi si fece più forte e più triste

approfondendosi nel suono di una campana a morto che rintoccava dolorosamenteda qualche torre ammantata d'edera e

portava annuncio di morte e di lutto nella piccola casanelle sue stanze eal solitario viandantecosì che tutti potessero

piangere per la triste sorte destinata a ciascuno di essi. Si udì poi unpasso cadenzato e lentocome di dolenti che

portavano una bara trascinando le loro vesti per terracosì che il carrofunebre potesse misurare la lunghezza del loro

mesto corteo. Davanti a loro veniva il sacerdote che leggeva la funzionefunebre su un libro le cui pagine frusciavano al

vento. E anche se nessuno oltre a lui parlava ad alta vocesi udivanoimprecazioni e anatemisussurrati ma distintidi

uomini e donne che mormoravano contro la figlia che aveva tormentato ilvecchio cuore dei suoi genitoricontro la

moglie che aveva tradito la fiducia e l'amore del maritocontro la madre cheaveva peccato contro i più naturali affetti

lasciando morire suo figlio. Poi il prolungato brusio del corteo funebre sidissolse come un filo di fumoe il ventoche

poco prima sembrava scuotere il drappo funebregemette tristemente aimargini della valletta tra le tre colline. Ma

quando la vecchia scrollò la donna inginocchiataquesta non alzò il capo.

«È stata una piacevole ora di divertimento»esclamò allora la vecchiaavvizzitaridacchiando tra sé.

LA GIORNATA DEL GABELLIERE

Un bozzetto di vita quotidiana

Per chi ha l'istinto di osservare le correnti della vitaanziché immergersinei suoi flutti tumultuosinon mi

sembra che sia un rifugio indesiderabile il casello del dazio lungo qualchestrada di grande traffico. In gioventùè forse

bene che l'osservatore scorrazzi per la terralasciando in lungo e in largole orme dei suoi passiche si mescoli con lo

svolgersi di innumerevoli vicissitudinie infinenel silenzio dellasolitudinealimenti la sua indole pensosa con tutto ciò

che ha visto e sentito. Esistono tuttavia nature troppo indolentio tropposensibiliper sopportare la polvereil sole o la

pioggiail tumulto degli elementi morali e fisici cui si espongono tutti iviandanti del mondo. Per una tale persona

sarebbe un piacevole miracolo se la vita potesse dipanarsi nella suavariegata lunghezza davanti alla soglia del suo

eremoe se il globo terrestre compisse le sue rivoluzioni e mutasse i suoimolteplici aspetti davanti ai suoi occhisenza

però coinvolgerlo nel suo corso. Se qualche mortale ha il privilegio di unsimile destinoquesti è il gabelliere. È questo

almenoche ho spesso pensato quando mi attardo su una panchina dinanzi allaporta di un piccolo edificio quadrato che

sta nel mezzo di un lungo ponte tra due spiagge. Sotto alle tavole del ponteva e viene la marea di un braccio di maree

al di sopracome linfa vitale in un'arteriapulsa continuamente il trafficodel nord e dell'est. Seduto su questa panchina

mi diletto a immaginareaccompagnandomi con numerosi schizzi tracciati inaria con la matitala giornata del

gabelliere.

Al mattinoun fiocogrigio e nebbioso mattino d'estateil lontano cigoliodi pesanti ruote inizia a mescolarsi

col sonno del mio vecchio amicoscricchiolando sempre più stridente inmezzo ai suoi sognisostituendoli a poco a

poco con la realtà. Non ancora conscio del trapasso dal sonno alla vegliail gabelliere si trova parzialmente vestito ad

aprire i cancelli del dazio per far passare un fragrante carico di fieno. Letavole del ponte gemono sotto alle ruote che

girano lentamenteun robusto contadino cammina piano accanto ai buoie incima ai covoni di fienoalla fioca luce

della lanterna quasi spenta sul casello del daziocompare il volto assonnatodi un suo compagnoche si è goduto un

sonnellino lungo una decina di miglia. Viene pagato il daziocigolano dinuovo le ruote del carroe l'enorme cumulo di

fieno scompare nella nebbia del mattino. La natura non è ancora destae glioggetti più familiari appaiono come in una

visione. Ma ecco cheproveniente dalla costa con uno sferragliare di ruote eun confuso rimbombo di zoccoliarriva

l'instancabile postiglioneche per tutta la notte silenziosa ha corso senzasosta a perdifiato. Il ponte risuona di un

ininterrotto scampanellio mentre la diligenza continua a correre senzafermarsiconsentendo al gabelliere solo un breve

sguardo agli assonnati passeggeriche ora stiracchiano i muscoli intorpiditie annusano una fiaschetta di cordiale

nell'aria salmastra. Il mattino respira su di loromentre arrossisceedessi dimenticano come si è trascinata

faticosamente la notte. E guardate ora la fervida aurorache nel suo carrodi luce scintilla obliquamente sulle ondenon

dimenticando di lanciare un omaggio dei suoi raggi dorati sul piccolo eremodel gabelliere. Il vecchio guarda verso est

ed essendo un filosofo formula un'analogia tra la diligenza e il carro delsole.

Mentre il mondo si svegliapossiamo dare una breve occhiata alla scena delnostro bozzetto. Si trova sopra al

centro della vasta mareaun luogo non di terra ma nel mezzo delle acquechescorrono mormorando sotto alle travi

massicce. Sopra alla porta del casello è appeso un cartello consunto dalleintemperiedove sono scritte le tariffe dei

pedaggi con lettere quasi cancellate che nemmeno la dorata luce del solerende più leggibili. Sotto alla finestra c'è una

panca di legnosulla quale si è riposata una lunga processione di stanchiviandanti. Scrutando attraverso la porta

scorgiamo le pareti imbiancate e decorate con varie stampe litografichecartelli pubblicitari di prodotti d'importazione e

l'enorme manifesto di un serraglio itinerante. E lì siede il nostro buonvecchio gabellieremagnificato dai primi raggi di.62

sole. Come può rivelare il suo aspettoè un uomo di indole quieta epensosascaltra ma sempliceche della saggezza

sparsa nel suo cammino dal mondo che passa ha fatto considerevole scorta.

Ora il sole sorride sul paesaggioe la terra sorride a sua volta al cielo. Iviaggiatori sono più frequentie

l'orecchio esperto del gabelliere sa distinguere il peso di ciascun veicoloil numero delle sue ruote e dei cavalli che

calpestano le tavole rimbombanti sotto i loro passi ferrati. Ecco che su unsolido calesse familiarepartito di buon'ora

per approfittare della strada ancora frescaarrivano un gentiluomo e suamogliecon la loro paffuta figlioletta seduta

graziosamente in mezzo a loro. Sul fondo del calesse sono ammucchiatevariegate cappelliere e sacche da viaggiosotto

l'assale dondola un baule di pelle impolverato dal viaggio. Subito dopocompare un grosso carro a quattro ruote

popolato da sei o sette ragazzetirato da un solo cavallo e condotto da unsolo carrettiere. Sfortunato luiche per tutto

questo giorno d'estate è condannato a essere bersaglio della maliziosailarità di queste vivaci signorine! Ritto in piedi su

un sediolo arriva un tipo smilzo e acido in voltoche nel pagare il pedaggioporge al gabelliere un cartoncino stampato

da appendere alla parete. Quel tipo con la faccia d'aceto si rivela unfabbricante di sottaceti. Ora cavalca lentamenteda

una tavola all'altraun cavaliere vestito in neromeditabondo in volto comechiovunque lo porti il suo destriero

viaggerebbe sempre avvolto in un alone di profondi pensieri. È unpredicatore di campagnache va a fare il suo

mestiere in qualche prolungata riunione. Il successivo veicolo diretto versola città è il carro di un macellaiocoperto

con un tendone ad arco di cotone bianco come la neve. Dietro a lui arriva unortolano che conduce un carretto carico di

patate novellespighe verdi di granocaroterape e cocomeried è seguitoda due vecchie comariavvizzite e rugose

come streghea bordo di una carrozzella antidiluviana tirata da un cavallodi altre generazioniche vanno a vendere

cassette di mirtilli. Ecco qui un uomo che spinge una carriola di aragosteepoi un carro del lattecoperto da un telo

verdeche avanza speditamentetrasportando il contributo di un'interamandria di mucche in grossi bidoni di stagno. Ma

lasciamo che tutti paghino il loro pedaggio e passino oltreperché ora staarrivando uno spettacolo che fa sorridere

benevolmente il vecchio gabellierecome se questi viaggiatori portassero consé la luce del sole e ne dispensassero la

benefica influenza lungo la strada.

È un biroccio di nuovissima foggiacon i fianchi appena verniciati cheriflettono tutto il circostante paesaggio

in movimento e mostrano anche un ritratto del nostro amico col voltoallargatocosì che il suo pensoso sorriso si

trasforma in un'espressione grottesca di ilarità. All'interno è seduto ungiovanefresco come questo mattino d'estatee

accanto a lui una giovane donna vestita in biancocon guanti bianchi che lecoprono le mani sottilie un bianco velo che

le scende sul voltoanche se mi sembra che il rossore delle sue guance bruciattraverso il candido velo. Un'altra vergine

vestita in bianco siede davanti. Chi sono queste personesulle quali e sututto ciò che loro appartiene sembra non essersi

mai posata la polvere di questa terra? Sono due innamoratiche il sacerdoteha benedetto in questo benedetto mattino e

ha mandatoinsieme con una delle damigelle della sposain viaggio di nozze.Abbiate anche la mia benedizionefelici

giovani! Che il cielo non sia mai imbronciato sopra di voiche le nuvole nonvi bagnino mai con la loro gelida e triste

pioggia! Che il caldo sole non accenda mai la febbre nei vostri cuori! Che ilvostro pellegrinaggio nella vita possa

essere felice come il viaggio di questo primo giornoe che la sua fine siaallietata da ancor più viva attesa di quella che

santifica la vostra prima notte di nozze!

I giovani passano oltree il riflesso della loro felicità non è ancorasvanito sul volto di colui che osserva

quando un altro spettacolo getta un'ombra di mestizia sul suo spirito. In unapiccola carrozza è seduta una fragile figura

tutta infagottatache rabbrividisce anche al più lieve alito dell'estate.Si appoggia a un uomo che la cinge con un

bracciocome per proteggere il suo tesoro da qualche nemico. Trascorrerannopoche settimanee quando tenterà di

abbracciare la sua amatastringerà solo desolazione al suo petto.

Ora il mattino ha raccolto tutte le sue perle di rugiada e se n'è andatoilsole rotola sfolgorante nel cielo e non

trova nemmeno una nuvola per rinfrescarsi la faccia. I cavalli si trascinanopigramente sul ponte e sollevano in brevi

ansiti i fianchi lucidi di sudore quando sono tirate le redini davanti alcasello del gabelliere. Sono lucidi anche i volti dei

viaggiatorii loro indumenti sono coperti di polveresembrano canuti i lorocapelli e baffile loro gole sono riarse dalla

polvere che hanno lasciato dietro di sé. Non un alito di vento soffia nellastradae la natura non osa quasi respirareper

timore di aspirare qualche soffocante nuvola di polvere. «Che caldo e chepolvere!»esclamano i poveri pellegrini

mentre si asciugano la fronte anneritabenedicendo quella parvenza di brezzache il fiume porta con sé. «Un caldo

tremendo! Una polvere soffocante!»replica il comprensivo gabelliere.Riprendono il cammino per superare

quell'infuocata fornacementre il gabelliere rientra nel suo fresco eremoche spruzza con un paiolo di acqua salmastra

raccolta nella corrente di sotto. Pensa tra sé che qui il caldo non èferoce come altrove e che il lieve alito dell'aria non

l'ha dimenticato in questi giorni afosi. Sìvecchio amicoe un cuoresereno allevierà sempre un giorno di canicola. Ode

un passo stanco e scorge un viaggiatore con fagotto e bastone che va a sederesull'ospitale panchinatogliendosi il

cappello dalla fronte madida di sudore. Il gabelliere gli offre un bicchieredi acqua frescaescoprendo che il suo ospite

è un uomo di buon sensolo intrattiene in proficua conversazioneenunciando le massime di una filosofia che ha

scoperto nella sua animama senza sapere da dove proviene. E quando ilviandante si accinge a riprendere il cammino

gli suggerisce qualche infallibile rimedio per i piedi piagati.

Ecco che arriva mezzogiornotra tutte le ore la più simile a mezzanotteperché hanno ambedue il loro

tranquillo riposo. Ben prestotuttaviail mondo riprende a ruotare sul suoassee allora questo sembra il momento più

affaccendato della giornataquando solo un accidente può impedire losvolgersi delle cose sotto la luna. Il ponte

levatoio viene alzato per consentire il passaggio di una goletta col suocarico di legname delle foreste orientaliche poi

si arresta immobile proprio di traverso sotto il ponte. Nel frattempoda unaparte e dall'altra del ponte scalpita una folla

di impazienti viaggiatori. Ecco due marinai su un calesse col tettuccioabbassatotutti e due col sigaro in boccae.63

lanciano ogni sorta di imprecazioni da angiporto. E poisu un signorilebiroccioun gentiluomo e la sua signora

elegantemente vestitilui appena uscito dalla bottega di un sartolei dallasaletta di una modista: gli aristocratici di un

pomeriggio d'estate. E chi sono i più presuntuosi tra noise non glieffimeri aristocratici di un'afosa giornata d'estate?

Ecco un lattonierela cui scintillante mercanzia abbaglia tutti coloro chela guardanocome un meteorite ambulanteo

come un pianeta in opposizionee dall'altra parte un venditore di birrad'abeteun vivace alcolico racchiuso in parecchie

decine di bottiglie di pietra. Arriva una comitiva di dame a cavalloinverdi abiti da amazzonie di gentiluomini al loro

seguitoe poi un gregge di pecore destinate al mercatoche attraversano ilponte col dissonante scalpiccio dei loro

piccoli zoccoli. Ecco un francese con un organetto di Barberia sulla spallae un gioielliere ambulante svizzero. Da

questa parteannunciato da squilli di chiarina e di cornoarriva unconvoglio di carri che trasportano tutti gli animali

selvaggi di un serraglioe dall'altra una compagnia di soldati che marcianoda un villaggio all'altro per una campagna di

festeggiamentiaccompagnati da una banda d'ottoni. Se guardiamo ora lascenavediamo che appare emblematica di

quella misteriosa confusionedi quell'enigma apparentemente insolubile incui sembrano spesso coinvolti i singoli

individuio anche il mondo intero. Quale miracolo riporterà tutto nel suoordine?

Guarda! la goletta ha spinto il suo massiccio scafo al di là del pontelevatoioche viene abbassatocosì che i

viaggiatori a piedi e a cavallo passano oltrelasciando il ponte sgombro daun capo all'altro. «E così»riflette il

gabelliere«anche se il mondo intero sembrava essersi fermatograzie allesoste l'ho incontrato». Che vecchio saggio!

A occidenteil sole sempre più rosso getta ora un vasto manto di vividaluce sul maree agli occhi di lontani

barcaioli splende attraverso le tavole del ponte. I cittadini fanno qui unapasseggiata per abbeverarsi alla brezza

rinfrescante. Alcuni calano lunghe lenze e pescano platesse che si dibattonolabripiccoli merluzzie magari

un'anguilla; altrie tra questi alcune belle ragazzegiungono ancoraaccaldati in voltoe si chinano sul parapetto per

osservare i mucchi di alghe che galleggiano nella marea crescente. Oraicavalli attraversano stancamente il ponte

pensando con nostalgia alle loro stalle. Riposatistanco mondoperchédomani il succedersi di fatica e di piacere sarà

gravoso come oggima tutti e due ti porteranno un giorno avanti nel camminoper l'eternità. Il vecchio gabelliere guarda

verso il mare e scorge il faro che s'accende su una lontana isolae anche lestelle che s'accendono in cielocome se

fossero solo un po' discostee mescolando visioni del cielo e ricordi dellaterratutta la processione di mortali

viaggiatoritutto il polveroso pellegrinaggio cui ha assistito sembra unafugace sfilata di fantasmi che danno spunto di

meditazione al suo animo pensoso.

LA VISIONE DELLA FONTE

All'età di quindici annisono andato ad abitare in un villaggio a più dicento miglia da casa mia. Il mattino

dopo il mio arrivoun mattino di settembrema caldo e limpido come inlugliosono andato a girovagare in un bosco di

querce con alcuni alberi di noce qua e làche formavano una fitta ombrasopra di me. Il terreno era sassoso e

accidentatoinfestato da cespugli e da macchie di arbustie percorsosoltanto da tratturi per il bestiame. Il tratturo sul

quale per caso mi avventurai mi condusse a una fonte cristallina cinta d'erbatutt'intornofresca e verde come un mattino

di maggioe ombreggiata dal ramo di una grande quercia. Un solitario raggiodi sole aveva trovato la strada per

scendere e sguazzava come un pesce rosso nell'acqua.

Fin dall'infanzia mi è sempre piaciuto fermarmi a guardare queste fonti.L'acqua riempiva una pozza circolare

piccola ma profondae cintata intorno da pietrealcune ricoperte di viscidomuschioaltre nude e di variegati coloridal

rossastro al bianco e al marrone. Il fondo era cosparso di sabbiachescintillava sotto il solitario raggio e sembrava

illuminaredi sua propria lucetutta la fonte. In un puntogli zampillifacevano turbinare la sabbiama senza intorbidare

l'acqua e incresparne la vitrea superficie. Sembrava che qualche creaturavivente stesse per affiorareforse qualche

Naiade delle fontiin forma di una bella fanciulla con una lunga vestetrasparente di muschiouna cintura di rugiada

iridata e un'espressione freddapura e distaccata. Come avrebbe alloratremato l'osservatoredi piacere ma anche di

pauranel vederla seduta su una pietrabattendo i candidi piedi nell'acquaincrespata e sollevandone scintille alla luce

del sole! Ovunque posasse le maninell'erba e tra i fioriquesti siinumidivano subitocome di rugiada mattutina. E poi

si sarebbe accinta al lavorocome una diligente donna di casaspazzandodalla fonte le foglie ingiallitei pezzi levigati

di legnole vecchie ghiande delle querce al di soprai chicchi di granolasciati dal bestiame che s'abbeveravafinché la

sabbia scintillante nell'acqua limpida sarebbe apparsa come un tesoro didiamanti. Ma se l'intruso si fosse troppo

avvicinatoavrebbe trovato soltanto le gocce di un'acquazzone estivochebrillavano dove lui l'aveva vista.

Chino sul bordo erbosodove doveva essere quella dea di rugiadami tesiavantie due occhi incontrarono i

miei dallo specchio d'acqua. Erano il riflesso dei miei. Guardai ancoraedecco apparire un altro voltopiù profondo

della mia immagine nella fontepiù distinto nei lineamentieppure vagocome un pensiero. La visione aveva l'aspetto di

una soave fanciullacon riccioli di pallido orouna gioiosa espressione chele rideva negli occhi e increspava tutta la

vaga immaginefino ad assomigliare a ciò che sarebbe stata una fonte sedanzando lietamente alla luce del soleavesse

assunto una figura di donna. Attraverso la carnagione rosea delle sue guancepotevo intravvedere le foglie brunei

ramoscelli levigatile ghiandela sabbia scintillante. Il solitario raggiodi sole si diffondeva tra i capelli doratiche si

scioglievano nel suo vago chiarore ed esaltavano la bellezza di quelvolto..64

La mia descrizione non può dare l'idea di come la fontana fu d'improvvisoabitatae di come fui altrettanto

subitaneamente abbandonato. Respiraied ecco quel volto! Trattenni il fiatoed era scomparso! Era passato oltreo era

svanito nel nulla? Non sapevo nemmeno se fosse mai apparso.

Miei cari lettoriche ora sognante e deliziosa ho trascorsolà dove quellavisione mi ha trovato e lasciato! Per

molto tempo sono rimasto là perfettamente immobilein attesa chericomparissetimoroso che il più lieve movimento

anche solo un respiropotesse spaventarla. Così mi sono spesso destato daun piacevole sognoe sono poi rimasto

immobilenella speranza di richiamarlo a me.

Profondi pensieri mi assillavano sulle qualità e gli attributi diquell'eterea creatura. Ero stato io a crearla? Era

un parto della mia fantasiasimile a quelle strane figure che compaionosotto le palpebre dei bambini? E la sua bellezza

mi aveva allietato per quel breve attimoper poi dileguarsi per sempre? Erauna ninfa della fonteoppure una fatao una

divinità dei boschi che aveva fatto capolino alle mie spalleoppure era lospettro di qualche fanciulla abbandonata che si

era annegata lì per amore? Oppure era in realtà una deliziosa ragazzaconun cuore caldo e labbra da baciareche era

comparsa furtivamente alle mie spallegettando la sua immagine nell'acquadella fonte?

Rimasi a guardare in attesama quella visione non ricomparve. Infine me neandaima sentivo dentro di me un

sortilegio che mi costrinse a ritornarequello stesso pomeriggioalla fonteincantata. Lì l'acqua zampillavala sabbia

scintillavail raggio di sole brillavama non vi comparve la visionebensì una grossa ranaeremita in quella solitudine

che subito ritrasse il suo muso maculato e si rese invisibiletranne lelunghe gambe che comparivano sotto a una pietra.

Mi sembrò un'apparizione diabolicae avrei potuto ucciderla come unamalefica strega che teneva la misteriosa

fanciulla prigioniera nella fontana.

Triste e depressostavo facendo ritorno al villaggio. Tra me e il campaniledella chiesa sorgeva una piccola

collinae sulla sua sommità vidi una macchia d'alberiisolati dal restodel bosco. che ricevevano da occidente la loro

parte di luce e gettavano a oriente la loro ombra solitaria. Il pomeriggiostava ormai declinandoe la luce del sole

sembrava quasi pensosa mentre l'ombra appariva festosacosì che gioia emalinconia si mescolavano nella placida luce

come se gli spiriti del giorno e della notte si fossero incontrati inamicizia sotto quegli alberiscoprendosi affini. Stavo

ammirando quell'immagine quando una figura di fanciulla comparve da dietrouna macchia di querce. Il mio cuore la

conosceva: era la visionema appariva così distante ed etereacosìultraterrena e intrisa della pensosa grandezza del

luogo in cui stavache sentii sprofondare il mio spirito dentro di meancora più triste di prima. Come avrei mai potuto

raggiungerla?

Mentre la guardavoun improvviso scroscio di pioggia cadde tra le foglieein un attimo l'aria fu piena di

fragranzamentre ogni goccia di pioggia catturava una parte di luce nelcaderecosì che quel dolce acquazzone appariva

come una foschiama abbastanza corposa per sostenere il peso della luce. Unarcobalenovivido come quello del

Niagarasi dipinse nell'ariae il suo lembo meridionale scese davanti allamacchia d'alberiavvolgendo la dolce visione

come se tutti i colori del cielo fossero l'unico indumento della suabellezza. Poiquando l'arcobaleno scomparvecolei

che sembrava farne parte non era più lì. La sua essenza era stata assorbitanel più incantevole fenomeno della naturae

la sua pura figura si era dissolta nella luce variegata? Eppure non disperavodi vederla ritornare perchéammantata

nell'arcobalenoera l'emblema stesso della speranza.

Fu così che la visione mi lasciòe seguirono molti giorni dolorosi fino almomento della partenza. Accanto alla

fonte e nel boscosulla collina e nel villaggionell'alba rugiadosasottoil sole cocente di mezzogiorno e in quell'ora

magica del tramonto in cui era scomparsa alla mia vistala cercaimainvano. Le settimane si succedevano

trascorrevano i mesima lei non ricompariva. Non confidai a nessuno il miosegretoma vagavo avanti e indietro

oppure sedevo solitariocome chi ha avuto una fugace visione del cielo e nonpuò più trovare gioia sulla terra. Mi

ritrassi in un mondo interioredove vivevano e respiravano i miei pensierie la visione era in mezzo a loro. Senza

volerlodiventavo insieme autore e protagonista di un romanzoin cuiimmaginavo rivalitàavvenimentiazioni altrui e

mieconoscevo ogni mutamento di passionefinché gelosia e disperazioneerano coronate dalla felicità. Ohse la

bruciante fantasia della mia giovinezza si accompagnasse alle più distaccatedoti della maturitàla mia capacità di

espressionecare lettricifarebbe vibrare i vostri cuori al mio racconto!

Intorno alla metà di gennaio fui richiamato a casa. Il giorno prima dellapartenzaandai a visitare i luoghi che

erano stati benedetti dalla visione e scoprii che la fonte aveva il fondogelatoe nient'altro che neve e un raggio di sole

invernale illuminavano la cima della collina dell'arcobaleno. «Devosperare»mi dissi«altrimenti il mio cuore sarà

gelido come la fontanae tutto il mondo desolato come questa collinainnevata». Gran parte della giornata la trascorsi

preparandomi al viaggioche doveva iniziare alle quattro del mattino dopo.Un'ora circa dopo cenaquando tutto era

prontoscesi dalla mia camera nel salotto per congedarmi dal vecchio pastoree dalla sua famigliadi cui ero stato

ospite. Un alito di vento spense la mia lampada mentre varcavo l'ingresso.

Secondo le sue immutabili abitudinicosì piacevoli quando divampaallegramente il fuoco nel caminola

famigliola era seduta nel salottoilluminato soltanto dalla luce delfocolare. Il magro stipendio costringeva il buon

pastore a fare ogni sorta di economiaed egli accendeva sempre il fuoco conun mucchio di tannino o di corteccia che

continuava a fumare dal mattino alla seracon un freddo calore senza fiamma.Quella serail mucchio di tannino era

stato da poco acceso e ricoperto da tre ceppi umidi di quercia rossa e daalcuni rami secchi di pino che non avevano

ancora preso fuoco. Non c'era luceoltre a quel po' che emanavano fiocamentedue tizzoni quasi spentisenza illuminare

nemmeno gli alari del camino. Conoscevo però la posizione della poltrona delvecchio pastoree anche dov'era seduta

sua moglieche stava sferruzzando e sapevo anche come evitare le loro duefiglieuna robusta ragazza di campagna e

un'altra tubercolotica. Brancolando nella penombratrovai posto accanto alfiglio maschioun dotto studente.65

universitario che era ritornato a casa per insegnare a scuola durante levacanze invernalie mi accorsi che quella sera era

inferiore al solito lo spazio tra la sedia dello studente e la mia.

Come sempre accadele persone erano taciturne nel buioe nemmeno una parolafu pronunciata per qualche

tempo dopo il mio ingressoe nulla interrompeva quel silenzio se non ilregolare rumore dei ferri da calza della padrona

di casa. Di quando in quandoil fuoco lanciava qualche breve e foscobaglioreche si rifletteva negli occhiali del

vecchio e aleggiava vagamente sulla nostra cerchiama troppo debole perilluminarne i singoli componenti. Non

eravamo come fantasmi? In quel clima irreale non poteva essere una scena incui alcuni defuntiche si erano conosciuti

e amatisi riunivano per sempre in comunità? Eravamo coscienti dellapresenza degli altrinon alla vistaall'udito o al

contatto fisicoma come per una interiore consapevolezza. Non era cosìanche tra i morti?

Il silenzio fu rotto dalla figlia tubercoloticache rivolse qualche parola aun'altra persona della cerchia

chiamandola Rachel. Alla sua voce flebile e incerta rispose una sola parolama pronunciata da una voce che mi fece

trasalire e chinare verso il luogo da cui proveniva. Avevo mai udito quellavoce dolce e sommessa? In caso contrario

perché evocava tanti vecchi ricordio le loro parvenzeombre di cosefamiliari ma sconosciutee riempiva la mia mente

di confuse immagini dei lineamenti di colei che aveva parlatoanche se eranosepolti nella penombra della stanza? Chi

era stato riconosciuto dal mio cuoretanto da farlo vibrare? Rimasi inascoltoper catturare il suo lieve respiro e mi

sforzaiaguzzando lo sguardodi immaginare una figura là dove nessuna eravisibile.

D'improvvisoil legno secco di pino prese fuoco e divampò una fiammata conun riverbero rossastroe là dove

era buiocomparve leila visione della fonte! Spirito della sola luceerascomparsa con l'arcobalenoed era ricomparsa

al chiarore della fiammaforse per vibrare con essa e scomparire di nuovo.Eppure le sue gote erano rosee e vitalie i

suoi lineamentinel calore della stanzaerano ancora più dolci e teneri diquanto li ricordassi. Mi conosceva! La sua

espressioneche rideva nei suoi occhi e increspava i suoi lineamenti quandone ammiravo la vaga bellezza nell'acqua

della fonteera ora ancora più ridente e increspata. Per un attimo i nostrisguardi si incontraronoma subito dopo il

mucchio di tannino soffocò il legno acceso e l'oscurità riprese con séquella figlia della luceper non restituirmela mai

più!

Care lettricinon ho altro da dire. Devo forse rivelare il semplice misteroche Rachel era la figlia del magis trato

del villaggio e se n'era andata da casa per il suo collegio il mattinoseguente al mio arrivoper farvi ritorno il giorno

prima della mia partenza? Se l'avevo trasformata in un angeloè ciò chetutti i giovani innamorati fanno delle loro

amate. In questo consiste l'essenza del mio racconto. Ma così lieve è ilcambiamentodolci fanciulleper trasformarvi in

angeli!

LA LANTERNA MAGICA DI FANTASIA

Racconto morale

Che cos'è la colpa? Una macchia sull'anima. Ed è una questione di grandeinteresse appurare se l'anima può

contrarre queste macchiein tutta la loro profondità ed evidenzaa causadi fatti che possono essere stati progettati e

decisima chematerialmentenon sono mai avvenuti. La mano dell'uomoilsuo corpo in carne e ossa devono

suggellare i malvagi propositi dell'anima per dare a essi piena validitàcontro il peccatore? Oppureanche se non sono

riconosciuti come delitti realmente commessi da un tribunale degli uominiquesti malvagi propositidi cui la

realizzazione non è altro che l'ombrameriteranno tutto il peso di unacondanna davanti al supremo tribunale

dell'eternità? Nella solitudine notturna di una camera o in un desertolontano dagli uominioppure in una chiesa dove il

corpo è inginocchiatol'anima può macchiarsi anche di quei delitti chesiamo abituati a considerare soltanto materiali.

Se ciò è veroè una terribile verità.

Proviamo a illustrare la questione con un esempio immaginario. Unrispettabile gentiluomotale signor Smith

da sempre considerato modello di rettitudine moralestava riscaldando il suovecchio sangue con qualche bicchiere di

vino generoso. I suoi figli erano fuori casa per i loro affari mondaniisuoi nipotini a scuolaed egli sedeva solo in una

grande e comoda poltronacon i piedi sotto un tavolo di mogano riccamentescolpito. Alcuni vecchi hanno paura della

solitudinee quando non possono avere migliore compagnia si rallegranopersino nell'udire il regolare respiro di un

bambino addormentato. Ma il signor Smithi cui capelli argentei eranol'evidente emblema di una vita immacolatase

non per quelle pecche che sono inscindibili dalla natura umananon avevabisogno di un bambino che lo proteggesse

con la sua purezzané di un adulto che si frapponesse tra lui e la suaanima. Nondimenol'uomo deve conversare con la

sua etàoppure la donna deve consolarlo con le sue dolci cureo l'infanziadeve allietarlo giocando intorno alla sua

sediaaltrimenti i suoi pensieri vagheranno nelle nebbiose regioni delpassatoe il vecchio diventerà gelido e tristee il

vino non servirà sempre a rallegrarlo. Questa poteva essere la condizionedel signor Smith quandograzie al contributo

del suo frizzante bicchiere di Madeira invecchiatovide tre personaggi cheentravano nella stanza. Erano la Fantasia

che aveva assunto l'abbigliamento e l'aspetto di un intrattenitore ambulantecon una lanterna magica appesa sulla

schiena; la Memorianelle vesti di un impiegato con la penna dietroall'orecchioun calamaio portatile appeso a un

occhiello e un enorme volume manoscritto sottobraccioe dietro a questi dueinfineun terzo personaggio avvolto in un

tetro mantello che ne nascondeva il volto e la figura. Ma il signor Smithintuì che doveva essere la Coscienza.

Che gentili eranola Fantasiala Memoria e la Coscienzaa far visita alvecchio gentiluomoproprio quando

cominciava a pensare che il vino non era così limpido e vivacené cosìprelibato di saporecome quando lui e quel.66

liquore erano meno vecchi! Attraversando tutta la buia lunghezza dellastanzain cui tendaggi color cremisi attutivano

la luce del sole e la immergevano in una fitta penombrai tre personaggi siavvicinarono al vecchio signore dai capelli

argentei. La Memoriacon un dito tra i fogli del suo libronesi pose allasua destra; la Coscienzacol volto ancora

nascosto dal suo fosco mantelloprese posto alla sinistraper essere vicinaal suo cuorementre la Fantasia posò sul

tavolo la lanterna magicacon la lente d'ingrandimento adatta al suo occhio.Possiamo soltanto abbozzare due o tre delle

molte immagini chetirando una cordicellapopolarono successivamente lascatola con la parvenza di scene animate.

Una di queste era una scena notturnadove appariva sullo sfondo un'umileabitazionee in primo piano

ombreggiate in parte da un alberoma illuminate da sprazzi di lucesivedevano due figure giovanili di un uomo e una

donna. Il giovane stava con le braccia conserteuno sprezzante sorriso sullelabbra e un'espressione trionfante negli

occhi abbassati sulla giovane donna inginocchiataquasi prostrata ai suoipiedievidentemente oberata dal peso della

vergogna e del tormentotanto da non poter quasi alzare le mani congiunte ingesto di supplicae ancor meno lo

sguardo. Ma né il suo tormentoné i bei lineamenti su cui era dipintonéla tenera grazia della figura che ne era

oppressa sembravano far breccia nel cuore inesorabile del giovanelapersonificazione dell'altezzoso disprezzo. Strano a

dirsimentre il vecchio signor Smith scrutava l'immagine attraverso la lented'ingrandimento che faceva risaltare le

figure dalla tela come per magiainiziò a riconoscere la fattorial'alberoe tutti e due i personaggi della scena. Il

giovanein tempi ormai lontaniaveva spesso incontrato il suo sguardo nellospecchioe la fanciulla era l'immagine

stessa del suo primo amore quando viveva nella fattoriala sua MarthaBurroughs! Il signor Smith era scandalizzato:

«Vilecalunniosa immagine!»esclamò. «Quando mai ho disprezzato unacosì disperata innocenza? E Martha non si era

forse sposatanon ancora ventennecon David Tomkinsche aveva conquistatoil suo amore di fanciulla e ha a lungo

goduto del suo amore di moglie? E dopo la sua morteMartha non ha forsevissuto un'onorata vedovanza?». Nel

frattempola Memoria stava sfogliando le pagine del suo libronefacendolefrusciare avanti e indietro con dita

malfermefinchétra le prime paginetrovò quella che si riferiva aquell'immaginee la lesse all'orecchio del vecchio

signore. Registrava soltanto un pensiero colpevole che non s'era mai tradottoin azionemamentre la Memoria leggeva

la Coscienza svelò il suo volto e sferrò una pugnalata al cuore del signorSmithe il colpopur non essendo mortalegli

diede un atroce dolore.

La proiezione proseguìe una dopo l'altra la Fantasia mostrò le sueimmaginiche sembravano tutte dipinte da

qualche malizioso artista col solo scopo di tormentare il signor Smith. Nonun'ombra di prova poteva essere addotta in

un tribunale terreno per dimostrare che egli era colpevole del minimo deipeccati che gli erano mostrati davanti agli

occhi. In una scena compariva un tavolo apparecchiatocon numerose bottigliee bicchieri pieni a metà di vinoche

riflettevano i pallidi raggi di una lampada prossima a spegnersi. Era statabaldoria e allegria finché la lancetta

dell'orologio non era arrivata a mezzanottequando l'Assassinio aveva fattoil suo ingresso tra i compagni di bagordi.

Uno di questi era caduto a terra e giaceva immobilecon un'orribile feritaalla tempiamentre sopra di luicon una

delirante espressione di rabbia mista a orrorestava l'immagine giovaniledel signor Smith. E il giovane assassinato

aveva le sembianze di Edward Spencer! «Che cosa vuole significarequestomascalzone di pittore?»esclamò il signor

Smithprovocato oltre ogni limite. «Edward Spencer è stato il mio primo epiù caro amico per oltre mezzo secoloe mi

era fedele quanto io lo ero a lui! Né io né altri l'hanno mai assassinato!Non era forse vivo ancora cinque anni fae non

mi ha lasciatoin pegno della nostra lunga amiciziail suo bastone colmanico d'oro e un anello di lutto?». Di nuovo la

Memoria sfogliò il suo libro e si soffermò a lungo su una pagina cosìconfusa che doveva averla sicuramente scritta in

preda ai fumi dell'alcol. Il significatotuttaviaera che mentre il signorSmith e Edward Spencer riscaldavano col vino il

loro giovane cuoreuna lite era divampata tra loroe il signor Smithinpreda a furia omicidaaveva scagliato una

bottiglia contro la testa dell'amico. In veritàaveva mancato il bersaglioe aveva quasi mandato in frantumi uno

specchiopoiil mattino dopoquando i due amici avevano confusamenterievocato l'episodiosi erano stretti la mano

con una cordiale risata. E di nuovomentre la Memoria leggevala Coscienzasvelò il suo volto e colpì con una

pugnalata al cuore il signor Smithmettendo poi a tacere le sue rimostranzecon un gelido sguardo. Anche questa volta

il dolore fu lancinante.

Alcune immagini erano state dipinte con mano così incerta e con colori cosìsbiaditi e pallidi che i soggetti

potevano essere indovinati a fatica. Una nebbia opaca era stata stesa sullasuperficie della telasulla quale sembravano

svanire le figure che l'occhio si sforzava di fissarema in ogni scenaperquanto oscuramente rappresentatail signor

Smith era sempre perseguitato dalle proprie fattezze in diverse etàcome inuno specchio polveroso. Dopo aver

esaminato per alcuni minuti una di queste immagini offuscate e quasiirriconoscibilicominciò a vedere che il pittore

aveva inteso rappresentarloormai nel declino della vitamentre spogliavadegli abiti tre bambini emaciati. «Questa è

davvero sorprendente!»esclamò il signor Smithcol tono ironico di chisente la coscienza a posto. «Chiedo scusa al

pittorema devo dire che è folleoltre che un furfante matricolato! Unuomo della mia condizione che deruba questi

bambini dei loro abiti... è ridicolo!». Mamentre egli parlavala Memoriastava sfogliando il suo fatale librone e trovò

infine una pagina checon la sua voce triste e pacatagli lesseall'orecchio. Il suo contenuto non era privo di attinenza

con quella nebulosa scenae riferiva che il signor Smith era statoseriamente tentatoin base a molti diabolici cavilli

legalia intentare processo contro tre orfanellicoeredi di unaconsiderevole proprietàma per fortunaprima che fosse

presa una decisionele sue pretese erano state respinte in quanto prive difondamento legale. Quando la Memoria cessò

di leggerela Coscienza scostò di nuovo la sua mantella e avrebbe colpitoancora col velenoso pugnale la sua vittimase

questa non si fosse difesa congiungendo le mani davanti al cuorema subendonondimeno un'altra dolorosa ferita.

Perché seguire la Fantasia in tutta questa serie di orribili immagini?Dipinte da un artista dotato di stupefacente

abilità e di una terribile conoscenza dei segreti dell'animoqueste scenerappresentavano i fantasmi di tutti i peccati che.67

non erano stati commessi nell'arco della vita del signor Smith. E questenebulose creazioni della fantasiacosì simili al

nullapotevano costituire una valida prova contro di luiil giorno delgiudizio? Comunque fosseabbiamo motivo di

ritenere che una sola lacrima di autentico pentimento avrebbe cancellatotutte quelle dolorose immaginilasciando la

tela candida come neve. E invece il signor Smithin preda a rimorsi dicoscienza troppo acuti da sopportaregridò le sue

indignate proteste finché scoprì a un tratto che i suoi tre ospiti eranoscomparsi. Allora rimase lì seduto da soloquel

vecchio dai capelli argentei da tutti riveritonella fitta penombra dellastanza con i tendaggi cremisisenza più una

lanterna magica sul tavoloma solo una caraffa di eccellente Madeira.Eppureil suo cuore sembrava sanguinare ancora

per i colpi del velenoso pugnale.

Nondimenol'infelice gentiluomo avrebbe potuto dibattere la questione con laCoscienzae addurre molti

motivi per cui essa non doveva rimordergli così crudelmente. Se dovessimoassumere le sue difesesi potrebbe farlo

pressappoco nel seguente modo. Il proposito di un delittofinché non èposto in essereassomiglia molto a una

successione di eventi nel progetto di un raccontoche per produrre un sensodi realtà nella mente del lettore dev'essere

concepito dall'autore con tanta verosimiglianza da sembrarepur alla lucedella fantasiapiù aderente alla realtàpassata

presente o futuradella semplice narrativa. Il potenziale colpevoledaparte suatesse la trama del suo delittoma

raramente o mai ha l'assoluta certezza che sarà realmente commesso. I suoipensieri sono improntati da una diffusa

atmosfera di sognoe come in un sogno egli sferra il colpo mortale al cuoredella sua vittimae allora vede le sue mani

indelebilmente macchiate di sangue. In tal modouno scrittore o undrammaturgoche creano un personaggio

romanzesco e i delitti da lui commessie il personaggio della realtàcheprogetta delitti da commetterepossono quasi

incontrarsi a metà strada tra la realtà e la fantasia. Solo quando ildelitto è commessoil senso di colpa stringe nella sua

morsa il cuore del colpevole e lo rivendica a sé. Solo allorae non primail peccato è realmente sentito e riconosciutoe

se non è accompagnato dal pentimentodiventa mille volte più virulento acausa della sua coscienza di sé. Si consideri

inoltreche l'uomo spesso sopravvaluta la sua capacità di fare il male. Adistanza di tempoquando le circostanze

contingenti non si impongono alla sua attenzionee le sue nefasteconseguenze sono solo intravvistel'uomo può

sopportare di contemplarlo. L'uomo può compiere i passi che conducono aldelittospinto dallo stesso tipo di

meccanismo mentale che elabora un problema matematicoma esserne dissuasodal rimorso all'ultimo momento. Non

sapeva qual era l'azione che si riteneva deciso a compiereperché nonesiste in realtànella natura umanaqualcosa

come una ferma e assoluta decisione nel bene o nel malese non al momentostesso dell'esecuzione. Speriamo quindi di

non incorrere in tutte le terribili conseguenze del peccatose non quandol'atto compiuto avrà posto il suo suggello al

pensiero.

Eppurenel fragile contesto di fantasia che abbiamo costruitosonointrecciate anche alcune terribili verità.

L'uomo non deve disconoscere la sua fratellanza anche col più colpevoledegli uomini perchéanche se le sue mani

sono puliteil suo cuore è stato sicuramente inquinato dai fugaci spettridel male. Deve ricordare chequando busserà

alle porte del Paradisonon sarà una parvenza di vita immacolata aconsentirgli l'ingresso. Il pentimento deve

inginocchiarsi e la pietà discendere dallo sgabello del tronoaltrimentiquelle porte dorate non si apriranno mai!

L'ESPERIMENTO DEL DOTTOR HEIDEGGER

Quel vecchio stravagante del dottor Heidegger invitò un giorno quattro suoivenerandi amici a fargli visita nel

suo studio. Tre erano canuti gentiluomini con la barbail signor Medbourneil colonnello Killigrew e il signor

Gascoigneuna era un'avvizzita signora che era chiamata vedova Wycherly.Erano vecchie creature malinconiche che

erano state sfortunate nella vitae la loro maggiore sfortuna era che giàda tempo non fossero state calate nella fossa. Il

signor Medbourne era una volta un facoltoso mercantequand'era nel vigoredegli annima aveva poi perso tutti i suoi

averi in una dissennata speculazionee ora era poco più di un mendicante.Il colonnello Killigrew aveva sperperato i

suoi anni migliorila salute e le sostanze nel perseguimento di peccaminosipiaceriche avevano proliferato una

progenie di malannitra cui la gottae vari altri tormenti del corpo edell'anima. Il signor Gascoigne era un fallito uomo

politico che godeva pessima famao così almeno era stato finché il temponon l'aveva cancellato dal ricordo dell'attuale

generazionefacendone un personaggio oscuroanziché tristemente famoso. Inquanto alla vedova Wycherlyle voci

correnti dicevano che era stata una gran bellezza ai suoi tempima da lungotempo viveva ormai in rigida clausura a

causa di certe storie scandalose che l'avevano compromessa agli occhi dellabuona società cittadina. Merita di essere

menzionata la circostanza che tutti e tre quegli anziani signoriil signorMedbourneil colonnello Killigrew e il signor

Gascoigneerano stati amanti della vedova Wycherlye che erano quasiarrivati a tagliarsi l'un l'altro la gola per causa

sua. Prima di procedere oltremi limiterò ad accennare anche che il dottorHeidegger e i suoi quattro ospiti erano

talvolta considerati un po' bislacchicome non di rado capita ai vecchiquando sono assillati da presenti preoccupazioni

o da dolorosi ricordi.

«Miei cari e vecchi amici!»esclamò il dottor Heideggerfacendo lorocenno di accomodarsi. «Vorrei avere la

vostra collaborazione in uno di quei piccoli esperimenti di cui mi dilettoqui nel mio studio».

Se tutto ciò che si diceva era verolo studio del dottor Heidegger dovevaessere un luogo davvero inconsueto.

Era una camera buia e antiquatafestonata di ragnatele e ricoperta dallapolvere degli anni. Alle pareti erano appoggiate

alcune librerie di querciai cui ripiani inferiori erano occupati da file diimponenti in-folio e da altri volumi in quarto

scritti in caratteri goticie quelli più alti da dodicesimi con copertinadi pergamena. Sulla libreria di mezzo era posato.68

un busto bronzeo di Ippocrate col qualesecondo alcune fontiil dottorHeidegger era solito consultarsi in tutti i casi più

difficili della sua professione. Nell'angolo più buio della stanza sitrovava un armadio alto e stretto di querciae

attraverso la sua porta dischiusa si poteva intravvedere vagamente unoscheletro. Tra due delle librerie era appeso uno

specchio alto e polverosodentro un'annerita cornice dorata. Tra le molte efantasiose storie che si raccontavano di

questo specchiosi favoleggiava anche che dentro la sua cornice dimorasserogli spiriti di tutti i pazienti defunti del

medicoche lo guardavano in faccia ogni volta che egli vi si specchiava. Laparete opposta della stanza era decorata col

ritratto ad altezza naturale di una giovane donna abbigliata con sontuosi esbiaditi abiti di setaraso e broccatoe con un

volto sbiadito quanto i suoi indumenti. Più di mezzo secolo primail dottorHeidegger era stato sul punto di sposarsi con

quella giovane donnama costeiaffetta da qualche lieve malattiaavevainghiottito una medicina che il fidanzato le

aveva prescrittoe la sera delle nozze era morta. Ma non è stato ancoramenzionato l'oggetto più bizzarro contenuto

nello studioun ponderoso volume in-folio rilegato in pelle nera conmassicce fibbie d'argento. Sul dorso non si

leggevano iscrizionie nessuno ne conosceva il titoloma si sapeva bene cheera un libro di magiae quando una

domestica l'aveva sollevato per spolverarlolo scheletro aveva scricchiolatonel suo armadioil ritratto della giovane

donna aveva posato un piede a terrae molti volti spettrali si eranoaffacciati allo specchiomentre il busto bronzeo di

Ippocrate aveva esclamato corrucciato: «Non toccarlo!».

Questo era lo studio del dottor Heidegger. Quel pomeriggio d'estate di cuiparliamoun tavolino rotondonero

come l'ebanoera disposto nel mezzo della stanza e sosteneva un vaso divetro molatodi bella foggia ed elaborata

fattura. La luce del solepenetrando attraverso le finestre tra due pesantidrappi di tende damascatericadeva proprio

attraverso questo vasocosì che un lieve riverbero si rifletteva sui volticinerei dei cinque vecchi seduti tutt'intorno al

tavolosul quale erano posati anche cinque calici di vetro.

«Miei cari e vecchi amici»ripeté il dottor Heidegger«posso quindi farconto sul vostro aiuto per compiere un

esperimento davvero singolare?».

Il dottor Heidegger era un ben strano tipo di vecchio gentiluomoe la suaeccentricità aveva dato spunto a

migliaia di storie fantasiosealcune delle qualisia detto a mia vergognapotrebbero forse risalire alla mia stessa

personae perciòse qualche passo di questo racconto dovesse scrollare lafiducia del lettoremi rassegnerò a portare le

stimmate del mentitore.

Quando i quattro ospiti del dottore lo sentirono parlare di un esperimentonon pensarono a niente di più

straordinario che l'uccisione di un topolino in una pompa ad ariaoppurel'esame di una ragnatela al microscopioo

simili altre bagatelle con cui egli era solito importunare continuamente isuoi frequentatori. Invecesenza attendere

rispostail dottor Heidegger attraversò zoppicando la stanza e ritornò conquel ponderoso volume in-foliorilegato in

pelle nerache secondo le voci correnti era un libro di magia. Dopo aversganciato le fibbie d'argentoaprì il tomo e tra

le sue pagine in caratteri gotici estrasse una rosao quella che era stataun tempo una rosaperché ora le sue foglie verdi

e i petali cremisi avevano assunto un colore marroncinoe il vecchio fioresembrava prossimo a sbriciolarsi tra le dita

del medico.

«Questa rosa»soggiunse il dottor Heidegger con un sospiro«questostesso fiore avvizzito e quasi disfatto è

fiorito cinquantacinque anni fa. Mi è stato dato da Sylvia Wardil cuiritratto è là appesoe io dovevo portarlo sul petto

il giorno delle nostre nozze. Per cinquantacinque anni è stato gelosamentecustodito tra le pagine di questo antico

volume. E oracredereste possibile che questa rosa di mezzo secolo fafiorisca di nuovo?».

«Sciocchezze!»esclamò la vedova Wycherlyscrollando stizzita il capo.«Potrebbe chiederci parimenti se è

possibile che il volto raggrinzito di una vecchia fiorisca di nuovo».

«State a vedere!»replicò il dottor Heidegger.

Scoprì allora il vaso e gettò la rosa avvizzita nell'acqua che essoconteneva. Dapprima il fiore galleggiò

lievemente sulla superficie senza assorbire apparentemente l'umiditàma benpresto iniziò a divenire visibile un

singolare mutamento. I suoi petali frantumati e secchi si mossero lievementee presero una sfumatura più profonda di

cremisicome se il fiore si fosse destato dal sonno della mortel'esilegambo e i ramoscelli di foglie si rinverdironoe

poco dopo ricomparve la rosa di mezzo secolo primaancora fresca come quandoSylvia Ward l'aveva donata al suo

innamorato. Non era ancora completamente sbocciatae alcuni dei suoidelicati petali rossi s'arricciavano timidamente

intorno all'umido bocciolodentro il quale scintillavano due o tre gocce dirugiada.

«È sicuramente un trucco ben congegnato»sentenziarono gli amici delmedicoma con un certo distacco

avendo già assistito a ben altri miracoli nello spettacolo di unillusionista. «Ci dicaora: come ha fatto?».

«Avete mai sentito parlare della Fontana della Giovinezza?»domandò ildottor Heidegger«di cui Ponce de

Leonl'avventuriero spagnoloandò alla ricerca due o tre secoli fa?».

«Ma Ponce de Leon l'ha mai trovata?»domandò la vedova Wycherly.

«No»rispose il dottor Heidegger«perché non andò a cercarla nel postogiusto. La famosa Fontana della

Giovinezzase sono stato correttamente informatosi trova nella regionemeridionale della penisola di Floridanon

lontano dal lago Macaco. La sua fonte è nascosta da gigantesche piante dimagnolia chepur essendo vecchie di molti

secolisi sono mantenute fresche come violette grazie alle virtù diquest'acqua meravigliosa. Un mio amicoconoscendo

la mia curiosità per queste cosemi ha inviato l'acqua che ora vedete nelvaso».

«Ehm!»tossicchiò il colonnello Killigrewche non credeva a una paroladel racconto del dottore. «E quale

potrebbe essere l'effetto di questo liquido sulla costituzione umana?».

«Giudicherà lei stessomio caro colonnello»rispose il dottor Heidegger«e tutti voimiei rispettabili amici

siete invitati ad assaggiare quel tanto di questo liquido che puòrestituirvi al fiore degli anni. In quanto a meavendo.69

fatto tanta fatica per invecchiarenon ho alcun desiderio di diventare dinuovo giovane. Quindicol vostro permessomi

limiterò ad osservare l'effetto dell'esperimento».

Mentre parlavail dottor Heidegger aveva riempito i quattro calici conl'acqua della Fontana della Giovinezza

che era evidentemente satura di qualche gas effervescenteperché le suebollicine salivano continuamente dal fondo dei

bicchieriscoppiettando con argentei zampilli in superficie. Nel sentire ilgradevole aroma che il liquido diffondevai

quattro vecchi non dubitarono delle sue proprietà toniche e corroborantiepur essendo ancora scettici sulle sue capacità

di ringiovanimentoerano ora disposti a berlo immediatamente. Ma il dottorHeidegger li pregò di attendere ancora un

momento.

«Prima di beremiei rispettabili amici»disse«sarà bene cheispirandovi alla vostra esperienzavi atteniate ad

alcune regole generali di comportamentonel passare per una seconda voltaattraverso le insidie della giovinezza.

Sarebbe davvero disdicevole e vergognoso senonostante i vostri peculiarivantagginon foste esempi di virtù e di

saggezza per tutti i giovani della nostra epoca!».

I quattro venerabili amici del dottore non gli diedero rispostase non conqualche fievole e tremula risatina

tanto ridicola era l'idea chepur sapendo come il pentimento segua da vicinol'errorepotessero smarrire di nuovo la

retta via.

«Bevetedunque»soggiunse il medico con un inchino. «Mi rallegro di averscelto così bene i soggetti del mio

esperimento».

Con mani tremanti essi sollevarono i calici alle labbra. Se quel liquidopossedeva davvero le virtù che il dottor

Heidegger gli attribuivanon avrebbe potuto essere somminis trato a quattroesseri umani che ne avevano più

penosamente bisogno. Sembrava che non avessero mai conosciuto la giovinezza eil piacere macome frutti di

un'aberrazione della naturafossero sempre stati quelle creature grigiedecrepiteavvizziteinfeliciche ora sedevano

chine intorno al tavolo del dottoreprive della vitalità sufficientenell'anima e nel corpoper animarsi anche alla

prospettiva di ritornare giovani. Bevvero l'acquapoi posarono di nuovo icalici sul tavolo.

Com'era stato promessonel loro aspetto avvenne un quasi immediatomiglioramentocome quello che

potrebbe produrre un buon bicchiere di vino generosoaccompagnato da unosprazzo di raggiante buonumore che

illuminò tutti insieme i loro volti con un sano colorito che si soffondevasulle loro guanceprendendo il posto del

grigiore che li faceva apparire così cadaverici. Si guardarono l'un l'altroe immaginarono che qualche magico potere

avesse realmente iniziato a cancellare le malinconiche e profonde scritte cheil Padre Tempo aveva inciso sui loro volti.

La vedova Wycherlysentendosi di nuovo donnasi aggiustò il cappellino.

«Ci dia ancora un po' di quell'acqua meravigliosa!»gridarono impazienti.«Siamo più giovanima siamo

ancora troppo vecchi! Susveltoce ne dia ancora!».

«Calmacalma!»rispose il dottor Heideggerche stava lì seduto aosservare l'esperimento con filosofico

distacco. «Avete impiegato tanto tempo per invecchiare che di certo poteteaccontentarvi di ringiovanire in mezz'ora!

Comunquel'acqua è a vostra disposizione».

Riempì di nuovo i loro calici di quell'elisir di giovinezzae nel vaso nerimase ancora abbastanza per restituire

a metà dei loro più vecchi concittadini l'età dei loro nipoti. Mentre lebollicine zampillavano ancora sull'orloi quattro

ospiti del dottore sollevarono avidamente i calici dal tavolo e neinghiottirono il contenuto in un solo sorso. Quale

sortilegio! Mentre la sorsata scendeva ancora nelle loro golesembròprodurre già una trasformazione in tutto il loro

organismo. I loro occhi divennero limpidi e chiariuna sfumatura scuracoprìi loro capelli d'argentofinché intorno al

tavolo furono seduti tre uomini di mezza età e una donna che aveva da pocosuperato la primavera degli anni.

«Mia cara vedovacom'è affascinante!»esclamò il colonnello Killigrewche aveva tenuto lo sguardo fisso sul

suo voltomentre da esso si alzavano le ombre degli annicome tenebreall'alba.

La bella vedova sapeva per esperienza che i complimenti del colonnelloKilligrew non erano semp re temperati

dalla sinceritàe allora si alzò dal tavolo e corse allo specchiotemendoche la brutta faccia di una vecchia avrebbe

incontrato ancora il suo sguardo. Nel frattempoi tre gentiluomini sicomportavano in modo tale da far pensare che

l'acqua della Fontana della Giovinezza avesse poteri inebriantise non fossestato che la loro euforia era dovuta

realmente a un senso di vertigine provocato dall'improvvisa rimozione delpeso degli anni. La mente del signor

Gascoigne sembrava rincorrere questioni politicheanche se non era facilecapire se si riferivano al passatoal presente

o al futuroperché le stesse idee ed espressioni erano rimaste in voga intutti quei cinquant'anni. Ora sciorinava reboanti

dichiarazioni sul patriottismola gloria nazionalei diritti dei cittadini;ora confidava pericolosi progetti in un subdolo e

confuso brontolioe con tanta prudenza che perfino la sua coscienza stentavaa carpirne il segreto; ora parlava in tono

misurato e deferentecome se qualche regale orecchio stesse ascoltando lesue frasi forbite. Il colonnello Killigrewnel

frattempocanticchiava una licenziosa canzone da osteriaaccompagnandosicol suono del bicchiere che faceva

tintinnarenel mentre lanciava occhiate alla prosperosa figura della vedovaWycherly. All'altro capo del tavoloil signor

Medbourne era impegnato in un calcolo di dollari e centesimicon cui simescolava il misterioso progetto di rifornire di

ghiaccio le Indie orientaliimbrigliando una squadra di balene agli icebergpolari.

In quanto alla vedova Wycherlystava davanti allo specchio inchinandosi eammiccando alla propria

immaginesalutandola come se fosse stata un'amica che aveva amato più diogni cosa al mondo. Avvicinava il viso allo

specchio per controllare che qualche non dimenticata ruga o zampa di gallinafosse effettivamente scomparsa

esaminava i suoi capelli per accertarsi che la cappa di neve si fossecompletamente scioltacosì da poter finalmente

buttar via il suo rispettabile cappellino. Infine si voltò bruscamente econ passo quasi danzanteritornò al tavolo.

«Mio carovecchio dottore»esclamò«mi favoriscala pregoun altrobicchiere!»..70

«Certamentemia cara signoracertamente!»rispose compiacente ildottore. «Guardiho già riempito i

bicchieri!».

E in effetti i quattro calici erano già colmi fino all'orlo di quell'acquameravigliosala cui delicata

effervescenza in superficie assomigliava al tremulo bagliore dei diamanti.Era quasi calato il tramontoe la stanza era

adesso ancora più buianon fosse stato per il lieve splendore lunare ches'irradiava dal vasoposandosi sui quattro ospiti

e sulla venerabile figura del dottore. Questi era seduto su una sedia diquercia a braccioli con un alto dorsale

elaboratamente scolpitoe il suo aspetto grigio e dignitoso poteva essereconfacente al Padre Tempo in personala cui

autorità non era mai stata contestatase non da quella spensieratacombriccola. Mentre scolavano il terzo bicchiere della

Fontana della Giovinezzagli invitati rimasero quasi impauritidall'espressione misteriosa del suo volto.

Ma un attimo dopo la linfa esilarante della giovinezza schizzò dentro leloro veneriportandoli agli anni felici

della verde età. Il tempocol suo doloroso carico di affannidolori emalanniera ricordato soltanto come un sogno

fastidiosodal quale si erano gioiosamente destati. La freschezzadell'animacosì presto perdutasenza la quale gli

eventi successivi della vita erano soltanto una galleria di sbiaditi dipintiora illuminava di nuovo col suo fascino tutte le

loro prospettive. Si sentivano creature appena nate in un mondo appena nato.

«Siamo giovani! Siamo giovani!»gridavano esultanti.

La giovinezzaal pari del tramonto della vitaaveva cancellato i trattiormai radicati nella mezza etàe

altrettanto li assimilava. Erano ora un gruppo di giovani spensieratiquasiubriacati dall'esuberante allegria dei loro

anni. L'effetto più sconcertante di questa loro euforia era l'impulso discimmiottare le infermità della tarda etàdi cui

erano poco prima oberati. Ridevano a crepapelle del loro abbigliamentoantiquatodelle giubbe e dei panciotti larghi e

penzolanti dei giovani d'alloradei sorpassati cappellini e gonne dellefanciulle di quei tempi. Uno zoppicava per la

stanza come un nonno gottosoun altro inforcava un paio d'occhiali sul nasofingendo di decifrare i caratteri gotici del

libro di magiaun terzo si sedeva su uno scranno a braccioliimitando ilcontegno venerabile e dignitoso del dottor

Heidegger. Tutti quanti strepitavano allegramente e saltellavano per lastanza. La vedova Wycherlyse una così vivace

damigella poteva essere chiamata vedovaarrivò danzando davanti alla sediadel dottorecon un'espressione divertita e

maliziosa sul volto roseo.

«Buon vecchio dottore»esclamò«suvenga a danzare con me!». E allorai quattro giovani risero ancora più

forteal pensiero della ridicola figura che avrebbe fatto quel poverovecchio.

«La prego di scusarmi»rispose il dottore in tono pacato«ma sonovecchio e ho i reumatismii tempi in cui

danzavo sono passati da un pezzo. Ma chiunque di questi giovanotti sarà benlieto di avere una dama così graziosa».

«Danza con meClara»la implorò il colonnello Killigrew.

«Nonosarò io il suo cavaliere!»esclamò il signor Gascoigne.

«Mi ha promesso la sua mano cinquant'anni fa!»intervenne il signorMedbourne.

Fecero tutti ressa intorno a lei: chi le prendeva ambedue le mani in unastretta appassionatachi le cingeva la

vita con un bracciochi affondava la mano tra i lucidi riccioli raccoltisotto al suo cappellino. Arrossendoansimando

dibattendosigridandoridacchiandosoffiando il suo alito caldo su ognunadi quelle faccela vedova si sforzava di

districarsima sempre rimaneva avvolta nel loro triplice abbraccio. Mai siera visto un più animato spettacolo di

giovanile rivalità che aveva come premio una così ammaliante bellezza.Eppureper un bizzarro effetto provocato dalla

penombra della stanza e dagli antiquati abiti che essi ancora indossavanosidice che l'alto specchio riflettesse le

immagini di tre vecchi ruderi grigi e avvizziti che comicamente sidisputavano la scarna bruttezza di una vecchia nonna

rinsecchita.

Ma erano giovanied erano le loro brucianti passioni a dimostrarlo.Infiammati fino alla follia dalla civetteria

di quella giovane vedovache non concedeva né del tutto rifiutava i suoifavorii tre rivali iniziarono a scambiarsi

minacciose occhiatee poisenza lasciare la presa dell'ambito premiosipresero l'un l'altro per la gola. Nella

colluttazione che seguìil tavolo si rovesciò e il vaso andò in millepezzi e la preziosa Acqua della Giovinezza cadde in

un rivolo scintillante sul pavimentobagnando le ali di una farfalla cheinvecchiata col declino dell'estatesi era lì

posata per morire. L'insetto svolazzò lievemente per la stanzapoi andò aposarsi sulla candida testa del dottor

Heidegger.

«Ma andiamosignori! e anche leisignora Wycherly!»esclamò il dottore.«Devo proprio protestare per

questa gazzarra».

Si arrestarono tuttirabbrividendoperché sembrò che il grigio Tempo liavesse richiamati dalla loro luminosa

giovinezza fin giù nel gelido e tetro antro degli anni. Guardavano ilvecchio dottor Heideggerche seduto sulla sua sedia

a braccioli scolpitateneva in mano una rosa vecchia di mezzo secolo cheaveva recuperato tra i cocci del vaso

frantumato. A un cenno della sua manoi quattro contendenti ripresero illoro posto a sedereancor più prontamente

perché quei violenti sforzi li avevano affaticatiper quanto fosserogiovani.

«La rosa della mia povera Sylvia!»sospirò il dottor Heideggerportandola alla luce del tramonto tra le nuvole.

«Sembra che stia appassendo di nuovo».

E così era. Ancor mentre la compagnia lo guardavail fiore continuava adavvizzirsifino a divenire rinsecchito

e fragile come quando il dottore l'aveva gettato nel vaso. Poi questiscrollò le poche gocce che erano rimaste tra i suoi

petali.

«Mi piace anche cosìcome quand'era fresca di rugiada»osservò portandola rosa appassita alle sue labbra

avvizzite. Mentre così dicevala farfalla si alzò in volo dalla sua testacanuta e ricadde sul pavimento..71

I suoi ospiti rabbrividirono di nuovo. Uno strano senso di gelonon sapevanose del corpo o dello spirito

penetrava a poco a poco dentro di loro. Si osservarono l'un l'altro e sembròloro che ogni fuggevole momento strappasse

qualcosa del loro fascinolasciando un solco sempre più profondo dove primanon c'era. Era forse un'illusione? Forse i

mutamenti di tutta una vita si erano addensati in così breve arco di tempoe ora erano quattro vecchi seduti accanto al

loro vecchio amicoil dottor Heidegger?

«Così presto siamo divenuti ancora vecchi!»esclamarono amaramente.

E in verità era così. Il potere che aveva l'Acqua della Giovinezza era piùeffimero di quello del vino.

L'effervescenza che aveva provocato era ormai svaporata. Sìerano di nuovovecchi. Con un tremito istintivo che

rivelava ancora la sua femminilitàla vedova si coprì il volto con le maniossutee si augurò che fosse celato dal

coperchio di una baraperché non poteva più essere bello.

«Sìamicisiete di nuovo vecchi»confermò il dottor Heidegger.«Guardate! L'Acqua della Giovinezza è tutta

sparsa per terrama non me ne rammaricoperché se la sorgente sgorgassesulla mia porta di casa non mi chinerei a

bagnarvi le labbranoanche se questa ebbrezza perdurasse per annianziché per momenti. Questa è la lezione che voi

mi avete insegnato!».

Ma i quattro amici del dottore non avevano imparato la lezione e presero ladecisione di recarsi in

pellegrinaggio in Florida per abbeverarsimattinopomeriggio e seraallaFontana della Giovinezza.

LA FESTA IN MASCHERA DEL GOVERNATORE HOWE

Leggende del Palazzo della Provincia

I

Un pomeriggio della scorsa estatementre passeggiavo per Washington Streetil mio sguardo fu richiamato da

un'insegna che si protendeva sopra a una stretta arcataquasi di fronte allavecchia Chiesa meridionale. L'insegna

rappresentava la facciata di un imponente edificiodesignato come «VecchioPalazzo della Provinciagestito da

Thomas Waite». Fui lieto che mi fosse così ricordata l'intenzioneda lungotempo coltivatadi visitare e perlustrare la

dimora degli antichi governatori reali del Massachusettse una voltaimboccata l'arcatache penetrava in mezzo a una

doppia fila di botteghe di mattonisolo pochi passi mi portarono dal cuoreoperoso della moderna Boston in un piccolo

e appartato cortile. Un lato di questo spazio era occupato dalla facciataquadrata del Palazzo della Provinciaalto tre

piani e sormontato da una cupolain cima alla quale si poteva vedere lafigura di un indiano dorato con l'arco teso e la

freccia incoccataquasi stesse mirando la banderuola sulla guglia dellavecchia Chiesa meridionale. La figura

conservava quella posizione da settant'anni e piùfin da quando il buondiacono Drowneabile incisore del legno

l'aveva posta di sentinella sopra alla città.

Il Palazzo della Provincia è una costruzione di mattoni che sembra esserstata intonacata di fresco con una

mano di leggero colore. Una rampa di gradini rossi di pietra tagliatachiusada una balaustra di ferro battutosale dal

cortile a un ampio porticatosul quale una balconata è cinta da unabalaustra di ferrodi disegno e fattura simili a quella

inferiore. Le lettere e le cifre16 P.S. 79sono incise nel ferro battutodella balaustrae indicano probabilmente la data

dell'edificio e le iniziali del suo fondatore. Un'ampia porta con doppibattenti mi condusse nella sala o atrio d'entrata

alla cui destra si apriva l'ingresso della locanda.

Era in questa salapresumoche gli antichi governatori davano i lororicevimenti con sfarzo viceregale

circondati da militariconsiglierimagistrati e altri funzionari dellacoronamentre tutti i sudditi della provincia

accorrevano per rendere loro omaggio. Ma la salanel suo attuale statononpuò vantare nemmeno l'ombra di quella

magnificenza. I pannelli che ricoprono le pareti sono incrostati disporciziae acquistano una tonalità ancora più tetra a

causa della cupa ombra che getta sul Palazzo l'isolato di mattoni che losepara da Washington Street. Un raggio di sole

non penetra mai in questo localenon più del riverbero delle torce accesedurante le festeche sono state spente

dall'epoca della rivoluzione. L'oggetto più vetusto e ornamentale è uncaminetto decorato con piastrelle di maiolica

azzurracon figure che rappresentano scene delle Scritture eper quanto nesola consorte di qualche governatore può

essersi seduta accanto a questo caminettoraccontando ai suoi bambini lastoria illustrata in ciascuna piastrella azzurra.

Un bar di stile modernoben fornito di caraffebottigliescatole di sigarie ceste di limonie provvisto anche di una

spina per birra e di un sifone per selzsi allunga su una parete del locale.Al mio ingressoun anziano cliente stava

leccandosi le labbracon tale gusto da farmi pensare che le cantine delpalazzo contenessero ancora pregiati liquori

anche se certo di altre annate di quelli sorseggiati dai vecchi governatori.Dopo aver centellinato un bicchiere di sangria

di Portopreparata dalle abili mani del signor Thomas Waiteho pregatoquesto degno successore e rappresentante di

tanti storici personaggi di condurmi a visitare la loro avita dimora.

Lui prontamente accondiscesema per dire la verità dovetti attingerestrenuamente alla mia immaginazione per

trovare qualcosa di interessante in una dimora chepriva dei suoi connotatistoricipoteva sembrare semplicemente una

di quelle taverne frequentate abitualmente da una clientela di rispettabilicittadini e di vecchi gentiluomini di campagna.

Le camereprobabilmente più spaziose in altri tempisono ora separate dapareti divisorie e scomposte in piccole

nicchieognuna delle quali concede scarso spazio al piccolo lettoallasedia e al tavolino di un unico occupante. La

grande scalinata può essere invece definitasenza iperboleun elemento disfarzo e magnificenza. Si snoda nel mezzo.72

del palazzo con rampe di ampi gradiniciascuna delle quali termina su unpianerottolo quadratoda dove la salita

prosegue verso la cupola. Una balaustra scolpitada poco dipinta ai pianiinferiorima sempre più scrostata salendo

fiancheggia la scala con pilastri bizzarramente contorti e intrecciati.Queste scale erano un tempo calpestate dagli stivali

dei militari e dalle scarpe di molti gottosi governatoriquando salivanosulla cupolache offriva loro un'ampia vista

della metropoli e della campagna circostante. La cupola è un ottagono conmolte finestre e una porta che si apre sul

tetto. Da questa posizionemi piace immaginare che Gage osservasse la suadisastrosa vittoria a Bunker Hill (se non era

nascosta da una delle tre colline)e Howe seguisse l'avanzata dell'esercitoassediante di Washingtonanche se gli

edificigià allora eretti nelle vicinanzeostruivano la vista di quasituttotranne il campanile della vecchia Chiesa

meridionaleche sembra quasi a portata di braccio. Scendendo dalla cupolami sono soffermato nella soffitta per

osservarne la massiccia struttura di quercia biancamolto più solida diquella delle case modernetanto da assomigliare

a un antico scheletro. Le pareti di mattoniimportati dall'Olandae letravi di legno del palazzo sono ancora robuste

come un tempoma i pavimenti e altre parti internedecadenti come sonohanno suggerito il progetto di sventrare

l'edificio e di costruirne uno nuovo dentro la struttura delle antiche mura.Tra gli altri inconvenienti del palazzoil mio

anfitrione ha ricordato che ogni scossa o movimento scrolla la polvere deglianni dai soffitti delle stanzefacendola

cadere sul pavimento sottostante.

Attraverso la grande finestra della facciata siamo usciti sulla balconatadoveun tempoil rappresentante del

sovrano era solito mostrarsi alla folla dei suoi sudditiricambiando le loroovazioni e lanci di cappelli con solenni

inchini della sua nobile persona. A quei tempila facciata del Palazzo dellaProvincia guardava sulla strada e tutto lo

spazio occupato ora dalla fila delle botteghe di mattonioltre che l'attualecortileera disposto in aiuole erbose

sovrastato da alberi e cinto da una cancellata di ferro battuto. Ora ilvecchio e aristocratico palazzo nasconde il suo volto

consunto dal tempo dietro a uno sfacciato edificio modernoe a una delle suefinestre retrostanti ho osservato alcune

graziose sartine che cucivanochiacchieravano e ridevanolanciando diquando in quando una distratta occhiata alla

balconata. Discesi da lìsiamo entrati di nuovo nella sala del bardovel'anziano signore summenzionatoche col suo

schioccar di labbra aveva testimoniato così a favore dei liquori del signorWaitepoltriva ancora sulla sua sedia.

Sembravase non un inquilinoun frequentatore abituale della locandae sipoteva immaginare che avesse un suo conto

aperto al baruna sua sedia davanti alla finestra aperta nei mesi estivieun suo angolo preferito accanto al camino in

inverno. Nel vedere la sua aria socievolemi azzardai a rivolgermi a lui conqualche osservazionecalcolata per far

affiorare le sue reminiscenze storichese ne avevae scoprii con piacerechetra ricordi e tradizioniil vecchio

gentiluomo conosceva realmente alcuni divertenti aneddoti sul Palazzo dellaProvincia. La parte del suo racconto che

maggiormente mi interessò fu l'abbozzo della seguente leggenda. Assicurò diaverla appresain un paio di puntateda

un testimone ocularema questa fontenonché il trascorrere del tempodevono aver introdotto molte varianti nel

raccontocosì che non essendo possibile stabilire una precisa e assolutaverità storicanon ho scrupolo ad apportare

quelle ulteriori modifiche che sembrano vantaggiose per il lettore e il suodiletto.

Durante uno dei ricevimenti offerti al Palazzo della Provincia nel corsodell'ultima parte dell'assedio di Boston

avvenne un episodio che non ha mai avuto soddisfacente spiegazione. Gliufficiali dell'esercito britannico e

l'aristocrazia lealista della provinciaraccolta per la maggior parte dentrola città assediataerano stati invitati a un ballo

in mascheraessendo politica di sir William Howe nascondere le ansie e ipericoli di quel periodononché la situazione

disperata dell'assedioostentando un'atmosfera festosa. Lo spettacolo diquella serase si può dar credito ai più anziani

membri della cerchia di corteera il più allegro e sfarzoso tra quelliregistrati negli annali governativi. I locali vivamente

illuminati del palazzo erano affollati da personaggi che sembravano uscitidalle tenebrose tele dei ritratti storicio fuori

dalle pagine incantate di un romanzoo quanto meno da uno dei teatrilondinesisenza nemmeno cambiare i costumi.

Cavalieri con la corazza dei tempi della Conquistabarbuti statisti dellaregina Elisabetta e dame di corte con l'alta

gorgiera si mescolavano con personaggi della commediaquali un variopintogiullare col berretto tintinnante di

campanelliniun Falstaff ridanciano quasi quanto il suo prototipoun DonChisciotte armato di una pertica come lancia

e di un coperchio come scudo.

Ma la maggiore ilarità era suscitata da un gruppo di persone comicamenteabbigliate con vecchie divise

militariche sembravano acquistate da un rigattiere o trafugate in qualchedeposito di vecchie uniformi dell'esercito

francese e inglese. Alcune di queste divise erano state probabilmenteindossate all'assedio di Louisburge le uniformi di

foggia più recente erano state forse lacerate e sforacchiate da spadebaionette e pallottole già ai tempi della vittoria di

Wolfe. Uno di questi bei tomiun tipo allampanato che brandiva una spadaarrugginita di spropositata lunghezza

affermava di essere nientemeno che il generale George Washingtone altriufficiali dell'esercito americanoquali Gates

LeePutnamSchuylerWard e Heatherano rappresentati da analoghispaventapasseri. Un dialogo in stile eroicomico

tra i soldati ribelli e il comandante in capo britannico fu accolto conscroscianti applausiancora più calorosi da parte

dei fedeli lealisti della colonia. Uno degli invitati se ne stava però indisparteosservando queste buffonerie con

espressione severa e sprezzantee un amaro sorriso sul volto accigliato.

Era un vecchio che godeva una volta di alto grado e considerazione nellaprovinciae che era stato ai suoi

tempi un famoso soldato. Aveva destato un certo stupore il fatto che unapersona di ben noti principi liberali come il

colonnello Joliffeanche se ormai troppo vecchio per prendere parteattivamente alla contesafosse rimasto a Boston

durante l'assedioe soprattutto che avesse acconsentito a mostrarsi nelpalazzo di sir William Howe. Ciò nonostante era

giuntoaccompagnato da una graziosa nipote al braccioe lìin mezzo atutte quelle risate e buffoneriestava la sua

vecchia e severa figurail personaggio più rispettabile tra le maschereperché rappresentava così bene l'antico spirito

della sua terra natale. Gli altri invitati dicevano che il cupo cipigliopuritano del colonnello Joliffe gettava un'ombra.73

scura tutt'intorno a luimanonostante la sua severa presenzala loroallegria continuava a divamparesimileper

malaugurante paragonealla tremula fiammella di una lampada che ha ancorapoco da ardere. Undici colpi erano

rintoccati mezz'ora prima dall'orologio della vecchia Chiesa meridionalequando iniziò a circolare voce tra i convitati

che stava per andare in scena qualche nuovo spettacolo o recitache avrebbedato degna conclusione alla splendida festa

di quella sera.

«Quale altra farsa ha in serbo sua Eccellenza?»domandò il reverendoMather Bylesi cui scrupoli di

presbiteriano non l'avevano tenuto lontano dal ricevimento. «Creda a mesignoreho già riso più di quanto si conviene

al mio abitodurante la sua omerica conversazione con quello straccione digenerale dei ribelli. Un altro di questi

accessi di risae dovrò gettare via la parrucca e la baverinaecclesiastica».

«Nient'affattobuon dottor Byles»rispose sir William Howe«sel'allegria fosse un delittolei non avrebbe

mai ottenuto la sua laurea in teologia. In quanto a quest'altra farsanon neso più di leie forse meno. Sinceramente

dottorenon ha forse sobillato la mente morigerata di qualche suoparrocchiano per far recitare una scenetta nella nostra

mascherata?».

«Forse»intervenne ironicamente la nipote del colonnello Joliffeil cuispirito era stato pungolato da tante

frecciate contro il New England«forse assisteremo a una sfilata di figureallegoriche: la Vittoriacon i trofei di

Lexington e di Bunker Hilll'Abbondanza con la cornucopiaper rappresentarel'attuale ricchezza di questa fortunata

cittàe la Gloriacon una corona d'alloro per la fronte di suaEccellenza».

Sir William sorrise a queste parolecui avrebbe risposto aggrottandoseveramente la fronte se fossero state

pronunciate da una bocca adornata di barba. Gli fu risparmiata la necessitàdi dare una replica a causa di una strana

interruzione. Un suono di musica giunse da fuori il palazzocome alzandosida una banda di strumenti musicali di

stanza nella stradama non suonava qualche festoso motivo adattoall'occasionebensì una lenta marcia funebre. I

tamburi sembravano attutiti e le trombe emettevano un lamentoso gemitochesubito zittì l'allegria degli ascoltatori

riempiendoli tutti di stuporee alcuni di apprensione. Molti pensarono cheil corteo funebre di qualche importante

personaggio si fosse fermato davanti al Palazzo della Provinciao che unferetro rivestito di velluto e riccamente

decorato stesse per essere traslato dal portale della chiesa. Dopo averascoltato per qualche attimosir William Howe

chiamò con voce imperiosa il capo dell'orchestrache aveva fin'alloraallietato il ricevimento con musiche gaie e

festose. L'uomo era il primo tamburino di uno dei reggimenti britannici.

«Dighton»domandò il generale«che cosa significa questa stravaganza?Ordini ai suoi uomini di far tacere

questa musica mortuariaaltrimentisul mio onoreavranno sufficientimotivi per suonare questi lugubri accordi. Li

faccia zittiresignore!».

«Mi scusivostro onore»rispose il capo tamburinoil cui volto rubizzoaveva perso tutto il suo colore«ma la

colpa non è mia. Io e la mia banda siamo qui tutti insiemee dubito chequalcuno di noi saprebbe suonare questa marcia

senza spartito. L'ho udita prima una volta soltantoed è stato in occasionedei funerali della sua defunta Maestàre

Giorgio II».

«Benebene!»rispose sir William Howeriprendendo la sua compostezza.«Sarà il preludio musicale di

qualche altra burla in maschera. Suonino pure».

Si presentò allora un personaggioma nessuna delle molte maschere sparse inquei locali sapeva dire

esattamente da dove venisse. Era un uomo vestito con un antiquato abito disaia nerae aveva l'aspetto di un

maggiordomo o di un primo cameriere nella casa di un nobiluomo o di un riccoproprietario terriero inglese. L'uomo

avanzò fino alla porta esterna del palazzo edopo averne spalancato ambeduei battenti si scostò leggermente da una

parte e si voltò a guardare la grande scalinatacome aspettandosi chequalcuno ne discendesse. In quel momentola

musica in strada diventò un profondo e doloroso appello. Gli sguardi di sirWilliam Howe e dei suoi ospiti erano tutti

rivolti verso la scalinata quando apparverosul più alto pianerottolovisibile dal bassoalcuni personaggi che

scendevano verso la porta. Il primo era un uomo col volto severo che portavaun cappello a pan di zucchero e uno

zucchetto al di sottoun mantello nero e alti stivali grinzosi che salivanoa metà della gamba. Sotto il braccio teneva una

bandiera arrotolata che sembrava quella inglesema era stranamente lacera estrappata; nella mano destra impugnava

una spada e nella sinistra stringeva una Bibbia. Il personaggio seguente eradi più mite aspettoma non meno dignitoso

e portava un ampio collarinosul quale scendeva la barbauna tunica divelluto ricamatofarsetto e calzoni di raso nero

stretti al ginocchioe nella mano stringeva un manoscritto arrotolato.Dietro a questi due scendeva un giovane di

singolare contegno e portamentocon profondi pensieri e meditazioni scavatisulla frontee forse un lampo di

entusiasmo negli occhi. Il suo abbigliamentocome quello dei suoipredecessoriera di foggia antiquatae sulla sua

gorgiera si vedeva una macchia di sangue. Insieme a costoro comparvero altritre o quattro uominitutti altrettanto

dignitosi e autorevoliche si comportavano come personaggi avvezzi aglisguardi della moltitudine. Gli osservatori

pensavano che questi personaggi andassero a unirsi al misterioso funerale chesi era fermato davanti al Palazzo della

Provinciama questa supposizione sembrava contraddetta dal modo trionfantecon cui agitavano le mani quando

varcavano la soglia e scomparivano oltre la porta.

«In nome di Dioche cosa succede?»mormorò sir William Howe rivolto a ungentiluomo accanto a lui. È

forse una processione dei giudici regicidi di re Carloil martire?».

«Costoro»rispose il colonnello Jolifferompendo il silenzio forse per laprima volta quella sera«costorose

non vado erratosono i governatori puritanicoloro che governano l'anticaoriginaria democrazia del Massachusetts.

Erano Endicottcon la bandiera da cui aveva strappato il simbolodell'asservimentoe Winthropsir Henry Vane

DudleyHaynesBellingham e Leverett»..74

«E perché quel giovane aveva una macchia di sangue sulla gorgiera?»domandò la signorina Joliffe.

«Perché»rispose suo nonno«in anni successiviegli posò la testapiù saggia d'Inghilterra sul ceppoin nome

dei principi di libertà».

«Sua Eccellenza non vuole chiamare le guardie?»sussurrò lord Percychecon altri ufficiali britannici aveva

fatto circolo intorno al generale. «Può esserci un complotto sotto questapantomima».

«Sciocchezze! Non abbiamo niente da temere»rispose sprezzantemente sirWilliam Howe. «Non può essere

tradimento più grave di una farsaanche se delle più noiose. Ma anche sefosse mordace e asprala nostra miglior

politica sarebbe riderne. Guardateecco che arrivano altri di questigentiluomini».

Un altro gruppo di personaggi stava ora discendendo la scala. Il primo era unvenerabile e canuto vegliardo

che cautamente saggiava il terreno avanti a sé con un bastonee dietro alui s'affrettavatendendo avanti una mano

guantatacome per afferrargli la spallaun uomo altod'aspettomilitarescocon un cimiero piumatouna lucida corazza

e una lunga spada che risuonava contro i gradini. Appariva poi un uomorobustoabbigliato con ricchi indumenti di

cortema senza atteggiamento cortigiano: il suo passo mostrava il movimentooscillante tipico dei marinaie quando

rischiò di inciampare sui gradiniandò subito in collera e fu uditoimprecare. Era seguito da un personaggio di nobile

aspetto con la parrucca arricciatasimile a quellerappresentate neiritratti dei tempi della regina Anna e anche primae

con una cotta decorata sul petto con una stella ricamata. Mentre avanzavaverso la portas'inchinava a destra e manca

con modi molto aggraziati e accattivantima nel varcare la sogliaadifferenza degli altri governatori puritanisembrò

torcersi le mani inquietamente.

«La pregofaccia lei la parte del corobuon dottor Byles»disse sirWilliam Howe. «Mi dicachi sono questi

personaggi?».

«Se non dispiace a vostra Eccellenzasono vissuti un po' di tempo prima dime»rispose il dottore. «Ma

sicuramente il nostro amico colonnello li ha conosciuti da vicino».

«Non ho mai visto i loro volti in vita»rispose gravemente il colonnello«anche se ho parlato faccia a faccia

con molti governatori di questa regionee a un altro ancora impartirò labenedizione di un vecchioprima di morire. Ma

parliamo di questi personaggi: presumo che quel venerabile vegliardo siaBradstreetl'ultimo dei puritaniche era

governatore a novant'anni circa. Lo seguiva sir Edmund Androsun verotirannocome può dirvi qualsiasi scolaretto del

New Englande perciò il popolo l'ha fatto precipitare in prigione dal suoalto seggio. Veniva poi sir William Phips

pastorebottaiocapitano di mare e infine governatore: che possano moltisuoi compatrioti elevarsi così in alto da così

umili origini! E infine avete visto il grazioso conte di Bellamontche ci hagovernato sotto re Guglielmo».

«Ma qual è il significato di tutto ciò?»domandò lord Percy.

«Se io fossi un ribelle»intervenne la signorina Joliffequasi ad altavoce«potrei immaginare che gli spettri di

questi antichi governatori siano stati convocati a formare il corteo funebredell'autorità regale nel New England».

Parecchie altre figure comparvero poi in cima alle scale. Il primo mostravain volto un'espressione pensosa

inquietaquasi furbescae nonostante i suoi modi altezzosiche esprimevanoevidentemente uno spirito ambizioso e una

lunga permanenza in alte carichenon sembrava incapace di umiliarsi davantia chi gli era superiore. Pochi passi dietro

a lui veniva un ufficiale in una purpurea uniforme arabescatadi foggiacosì antiquata che poteva esser stata indossata

dal duca di Marlborough. Il suo naso aveva un colorito paonazzo cheinsiemecon il luccichio degli occhipoteva far

pensare che fosse amante del vino e della buona compagniama nonostantequeste sue caratteristiche sembrava lì a

disagioe spesso si guardava intornocome temendo qualche segretotrabocchetto. Veniva poi un corpulento

gentiluomo con indosso un abito di ruvido panno bordato di raso. Mostrava involto buon sensoperspicacia e spiritoe

teneva sotto il braccio un volume in folioma il suo aspetto era quello diun uomo afflitto oltre la sopportazionee

angosciato fin quasi alla morte. Si affrettò a scendere la scalaseguito daun dignitoso personaggio vestito con un abito

di velluto purpureo riccamente ricamato. Il suo portamento sarebbe statomaestosonon fosse stato per un doloroso

attacco di gotta che lo costringeva a saltellare da un gradino all'altroconcontorcimenti del volto e del corpo. Quando il

dottor Byles vide questa figura sulla scalarabbrividì come in preda allafebbrema continuò a guardarla fermamente

finché il gottoso gentiluomo non raggiunse la soglia edopo un gesto diangoscia e disperazionescomparve nel buio di

fuoridove lo chiamava l'inno funebre.

«Il governatore Belcheril mio vecchio protettore! e proprio com'era fattoe vestito!»ansimò il dottor Byles.

«Questo è un oltraggioso dileggio!».

«Una tediosa scempiagginepiuttosto»ribatté sir William Howe con ariaindifferente. «Ma chi erano i tre che

lo precedevano?».

«Uno era il governatore Dudleyun astuto uomo politicoma la sua astuzial'ha condotto una volta in

prigione»rispose il colonnello Joliffe. «Gli altri erano il governatoreShutegià colonnello nell'esercito di

Marlboroughtemuto dalla gente anche fuori dalla provinciae il dottogovernatore Burnettormentato dalla legislatura

fino a contrarre una febbre mortale».

«Direi che erano miserevoli personaggiquesti regali governatori delMassachusetts»commentò la signorina

Joliffe. «Guardate come si affievolisce la luce!».

E infatti il grande lampadario che illuminava la scala mandava ora una lucefioca e crepuscolaree le figure che

scendevano in fretta per scomparire nel porticato sembravano ombre più chepersone in carne e ossa. Sir William Howe

e i suoi invitati stavano sulle porte dei locali circostanti e osservavanoquesta singolare sfilata con vari sentimenti di

colleraindignazione o inconfessata paurama sempre con ansiosa curiosità.Le figureche sembravano ora affrettarsi a

raggiungere la misteriosa processioneerano riconoscibili per il loropeculiare abbigliamento o per qualche tratto.75

vistoso del portamentopiù che per qualche visibile rassomiglianza con ilineamenti dei loro prototipiperché i loro

volti erano sempre tenuti in ombra. Ma il dottor Byles e altri spettatori cheavevano avuto familiarità con i successivi

governatori della provincia bisbigliavano i nomi di Shirleydi Pownalldisir Francis Bernard e dell'indimenticato

Hutchinsonriconoscendo così che gli interpretichiunque fosserodiquesta spettrale sfilata di governatorierano

riusciti a rappresentare un pur vago ritratto dei personaggi reali. Mentrescomparivano oltre la portaqueste ombre

continuavano a gesticolare nel buio della nottemanifestando dolorosamenteil loro tormento. Dietro al rappresentante

di Hutchinson veniva un personaggio marziale che si copriva il volto con lafeluca che si era tolto dalla testa incipriata

ma le spalline e altre insegne del rango erano quelle di un generaleequalcosa del suo portamento ricordava agli astanti

una persona che era stata poco prima padrone del palazzo e capo di tutta laprovincia.

«È la figura di Gageautentica come in uno specchio!»esclamò lordPercyimpallidendo.

«No di certo!»esclamò la signorina Joliffecon una risatina nervosa.«Non poteva essere Gagealtrimenti sir

William avrebbe abbracciato il suo vecchio compagno d'armi! Forse nonlascerà uscire impunemente il prossimo della

fila».

«Ohdi questo stia certasignorina!»rispose sir William Howefissandouno sguardo molto eloquente sul

volto impassibile di suo nonno. «Troppo a lungo ho atteso di rendere ildovuto omaggio di padrone di casa a questi

invitati che se ne vanno. Il prossimo che prenderà congedo riceverà ildebito saluto».

Un improvviso e lugubre suono penetrò nella sala attraverso la porta aperta.Sembrava che la processione

dopo aver aumentato progressivamente i suoi ranghifosse ora in procinto dimuoversie che quel perentorio squillo di

trombe lamentose e quel rullo di tamburi attutiti fosse un invito adaffrettarsi rivolto a qualcuno che s'attardava. Molti

sguardicome mossi da un irresistibile impulsosi rivolsero allora versosir William Howecome se fosse lui la persona

che quella lugubre musica chiamava al funerale del defunto potere.

«Guardate! Ecco che arriva l'ultimo!»esclamò la signorina Joliffeindicando la scala con mano tremante.

Una figura era comparsa infatti alla vistacome se stesse scendendo lescalema il luogo da cui emergeva era

così buio che alcuni spettatori ebbero la sensazione di aver visto questaforma umana che prendeva improvvisamente

corpo tra le tenebre. La figura scese le scale con passo solenne e marzialee quando raggiunse l'ultima rampa si vide che

era un uomo altocon stivali e un mantello militare avvolto intorno allafacciafino a raggiungere la tesa floscia di un

cappello merlettato. I suoi lineamenti erano perciò completamente nascostima alcuni ufficiali britannici pensarono di

aver già visto quel mantello militare e di riconoscere perfino losfilacciato ricamo del collare e la guaina dorata della

spada che spuntava tra le pieghe del mantello e scintillava in un vividoraggio di luce. Oltre a questi piccoli particolari

altre caratteristiche del passo e del portamento costringevano glisconcertati invitati a spostare lo sguardo dalla figura

ammantata a quella di sir William Howecome per convincersi che il loroospite non fosse improvvisamente scomparso

in mezzo a loro.

Videro poi che il generalecol volto cupamente arrossato di colleraestraeva la spada e si faceva incontro a

quella figura ammantataprima che questa mettesse piede sul pavimento.

«Furfanterivela il tuo volto!»esclamò. «Non andrai oltre!».

Il personaggiosenza ritrarsi d'un passo dalla spada puntata al suo pettosi arrestò con aria solenne e abbassò il

cappuccio del mantello avvolto intorno alla facciama non abbastanza perconsentire agli spettatori di intravvederla.

Maevidentementesir William Howe ne aveva visto abbastanza. La suaespressione sdegnata lasciò posto a uno

sguardo di incontenibile stuporese non d'orrorementre si ritraeva dialcuni passi dalla figuralasciando cadere la

spada sul pavimento. La marziale figura avvolse di nuovo il mantello intornoal volto e passò oltrema quando

raggiunse la sogliacon le spalle voltate agli spettatorifu vista batterei piedi per terra e scuotere in aria i pugni chiusi.

Alcuni affermarono in seguito che sir William Howe ripeté l'identico gestodi rabbia e di disperazione quando per

l'ultima voltae come ultimo governatore del revarcò la porta del Palazzodella Provincia.

«Udite! La processione si muove...»esclamò la signorina Joliffe.

La musica andava infatti spegnendosi lungo la stradae i suoi lugubriaccordi si mescolavano con i rintocchi di

mezzanotte del campanile della vecchia Chiesa meridionale e con il rombodell'artiglierial'annuncio che l'esercito

assediante di Washington si era trincerato su un'altura più vicina. Quandoil cupo rombo del cannone giunse alle sue

orecchieil colonnello Joliffe si alzò in tutta la statura della sua tardaetàe rivolse al generale britannico un aspro

sorriso.

«Sua Eccellenza vuole sapere altro del mistero di questa sfilata?»domandò.

«Badi alla sua testa canuta!»esclamò fieramente sir William Howema conlabbra tremanti. «Troppo a lungo

è rimasta sulle spalle di un traditore!».

«Deve affrettarsi a tagliarlaallora»replicò pacatamente il colonnello«perché tra qualche ora tutto il potere di

sir William Howe e del suo padrone non potrà più far cadere nemmeno uno diquesti capelli bianchi. Il dominio di

Britannia su questa antica provincia è ormai al suo scaderequesta notteegià mentre parlo è cadavere. Penso che le

ombre dei vecchi governatori meritino di partecipare al suo funerale».

Dette queste paroleil colonnello Joliffe si avvolse nel suo mantello epreso il braccio della nipotese ne andò

dall'ultima festa che un governatore britannico diede nell'antica provinciadel Massachusetts. Si sospettò che il

colonnello e la sua giovane nipote fossero a conoscenza di qualche segretaintesa in merito alla misteriosa processione

di quella serama comunque fossequesta conoscenza non è mai statadivulgata. Gli autori di quella rappresentazione

sono scomparsi in un'oscurità ancora più profonda di quella che avvolse iselvaggi indiani che gettarono a mare i carichi

di tè delle navi britannichee trovarono posto nella storiama senzalasciare il loro nome. Tuttavia tra le altre leggende.76

di questa dimorala superstizione popolare racconta tuttora che la seradell'anniversario della sconfitta britannica gli

spettri degli antichi governatori del Massachusetts scivolano ancoraattraverso la porta del Palazzo della Provincia. E

ultima tra questecompare una figura avvolta in un mantello militaregesticolando con i pugni chiusi e battendo gli

stivali chiodati sui larghi gradini di pietraapparentemente in preda aconvulsa disperazionema senza fare alcun

rumore.

Quando i veritieri accenti dell'anziano gentiluomo si spenserotrassi unprofondo respiro e mi guardai intorno

per la salasforzandomi con tutta la mia immaginazione di conferireun'impronta di grandiosità storica alla realtà di

quella scena. Ma le mie narici annusarono l'odore di fumo del sigaroche ilnarratore aveva emesso in nuvolettequasi a

rappresentare vis ibilmenteimmaginola nebulosa oscurità del suoracconto. Queste mie fantasie erano purtroppo

disturbate anche dal tintinnio di un cucchiaio nel bicchiere di punch alwhiskey che il signor Thomas Waite stava

mescolando per un cliente. Né contribuiva a evocare l'aspetto pittoresco diquelle pareti il cartellone di uno spettacolo

teatrale di Brooklinche era lì appeso in vece del blasone di qualchegovernatore d'antico lignaggio. Un cocchiere

seduto davanti a una finestrastava leggendo un giornale popolare del tempoil «Boston Times»presentando

un'immagine che non poteva certo essere raffigurata in una qualsiasiillustrazione del «Times in Boston» di una

settantina d'anni prima. Sul davanzale di una finestra era posato unpacchettoben confezionato in carta marronee per

oziosa curiosità ne lessi l'indirizzo: «Signorina Susan Hugginspresso ilPalazzo della Provincia». Era qualche graziosa

camerierasenza dubbio. In veritàè un disperato tentativo quello dirievocare l'atmosfera di canute antichità in luoghi

in cui il mondo vivente e il giorno che sta trascorrendo hanno ancoraqualcosa a che fare. Eppurementre guardavo la

maestosa scalinata dalla quale era discesa la processione degli antichigovernatorie poimentre uscivo attraverso il

venerabile portale dove le loro figure mi avevano precedutoavvertii conpiacere un brivido di emozione. Poidopo aver

attraversato lo stretto archivoltoalcuni passi ancora mi portarono in mezzoalla più fitta folla di Washington Street.

IL RITRATTO DI EDWARD RANDOLPH

Leggende del Palazzo della Provincia

II

Il vecchio avventore che narrava le leggende del Palazzo della Provinciarimase nel mio ricordo dalla metà

d'estate fino a gennaio. In un'oziosa serata dello scorso invernosicuro ditrovarlo nel cantuccio più caldo della locanda

presi la decisione di fargli un'altra visitanella speranza di ben meritaredal mio paesestrappando all'oblio qualche altro

inedito episodio della sua storia. La notte era gelida e inclementeancorapiù tempestosa a causa di un forte vento che

soffiava in Washington Streetfacendo crepitare e tremolare le fiammelledentro i lampioni a gas. Mentre mi affrettavo

la mia fantasia era occupata da un confronto tra l'aspetto attuale dellastrada e quello che probabilmente aveva quando i

governatori britannici abitavano ancora il palazzo verso cui ero diretto. Gliedifici di mattoni erano pochia quei tempi

finché una catena di devastanti incendi non aveva spazzato viapiù di unavoltale abitazioni e i magazzini di legno del

più popoloso quartiere della città. Gli edifici erano allora isolati eindipendentinon mescolavano come ora le loro

separate esistenze in file connessecon una solamonotona facciatamapossedevano ciascuno una propria identità

come se il gusto personale del proprietario li avesse modellatie tuttol'insieme presentava una pittoresca irregolaritàla

cui mancanza non è certo compensata dalle bellezze della nostra architetturamoderna. Questa scenache fiocamente

scompariva alla vistaal lume delle candele di sego che brillavano aipiccoli pannelli delle finestre sparse qua e là

offriva un netto contrasto con la strada che io ora vedevocon i lampioni agas che ardevano da un angolo all'altro

gettando fasci di luce dentro ai negozi e illuminandoli a giorno attraversole enormi vetrine.

Ma il cielo basso e grigioche vidi alzando lo sguardoaveva sicuramente lostesso volto imbronciato che

mostrava agli abitanti del New England prerivoluzionarioe il ventoinvernale soffiava con lo stesso sibilo che era

familiare alle loro orecchie. Anche la vecchia Chiesa meridionale puntavagià allora nel buio la sua antica gugliache si

perdeva tra la terra e il cieloe mentre passavoil suo orologioche avevaricordato a tante generazioni com'era effimero

il loro arco di vitascandiva lentamente e gravementeanche per melostesso inascoltato messaggio. «Sono soltanto le

sette»pensai. «Chissà se le leggende del mio vecchio amico riuscirannoad ammazzare il tempo fino all'ora di andare a

letto».

Oltrepassata la stretta arcataattraversai il cortileilluminatotutt'intorno da una lanterna sospesa sopra al

portale del Palazzo della Provincia. Entrato nella sala del bartrovaicomemi aspettavoil vecchio conservatore di

leggende seduto accanto a un bel fuoco d'antracitesollevando nuvole di fumodal suo grosso sigaro. Mi riconobbe con

evidente piacereperché le mie doti di paziente ascoltatore rendevanosempre gradita la mia compagnia agli anziani

gentiluomini e signore che avevano propensione alla narrazione. Dopo averportato una sedia accanto al fuocochiesi al

padrone del locale di prepararci due bicchieri di punch al whiskeychefurono prontamente servitiancora fumanticon

una fetta di limone sul fondouno strato di porto rosso scuro in superficiee una spruzzata di noce moscata sul tutto.

Mentre facevamo tintinnare insieme i nostri bicchieriil mio amico delleleggende si presentò col nome di Bela Tiffany

e mi fece piacere la stranezza di quel nomeperché conferiva alla suaimmagine e al suo carattere una sorta di peculiare

personalità. La bevanda ebbe l'effetto di sciogliere la memoria del vecchiogentiluomoche traboccò ben presto di.77

raccontitradizioni e aneddoti su personaggi defunti e su antiche usanzealcuni dei quali infantili come una ninna nanna

per bambinialtri meritevoli dell'attenzione di un serio cultore di storia.

Nessuna tra queste storie mi impressionò quanto quella di un oscuro emisterioso dipinto che era appeso in una

delle camere del Palazzo della Provinciaproprio sopra alla sala in cuisedevamo. La seguente è una fedele versione

dell'episodioquant'altre il lettore potrebbe trovare in qualsiasi altrafonteanche se colorita di qualche sfumatura

romanzesca che la fa sembrare quasi incredibile.

In una delle sale del Palazzo della Provincia era da tempo conservato unantico dipinto con la cornice nera

come l'ebano e la tela stessa così scurita dal tempodall'umidità e dalfumo che non era possibile distinguervi un solo

tocco del pennello dell'artista. Il tempo vi aveva steso sopra unimpenetrabile velolasciando alla tradizionealla

leggenda e all'immaginazione il compito di stabilire che cosa rappresentasseuna volta. Durante il mandato di molti

successivi governatoriil quadro era sempre stato appesoper tassativo eindiscusso dirittosopra al caminetto della

stessa camerae occupava ancora il suo posto quando il vicegovernatoreHutchinson assunse l'amministrazione della

provinciaalla dipartita di sir Francis Bernard.

Un pomeriggioil vicegovernatore era seduto sulla sua imponente sedia abraccioliil capo posato sul suo

dorso scolpitoe scrutava pensosamente la vuota oscurità del dipinto. Ilmomento non era di certo adatto a queste oziose

meditazioniperché questioni della più grave importanza richiedevano unadecisione del governatore. Un'ora prima

infattiHutchinson aveva ricevuto notizia dell'arrivo di una flottabritannica che portava a bordo tre reggimenti di

Halifax con il compito di reprimere l'insubordinazione della popolazioneequeste truppe erano in attesa della sua

autorizzazione per occupare la fortezza di Castle William e tutta la città.Ma invece di apporre la sua firma all'ordine

ufficialeil vicegovernatore stava lì sedutoosservando così intensamentequella nera estensione di tela che il suo

comportamento richiamò l'attenzione di due giovani che gli erano vicini. Unodi questicon una divisa militare di pelle

indossoera un suo parenteFrancis Lincolncapitano provinciale di CastleWilliam; l'altraseduta su un basso sgabello

accanto alla sua sediaera la prediletta nipote Alice Vane.

Vestita interamente in biancoera una pallidaeterea creatura chepuressendo nata nel New Englandera stata

educata all'esteroe sembrava non soltanto una straniera di altri lidimaquasi un essere di un altro mondo. Per molti

annifinché era rimasta orfanaaveva vissuto con suo padre nella solatiaItaliadove aveva acquisito un fervido

interesse per la scultura e la pitturache trovava scarse occasioni diappagare nelle spoglie abitazioni dell'aristocrazia

coloniale. Si diceva che i primi prodotti del suo pennello mostrassero noninferiore talentoanche seforsela rude

atmosfera del New England aveva intorpidito la sua mano e offuscato i vividicolori della sua immaginazione. Ma la sua

curiosità fu stimolata nel vedere lo sguardo fisso dello zioche sembravascrutare attraverso la nebbia degli anni per

scoprire il soggetto di quel dipinto.

«Qualcuno samio caro zio»domandò«che cosa rappresentava un tempoquesto vecchio dipinto? Forsese

fosse possibile renderlo visibilepotrebbe rivelarsi un capolavoro diqualche grande artista. Perchéaltrimentiavrebbe

occupato così a lungo un posto così importante?».

Lo zio non diede un'immediata rispostacontrariamente alle sue abitudiniessendo sempre attento a tutti gli

umori e i capricci di Alice come se fosse stata sua figliae allora ilgiovane capitano di Castle William se ne assunse a

compito.

«Questo vecchio e scuro quadrato di telamia bella cugina»le disse«èun cimelio del Palazzo della Provincia

da tempi immemorabili. In quanto al pittorenon posso dirti nientema se èvera una metà soltanto delle storie che

raccontanonessuno dei grandi maestri italiani ha mai prodotto un'operameravigliosa come quella che ti sta davanti».

Il capitano Lincoln riferì poi alcune delle strane favole e fantasie aproposito di quel vecchio dipinto che

essendo inconfutabili per testimonianza oculareerano divenute articoli dicredenza popolare. Una delle versioni più

inverosimilie nello stesso tempo la più accreditataaffermava che era unoriginale e autentico ritratto del Maligno

dipinto durante un sabba di streghe nei pressi di Saleme che la suaspiccata e terribile rassomiglianza era stata

confermata da parecchie streghe che confessarono al loro processo intribunale. Si diceva parimenti che uno spirito

domestico o un demone abitava dietro alla patina nera del dipintoe che siera mostratoin momenti di pubbliche

calamitàa più di uno dei governatori. Shirleytra gli altriaveva vistoquella funesta apparizione alla vigilia

dell'umiliante e sanguinosa sconfitta del generale Abercrombie sotto le muradi Ticonderoga. Molti domestici del

Palazzo della Provincia avevano intravvisto un volto che li guardavaaggrondato al mattinoal crepuscolo o nel cuore

della nottementre attizzavano il fuoco nel camino al di sottoma sequalcuno avesse avuto l'audacia di sollevare una

torcia davanti al dipintoquesto sarebbe apparso nero e indecifrabile comesempre. Il più vecchio abitante di Boston

ricordava che suo padreai cui tempi il ritratto non era ancoracompletamente scomparso alla vistalo aveva guardato

una voltama si rifiutava di essere interrogato sul volto che era lìrappresentato. In relazione a queste storieera

singolare il fatto che in cima alla cornice fossero rimasti alcuni brandellidi seta neraa indicare che un velo era stato

precedentemente sospeso davanti al dipintofinché l'ombra del tempo non loaveva celato completamente. Madopo

tuttol'aspetto più strano della faccenda era che tanti orgogliosigovernatori del Massachusetts avessero consentito di

lasciare l'obliterato dipinto al suo posto nella camera di Stato del Palazzodella Provincia.

«Alcune di queste favole sono davvero terrificanti»commentò Alice Vaneche aveva talvolta rabbrividito ma

anche sorriso mentre suo cugino parlava. «Sarebbe forse il caso di ripulirela patina nera della telaperché il dipinto

originale non può certo essere così impressionante come quelli che lafantasia dipinge in sua vece».

«Ma sarebbe possibile»domandò suo cugino«restituire questo scurodipinto ai suoi colori originari?»..78

«Quest'arte è conosciuta in Italia»rispose Alice.

Il vicegovernatore si era intanto ridestato dalle sue meditazionieascoltava sorridendo la conversazione dei

suoi giovani congiunti. Ma il tono della sua voce aveva un che di diversoquando si accinse alla spiegazione del mistero.

«Mi dispiaceAlicesmentire la tua fiduciain queste leggende che tantoti affascinano»osservò«ma le mie

ricerche di antiquario mi hanno portato già da tempo a conoscenza delsoggetto di questo dipintose dipinto può essere

definitoche non è più visibilené lo sarà maial pari del voltodell'uomoormai da tempo sepoltoche una volta

rappresentava. Eraquestoil ritratto di Edward Randolphil fondatore diquesto palazzoun personaggio celebre nella

storia del New England».

«Quell'Edward Randolph»esclamò il capitano Lincoln«che ottennel'abrogazione del primo statuto

provincialein base al quale i nostri antenati avevano goduto diritti quasidemocratici! Colui che era considerato

arcinemico del New Englandil cui ricordo è ancora detestatocomedistruttore delle nostre libertà!».

«Proprio quello stesso Randolph»confermò Hutchinsonmuovendosi adisagio sulla sedia. «Era suo destino

assaggiare l'amaro sapore dell'odio popolare».

«I nostri annali»proseguì il comandante di Castle William«dicono chela maledizione del popolo seguì

Randolph ovunque andassee portò male in tutti i successivi eventi dellasua vitae che si manifestò anche nelle

circostanze della sua morte. Dicono anche che l'effetto di quella maledizionelo colpì esteriormenteed era visibile

nell'aspetto di quell'infelicerendendolo troppo orribile a vedersi. Secosì èe se questo ritratto rappresenta realmente il

suo aspettoè stato un atto di pietà che l'ha ricoperto di questo velo dioscurità».

«Queste leggende sono soltanto sciocchezze per chicome meha verificatocome siano sorrette da così scarsa

verità storica»replicò il vicegovernatore. «Per quanto riguarda la vitae il carattere di Edward Randolphtroppo credito

è stato dato al dottor Cotton Matheril qualeanche se un po' del suosangue scorre nelle mie veneha infarcito la nostra

antica storia di pettegolezzi di vecchie comarifantasiosi e strampalaticome le leggende dell'antica Grecia e di Roma».

«Eppure»mormorò Alice«queste favole non potrebbero contenere unamorale? Secondo mese il volto di

questo ritratto è così spaventosonon è senza motivo che sia rimastocosì a lungo appeso in una sala del Palazzo della

Provincia. Quando i governanti si considerano privi di responsabilitàèbene che sia loro ricordato il terribile peso della

maledizione popolare».

Il vicegovernatore trasalì e guardò per un attimo sua nipotecome sequeste sue infantili fantasie avessero

risvegliato nel suo petto qualche sentimento che tutti i suoi principipolitici non potevano completamente accantonare.

Sapeva bene che Alicenonostante la sua educazione all'esteroconservava lospirito originario di una ragazza del New

England.

«Tacisciocchina»esclamòin un tono più aspro di quello che erasolito usare con la dolce Alice. «Il

rimprovero di un re è molto più temibile del clamore di una moltitudineturbolenta e mal consigliata. Capitano Lincoln

ormai è deciso: la fortezza di Castle William dev'essere occupata dalletruppe di Sua Maestà. Gli altri due reggimenti

devono essere acquartierati in cittàoppure accampati nel parco. È tempoche dopo tanti anni di tumultoquasi di

rivoltail governo di Sua Maestà stabilisca un suo baluardo».

«Abbia fedesignoreabbia fede ancora un po' nella fedeltà del popolo»replicò il capitano Lincoln«e non gli

insegni che con i soldati britannici può avere altri rapporti che quellidella fratellanzacome quando combattevano

fianco a fianco nella guerra contro i francesi. Non trasformi le strade dellasua città natale in un accampamento. Ci pensi

due volte prima di consegnare il vecchio Castle Williamla chiave dellanostra provinciain altre mani che quelle degli

autentici abitanti del New England».

«Giovanottoormai è deciso»ribadì Hutchinsonalzandosi dalla sedia.«Un ufficiale britannico sarà a

disposizionequesta seraper ricevere le opportune istruzioni in merito aldislocamento delle truppe. È richiesta anche

la sua presenzae fin'allora mi congedo da lei».

Dette queste paroleil vicegovernatore lasciò in fretta la salaseguitopiù lentamente da Alice e da suo cugino

che confabulavano tra lorofermandosi per guardare dietro a sé ilmisterioso ritratto. Il comandante di Castle William

pensò che l'aspetto e il contegno della fanciulla potevano essere quelli diuno spirito delle favoledi una fata o di una

creatura delle antiche mitologieche talvolta si mescolano con le vicendedei mortalivuoi per capriccio ma anche per

sensibilità alla loro buona o cattiva sorte. Quando il giovane le aprì laportaAlice fece un cenno verso il quadro e

sorrise.

«Vieni fuoricupa e perfida figura!»esclamò. «È giunta la tua ora!».

Quella serail vicegovernatore Hutchinson era seduto nella stessa sala incui era avvenuta la precedente scena

circondato da varie persone convenute lì a causa dei loro diversi interessi.Erano i consiglieri comunali di Boston

semplicipatriarcali padri del popoloeccellenti rappresentanti dei vecchifondatori puritanila cui tempra austera aveva

lasciato una così profonda impronta sul carattere del New England.Contrastavano con questi alcuni altri membri del

Consiglioriccamente vestiti con parrucche bianchepanciotti ricamati ealtri ricercati indumenti del tempoche

facevano sfoggio di un ostentato cerimoniale di corte. Era presente anche unmaggiore dell'esercito britannicoin attesa

degli ordini del vicegovernatore per lo sbarco delle trupperimaste ancora abordo dei mezzi di trasporto. Il comandante

di Castle William stava accanto alla sedia di Hutchinson a bracciaincrociateguardando con espressione quasi

sprezzante l'ufficiale britannicodal quale doveva essere presto sostituitoal comando. Su un tavolonel mezzo della

salaun candelabro d'argento a braccia gettava la luce di una decina dicandele su una carta che attendeva

evidentemente la firma del vicegovernatore..79

In parte nascosto dalle voluminose pieghe di una delle tende che dal soffittoscendevano a terrasi vedeva il

tessuto bianco di una lunga veste femminile. Può sembrare strano che AliceVane fosse lì presente in quel momentoma

il suo peculiare carattere aveva qualcosa di così fanciullesco eimprevedibilecosì lontano dalle comuni regoleche la

sua presenza non sorprese coloro che se n'erano accorti. Nel frattempoilpresidente dei consiglieri stava rivolgendo al

vicegovernatore una lunga e solenne protesta contro l'ingresso delle truppebritanniche in città.

«E se Vostro Onore»concluse questo anziano gentiluomopiù cherispettabile ma un po' prolisso«riterrà

opportuno accogliere questi mercenari armati di spade e moschetti nellenostre pacifiche stradenon sulle nostre teste

ricadrà la responsabilità. Riflettasignorefinché c'è ancora tempo: seuna sola goccia di sangue sarà versatoquel

sangue sarà una macchia indelebile sul ricordo di Vostro Onore. Leisignoreha scritto con abile penna le imprese dei

nostri padri. Ancor più auspicabilequindiè che lei stesso meriti diessere onorevolmente ricordato come autentico

patriota e giusto governantequando le sue azioni saranno trascritte nellastoria».

«Non sono insensibilemio caro signoreal naturale desiderio di benfigurare negli annali del mio paese»

replicò Hutchinsontemperando con la cortesia la sua impazienza«ma nonconosco modo migliore di conseguire

questo fine se non quello di oppormi a quel temporaneo spirito diinsubordinazione chemi scusisembra aver

contagiato anche persone più anziane di me. Vuole forse che attenda finchéla marmaglia avrà messo a sacco anche il

Palazzo della Provinciacome già è avvenuto nella mia residenza privata?Creda a mesignorepuò venire il momento

in cui sarete lieti di fuggire al riparo della bandiera del reche ora viappare così ripugnante quando viene innalzata».

«Proprio così»soggiunse il maggiore dell'esercito britannicocheattendeva con impazienza gli ordini del

vicegovernatore. «I demagoghi di questa provincia hanno evocato il diavoloe ora non sanno come ricacciarlo. Ma lo

esorcizzeremo noiin nome di Dio e del sovrano».

«Se v'intromettete col diavolofate attenzione alle sue grinfie!»esclamò il comandante di Castle William

provocato dalla sferzante battuta contro i suoi compatrioti.

«Le chiedo scusagiovane signore»replicò il venerabile consigliere«ma non lasci influenzare le sue parole

da uno spirito malevolo. Ci batteremo contro l'oppressore con la preghiera eil digiuno; come avrebbero fatto i nostri

antenati. E al pari di loro ci sottometteremo al destino che una saggiaProvvidenza vorrà imporcipur dopo tutti i nostri

sforzi per modificarlo».

«Ed ecco che spuntano le grinfie del diavolo»mormorò Hutchinsonche bensapeva qual era la sottomissione

dei puritani. «Questa faccenda sarà sbrigata senza indugio. Quando ci saràuna sentinella a ogni angolo di strada e un

corpo di guardia davanti al municipioogni galantuomo potrà avventurarsi apasseggiare fuori di casa. Che cosa

significa per me il tumulto della follain questa remota provincia delregno? Il re soltanto è il mio signoree l'Inghilterra

è il mio paese! Giustificato dalla sua violenza armataposo il mio piede suquesta marmagliae la sfido!».

Poi afferrò la pennae stava per apporre la sua firma al documento sultavolo quando il comandante di Castle

William gli posò una mano sulla spalla. La confidenzialità del gestocosìcontrario al cerimonioso rispetto che allora

era considerato dovuto al rango e alla dignitàdestò il generale stuporee ancor più nel vicegovernatore. Alzando

indignato lo sguardoHutchinson si avvide allora che il suo giovane parentestava indicando col dito la parete oppostae

seguendo con l'occhio quella direzione vide ciò che fin'allora era rimastoinosservatoche una tendina nera di seta era

sospesa davanti al misterioso ritrattoin modo da nasconderlo completamente.I suoi pensieri ritornarono subito alla

scena del pomeriggio precedentee pur sorpresosconcertato da confusisentimentiintuì che sua nipote doveva aver

avuto parte in quel fenomenoe la chiamò ad alta voce.

«Alice! Vieni quiAlice!».

Non appena ebbe parlatoAlice Vane scivolò fuori eportandosi una manosugli occhiscostò con l'altra la

luttuosa tendina che celava il ritratto. Un'esclamazione di stupore proruppeda tutti i presentima la voce del

vicegovernatore aveva invece un tono inorridito.

«In nome del Cielo»mormorò sommessamenteparlando più a se stesso chealle persone intorno. «Se lo

spirito di Edward Randolph dovesse comparire tra noi dal luogo di tormento incui ènon potrebbe maggiormente

mostrare sul suo volto gli orrori dell'inferno!».

«Per qualche saggio fine»osservò l'anziano consigliere in tono solenne«la Provvidenza ha disperso la nebbia

degli anni che ha così a lungo offuscato questa spaventosa effigie. Fino adoranessun essere vivente ha visto ciò che

noi osserviamo!».

Dentro l'antica corniceche fino a poco tempo prima aveva racchiuso un neroquadrato di telaappariva un

ritratto visibileancora scuroè veronei colori e nelle sfumaturecheperò risaltava ora in forte rilievo. Era il mezzo

busto di un gentiluomoabbigliato con abiti sontuosima molto antiquatidivelluto arabescatocon un ampio collarela

barbae un cappello che con la sua tesa gli metteva in ombra la fronte.Sotto a quest'ombragli occhi avevano uno

sguardo particolareche sembrava quasi vivente. L'intera figura del ritrattorisaltava così distintamente sullo sfondo da

dare l'effetto di una persona che guardava dalla parete gli spettatorisbigottiti e atterriti. L'espressione del voltose le

parole possono darne un'ideaera quella di un criminale sorpreso in qualchevergognoso misfattoed esposto all'odioal

dileggio e all'esecrazione di una vasta folla circostante. Lo sguardo disfida era rintuzzato e sopraffatto dal peso

opprimente della vergognail tormento dell'anima affiorava nella suaespressione. Sembrava che il ritrattocelato

dall'ombra di chissà quanti anniavesse acquistato nel frattempo una piùintensa e cupa espressionefino ad illuminarsi

di nuovoper gettare il suo funesto auspicio sul fatidico momento. Questoera il ritratto di Edward Randolphse si può

credere alla leggendaquale egli appariva quando la maledizione popolareaveva lasciato la sua impronta sulla natura di

quell'uomo..80

«Mi porterà alla folliaquell'orribile volto!»mormorò Hutchinsonchesembrava contemplarlo affascinato.

«Fai attenzioneallora!»sussurrò Alice. «Costui ha calpestato idiritti del popolo: tieni a mente la sua

punizioneed evita di commettere un delitto come il suo!».

Il vicegovernatore tremò per un attimoma facendo appello alla sua forza dicarattereche non era comunque la

sua dote principaleriuscì a liberarsi dall'incantesimo prodottodall'espressione di Randolph.

«Ragazza!»esclamò con un'aspra risatavoltandosi verso Alice«tu haiportato qui la tua arte della pitturail

tuo spirito italiano dell'intrigoi tuoi trucchi teatralie pensi forse diinfluenzare così le deliberazioni dei governanti e

gli affari delle nazionicon questi bassi espedienti? Stai a vedere!».

«Attenda ancora!»intervenne il consiglierequando Hutchinson prese dinuovo la penna. «Se mai un essere

mortale ha ricevuto un ammonimento da un'anima tormentataleiVostro Onoreè quell'uomo!».

«Via di qui!»rispose Hutchinson infuriato. «Anche se quell'insensatoritratto mi gridasse: "Fermati"non

riuscirebbe a smuovermi!».

Dopo aver lanciato uno sguardo di sfida al volto del ritrattoche in quelmomento sembrò accrescere l'orrore

della sua espressione infelice e malignail vicegovernatore scarabocchiòsul fogliocon caratteri che rivelavano tutta la

sua disperazioneil nome di Thomas Hutchinson. Poia quanto si dicefupercorso da un tremitocome se quella firma

gli avesse precluso la salvezza.

«È fatta»mormoròposandosi una mano sulla fronte.

«Che il Cielo perdoni questa azione»sussurrò Alice Vane con sommesso emesto accentosimile alla voce di

uno spirito buono che volava via.

Il mattino dopouna sommessa voce correva per la casae da lì si diffusepoi nella cittàsecondo cui il cupo e

misterioso ritratto aveva lasciato la parete e aveva parlato faccia a facciacol vicegovernatore Hutchinson. Se questo

miracolo avvenne realmentenon ne rimasero però tracceperché dentrol'antica cornice nulla si poteva distinguerese

non l'impenetrabile ombra che aveva sempre coperto la tela a memoria d'uomo.Se la figura ne era realmente uscita

doveva esservi ritornata all'albacome uno spiritoper nascondersi dietrouna secolare oscurità. La verità

probabilmenteera che la segreta arte usata da Alice Vane per restaurare icolori del dipinto aveva avuto soltanto un

temporaneo effetto. Ma coloro che in quel breve lasso di tempo avevano potutocontemplare il terrificante volto di

Edward Randolph non desiderarono mai vederlo una seconda voltae sempretremarono al ricordo di quella scena

come se uno spirito maligno fosse apparso visibilmente in mezzo a loro. Inquanto a Hutchinsonquando giunse la sua

ultima ora al di là dell'oceanomentre rantolava gemette che stavasoffocando nel sangue del massacro di Bostone

Francis Lincolngià comandante di Castle Williamsche stava al suocapezzalericonobbe nel suo sguardo tormentato

una somiglianza con quello di Edward Randolph. Il suo spirito dolente sentìforsein quel momento fataleil peso

tremendo della maledizione del popolo?

Al termine di questa leggendadomandai al padrone della locanda se ilritratto era ancora appeso nella sala

sopra a noima il signor Tiffany mi informò che già da tempo era statorimosso ed era forse sepolto in qualche angolo

dimenticato del museo del New England. Forse qualche antiquario curiosopotrà riportarlo alla luce econ l'aiuto del

signor Howorthil restauratorepotrà dare una non inutile provadell'autenticità dei fatti qui raccontati. Mentre questa

storia veniva narratafuori si era scatenato un temporale che infuriavasopra al Palazzo della Provinciatanto da far

pensare che tutti i vecchi governatori e i grandi uomini d'un temp ofacessero baccano ai piani superiorimentre il signor

Bela Tiffany parlava di loro al di sotto. Nel corso delle generazionidopoche molti hanno vissuto e sono morti in

un'antica casail sibilo del vento attraverso le fessure e lo scricchioliodelle travi assumono stranamente il suono di voci

umanedi stentoree risate o di pesanti passi che si trascinano attraverso lecamere ormai deserte. È come se gli echi di

mezzo secolo si fossero ridestati. Questi erano gli spettrali suoni cheecheggiavano e mormoravano nelle nostre orecchie

quando presi congedo dal circolo intorno al caminetto del Palazzo dellaProvincia ediscesi i gradini d'ingressomi feci

strada verso casa contro le raffiche di una tempesta di neve.

LA MANTELLA DI LADY ELEANORE

Leggende del Palazzo della Provincia

III

Il mio ottimo amico Thomas Waitegestore della locanda del Palazzo dellaProvinciaebbe la compiacenza

l'altra seradi invitare il signor Tiffany e me a una cena di ostriche.Questa piccola prova di rispetto e gratitudine

osservò squisitamenteera ben poca cosa al confronto con ciò chel'affascinante narratore di leggende e ioumile

scrivano dei suoi raccontiavevamo meritato con la pubblica notorietà chele nostre conversazioni avevano richiamato

al suo locale. Molti sigari erano stati fumati nella sua locandamoltibicchieri di vino e di più potente acquavite erano

stati scolatimolti pranzi erano stati consumati da sconosciuti avventoriincuriositi chese non fosse stato per il

fortunato incontro tra il signor Tiffany e memai si sarebbero avventuratioltre quel buio vicolo che dà accesso allo

storico cortile del Palazzo della Provincia. Insommase si deve dar creditoalle cortesi assicurazioni del signor Thomas

Waitenoi avevamo dato pubblicità al suo dimenticato locale come seavessimo abbattuto la schiera di volgari botteghe.81

di calzolaio e di commestibili che ne nasconde l'aristocratica facciata daWashington Street. Ma è forse sconsigliabile

parlare troppo dell'accresciuta clientela del localealtrimenti il signorWaite potrebbe trovarsi in difficoltà nel

rinnovarne il contratto d'affitto a condizioni favorevoli come prima.

Così accolti come benefattoriné il signor Tiffany né io ci facemmoscrupolo di fare onore a tutte le buone cose

che furono apparecchiate davanti a noi. Anche se il banchetto fu menosontuoso di quelli cui avevano assistito quelle

stesse pareti coperte di pannelli nel secolo trascorsoanche se il nostroanfitrione presiedeva con minor pompa di quanta

si conveniva a un successore dei regali governatorie anche se i suoi ospitifacevano una figura meno imponente degli

imparruccatiincipriatiricamati dignitari che banchettavano un tempo alloro tavolo e ora dormono nei loro blasonati

sepolcri su Copp's HilI o intorno a King's Chapelposso però affermaresenza tema di smentita che maidai tempi della

regina Anna alla rivoluzioneuna più gaia combriccola si riunì nel Palazzodella Provincia. L'occasione era ancora più

interessante per la presenza di un vegliardoi cui personali ricordirisalivano ai tempi di Gage e di Howee gli

suggerivano anche qualche dubbio aneddoto a proposito di Hutchinson. Era unrappresentante di quella esiguae ormai

quasi estintacategoria di persone la cui fedeltà alla monarchia e alleistituzioni e usanze coloniali a essa connesse non

si è mai arresa alle eresie democratiche di tempi posteriori. La giovaneregina di Britannia non ha mai avuto un suddito

così fedele nel suo reamee forse nessuno che s'inginocchierebbe con tantadevozione davanti al suo tronocome questo

antico gentiluomo la cui testa è incanutita sotto il mite governo dellarepubblicache egli nondimeno definisce

usurpatrice nei suoi momenti più condiscendenti. Eppurequesti pregiudizicosì ostinati non hanno fatto di lui un

compagno scorbutico e infrequentabile; anziper dire la veritàla vita diquesto vecchio lealista è stata così solitaria e

inquietaavendo avuto così poca scelta d'amicizieed essendone stata cosìspesso privache probabilmente non

rifiuterebbe di scambiare un brindisi d'amicizia con Oliver Cromwell o JohnHancockper non dire dei democratici che

sono oggi alla ribalta. In un altro articolo della seriepotrò forseoffrire al lettore un suo più accurato ritratto.

Quando fu il momentoil nostro anfitrione stappò una bottiglia di Madeiradi aroma e gusto così squisiti che

certo doveva averla scovata in qualche recondito depositonelle profonditàdella più profonda cantinadove qualche

allegro cantiniere doveva averla messa da parte con gli altri vini piùpregiati del governatoredimenticandosi poi di

rivelarne il nascondiglio sul letto di morte. Diamo pace al suo spettro colnaso rossoe libiamo alla sua memoria! Il

prezioso nettare fu centellinato dal signor Tiffany con particolare gustoedopo aver sorseggiato il terzo bicchiereegli

ci raccontò con piacere una delle più strane leggende che aveva ancora darastrellare nel deposito in cui le conserva.

Con alcuni opportuni orpelli aggiunti dalla mia fantasiala storia è più omeno la seguente.

Non molto tempo dopo che il colonnello Shute aveva assunto il governo diMassachusetts Bayor sono quasi

centovent'anniuna giovane dama d'alto rango e fortuna arrivò quidall'Inghilterra per chiedere la sua protezione come

tutore. Il colonnello era un suo lontano parentema il più prossimo che erasopravvissuto alla graduale estinzione della

sua famigliae perciò nessun rifugio più desiderabile del Palazzo dellaProvincia di una colonia d'oltre Atlantico poteva

essere trovato per la ricca e altolocata lady Eleanore Rochcliffe. Laconsorte del governatore Shute era stata come una

madre nella sua infanziaed era ora ansiosa di accoglierlanella speranzache nella primitiva società del New England la

bella giovane fosse esposta a pericoli infinitamente minori che tra gliartifici e le tentazioni della corte. Se il governatore

e la sua consorte avessero maggiormente pensato alla loro tranquillitàavrebbero probabilmente tentato di rimettere in

altre mani la responsabilitàperché lady Eleanore si distingueva oltre cheper alcuni nobili e ammirevoli tratti del

carattereanche per uno sprezzante e inflessibile orgoglio e perun'altezzosa coscienza dei propri privilegi ereditari e

personali che la rendevano pressoché incapace di controllo. A giudicare damolti aneddotiquesto suo peculiare tratto

del carattere era quasi monomaniacooppurese gli atti che ispirava eranoquelli di una persona sana di mentesembra

giusto che la Provvidenza facesse seguire questo peccato d'orgoglio da unacosì severa punizione. Quella sfumatura di

miracoloso che ammanta tante di queste leggende ormai dimenticate haconferito probabilmente un ulteriore tocco di

particolarità alla strana storia di lady Eleanore Rochcliffe.

La nave su cui era giunta era sbarcata a Newportda dove lady Eleanore erastata trasportata a Boston sulla

carrozza del governatoreaccompagnata da una piccola scorta di gentiluominia cavallo. L'imponente corteo preceduto

da quattro cavalli neri richiamò molta curiosità al suo rumoroso passaggioattraverso Cornhillcircondato com'era dai

rampanti destrieri di una decina di cavalieri con le spade sospese sullastaffa e le pistole nel fodero. Attraverso i grandi

finestrini di vetro della carrozzala popolazione poteva distinguere al suopassaggio la figura di lady Eleanoreche

stranamente associava una maestosità quasi regale con la grazia e labellezza di una fanciulla non ancora ventenne. Una

strana voce correva tra le dame della provinciache la loro bella rivaledoveva gran parte del suo irresistibile fascino a

un certo capo d'abbigliamentouna mantella ricamataopera della più abilesarta di Londra e dotata di proprietà

addirittura magiche. In quell'occasioneperòella non doveva nulla allamagia dell'abbigliamentoessendo vestita con

un abito da amazzone di vellutoche sarebbe apparso rigido e sgraziato suqualsiasi altra persona.

Il cocchiere tirò le redini dei suoi quattro cavalli nerie tutto il corteosi arrestò davanti alla balaustra di ferro

battuto che divideva il Palazzo della Provincia dalla pubblica strada. Peruna malaugurata coincidenza la campana della

vecchia Chiesa meridionale stava proprio allora suonando a mortocosì cheinvece dei lieti rintocchi che solitamente

annunciavano l'arrivo di qualche illustre ospitelady Eleanore Rochcliffe fuintrodotta da queste dolenti notecome se

qualche calamità si fosse incarnata nella sua bella persona.

«Una grave mancanza di rispetto»esclamò il capitano Langfordunufficiale britannico che di recente aveva

portato i dispacci al governatore Shute. «Il funerale doveva essererinviatoper non deprimere l'umore di lady Eleanore

con una così lugubre accoglienza»..82

«Col suo permessosignore»replicò il dottor Clarkeun medico e bennoto esponente del partito popolare

«nonostante tutta l'ostentazione degli araldiun mendicante morto deveavere precedenza su una regina vivente. La

morte conferisce questo privilegio».

I due uomini scambiavano queste battute mentre si facevano strada in mezzoalla folla che si era raccolta ai due

lati del cancellolasciando aperto un varco fino all'ingresso del Palazzodella Provincia. Uno schiavo negro in livrea

balzò a terra dietro al cocchio e corse ad aprirne la portamentre ilgovernatore Shute scendeva la rampa di scale della

sua dimora per aiutare lady Eleanore a smontare. Ma il solenne incedere delgovernatore fu interrotto da un episodio che

destò il generale stupore: un giovane pallidocon neri capelli arruffaticorse fuori dalla folla per andare a prostrarsi a

fianco della carrozzaoffrendosi come poggiapiedi per lady EleanoreRochcliffe. Costei rimase per un attimo

sconcertatacome domandandosi se il giovane fosse degno di sostenere il suopesoma non sembrò contrariata nel

ricevere un così umiliante atto di omaggio da un altro mortale.

«In piedisignore»ordinò il governatore in tono severoalzando nelcontempo il suo bastone sull'intruso.

«Che cosa significa questa ridicola follia?».

«No»intervenne lady Eleanore in tono scherzosoma più sprezzante chebenevolo«Vostra Eccellenza non lo

batta. Quando gli uomini chiedono soltanto di essere calpestatisarebbe unpeccato negare un favore così facile da

concedere e così ben meritato!».

Poipur lieve come un raggio di sole su una nuvolaposò il piede su quelcorpo rattrappito e allungò una mano

per prendere quella del governatore. Per un breve attimo lady Eleanoreconservò questa posae mai l'aristocrazia e

l'orgoglio ereditario che calpestavano l'affinità e la fratellanza umanafurono rappresentati così eloquentemente come

nell'immagine che presentavano in quel momento queste due figure. Eppure glispettatori erano così folgorati dalla

bellezza della damain cui l'orgoglio appariva così connaturatoche tuttiesplosero contemporaneamente in un'ovazione.

«Chi è quel giovane insolente?»s'informò il capitano Langfordche eraancora accanto al dottor Clarke. «Se è

nel pieno delle sue facoltàla sua impertinenza merita una bellabastonatura. Se è un follelady Eleanore dovrebbe

essere protetta da altre molestiesegregando quell'uomo».

«Si chiama Jervase Helwyse»rispose il medico«ed è un giovane senzatitoli di nascita e fortunené altri

privilegise non quelli della mente e dell'anima che la natura gli ha dato.Essendo segretario del nostro agente coloniale

a Londraha avuto la sfortuna di incontrare questa lady Eleanore Rochcliffese n'è innamorato e il suo disprezzo l'ha

fatto impazzire».

«Era già pazzose aspirava a tanto»commentò l'ufficiale britannico.

«Può darsi»replicò il dottor Clarkeaggrottando la fronte. «Ma lediròsignoreche potrei quasi dubitare della

giustizia del Cielo sopra di noise questa dama che ora incede cosìorgogliosamente verso quella dimora e che vuole

porsi al di sopra di ogni sentimento di fratellanza tra i comuni mortali nonconoscerà qualche esemplare umiliazione.

Vedrà se la natura umana non s'imporrà a lei in qualche modo che la facciascendere al livello dei più umili!».

«Non sia mai!»esclamò il capitano Langford indignato. «Né in vita suané quando sarà posata accanto ai suoi

antenati».

Non molti giorni dopoil governatore diede un ballo in onore di ladyEleanore Rochcliffeal quale tutta la

migliore società della colonia fu formalmente invitata attraverso dispaccisigillati con tutti i crismi dell'ufficialitàche

furono recapitati nelle rispettive dimorevicine e lontaneda corrieri acavallo. All'invito rispose quindi un generale

concorso di personaggi facoltosid'alto rango e di bell'aspettoe raramentele grandi porte del Palazzo della Provincia si

aprirono davanti a una così numerosa folla di illustri ospiti come la seradel ballo in onore di lady Eleanore. Senza tema

di esagerarelo spettacolo potrebbe essere definito splendido perchésecondo la moda di quei tempile dame

rifulgevano in ricchi abiti di seta e di rasodis tesi sopra ampiecrinolinee gli uomini scintillavano dei ricami dorati che

coprivano senza parsimonia il velluto purpureoscarlatto e azzurro delleloro marsine e giustacuori. Quest'ultimo capo

d'abbigliamentoche aveva particolare importanzaavvolgeva il corpo di chilo indossava fin quasi alle ginocchia ed era

adornato riccamente di fiori e foglie doratetanto da equivalere forseall'ammontare del reddito di un intero anno. I

mutati gusti dell'epocache testimoniavano una profonda trasformazione ditutta la societàfacevano forse apparire

ridicole tutte quelle sfarzose figurema gli invitati di quella serasbirciando la loro immagine riflessa nelle specchiere

si rallegravano nel vederla brillare in mezzo a quella folla scintillante.Peccato che uno di quei magnifici specchi non

abbia conservato un quadro della scena cheper i suoi stessi aspetti cosìeffimeripotrebbe insegnarci molte cose che

meriterebbero di essere conosciute e ricordate!

Sarebbe benealmenoche un pittore o uno di quegli specchi potessesuggerirci una pur vaga idea di un capo

d'abbigliamento di cui s'è già parlato in questa storiala mantellaricamata di lady Eleanoreche secondo le voci

popolari era dotata di magiche proprietàtali da conferire nuova einusitata grazia alla sua figura ogni volta che la

indossava. Foss'anche un'oziosa fantasiaquesta misteriosa mantella haavvolto in un alone inquietante l'immagine che

ho di questa giovane damasia a causa dei suoi favoleggiati poterisiaperché era opera di una donna ormai prossima

alla mortee forse doveva la sua sovrannaturale bellezza al delirio dellamorte incombente.

Dopo le presentazioni ufficialilady Eleanore si era appartata dalla massadegli invitatiisolandosi con una

ristretta e distinta cerchia di personealle quali mostrava un piùmanifesto favore che alla massa delle altre. Le candele

illuminavano vivamente la scenamettendo in rilievo i suoi particolari piùbrillantima lei si guardava distrattamente

intornomostrando di quando in quando un'espressione di stanchezza oindifferenzacelate però da tanta grazia

femminile che i suoi ascoltatori a stento percepivano la corruzione morale dicui esse erano espressione. Lady Eleanore

osservava lo spettacolo non con volgare sarcasmocome disdegnandoquell'imitazione: provinciale di una festa di corte.83

ma col più profondo disprezzo di chi si considera troppo in alto perpartecipare ai divertimenti degli altri comuni

mortali. Forse i ricordi di coloro che la videro quella sera furonoinfluenzati dagli straordinari avvenimenti a cui ella fu

successivamente associatafatto è che la sua figura riaffiorò poi nellaloro mente distinta da un che di anomalo e

innaturaleanche sein quel momentotutti parlavano della suastraordinaria bellezza e dell'indefinibile fascino che le

conferiva la mantella. Alcuni più attenti osservatori riconobbero in effettiun febbrile rossore che si alternava al pallore

della sua carnagionecon conseguenti e repentini mutamenti d'umoreaccompagnati talvolta dai sintomi di un penoso e

invincibile languorecome se fosse sul punto di accasciarsi a terra. Poicon un tremito nervososembrava ridestare le

sue energieintervenendo nella conversazione con qualche brillante escherzoso sarcasmoanche se velato quasi di

cattiveria. I suoi modi e i suoi umori avevano qualcosa di così strano dasconcertare tutti i suoi ascoltatorie uno

sguardo e un sorriso furtivi e indecifrabili sul suo volto sollevavano i lorodubbi sulla sua serietà e sanità mentalecosì

che la cerchia di persone intorno a lady Eleanore Rochcliffe andògradualmente assottigliandosifinché rimasero

soltanto quattro gentiluomini. Erano il capitano Langfordl'ufficialeinglese di cui s'è già parlatoun piantatore della

Virginiagiunto nel Massachusetts per qualche impegno politicoun giovaneecclesiastico episcopalenipote di un

conte inglesee infine il segretario privato del governatore Shuteche siera guadagnato la tolleranza di lady Eleanore

grazie ai suoi modi ossequiosi.

In momenti successivi della serata i domestici in livrea passavano tra gliinvitati con enormi vassoi di rinfreschi

e di vini francesi e spagnoli. Lady Eleanore Rochcliffeche rifiutava dibagnarsi le labbra anche con una goccia di

champagneera sprofondata in una grande poltrona di damascoevidentementetediata dall'eccitazione della serata o

dalla sua monotoniae mentre ascoltava distrattamente le vocile risa e lamusicaun giovane le si avvicinò

furtivamente e s'inginocchiò ai suoi piedi. Portava in mano un vassoio sulquale era posato un calice d'argento cesellato

colmo di vino fino all'orloche egli le offrì con deferenzacome a unaregina incoronatao piuttosto con la tremante

devozione di un sacerdote che fa un sacrificio davanti al suo idolo.Accorgendosi che qualcuno le aveva sfiorato la

vestelady Eleanore trasalì e aprì gli occhi davanti al volto pallido etormentato e alla capigliatura scompigliata di

Jervase Helwyse.

«Perché mi perseguita in questo modo?»domandò con voce languidama conun tono più benevolo di quanto

si consentiva solitamente. «Mi dicono che io le ho fatto del male».

«Il Cielo sa se è così»rispose il giovane con tono solenne. «Ma perriparare a quel malelady Eleanorese così

èe per la sua salvezza terrena e ultraterrenala prego di bere un sorsodi questo vino benedettoe di passare poi il calice

tra gli invitati. E questa sarà la prova che lei non ha voluto separarsidalla catena della solidarietà umanaperché

chiunque la infranga dovrà tener compagnia agli angeli caduti».

«Dove l'ha rubatoil follequel sacro boccale?»esclamò l'ecclesiasticoepiscopale.

La domanda richiamò l'attenzione dei presenti sul calice d'argento e tuttiriconobbero che era quello della

patena della vecchia Chiesa meridionale eper quanto se ne sapevaera colmodi vino consacrato.

«Forse è vino avvelenato»disse a mezza voce il segretario delgovernatore.

«Versatelo in gola a quel furfante!»esclamò indignato il virginiano.

«Cacciamolo dalla casa!»gridò il capitano Langfordafferrando cosìrudemente la spalla di Jervase Helwyse

che il sacro calice si rovesciò e il suo contenuto spruzzò la mantella dilady Eleanore. «Sia un furfanteun pazzo o un

mentecattoè intollerabile che costui sia ancora in libertà».

«Vi pregosignorinon fate male a questo mio povero ammiratore»intervenne lady Eleanore Rochcliffecon

un lieve e stanco sorriso. «Portatelo lontano dalla mia vistase così vipiaceperché nel mio cuore non trovo altro da

fare che ridere di luimentrein tutta onestà e coscienzadovrei piangereper il male che ho fatto!».

Mentre i presenti si affannavano a trascinar via l'infelice giovanequestisi divincolò dalla presa econ toni

accesi e appassionatipresentò un'altra e ancor più bizzarra petizione alady Eleanore: niente meno che gettasse via la

mantella chementre lui le offriva il calice d'argento colmo di vinoleiaveva stretto ancor più intorno a séfino a

esserne quasi interamente avvolta.

«La getti lontano da sé!»esclamò Jervase Helwysestringendo le maninella supplica. «Forse non è ancora

troppo tardi! Dia alle fiamme quel maledetto indumento!».

Ma lady Eleanorecon una risata sprezzantestrinse ancor più sul capo lericche pieghe della mantella

ricamataconferendo così al suo bel volto un nuovo aspettometà nascostoe metà espostotale da sembrare quello di

una misteriosa creatura.

«AddioJervase Helwyse»mormorò. «Conservi la mia immagine nel suoricordoquale la vede adesso».

«Ahimèsignora»rispose luiin tono non più accesoma triste come unrintocco funebre. «Dovremo

incontrarci tra brevequando il suo volto avrà forse un altro aspettoesarà quella l'immagine che dovrò conservare

dentro di me».

Poi non oppose più resistenza alla violenza dei gentiluomini e dei domesticiintornoche quasi lo trascinarono

fuori dalla casagettandolo brutalmente al di là del cancello di ferro delPalazzo della Provincia. Il capitano Langford

che aveva preso parte molto attivamente all'impresastava ritornando allapresenza di lady Eleanorequando si imbatté

nel dottor Clarkecol quale aveva scambiato qualche battuta occasionale ilgiorno del suo arrivo. Il medico si teneva in

dispartee tutta la lunghezza della sala lo divideva da lady Eleanorema laosservava con tale intensità che il capitano

Langford gli attribuì inconsciamente il merito di aver scoperto qualcherecondito segreto.

«Lei sembra colpitodopo tuttodal fascino di questa regale fanciulla»osservòsperando così di carpirgli

qualcosa di ciò che aveva scoperto..84

«Dio non voglia!»rispose il dottor Clarkecon un grave sorriso. «E selei è abbastanza saggioelevi anche per

sé la stessa preghiera. Guai a coloro che saranno colpiti da lady Eleanore!Ma ecco là il governatoree ho qualche

parola da scambiare con lui in privato. Buona notte!».

Quindi si avvicinò al governatore Shute e gli parlò in tono così sommessoche nessuno dei presenti poté

cogliere una parola di ciò che dicevama l'improvviso mutamentodell'espressione fin allora lieta di Sua Eccellenza

rivelò che la comunicazione non era certo delle più piacevoli. Pochi attimidopofu annunciato agli invitati che una

circostanza imprevista imponeva di concludere anzi tempo la festa.

Il ballo al Palazzo della Provincia fu argomento di conversazione ancora peralcuni giorni in quella metropoli

delle coloniee lo sarebbe stato ancora a lungo se una questione di piùgenerale interesse non l'avesse accantonato nel

ricordo. Fu la comparsa di una spaventosa epidemia che a quei tempie moltotempo prima e doposterminò centinaia e

migliaia di persone su una costa e l'altra dell'Atlantico. Nella circostanzadi cui parliamosi distingueva per una

particolare virulenza che lasciava le sue tracceo più propriamente le suecicatricisulla storia del paeseche fu gettato

nel caos a causa delle sue devastazioni. Dapprimaa differenza dal suoconsueto corsola malattia sembrò confinarsi

alle sfere più alte della societàscegliendo le sue vittime tra i piùorgogliosii nobili e i facoltosipenetrando

incontrastata in camere principesche e adagiandosi con i dormienti tralenzuola di seta. Alcuni dei più illustri ospiti del

Palazzo della Provinciaanche coloro che la sprezzante lady Rochcliffe avevagiudicato non indegni dei suoi favori

furono colpiti dal fatale morbo. Fu osservatocon un certo ingenerosocompiacimentoche i quattro uominiil

virginianol'ufficiale britannicoil giovane ecclesiastico e il segretariodel governatoreche erano stati i suoi più assidui

cavalieri la sera del ballofurono i primi a essere colpiti dal contagio. Mail morbocontinuando a dilagarecessò ben

presto di essere prerogativa dell'aristocraziail suo marchio rosso non fupiù conferito come un titolo nobiliare o come

un ordine cavalleresco. Il morbo penetrò nei vicoli stretti e tortuosinelle case più umili e buiee posò la sua impronta

di morte anche sui ceti lavoratori della cittadinanza. Costrinse ricchi epoveri a sentirsi fratellidilagando attraverso le

Tre Colline con un furore che ne faceva un nuovo flagello. Era l'implacabileconquistatorequella piaga che terrorizzava

i nostri antenatiil vaiolo.

Non si può immaginare il terrore che questo morbo ispirava un tempose lovediamo come il mostro senza

zanne che è ai nostri giorni. Dobbiamo ricordare invece lo sgomento con cuiassistevamo ai giganteschi passi del colera

asiatico da una costa all'altra dell'Atlanticoin marcia come il fatoineluttabile verso remote cittàche la fuga aveva già

quasi spopolato. Non esiste paura così terribile e disumana come quella checostringe l'uomo a non respirare la vitale

aria del cielo per tema che sia avvelenataa non stringere la mano delfratello o dell'amico per paura che la morsa della

pestilenza possa ghermirlo. Questo era lo sgomento che seguiva allora lamarcia dell'epidemia e la precedeva attraverso

le città. Le tombe erano in gran fretta scavate e le vittime dellapestilenza altrettanto in fretta sepolteperché i morti

erano nemici dei vivie volevano trascinare anch'essi nella loro lugubrefossa. Le pubbliche assemblee erano sospese

come se la saggezza umana potesse rinunciare ai suoi strumentiora che undisumano usurpatore si era insediato nel

palazzo dei governanti. Se una flotta nemica fosse approdata sulla costaoun esercito avesse calpestato il nostro suolo

la popolazione avrebbe probabilmente affidato la sua difesa a quello stessoimplacabile conquistatore che aveva

prodotto quella calamità e non si sarebbe permessa di interferire col suodominio. E questo conquistatore aveva un

simbolo del suo trionfouna bandiera rosso sangue che sventolava nell'ariaammorbatasulla porta di tutte le abitazioni

in cui il vaiolo era penetrato.

Questa bandiera sventolava già da tempo sopra al portale del Palazzo dellaProvinciaperché era da lì che la

calamità aveva avuto iniziocome era stato poi scoperto risalendo alleorigini. Il focolaio era proprio nella sontuosa

camera da letto di una damala più orgogliosa tra tuttecolei che eracosì sublime da non sembrare fatta di carne e ossa

la donna sprezzante che si poneva sopra a tutti i sentimenti umaniladyEleanore! Non v'era più dubbio che il contagio

si era annidato in quel sontuoso manto che le aveva conferito un così stranofascino durante la festa. Il suo splendore era

stato concepito nel delirio di una donna in punto di morteera l'ultimafatica delle sue dita irrigidite che avevano

intessuto la sua sorte infelice tra quei fili dorati. Questa voce terribiledapprima sussurrataera divenuta ora di dominio

pubblicoe la gente inveiva contro lady Eleanoregridava che il suosprezzante orgoglio aveva evocato il demonioe

che da il era nato tutto il male. A volte. la rabbia e la disperazioneprendevano la forma del sogghignante sarcasmoe

quando la bandiera rossa della pestilenza era issata sulla porta di un'altracasala gente si prendeva per mano e gridava

per le stradecon amara derisione: «Guardateun altro trionfo di ladyEleanore!».

Uno di questi tristi giornisi avvicinò alla porta del Palazzo dellaProvincia una figura scarmigliata ea braccia

incrociatesi fermò a guardare la bandiera vermiglia che una lieve brezzadi passaggio faceva sventolare a sprazzi

come per cacciar via il contagio che rappresentava. Infinearrampicandosi suuno dei pilastri al di là della cancellata di

ferrol'uomo strappò la bandiera ed entrò nel palazzo sventolandola sopraalla testa. Ai piedi della scalinata incontrò il

governatorecon stivalisperoni e il mantello avvolto tutt'intornoevidentemente in procinto di partire per un viaggio.

«Maledetto pazzoche cosa cerchi qui?»esclamò Shuteallungando ilbastone per tenersi a distanza dal

contatto. «Qui non c'è nient'altro che morte. Torna indietroaltrimenti laincontrerai!».

«La morte non mi toccheràperché io sono il portabandiera dellapestilenza»rispose Jervase Helwyse

scuotendo lo stendardo rosso. «La morte e la pestilenzache hanno l'aspettodi lady Eleanoreattraverseranno le strade

questa nottee io devo precederle con questa bandiera!».

«Perché sprecare parole con questo individuo?»mormorò tra sé ilgovernatoreavvolgendosi il mantello sulla

bocca. «Che importanza ha la sua miserabile vitaquando nessuno di noi hala certezza di respirare ancora

ventiquattr'ore? Vai purefollevai alla tua distruzione!»..85

Lasciò quindi il passo a Jervase Helwyseil quale salì subito lascalinatama giunto sul primo pianerottolo fu

fermato dalla salda presa di una mano sulla sua spalla. Alzando lo sguardoinferocitocol folle impulso di divincolarsi e

avventarsi contro il suo avversariorimase però impotente davanti a unosguardo calmo e severoche aveva la

misteriosa capacità di placare subito il suo furore. La persona che avevaincontrato era il dottor Clarkeche per triste

incombenza della sua professione doveva ora recarsi spesso nel Palazzo dellaProvinciadove era raramente ospite in

tempi più fortunati.

«Giovanottoche intenzioni hai?»gli domandò.

«Cerco lady Eleanore»rispose Jervase in tono sommesso.

«Tutti sono fuggiti da lei»disse il medico. «Perché vuoi vederlaadesso? Devi sapere che la sua infermiera è

caduta morta sulla soglia di quella camera fatale. Non sai forse che ainostri lidi non è mai giunta una maledizione come

questa affascinante lady Eleanore? che il suo respiro ha ammorbato l'aria?che ha seminato pestilenza e morte su questa

terradalle pieghe della sua maledetta mantella?».

«Lasci che la guardi!»lo supplicò il folle giovanein tono più acceso.«Lasci che la guardi nella sua terribile

bellezzaabbigliata nei regali abiti della pestilenza! Lei e la morte sonoassise insieme su un trono. Lasci che

m'inginocchi davanti a loro!».

«Povero giovane!»mormorò il dottor Clarkee commosso da quelladebolezza umanaincrespò il labbro in un

amaro sorriso. «Vuoi venerare ancora la donna che ha seminato distruzionecircondare la sua immagine di sogni ancor

più sfrenati del male che ella ha prodotto? È questo che l'uomo fa semprecon i suoi tiranni! Avvicinatiallora! La follia

come ho già notatoha questo vantaggiodi proteggere dal contagioe forsela sua cura si trova proprio in quella

camera».

Salita un'altra rampa di scalespalancò una porta e fece cenno di entrare aJervase Helwyse. Il povero pazzo

aveva probabilmente accarezzato l'illusione che la sua sprezzante signorafosse lì seduta in gran pomparefrattaria al

pestilenziale contagio checome per magiaspargeva intorno a sée sognavache la sua bellezza non ne fosse offuscata

ma anzi esaltata in un sovrumano splendore. Con queste speranze si avvicinòcon deferenza alla portasulla quale stava

il medicoma si fermò sulla sogliascrutando timorosamente nella penombradella camera.

«Dov'è lady Eleanore?»sussurrò.

«Chiamala»rispose il medico.

«Lady Eleanore! Principessaregina della morte!»gridò Jervaseavanzando di tre passi nella camera. «Non è

qui! Làsu quel tavolovedo il riverbero di un diamante che aveva un temposul petto. E qui»soggiunse con un

brivido«qui è appesa la sua mantellasulla quale una donna morente haricamato un mortale incantesimo. Ma dov'è

lady Eleanore?».

Qualcosa si mosse dietro alla tenda di seta di un baldacchinoe un sommessolamento giunse alle orecchie di

Jervaseche distinse poi una voce femminile che gemeva per la sete. Glisembrò perfino di riconoscere il timbro di

quella voce.

«La mia gola! La mia gola brucia...»mormorò la voce. «Datemi un gocciod'acqua!».

«Chi sei?»domandò il giovane fuori di sennoavvicinandosi al letto escostandone le tende. «A chi hai rubato

la voce per mormorare miserevoli preghierecome se lady Eleanore potessesoffrire le infermità dei mortali?

Vergognatipovera mortaleperché ti nascondi nella camera della miasignora?».

«AhJervase Helwyse»sospirò la vocee nel parlare la figura sicontorsesforzandosi di nascondere il suo

volto devastato. «Non guardare la donna che hai amato! La punizione delcielo mi ha colpitoperché non ho voluto

chiamare fratelli gli uominie sorelle le donne. Mi sono avvoltanell'orgoglio come in una mantellaho disprezzato le

affinità della naturae di conseguenza la natura ha fatto di questo poverocorpo uno strumento di mortale affinità. Sei

stato vendicatotutti sono vendicatila natura è vendicataperché iosono Eleanore Rochcliffe!».

Il rancore covato nella sua mente malatal'amarezza che s'annidava in fondoal suo cuoreper quanto fosse

follea causa di una vita delusa e rovinatae dell'amore ripagato concrudele disprezzosi destarono nel petto di Jervase

il quale puntò il dito contro l'infelice fanciulla. Le tende delbaldacchinotutta la camera furono scosse dall'eco della sua

folle risata.

«Un altro trionfo di lady Eleanore!»esclamò. «Tutti sono stati suevittime! E chi è più degno di lei di essere

l'ultima vittima?».

In preda a un'altra allucinazione della sua mente malataJervase afferròallora la fatale mantella e corse fuori

dalla camera e dal palazzo. Quella notte passò per le stradealla lucedelle torceuna processione che portava nel mezzo

l'effigie di una donna avvolta in una mantella riccamente ricamatae JervaseHelwyse la precedevaagitando il rosso

vessillo della pestilenza. Arrivata davanti al Palazzo della Provincialafolla bruciò quell'effigiee un forte vento ne

spazzò via le ceneri. Si disse che da quel momento la pestilenza cessòcome se il suo potere avesse qualche misterioso

rapportodalla prima fino all'ultima vittimacon la mantella di ladyEleanore. La sorte di quell'infelice giovane rimane

avvolta nel misterotuttavia si racconta che in una camera del palazzo sipuò talvolta intravvedere nella penombra una

figura femminilerannicchiata nell'angolo più buioil viso avvolto in unamantella ricamata. Se la leggenda fosse vera

chi altri potrebbe essere se non l'orgogliosa lady Eleanore?

Il padrone della locandail vecchio lealista e io applaudimmo calorosamentequesto racconto che ci aveva tutti

così intensamente appassionatiperché chi legge difficilmente puòimmaginare come sia accresciuto l'effetto di simili

narrazioni quandocome in questo casosi può dare assoluta fiducia allaveridicità di chi le racconta. Da parte miaben.86

conoscendo la scrupolosità del signor Tiffany nell'accertare le fonti diciò che raccontanon avrei potuto credergli più

ciecamenteanche se avesse dichiarato di esser stato testimone oculare delleazioni e delle sofferenze della povera lady

Eleanore. Alcuni scetticiè veropotrebbero esigere testimonianze e proveo chiedergli addirittura di esibire quella

mantella ricamatadimenticando chegrazie al Cieloessa è stata ridottain cenere. Ma poi il vecchio lealistariscaldato

da quegli applausiiniziò a parlare a sua volta delle leggende del Palazzodella Provinciafacendo capire chese

eravamo d'accordopoteva aggiungere alcuni suoi ricordi a questo filone. Ilsignor Tiffanynon avendo motivo di

temere rivalilo pregò subito di farcene qualche esempio e io aggiunsinaturalmente le mie suppliche in tal sensocosì

che il nostro venerando amicoben lieto di avere un uditorio così bendispostoattese soltanto il ritorno del signor

Thomas Waiteche era stato chiamato a servire alcuni avventori sopraggiunti.E forse i lettorima sia a loro e nostra

discrezione dirimere la questionepotranno leggerne i risultati in un'altraleggenda del Palazzo della Provincia.

LA VECCHIA ESTHER DUDLEY

Leggende del Palazzo della Provincia

IV

Il nostro ospitedopo aver ripreso il suo posto a sederesi dichiarò moltoansiosoal pari del signor Tiffany e di

medi conoscere la storia cui aveva accennato il lealista. Il vegliardogiudicò innanzi tutto opportuno bagnarsi la gola

con un altro bicchiere di vinopoivoltando il viso verso il fuoco delcaminettofissò per alcuni momenti lo sguardo

nelle profondità di quell'allegro bagliore. Infine raccontò con grandefacondia la sua storia. Il generoso liquore che

aveva sorbitonel mentre riscaldava il suo sangue raggelato dagli anniparimenti scioglieva il gelo nel suo cuore e nella

mentedandogli una forza di pensare e sentire che difficilmente avrebbepotuto presumere di trovare sotto le nevi di

ottant'anni. I suoi sentimenti mi sembravano anzi più vivi di quelli di unuomo più giovane oquanto menogli stessi

sentimenti si manifestavano con più visibile intensità di quando la suacapacità di giudizio e di volontà aveva il vigore

della vita a mezzogiorno. Nei momenti più commoventi del suo raccontofacilmente si scioglieva in lacrimee quando

un sussulto d'indignazione lo percorrevail sangue gli infiammava il voltoavvizzito fino alla radice dei capelli canutie

allora egli scuoteva i pugni davanti al terzetto dei suoi pacificiascoltatoricome immaginando di vedere nemici in

coloro che mostravano solo compassione per la sua vecchia anima afflitta. Madi tanto in tantotalvolta nel bel mezzo di

un accalorato discorsola mente del vegliardo ne perdeva il filo e andavabrancolando alla sua ricerca nella nebbia dei

ricordi. Allora gracchiava una fievole risata e si domandava se le suemeningicome gli piaceva definire le sue facoltà

mentalinon stavano un po' logorandosi.

Per via di questi inconvenientiil racconto del vecchio lealista harichiesto una maggior revisione di quelli

della serie precedenteper essere adattata al nostro pubbliconé si puònegare che lo spirito e il tono della storia hanno

subito una lieve metamorfosie forse più che lievenel corso della suatrasmissione al lettore per il tramite di un

convinto democratico. Il racconto in sé è un semplice abbozzosenza alcunacomplessità di trama né eventi

particolarmente interessantituttavia possiedese l'ho trascrittocorrettamentequella pensosa influenza sulla mente che

l'ombra del vecchio Palazzo della Provincia cala su chi passa nel suocortile.

Era giunta l'oral'ora della sconfitta e dell'umiliazionein cui sirWilliam Howe doveva varcare la soglia del

Palazzo della Provincia esenza le trionfali cerimonie da lui promesse untempoimbarcarsi a bordo della flotta

britannica. Ordinò ai domestici e agli attendenti di precederlo e sitrattenne ancora qualche momento nella solitudine del

palazzo per spegnere quelle aspre emozioni che si dibattevano nel suo pettocon un palpito di morte. Avrebbe forse

giudicato preferibile il suo destino se la morte sul campo gli avesselasciato almeno il diritto a qualche palmo di terra

come tombanella colonia che il re gli aveva dato da difendere. Mentre isuoi ultimi passi echeggiavano giù per la scala

con la funesta premonizione che il dominio dell'Inghilterra stava perscomparire per sempre nel New Englandbatté i

pugni chiusi sulla fronte e imprecò contro il destino che aveva addossato alui la vergogna dello smembramento di un

impero.

«Volesse il Cielo»esclamòtrattenendo a stento lacrime di rabbia«chei ribelli fossero qui sulla soglia! Il mio

sangue versato sul pavimento testimonierebbe allora che l'ultimo governatorebritannico è stato fedele al suo mandato».

La voce tremula di una donna rispose alla sua esclamazione.

«La causa del Cielo e quella del re sono tutt'uno»disse la voce. «Vadapuresir William Howee confidi che il

Cielo riporterà qui in trionfo un governatore del re».

Dominando subito la passione cui aveva ceduto soltanto nella convinzione dinon avere testimonisir William

Howe si accorse che un'anziana donnaappoggiata a un bastone col pomellod'orostava in piedi tra lui e la porta. Era la

vecchia Esther Dudleyche abitava nel palazzo da tempi quasi immemorabilitanto che la sua presenza ne sembrava

inseparabile quanto i ricordi della sua storia. Discendeva da un'antica e untempo eminente famigliadecaduta nella

povertà e nell'oblioche aveva lasciato alla sua ultima discendentenessun'altra risorsa che la generosità del sovrano e

nessun altro riparo che le mura del Palazzo della Provincia. Le era statoassegnato qualche incarico nella casacon

compiti soltanto formalicome pretesto per pagarle una piccola pensionechelei spendeva per la maggior parte per

abbigliarsi con abiti antiquati e sfarzosi. I diritti del nobile sangue diEsther Dudley erano stati riconosciuti da tutti i.87

successivi governatoriche la trattavano con tutta la dovuta cortesia chelei pretendeva puntigliosamentema non

sempre con successoda un mondo che l'aveva dimenticata. L'unico compitoeffettivo che ella si assumeva nella

gestione del palazzo era quello di scivolare a tarda notte attraverso i suoicorridoi e le camere pubblicheper accertarsi

che i domestici non avessero appiccato fuoco con le loro torce accese olasciato tizzoni ardenti e scoppiettanti nei

camini. Forse era stata questa sua immutabile abitudine di aggirarsi nelsilenzio della notte a far nascere la superstizione

che attribuiva all'anziana donna doti paurose e misteriosefavoleggiando cheaveva varcato il portale del Palazzo della

Provincia nessuno sapeva da doveal seguito del primo governatore del reeche era suo destino abitare lì finché non ne

fosse partito l'ultimo. Ma se mai aveva udito questa leggendasir WilliamHowe se n'era dimenticato.

«Signora Dudleyperché si attarda ancora qui?»le domandòin tonoquasi severo. «È mio privilegio essere

l'ultimo a lasciare questo palazzo».

«Non è cosìse non dispiace a Vostra Eccellenza»replicò quella donnaoberata dagli anni. «Questo tetto mi ha

ospitata a lungoe non lo lascerò finché non mi porteranno alla tomba deimiei antenati. Quale altro riparo esiste per la

vecchia Esther Dudleyoltre al Palazzo della Provincia o la tomba?».

«Che il Cielo mi perdoni!»disse tra sé sir William Howe. «Stavo perlasciare sola questa povera vecchiaa

morire di fame o mendicare. Prenda questabuona signora Dudley»soggiunsemettendole in mano una borsa. «La

testa di re Giorgio su queste ghinee d'oro è ancora valevolee continueràa esserlole assicuroanche se i ribelli

dovessero incoronare John Hancock loro re. Con questa borsa potrà acquistareun miglior asilo di quello che le offre ora

il Palazzo della Provincia».

«Finché sarò oberata dal peso della vitanon avrò altro riparo chequesto»insisté Esther Dudleybattendo il

bastone sul pavimentocon un gesto che confermava la sua irremovibiledecisione. «E quando Vostra Eccellenza

ritornerà in trionfoio mi trascinerò sul portico per darle ilbenvenuto».

«Mia poveravecchia amica!»esclamò il generale britannicoe tutto ilsuo virile e marziale orgoglio non poté

più a lungo trattenere le amare lacrime. «Questa è un'ora triste per lei eper me. La provincia che il sovrano mi ha

affidato è perduta. Me ne vado da qui infeliceforse in disgraziaper nonfare più ritorno. E lei che si identifica con il

passatolei che ha visto un governatore dopo l'altro salire in gran pompaquesti gradinilei che ha dedicato la vita al

rispetto di regali cerimonie e al culto del sovranolei come sopravviveràal cambiamento? Venga con noidica addio a

questa terra che ha infranto la sua fedeltàvenga con noi ad Halifaxancora sotto la bandiera del re!».

«Mai!»esclamò caparbiamente la vecchia. «Continuerò ad abitare quiere Giorgio avrà ancora un fedele

suddito nella sua provincia infedele».

«Sia maledetta questa vecchia pazza!»mormorò tra sé sir William Howesempre più esasperato dalla sua

ostinazionee vergognandosi della commozione che l'aveva sopraffatto. «Èl'essenza stessa di antiquati pregiudizie

non potrebbe vivere altrove che in questo ammuffito palazzo. EbbenesignoraDudleyvisto che vuole proprio

trattenersiaffiderò a lei il Palazzo della Provincia. Prenda questa chiavee la tenga al sicuro finché io o qualche altro

governatore del re verremo a chiedergliela».

Sorridendo amaramente di se stesso e di leiprese la pesante chiave delPalazzo della Provincia e la consegnò

nelle mani dell'anziana damapoi si avvolse nel mantello per andarsene.Quando si voltò a guardare la decrepita figura

di Esther Dudleyil governatore pensò che era proprio adatta aquell'incaricouna perfetta rappresentante di un passato

defuntodi un'epoca trascorsainsieme con le sue abitudiniopinionicredenze e sentimentitutti ormai caduti nell'oblio

o nel ridicolodi ciò che era un tempo una realtàma ora era soltantoun'immagine di svanito splendore. Poi sir William

Howe se ne andòstringendo ancora i pugni nel rabbioso tormento del suospiritomentre la vecchia Esther Dudley

rimaneva di guardia nel Palazzo della Provincia ormai desertoconvivendo lìcon i suoi ricordie se mai la speranza

sembrò affiorare ancora intorno a leiera sempre un ricordo camuffato.

Tutti i cambiamenti che seguirono alla partenza delle truppe britanniche nonscacciarono la vegliarda dalla sua

roccaforte. Per molti anni a venire non ci fu più un governatore delMassachusettse i magistrati incaricati di tali

compiti non ebbero da obiettare alla permanenza di Esther Dudley nel Palazzodella Provinciasoprattutto perché

altrimentiavrebbero dovuto pagare qualcuno che se ne prendesse curaciòche per lei era un'amorosa faticae così la

lasciarono indisturbata padrona dello storico palazzo. Erano molte estravaganti le favole che si sussurrano intorno a lei

in tutti gli angoli della città. Tra gli ormai consueti mobili lasciati nelpalazzoc'era anche un alto e antico specchio che

meriterebbe forse una storia a sée ne sarà forse in futuro l'argomento.L'oro della sua istoriata cornice era ormai

annerito e la sua superficie era così offuscata che l'immagine della vecchiadamaquando si soffermava lì davanti

appariva indistinta e spettrale. Tuttavia era generale credenza che igovernatori della caduta dinastiae le belle dame che

avevano un tempo allietato le loro festei capi indiani che si eranopresentati al Palazzo della Provincia per tenervi

convegni o giurare alleanzei fieri soldati della Provinciai severiecclesiasticiinsomma tutto il corteo dei tempi

passatitutti i personaggi che erano sfilati davanti a quella grande lastradi vetro potevano essere evocati dalla vecchia

Estherper popolare il mondo interiore dello specchio come ombre di una vitatrascorsa. Leggende come questa

insieme con la bizzarria della sua isolata esistenzai suoi anni e leinfermità che ogni inverno aggiungevane facevano

oggetto di timore e di pietàe fu anche a causa di questi sentimenti chenonostante tutti gli abusi di quei tempiné torti

né insulti caddero sul suo capo indifeso. Era anzi così sprezzante il suoatteggiamento verso gli intrusitra i quali erano

compresi tutti i rappresentanti delle nuove autoritàche per guardarla infaccia era necessario un certo coraggio. E per

rendere giustizia a quelle personeconvinti repubblicani quali eranodiventateesse erano ben contente che quella

vecchia gentildonnain sbiadite crinoline e merlettiabitasse ancora quelpalazzo di decaduto orgoglio e poterecome

simbolo di un defunto sistemache incarnava tutta una storia nella suapersona. E cosìanno dopo annola vecchia.88

Esther Dudley continuava ad abitare il Palazzo della Provinciasempredeferente verso ciò che gli altri avevano ormai

dimenticatosempre fedele al suo reil qualefin quando la veneranda damaavesse conservato il suo postopoteva

sempre dire di avere ancora un fedele suddito nel New England e una caricanell'impero che gli era stato strappato.

Ma la vecchia dama abitava lì in completa solitudine? Non era cosìsecondole voci che correvano. Quando il

suo cuore gelido e sfiorito sentiva bisogno di caloreella era solitaevocare dallo specchio offuscato uno schiavo negro

del governatore Shirley e inviarlo alla ricerca di ospiti che un tempo eranofamiliari in quelle stanze ormai deserte. E il

funebre messaggero andavailluminato dalla luce delle stelle e della lunaecompiva la sua missione nei cimiteri

bussando alle porte di ferro delle tombe o sulle lastre di marmo che lericoprivano e sussurrando a chi vi era dentro: «La

mia signorala vecchia Esther Dudleyvi invita al Palazzo della Provincia amezzanotte». E puntualmentequando

l'orologio della vecchia Chiesa meridionale scandiva dodici colpile ombredegli Oliverdegli Hutchinsondei Dudley

di tutti i grandi di trascorse generazioni scivolavano oltre il portaledentro il ben noto palazzo in cui Esther si

mescolava con loro come se fosse stata anch'essa un'ombra. Senza volergiurare sulla veridicità di queste leggendeè

certo che la signora Dudley riuniva talvolta alcuni dei vecchi eirriducibilima ormai mogi conservatori che erano

rimasti nella città ribelle in quei tempi tumultuosi e tribolati. E da unabottiglia polverosacontenente liquori che

qualche governatore del re avrebbe forse assaporato con gustocostorobrindavano al sovrano e farfugliavano di

tradimenti contro la repubblicacome se l'ombra protettrice del trono fosseancora sospesa sopra di loro. Ma dopo aver

scolato le ultime gocce del liquorecostoro facevano timorosamente ritorno acasae non rispondevano più se qualche

popolano screanzato li insultava per le strade.

Ma gli ospiti più assidui e graditi di Esther erano i bambini della cittàe con loro non era mai severa. La sua

natura tenera e affettuosaostacolata altrove nel suo corso da milleincrollabili pregiudizitrovava sfogo con i più

piccoli. Corrompendoli con pan di zenzeroche lei stessa faceva stampandolocon una corona realestimolava la loro

spensierata giocosità sotto l'austero portale del Palazzo della Provinciaespesso li allettava a trascorrere lì intere

giornateseduti in un cerchio intorno alla sua crinolinaascoltandoavidamente le sue storie di un mondo passato. E

quando lasciavano quel cupo e misterioso palazzoi bambini se ne andavanosconcertatipieni di obsoleti sentimenti

che persone più esperte di loro avevano da tempo dimenticatostrofinandosigli occhi nel vedere il mondo intorno a

lorocome se si fossero smarriti nei tempi antichi e fossero divenutibambini del passato. A casaquando i genitori

chiedevano loro dove avevano bighellonato per tutto quel tempo e con chiavevano giocatoi bambini parlavano di tutti

i defunti dignitari della Provinciafin dai tempi del governatore Belcher edella sprezzante dama di sir William Phips.

Sembrava che fossero stati seduti sulle ginocchia di questi celebripersonaggiche la tomba copriva ormai da mezzo

secologiocando con i ricami dei loro preziosi giustacuorio tirandodispettosamente i lunghi riccioli delle loro fluenti

parrucche. «Ma il governatore Belcher è morto da molti anni»obiettavauna madre«e tu l'hai visto davvero nel

Palazzo della Provincia?». «Oh sìcara mammal'ho visto!»rispondevail bambino in tono quasi sognante. «Ma

quando la vecchia Esther ha cessato di parlare di luiè scomparso dalla suasedia». E cosìsenza spaventare i suoi

piccoli ospitiEsther li conduceva per mano attraverso le stanze del suofocolare desertoe mostrava alla loro fantasia i

fantasmi che le abitavano.

Vivendo continuamente chiusa nella sua sfera di ideemai adeguando la suamente alla situazione presente

Esther Dudley sembrava essere quasi impazzita. Non aveva nemmeno idea dellosvolgimento e della situazione reale

della Guerra d'indipendenzama conservava l'incrollabile fede che le armatebritanniche fossero vittoriose in ogni

campo e destinate al trionfo finale. Quando la città esultava per unabattaglia vinta da WashingtonGatesMorgan o

Greenela notiziavarcando la soglia del Palazzo della Provinciacomefosse stata quella del mondo dei sognisi

trasformava in un incongruente annuncio delle prodezze di HoweClinton oCornwallis. Presto o tardiEsther ne era

fermamente convintale colonie sarebbero state prostrate ai piedi del suosovranoe talvolta sembrava dare per scontato

che ciò fosse già avvenuto. Un giorno mise in subbuglio tutta lacittadinanza illuminando a festa il Palazzo della

Provincia con candele a ogni finestra e una composizione trasparente delleiniziali del re e di una corona luminosa alla

grande vetrata del balcone. La figura della vecchia damavestita dei suoipiù sfarzosi abiti di velluto e broccato

ammuffitifu vista passare da una finestra all'altrafinché si fermòdavanti al balconeagitando sopra alla testa

un'enorme chiave. Il suo volto rugoso era raggiante di trionfocome se anchel'anima dentro di lei fosse stata un

lampadario acceso.

«Che cosa significa tutto questo fulgore di luci? E che cosa vuol dire ilgiubilo della vecchia Esther?»sussurrò

uno spettatore. «Fa paura vederla passare da una stanza all'altraedesultare anche se non c'è un'anima a tenerle

compagnia».

«È come se facesse festa in un cimitero»commentò un altro.

«Sciocchezze! Non c'è nessun mistero»intervenne un vecchiodopo averfrugato un po' nella memoria. «La

vecchia Dudley sta festeggiando il compleanno del re d'Inghilterra».

Allora la gente si sbellicò dalle risatee avrebbe gettato manciate difango contro l'immagine trasparente della

corona e delle iniziali del re se non avesse avuto compassione di quellapovera vecchia che tripudiava così

pateticamente tra le rovine del regime politico cui apparteneva.

Spesso aveva l'abitudine di salire la faticosa scala che si arrampicava versola cupolae da lì appuntava lo

sguardo offuscato verso il mare e la campagnain attesa di veder comparireuna flotta britannica o una grandiosa

processione al seguito della bandiera del re. I passanti nella stradasottostante riconoscevano il suo volto e allora

alzavano un grido: «Quando l'indiano dorato sul palazzo scaglierà la suafrecciaquando canterà il gallo sulla guglia

della chiesaallora rivedremo un governatore del re!»una frase divenutaormai proverbiale in città..89

E finalmentedopo moltimolti annila vecchia Esther Dudley venne asapereo più probabilmente sognò che

un governatore del re stava per ritornare nel Palazzo della Provinciaperricevere la pesante chiave che sir William

Howe le aveva affidato. Il fatto era che una notiziavagamente analoga allaversione che Esther ne davacorreva allora

tra la cittadinanza. Esther mise allora ordine nel palazzoper quanto glieloconsentivano le sue forzee dopo essersi

addobbata con sete e ori anneritirimase a lungo davanti a quello specchioannebbiato per ammirarsi in tutto il suo

splendore. E mentre si guardavaquella dama grigia e avvizzita muoveva lesue labbra cereeparlando a mezza voce

alle figure che vedeva dentro lo specchioalle ombre della sua fantasiaalle familiari compagnie dei suoi ricordie le

esortava a esultare con leiad andare con lei incontro al governatore. Ementre era assorta in questa conversazionela

vecchia Dudley udì il trepestio di molti passi in strada eguardando fuoridalla finestravide ciò che le sembrò l'arrivo

del governatore del re.

«Ohgiorno felice! ohfortunato momento!»esclamò. «Desidero soltantodargli il benvenuto sulla portae poi

la mia missione nel Palazzo della Provincia e nella vita sarà terminata!».

E alloracon passi esitanti che l'età e la tremula emozione facevanoincespicaresi affrettò a scendere la grande

scalinata nel fruscio delle sue setee sembrava che un corteo di spettralicortigiani usciti dallo specchio annebbiato

facesse ressa con lei. Non appena la grande porta si fosse spalancataimmaginava Esther Dudleytutto lo sfarzo e lo

splendore di tempi ormai trascorsi avrebbero fatto maestosamente ingresso nelPalazzo della Provinciae i dorati

arredamenti del passato avrebbero scintillato di nuovo alla luce delpresente. Allora girò la chiavela ritrasse dalla

toppaaprì la porta e ne varcò la soglia. Nel cortile avanzava una personadi dignitoso aspettocon tutte le sembianze

quali apparvero a Estherdella nobiltàdell'alto rango e di un'innataautoritàperfino nel passo e in ogni suo gesto. Era

riccamente vestitoma portava scarpe da gottosoche tuttavia nondiminuivano la maestosità del suo portamento.

Intorno e dietro a lui avanzavano persone in semplici abiti civili e due otre veterani di guerraevidentemente ufficiali

d'alto rangovestiti con uniformi azzurre e marroni. Ma la vecchia Esthersalda nella convinzione che si era radicata nel

suo cuoreguardava soltanto il personaggio principalesenza mai dubitareche quello fosse il tanto atteso governatore

del recui doveva rendere il suo mandato. Quando questi si avvicinòellacadde spontaneamente in ginocchio e

tremante. gli porse la pesante chiave.

«Prenda ciò che mi è stato affidatosubito!»gridò«perché credoche la morte stia giungendo a strapparmi il

momento del trionfoma ormai è troppo tardi! Grazie a Dio per questomomento benedetto! Dio salvi re Giorgio!».

«È una ben strana supplicasignorada elevare in questo momento»replicò lo sconosciuto ospite del Palazzo

della Provincia togliendosi garbatamente il cappello e offrendole il braccioper rialzarsi. «Ma per rispetto ai suoi capelli

canuti e a una fede così a lungo conservataDio non voglia che alcuno quila contraddica. Per tutti i regni che

riconoscono ancora il suo scettroDio salvi re Giorgio!».

Esther Dudley balzò allora in piedi eaffrettandosi a riprendere la chiavescrutò con timorosa attenzione lo

sconosciutopoicome ridestandosi da un sognoi suoi occhi sgranatiriconobbero vagamentedubbiosamente quel

volto. Molti anni prima lo aveva conosciuto tra l'aristocrazia dellaProvinciama poi il bando del re era caduto sul suo

capo. E come potevaalloraessere lì il condannato? Proscrittoescluso daogni clemenzadivenuto il più temuto e

odiato nemico del sovranoquesto mercante del New England aveva trionfatocontro il potere di un regnoe il suo piede

calpestava ora una monarchia umiliatamentre saliva i gradini del Palazzodella Provincia come governatore del

Massachusetts prescelto dal popolo.

«Che io sia maledetta!»mormorò la vecchiae con espressione cosìstraziata da strappare le lacrime dagli

occhi dello sconosciuto. «Ho dato il benvenuto a un traditore! Ben venga lamortee subito!».

«Ahimèveneranda signora»disse il governatore Hancockoffrendolesostegno con tutta la deferenza che un

cortigiano poteva mostrare a una regina. «La sua vita è stata prolungatafin quando il mondo è mutato intorno a lei. Lei

ha gelosamente conservato tutto ciò che il tempo ha privato di valoreiprincipii sentimentii modi di essere e di agire

che un'altra generazione ha accantonatoe ora lei è un simbolo del passato.E io e tutte le persone intorno a me

rappresentiamo una nuova stirpe di uominiche vivono non più nel passatonon ancora nel presentema proiettiamo la

nostra vita nel futuro. Dopo aver cessato di conformarci ad antichesuperstizioniil principio della nostra fede è quello

di spingerci avantisempre avanti! Però»soggiunserivolgendosi ai suoiattendenti«rendiamo ora omaggio per

l'ultima volta ai rigidi e grandiosi pregiudizi del vacillante passato!».

Mentre parlavail governatore della repubblica aveva continuato a sostenereil corpo inerte di Esther Dudley

che diventava sempre più pesante tra le sue bracciama a un trattocon unimprovviso sforzo per liberarsila vecchia

cadde a terra accanto a uno dei pilastri del portico. La chiave del palazzole scivolò di mano e risuonò contro la pietra.

«Sono stata fedele fino alla morte»mormorò. «Dio salvi il re!».

«Ha compiuto la sua missione»disse Hancock in tono solenne. «Laseguiremo con deferenza fino alla tomba

dei suoi antenatie poimiei compatriotiavantiavanti! Non siamo piùfigli del passato!».

Quando il vecchio lealista concluse il suo raccontol'ardore che avevailluminato a sprazzi i suoi occhi

infossati e aveva vibrato sul suo volto rugoso scomparvecome se tutto ilfuoco ancora rimasto nella sua anima si fosse

spento. Proprio in quel momento una luce sopra al caminetto gettò un ultimobagliore che si spense altrettanto

rapidamentecostringendo i nostri occhi a spostarsi da un'immagine all'altraal fioco riverbero del focolare. A quel

fuoco morentepensaia quel fioco baglioresi erano spente le glorie delvecchio regime nel Palazzo della Provincia

quando lo spirito della vecchia Esther Dudley si era involato. E oral'orologio della vecchia Chiesa meridionale faceva

udire di nuovo la sua voce antica nel ventoe i puntuali rintocchi delpassato risuonarono attraverso la popolosa città.90

riempiendo le nostre orecchiementre eravamo lì seduti nella penombra dellastanzacol profondo riverbero della loro

voce. In quello stesso palazzoin quella stessa stanzaquanta parte distoria era stata scandita attraverso le oreda quella

stessa voce che vibrava ora nell'aria! Molti governatori avevano udito quegliaccenti notturnidesiderando scambiare i

loro gravi problemi con qualche ora di sonno. In quanto al nostro ospitealsignor Bela Tiffanyal vecchio lealista e a

meavevamo fantasticato su sogni del passato fin quasi a immaginare chel'orologio rintoccasse ancora in un secolo

trascorso. Nessuno di noi si sarebbe stupito se il fantasma in crinolina diEsther Dudley fosse entrato vacillando nella

stanzadurante le sue perlustrazioni nel silenzio della nottecome facevaun tempoe ci avesse fatto segno di spegnere

le ultime braci nel camino prima di lasciare quel luogo storico a lei e alleombre come lei. Ma una simile visione non

sarebbe stata ben accettae quando mi ritirai senza invito avrei volutoconsigliare al signor Tiffany di cercare un altro

ascoltatoreessendo ben deciso a non mostrarmi più nel Palazzo dellaProvincia per un bel po' di tempose mai ciò

fosse accaduto ancora.

LA MENTE TORMENTATA

Che momento straordinario è il primoquando abbiamo appena iniziato ariprendercidopo esserci destati dal

sonno della notte fonda! Aprendo gli occhi così d'improvvisosembra di aversorpreso i personaggi dei nostri sogni

convocati intorno al letto e di catturarli con un unico sguardo prima chepossano dileguarsi nell'oscurità. Oppureper

usare un'altra metaforaci troviamo per un solo istante completamente svegliin quel regno dell'illusione nel quale il

sonno è stato il passaportoe ne osserviamo gli spettrali abitanti e lefantastiche scenepercependo la loro stranezza

come mai accade quando il sogno è ininterrotto. L'eco di una campana lontanaè trasportata lievemente dal ventoe

allora ci domandiamoquasi seriamentese è giunta furtivamenteall'orecchio della veglia da qualche torre grigia che

stava entro i confini del sogno. Mentre si è ancora nel dubbioun altroorologio lancia il suo pesante rintocco sulla città

addormentatacon un suono così pieno e nitido e una vibrazione cosìprolungata nell'aria circostante che si ha la

certezza che debba provenire dal campanile della chiesa più vicina. Sicontano i rintocchiunoduee poi cessano con

un rimbombo che sembra raccogliere un terzo colpo dentro la campana.

Se fosse possibile scegliere un'ora di veglia in tutta la nottesarebbequesta. Da quando siamo andati a letto

alle undiciabbiamo avuto abbastanza riposo per liberarci dal peso dellastanchezza del giorno primamentre davanti a

noifinché non sorgerà il sole dal «lontano Catai» a illuminare lanostra finestraabbiamo quasi lo spazio di una notte

d'estate: un'ora da trascorrere pensando con gli occhi della mentesemichiusidue in piacevoli sogni e due nel più strano

dei piaceril'oblio delle gioie e dei dolori. Il momento di alzarsiappartiene a un altro periodo di tempoe sembra così

distante che il tuffo dal tepore del letto nell'aria gelida non può ancoraessere prospettato con timore. Il giorno prima è

già svanito tra le ombre del passatoil domani non è ancora affiorato dalfuturoe abbiamo trovato uno spazio

intermedio in cui gli affari della vita non interferisconoin cui il momentofuggevole si trattiene e diventa realmente il

presenteun luogo in cui il padre Tempopensando che nessuno lo osservisisiede sul ciglio della strada per riprendere

fiato. Ohse cadesse addormentatolasciando vivere i mortali senzainvecchiare!

Finora siamo rimasti perfettamente immobiliperché il minimo movimentopotrebbe dissipare i frammenti del

sonnoma ora che siamo definitivamente desti scrutiamo attraverso la tendatirata a metà della finestra e vediamo che il

vetro è decorato dal gelo con bizzarri disegnie che ogni pannello haqualcosa di un sogno raggelato. Avremo

abbastanza tempo per scoprire l'analogiain attesa di essere chiamati per lacolazione. Attraverso il nitido ritaglio di

vetrodove non si ergono le vette di montagne argentate nel paesaggiogelatol'oggetto più rilevante appare il

campanilela cui guglia innevata punta verso il limpido firmamentoinvernale. Si possono quasi distinguere le cifre

dell'orologio che ha appena scoccato le ore. Questo cielo di ghiaccioitetti innevatila lunga prospettiva della strada

gelata e tutta biancae l'acqua distanteindurita come rocciapotrebberofarci rabbrividire anche sotto quattro coperte e

una trapunta di lana. Ma guarda quella solitaria stella sfolgorante! I suoiraggi si distinguono da tutti gli altri e gettano

perfino l'ombra della finestra sul lettocon una radiosità ancora piùintensa della luce della lunaanche se non altrettanto

nitida nel profilo.

Sprofondiamo sotto le coperte e imbacucchiamo anche la testacontinuando arabbrividirema non tanto per

una sensazione corporeaquanto per la sola idea di quel clima polare. Ètroppo freddo perfino per arrischiare fuori i

pensieri. Riflettiamo sul piacere di trascorrere un'intera esistenza a lettocome un'ostrica nel suo guscio

abbandonandoci alla pigra estasi dell'inazionesonnacchiosamente coscientisoltanto di un delizioso teporeche

iniziamo a sentire di nuovo. Ahimè! Questa idea ne ha portato con séun'altra ben più tristeche induce a pensare ai

morti che giacciono nel loro freddo sudario e nell'angusta bara attraverso iltetro inverno della tombae non riusciamo a

convincerci che essi non rabbrividiscono quando la neve si ammucchia sui lorotumulio quando aspre raffiche di vento

ululano contro la porta della fossa. Questo lugubre pensiero ne porta con séuna moltitudine di altriche gettano la loro

ombra su quest'ora di veglia.

Nelle profondità di ogni cuoresi trovano una tomba e una cellasotterraneaanche se le lucila musicale

baldorie del mondo di sopra possono farci dimenticare la loro esistenza equella dei sepoltio prigionieri che esse

nascondono. Ma talvoltae più spesso ancora di nottequesti antri oscurisi spalancano. In un'ora come questaquando

la mente ha una sua passiva sensibilitàma nessuna forza attivaquandol'immaginazione è come uno specchio che

rende vivide tutte le ideesenza la capacità di sceglierle e controllarleallora preghiamo che i nostri dolori possano.91

assopirsie che non sia la fraternità del rimorso a spezzare le lorocatene. Ma è ormai troppo tardi. Un corteo funebre

scivola davanti al nostro lettoin cui la passione e il sentimento assumonofigura corporeae le cose della mente

diventano foschi spettri allo sguardo. Ecco il nostro primo Doloreunapallidagiovane dolente che assomiglia come

una sorella al nostro primo amoretristemente bella e avvolta da un alone didolcezza nei malinconici lineamenti e di

grazia nello strascico delle sue vesti a lutto. Appare poi un'ombra didisfatta bellezzacon polvere tra i capelli dorati e

vivaci indumenti ormai sbiaditi e logoriche sfugge al nostro sguardo a capochinocome temendo un rimprovero: era la

nostra più dolce Speranzama così ingannevole che ora può essere chiamataDelusione. La segue una figura severacon

la fronte corrugata e un'espressione di ferrea autorità: non si puòchiamarla con altro nome che Fatalitàsimbolo delle

nefaste influenze che regolano le nostre sortiun demone al quale ci siamosottomessi per errore all'inizio della vita

divenendo suoi schiavi per sempre avendole ubbidito una volta. Guarda queidiabolici lineamenti scolpiti nel buioquel

labbro arricciato nel disprezzolo scherno di quello sguardoil ditopuntato che indica le piaghe nel nostro cuore! Se

ricordiamo qualche nostra terribile folliadella quale arrossiremmo anchenella più remota caverna della terraallora

riconosciamo la Vergogna.

Vatteneorribile corteo! Ed è un beneper chi vegliase una tumultuosamassa di figure ancora più crudeli non

lo circondaquella dei demoni di un cuore colpevole che cova dentro di séil suo inferno. E se il Rimorso assumesse le

sembianze di un amico offeso? E se il demonio apparisse in vesti femminilicon una pallida bellezza tra il peccato e la

desolazionee giacesse al nostro fianco? E se si mostrasse ai piedi dellettosimile a un cadavere con una macchia

insanguinata sul sudario? È sufficienteanche senza questo senso di colpal'incubo dell'animaquesta prostrazione dello

spiritoquesta oscurità invernale del cuorequesto indistinto orrore dellamente che si mescola con le tenebre della

camera.

Con uno sforzo disperatoriusciamo a sederci erettiaffiorando da una sortadi sonno coscientee guardiamo

smarriti intorno al lettocome se i demoni potessero essere altrove chenella propria mente tormentata. Nello stesso

momentoi tizzoni che covano nel focolare sprigionano un bagliore cheillumina di pallida luce tutta la camera accanto

e guizza attraverso la porta della camera da lettoma senza disperderecompletamente l'oscurità. Lo sguardo cerca ciò

che può ricordarci il mondo viventee con ansiosa meticolosità prende notadel tavolo accanto al caminodel libro col

tagliacarte d'avorio tra le paginedella lettera apertadel cappellodelguanto caduto. Presto la fiammata si spegnee

con essa scompare tutta la scenaanche se la sua immagine rimane ancora unattimo nella mentedopo che il buio ha

inghiottito la realtà. In tutta la camera cala la stessa oscurità di primama non sono uguali le tenebre dentro il cuore.

Quando la testa ricade sul cuscinosi pensa - sia detto in un sussurro - acome sarebbe piacevole sentire in questa

solitudine notturna un respiro più lieve del nostrola delicata pressionedi un petto più morbidoil placido pulsare di un

cuore più puro che trasmette la sua serenità al nostro cuore tormentatocome se l'amata dormiente ci coinvolgesse nel

suo sogno.

La sua influenza ci avvolgeanche se ella esiste solo in questa momentaneaimmagine. Ci sentiamo

sprofondare in un luogo fioritoai confini tra il sonno e la vegliae ipensieri si alzano davanti agli occhi in immagini

sconnessema unite tutte da un senso diffuso di felicità e di bellezza. Alturbinare di flottiglie festose che scintillano nel

cielo seguono le grida gioiose di bambini davanti alla porta di una scuolaall'ombra screziata di vecchi alberi

sull'angolo di un viottolo di campagna. Siamo sotto la pioggia luminosa di unacquazzone estivovaghiamo tra gli alberi

soleggiati di un bosco d'autunnoalziamo lo sguardo verso il più vividoarcobalenoche si stende sopra una coltre

ininterrotta di neve sul lato americano del Niagara. La mente vagapiacevolmente tra la luce danzante di un focolare

nella casa di un giovane e della sua novella sposa e il volo cinguettante diuccellini in primaveraintorno al loro nido da

poco costruito. Si sente l'allegro rullio di una nave nella brezzasiosservano i passi aggraziati di rosee fanciulle che

intrecciano l'ultima e più lieta danza in una splendida sala da ballocitroviamo tra la folla animata di un teatro mentre

cala il sipario su una scena luminosa e gaia.

Trasalendo involontariamenteriprendiamo coscienza e ci troviamo quasisveglimentre tracciamo un confuso

parallelo tra la vita umana e l'ora che è appena trascorsa. In ambedue icasisi esce da un mistero per passare attraverso

vicissitudini che si possono controllare solo in parte ed essere poitrasportati verso un altro mistero. Si odono poi i

rintocchi di una campana lontanasempre più fievoli mentre si sprofonda dinuovo nella solitudine del sonno. È come il

rintocco funebre di una morte temporanea. Lo spirito si diparte e vagaliberamente tra gli abitanti di un mondo

indistintoche guardano strane cosema senza meraviglia o sgomento. Cosìsereno sarà forse l'ultimo cambiamentoe

così placidocome tra cose ben notesarà l'ingresso dell'anima nella suadimora eterna.

LO ZIO DEL VILLAGGIO

Rievocazioni immaginarie

Suun altro ceppo nel camino! Sìil nostro piccolo salotto è accoglientesoprattutto quidove il vecchio è

seduto nella sua vecchia poltronama la sera del Giorno del Ringraziamentola fiamma dovrebbe danzare più alta nella

cappa e lanciare una pioggia di scintille nel buio di fuori. Gettate altremanciate di quelle scaglie secche di quercia

ultimi relitti del legname della Sirenale ossa della tua omonimaSusan.Ancora più alta e più limpida sarà la fiamma

finché le finestre della nostra casa saranno le più splendenti delvillaggio e la luce del nostro allegro focolare brillerà su

tutta la baiafino a Nahant. E ora vieniSusanvenite bambini mieiportate le vostre sedie intorno a metutti voi. Ma.92

vedo le vostre figure offuscate! Siete lì sedutivibrando indistintamente aogni guizzo della fiamma che turbina intorno

a voi come un flusso di mareacosì che avete tutti l'aspetto di visioniodi persone che si trattengono solo alla luce del

fuoco e scompariranno per sempre dalla vita come le vostre ombrequando lafiamma sprofonderà tra i tizzoni ardenti.

Ascoltate! lasciatemi ascoltare lo sciabordio delle ondeche dovrebbe essereudibile per più di un miglio a terrain una

sera come questa. Sìora mi giunge il suonoma è solo un incertomormoriocome se fosse molto lontano sulla

spiaggiaanche sesecondo l'almanaccoalle otto è l'ora dell'alta mareae le onde dovrebbero frangersi a una trentina di

metri dalla nostra porta. Ahil'udito dei vecchi mi sta tradendoe anche lavista e forse la mentealtrimenti non sareste

tutti come ombrealla luce di questo fuoco nel Giorno del Ringraziamento.

Com'è strano il passato che scruta alle spalle del presente! A giudicare daimiei ricordisono trascorsi solo

pochi momenti da quando ero seduto in un'altra stanza. Quel modellino di navenon era lassùné quel vecchio

cassettonee nemmeno il profilo mio e di Susan in quella cornice dorata:nienteinsommatranne questo stesso fuoco

che posava la sua luce su librisu cartesu un ritrattoe rivelava quasila mia figura solitaria in uno specchio. Ma era

una figura più pallida di questo vecchio rugoso che sono orae anche piùgiovane di quasi mezzo secolo. Parlami

Susanparlatemi miei cariperché la scena appare di nuovo alla mia vistae più si ravviva più sbiadisce la vostra. Oh

dovrei essere restio a perdere il tesoro della mia trascorsa felicità perdiventare ancora ciò che ero alloraun eremita

nelle profondità della mia mente che talvolta sbadigliava su sonnacchiosivolumiun anonimo scribacchino di roba

ancora più noiosa di quella che leggevoun uomo che era uscito dal mondoreale ed era entrato nella sua ombradove i

suoi guaile gioiele vicissitudini erano così lievi che quasi non sapevase viveva o sognava soltanto di vivere. Grazie al

Cielosono vecchioorae ho finito con tutte queste vanità.

Ancora questo velo sui miei occhi! AvvicinatiSusane rimani davanti allaviva fiamma del camino. Ora ti

vedo illuminata dalla testa ai piedicon la tua cuffia pulita e la decorosasottanacon quelle care ciocche di capelli grigi

che spiovono sulla frontee un sereno sorriso sulle labbramentre gli occhisoltanto sono celati dal riverbero rosso del

fuoco sui tuoi occhiali. Eccomi hai fatto tremare di nuovo! Quando havibrato la fiammamia dolce Susantu hai

vibrato con essae sei divenuta indistintacome sciogliendoti nella caldalucecosì che la tua ultima apparizione

potrebbe essere una visione come è stata la primamoltimolti anni fa.Ricordi? Stavi su quel piccolo ponte sul ruscello

che attraversa King's Beach fino al mare. Era il crepuscolole onderotolavanoil vento accarezzava le nuvole cremisi

che sbiadivano a occidentela luna d'argento si illuminava sulla collinaesul ponte c'eri tufluttuante nella brezza come

un uccello marino che può prendere il volo a suo piacere. Sembravi unafiglia del vento invisibileuna creatura della

schiuma dell'oceano e della luce cremisiche trascorreva lietamente la vitadanzando sulla cresta delle onde che

alzavano i loro spruzzi per sostenere i tuoi passi. Mentre mi avvicinavoimmaginavo che tu fossi affine alla famiglia

delle sirene e pensavo come sarebbe stato bello abitare con te tra le baiesilenzioseall'ombra delle scogliere

vagabondare su spiagge solitarie di sabbia immacolata equando i nostri lidisettentrionali si intristivanopartire con te

per le isole verdi e deserte dei mari dell'estate. Eppuredopo questesciocche fantasiemi divertiva vedere che eri

soltanto una graziosa ragazzinacontrariata dal vento impertinente cheagitava la tua sottana.

E cosìanche con Susan feci come con molte altre cose della mia giovinezzaimmergendo la sua immagine

nella mia mente e tingendola dei mille colori della fantasiaprima dipoterla vedere quale realmente era. Ed eccoSusan

un autentico ritratto del nostro villaggio: era un piccolo agglomerato diabitazioniche sembravano gettate lì dal mare

come i detriti e le alghe che rigetta dopo una burrascao trascinate a rivacon i barili e l'altro legname spazzati via dal

ponte di una goletta. Aveva spazio appena sufficiente per quella stradastretta e sabbiosa che si snodava tra la spiaggia

davanti e una scoscesa collina che ergeva la sua faccia rocciosa dietrotracespugli di ginepro e l'incolta distesa di un

pascolo. Era un villaggio pittorescoal pari dei suoi edificianche se eratutto così primitivo. Qui c'era una vecchia

casupolacostruita forse con legname alla derivalà una fila di rimesseper le barchee al di là un'abitazione a due piani

d'aspetto scuro e battuto dalle intemperiee nel tutto erano mescolatealcune casette dipinte di biancoqualche porcile e

la bottega di un calzolaio. Due empori stavano uno di fronte all'altro nelcentro del villaggio. Erano questi i luoghi di

ritrovonelle ore liberedi una piccola folla di robusti pescatoriincamicie di panno rossopantaloni di tela cerata e

stivali di pelle scura che coprivano tutta la gambaproprio come quellidelle sette leghema più adatti a guadare

l'oceano che a camminare sulla terra. Gli uomini che li portavano sembravanoanfibicome se uscissero dall'acqua

salata solo per crogiolarsi al solee non sarebbe stato strano vedere i loroarti inferiori coperti dai gusci di piccoli

crostaceicome quelli che s'abbarbicano alle rocce e agli scafi dellevecchie navi su cui sale e scende la marea. Quando

la loro flottiglia di barche era bloccata dal maltempoi venditori di pesceaumentavano il prezzoe allora lo spiedo

aveva da fare più delle padelle per friggereperché questo era un posto dipescaben conosciuto come tale in tutti i

dintornie l'aria stessa aveva odore di pesceprofumata dalle scorpenedagli scorfani e dai gattucci disseminati su tutta

la spiaggia. Come vedetefiglioliil villaggio è ben poco cambiato daquando vostra madre e io eravamo giovani.

Era come un sognoquando mi chinavo su una pozza d'acquain un limpidomattinoe vedevo che l'oceano mi

aveva spruzzato con la sua schiumafacendo di me un pescatore! Avevol'inceratala camicia di pannoi pantaloni di

tela cerata e gli stivali delle sette leghee quelli erano i mieilineamentima così arrossati dal sole e dal vento di mare

che mi sembrava di avere un'altra facciae posata anche su altre spalle. Igabbianile strolaghe e io avevamo ora un

comune lavoroquello di sfiorare la cresta delle onde e di cercarvi sotto lanostra predae l'uomo ne aveva altrettanto

godimento degli uccelli. Quando il cielo a oriente diventava purpureospingevo sempre in acqua la mia barcail mio

piccolo scafo col fondo piattoe remavo con le mani incrociate fino a PointLedgeal Middle Ledgee talvolta anche

oltre Egg Rockspesso gettavo l'ancora perfino a Dread Ledgeun postopericoloso per scafi senza pilotaa volte mi

avventuravo attraverso la baia fino a South Shore e gettavo le lenze in vistadi Scituate. Al calare della sera trascinavo.93

in secca sulla spiaggia la mia barca carica di merluzzi rossi di scoglio o diquelli con la pancia bianca delle acque

profondedi eglefini con i segni neri delle dita di san Pietro vicino allebranchiedi naselli con la lunga barba e un

fegato che contiene olio a sufficienza per una lampadae di quando in quandoqualche enorme ippoglosso col dorso

largo come la mia barca. E in autunno andavo a pesca di quei bei pesci chesono gli scombri. Quando si alzava il vento

quando le baleniere ancorate al largo della Punta si salutavano inchinando iloro alberi sottiliquando i pescherecci

beccheggiavano nella risaccaquando la spiaggia di Nahant rumoreggiava a tremiglia di distanza e gli spruzzi si

alzavano tre metri in aria ai piedi della lontana Egg Rockquando il maregrosso e tumultuoso minacciava di precipitare

sulla strada del nostro villaggioallora facevo vacanza sulla terraferma.

In quei giorni stavo spesso comodamente seduto nella bottega del signorBartlettprestando ascolto ai racconti

dello zio Parkerche era zio di tutto il villaggio per diritto dianzianitàanche se aveva sangue del Sud e non aveva

parenti nel New England. La sua figura mi appare ora davantitroneggiante suun barile di scombriun vecchio smilzo e

molto altoma curvato dagli anni e contorto in una forma sgraziata da setteossa rottescavato dalle rughe e dalle

intemperiecome se ogni burrascaper quasi un secololo avesse colto inqualche parte del mare. Sembrava un

messaggero di tempestaun compagno di bordo dell'Olandese volante. Dopoinnumerevoli viaggi a bordo di navi da

guerra e mercantilidi golette e pescherecciil vecchio lupo di mare eradiventato padrone di un carretto che spingeva

ogni giorno per le strade dei dintorniarrivando talvolta a suonare il suocorno anche per quelle di Salem. Un occhio di

zio Parker era stato strappato via dalla polvere da sparol'altro baluginavaappena nella sua orbita. Rivolgendolo in alto

mentre parlavasi divertiva a raccontare di incursioni contro i francesi edi battaglie con i suoi compagni di bordo

quando lui e l'avversario stavano seduti a cavalcioni su una cassatutti edue bloccati da un grosso chiodo attraverso i

pantalonie poi combattevano. A volte effondeva il delizioso odore di unuccello selvatico simile all'anitra che i marinai

catturano con l'amo e la lenza al largo dei Grand Banks. Raccontava estasiatodi un interminabile inverno trascorso

sull'isola di Sablesquando se l'era spassata tra le nevi polari col rhum elo zucchero recuperati dai relitti di una goletta

delle Indie Occidentali. E agitava rabbiosamente il pugno quando parlava diuna banda di uomini di Cape Cod che

avevano depredato lui e i suoi compagni del loro legittimo bottino ed eranopoi salpati con tutti i barili di vecchio rhum

giamaicanosenza lasciarne nemmeno un goccio in cui annegare il suodispiacere. Erano furfantie di quella perfida

congrega di cui si diceva che legassero lanterne alle code dei cavalli perportare fuori rotta i marinai sulle infide coste

del Cape.

Ancora adesso mi sembra di vedere quel gruppo di pescatori con il vecchiolupo di mare nel mezzo. Uno di

loro è seduto sul bancoun secondo a cavalcioni su un barile d'oliounterzo è sdraiato pigramente su un rotolo di lenza

per la pesca del merluzzoun altro ancora sta col fondo incatramato deicalzoni adagiato su un mucchio di sale che tra

poco sarà spruzzato sui pesci. Sono un gruppo di uomini veri. Alcuni hannonavigato fino alle Indie Orientali e nel

Pacificomolti si sono imbarcati sulle golette di Marblehead dirette aTerranovaalcuni altri non sono arrivati oltre a

Middle Bankse uno o due hanno pescato sempre lungo la costamacomediceva zio Parkersono stati tutti battezzati

in acqua salata e ne sanno più di coloro che hanno vissuto nei boschi. Unostrano personaggioper contrasto con loroè

un commerciante di pesce giunto dall'internoche ascolta con occhi sgranatiquesti racconti che potrebbero sconcertare

anche Sinbad il marinaio. State benefratelli miei! Ve ne siete tuttiandatialcuni nelle vostre fosse sotto terraaltri nelle

profondità dell'oceanoma ho fiducia che siate tutti feliciperchéovunque io vi vedasia in sogno o in immagineogni

amico scomparso aspira il suo lungo sigaroe una caraffa di quella scura egiusta passa da una bocca all'altra!

Ma dov'era la sirenain quei tempi deliziosi? In una certa vetrinavicinoal centro del villaggioerano esposti

in bella mostra uomini e cavalli in pan di zenzerolibri illustrati eballatepiccoli amiaghi e spillecaramelle e ditali

d'ottonevari articoli nei quali i giovani pescatori spendevano il lorodenaro per pura e semplice galanteria. E che bella

figura faceva Susan dietro al banco! Era una fanciulla sottileanche se isuoi genitori erano robustie aveva un vitino di

vespariccioli bruni che le scendevano sul collouna carnagione piuttostopallidatranne quando era arrossata dalla

brezza di maree da un po' di efelidi che diventavano graziose macchiolinesotto alle palpebre. Come faceviSusana

parlare e comportarti con tanta disinvolturama sempre nel modo migliorefacendo tutto ciò che per te era giustoe mai

ciò che era sbagliato per mesenza mai irritare un gusto che fino a quelmomento era stato anche troppo sensibile? E

dove avevi preso quella dote felice di allietare ogni argomento con unaspontanea gaiezzapacata ma irresistibileche

faceva sentire i tuoi raggi di sole anche agli animi più tetriche mai siritraevano? Era la natura che aveva fatto

l'incantesimoche aveva fatto di te una fanciulla così schiettasemplicegentilesensibilegioiosa. E tuubbidendo alla

naturasprigionavi tutto ciò senza immodestiamostravi a tutti i tuoipensieri di fanciullati mostravi candida e nuda

come Eva.

Era bello vedere come la tua natura semplice e felice si mescolava con lamia. Accendeva un focolare dentro il

mio cuoree lì prendeva dimoraanche in quell'antro gelido e solitarionel quale erano sospesi ghiaccioli scintillanti di

fantasia. Mi dava calore di sentimentimentre l'influenza della mia menteinduceva la sua alla contemplazione. Le

insegnavo ad amare la luce della lunaquando la distesa della baia racchiusaera levigata come un grande specchio e

dormiva in un'ombra trasparentementre oltre Nahant il vento increspava ilcupo oceano in un sognante lucore che

andava affievolendosi al largoma senza divenire più cupo. Tenendole lamanole indicavo le lunghe onde della risacca

che rotolavano placidamente sulla spiaggia in una linea ininterrottad'argentoe tacevamo insieme finché il suo

profondo e quieto mormorio passava oltre. Quando il sole del giorno festivoilluminava i recessi della scogliera

conducevo lì la sirena e le dicevo che quelle enormi rocce grigie battutedalle ondeil suo mare natioche infuriava

sempre contro di esse come in burrascae la sua fragile bellezza in quelloscenario così severotutto ciò si mescolava in

una vena di poesia. Ma la vigilia del giorno di festadopo che sua madre siera ritirata presto a letto e la sua dolce.94

sorella si era congedata da noi con un sorrisoquando sedevamo soli davantial focolare silenziosocon gli oggetti

domestici intorno a noiera lei a farmi sentire che esisteva una piùprofonda poesia e che quella era l'ora più dolce di

tutte. E così proseguiva il nostro fidanzamentoin attesa che io catturassiabbastanza uccelli selvatici per riempire di

piume il nostro letto nuzialee infine la Figlia del Mare diventò mia.

Costruii una casetta per Susan e per mecon un ingresso a forma di arcogoticoricavato dalle mandibole di

una balena. Acquistammo una giovenca col suo primo vitellinoe coltivavamoun orticello sul fianco della collina per

rifornirci di patate e ortaggi verdi da accompagnare al pesce. Il nostrosalottopiccolo e lindoera decorato con i nostri

due profili in una cornice doratacon conchiglie e graziosi sassolini sullamensola del caminettoscelti tra i tesori del

mare raccolti sulla spiaggia di Nahant. Sul descosotto lo specchioeraposata la Bibbiache avevo iniziato a leggere ad

alta voce dal libro della Genesie il libro di canto che Susan usava per isalmi della serae oltre all'almanacco non

avevamo altri libri da leggere. Il solo altro libro che conoscevo era unastoria d'indiani o di un naufragiovenduta da un

mercante ambulante a qualche abitante del villaggioche la leggevastentatamente a un assonnato pubblico. Al pari dei

miei fratelli pescatoriero anch'io convinto che tutto il sapere umano fosseconcentrato nel nostro maestro di scuolae

che i suoi occhiali verdi e la severa fisionomia che mostrava quando sirecava nel piccolo edificio scolastico attraverso

una distesa di sabbiapotessero meritargli un diploma in qualsiasiuniversità del New England. In realtà lo temevoe

quando i nostri figli ebbero l'età per essere affidati alle sue cureaggrottavo la fronteSusanmentre tu eri orgogliosa

per gli encomi rivolti da questo dotto insegnante al loro profitto. Temevoche anche la sola conoscenza dell'alfabeto

potesse essere per loro la chiave di qualche pernicioso tesoro.

Amavo invece condurli per mano sulla spiaggia e mostrar loro la natura nellasua vastità e nei minuti

particolari: il cieloil marela terra verdei sassolini e le conchiglie.E discorrevo con loro delle immense opere e

dell'altrettanto grande bontà della divinitàcon la semplice saggezza diun uomo che aveva tratto profitto dalla

solitudine nel mare e dai caldipuri affetti del focolare serale. A volte lamia voce si perdeva in una tremula profondità

perché sentivo su di me il Suo sguardo mentre parlavo. Una voltamentre miamoglie e tutti noi ci specchiavamo in una

pozza d'acqua lasciata dalla marea in una cavità della sabbiaindicai ilcielo riflesso al di sottoe feci osservare che la

religione era presente ovunque sul nostro camminoperché anche una casualepozzanghera ricordava l'idea di quella

casa verso cui viaggiavamoper riposare per sempre con i nostri figli. Ed'improvvisola tua immagineSusane tutti i

piccoli volti riflessi da voi e da mesembrarono svanire intorno a melasciando solo un pallido viso simile al mio in

gioventùdentro la cornice di un grande specchio. Che strana sensazione!

La mia vita è scivolata viae il passato sembra mescolarsi col presente eassorbire il futurofinché tutto si

distende davanti al mio sguardo. La mia maturità è da tempo svanita inun'ineluttabile decadenzae i miei coetanei di un

tempodopo una vita di continua saluteriposano tuttisenza averconosciuto la stanchezza della tarda età. E oracon la

fronte solcata da rughe e con radi capelli bianchi come emblema della miadignitàsono diventato io il patriarcalo zio

del villaggio. Amo questo nome: allarga la cerchia delle mie amicizie eunisce tutti i giovani nella mia casain una

parentela di affetti.

Al pari di zio Parkerle cui ossa reumatiche sono state gettate contro EggRock quarant'anni faintreccio

anch'io lunghi racconti. Seduto sulla frisata di una barca da pescao nellaparte soleggiata di una rimessa per barche

dove il tepore gratifica le mie ossaoppure davanti al mio camino incompagnia di qualche amicotrabocco di racconti

ma senza mai tediare. Con la mia voce rottadispenso molta saggezzae taleè ancora il vigore delle mie forzegrazie al

Cielo!che molti usi dimenticati e tradizioni già antiche nella miainfanziae giovanili avventure mie e di altrifinora

cancellate da avvenimenti più recentiriacquistano nitidezza nella miamemoria. Ricordo i giorni felici in cui gli eglefini

nelle acque di pesca erano più numerosi delle scorpene nella risaccain cuii merluzzi delle acque profonde nuotavano

vicino a rivain cui il gattuccio col suo corno velenoso non aveva ancoraimparato ad abboccare all'amo . Posso

enumerare tutte le burrasche di equinozioquando il mare inondava le stradee le cantine del villaggioe infuriava

vicino ai nostri focolari; posso raccontare la storia della grande balena chesi era arenata su Whale Beachle cui

mandiboleche sono ora all'ingresso della mia casarimarranno lì per moltotempo ancora dopo che la mia bara sarà

passata sotto di esse. E da qui è facile la digressione all'ippoglossodipoco più piccolo della balenache è corso per sei

lunghe lenzetrascinando la mia barchetta fino all'imbocco del porto diBostonprima che potessi raggiungerlo con la

fiocina.

Se la malinconia fosse il tema della conversazionepotrei raccontare di unmio amico che fu strappato dalla sua

barca da un enorme pescecanee la tristeautentica storia di un giovanechealla vigilia del matrimonioscomparve per

nove giorni e fu poi trovato annegato su quello stesso sentiero di MarbleheadNeck che spesso l'aveva condotto

all'abitazione della sua futura sposacome se il suo corpo avesse volutoritornare dove lo attendeva la giovane in lutto.

Quale terribile fedeltà aveva indotto l'innamorato a ritornare per adempiereil suo voto! Un'altra storia spesso ripetuta è

quella di una fanciulla impazzita che conversava con gli angeli e aveva ildono della profeziae che tutto il villaggio

amava e compativaanche se ella andava di casa in casa accusandoci dipeccare ed esortandoci al pentimento

minacciando altrimenti la nostra distruzione per un'inondazione o unterremoto. Se i giovani vantano ora la loro

conoscenza di secche e rocce sommerseio posso parlare di timonieri chericonoscevano il vento dal suo odore e le onde

dal saporeche avrebbero potuto far rotta a occhi bendati verso qualsiasiporto tra Boston e Mount Desertguidati

soltanto dalla memoria e dal suono peculiare della risacca su ciascuna isolaspiaggia e cordone di rocce lungo la costa.

È questo che raccontoe tutti i miei ascoltatori ne fanno esperienzaanchese lo giudicano un passatempo.

Non ricordo una parte più felice della mia vita di questala mia serenavecchiaia. È come il pendio soleggiato e

riparato di una valledove nel tardo autunno l'erba è più verde che inagosto e mescolata con i denti di leone doratiche.95

si vedono soltanto oradai primi tepori dell'anno. Ma ai miei occhi laverzura e i fiori non sono gelati nemmeno nel

mezzo dell'invernoperché uno spirito giocoso è penetrato di nuovo nellamia menteun'affinità con ciò che è giovane e

gaiouno spassionato interesse per le cose degli altriuna lieve ederrabonda curiositàche hanno forse origine dalla

sensazione che la mia fatica sulla terra è terminata e che la breve oraprima del sonno può essere spesa giocando.

Eppureimmagino che sotto questa superficiale leggerezza vi sia profonditàdi sentimenti e di pensieripropria di chi ha

vissuto a lungo e deve presto morire.

Mostratemi qualsiasi cosa che possa far sorridere un bambino e vedrete unlampo d'allegria sulle canute rovine

del mio volto. Posso trascorrere una piacevole ora al soleosservando ibambini del villaggio che giocano ai bordi del

bagnasciugainseguendo fin sulla sabbia bagnata l'onda che si ritira e poifurtivamente risale per baciare i loro piedi

nudioppure ruggisce minacciosamente dietro alla combriccola che scapparidendo al di là della sua portata. Perché non

dovrebbe divertirsi anche un vecchioquando il grande mare gioca con queibambini? Mi diverto anche a seguire da

lontano un'allegra comitiva di giovanotti e ragazze che vanno a passeggiaresulla spiaggia dopo una cena di buon'ora

alla Punta. Ecco cheportando i fazzoletti al nasosi chinano su un mucchiodi alghetra le quali è impigliata una razza

mortacosì stranamente contorta con due zampe e una lunga coda che iragazzi la prendono per qualche animale

annegato. Pochi passi più avantile signorine lanciano un grido e i lorocavalieri si fanno avanti a proteggerle da un

giovane pescecanesimile a un gattuccioche rotola con movimento vitalenella marea che l'ha gettato a riva. Poco

doposono colti da meraviglia alla vista di un carretto carico dei guscineri di aragoste viveavvolte in alghe di roccia

per essere vendute al mercato. E quando arrivano alla flottiglia di barcheappena tirate a riva dopo una giornata di pesca

come ridacchio tra mee talvolta anche apertamenteper l'ingenuità di queigiovani e lo spirito malizioso dei pescatori!

In invernoquando il nostro villaggio è in subbuglio per l'arrivo di unadecina di commercianti di cittàvenuti a

mercanteggiare il pesce gelato da trasportare per centinaia di miglia edessere mangiato fresco nel Vermont o in Canada

sono uno spettatore divertitoma oziosoin quella follaperché non mettopiù in mare la mia barca.

Quando ero solo sulla spiaggiaho provato un piacere che sembrava quasiesaltarmi nell'osservare i giochi o le

contese di due gabbiani che roteavano e volavano l'uno accanto all'altrolanciando rauche stridabattendo le ali sulla

schiuma di un'onda e subito dopo librandosi in cielofinché il loro biancopetto si mescolava con la luce del sole. Nella

quiete di un tramonto d'estatetrascino le mie vecchie membracon un po' diostentazione perché sono così vecchiofin

sulla cima della collina rocciosa. E da lì guardo le bianche vele di moltivascelli diretti al largo o di ritorno a casae il

pennacchio nero di fumo dietro al vaporetto dell'Este vedo anche il soleche calama non malinconicamentee l'oceano

infinito che si mescola col cieloa ricordarmi l'eternità.

Ma l'ora più dolce di tutte è quella delle allegre conversazioni che segueal crepuscolo e precede la luce delle

candeleaccanto al mio caminetto acceso. E mainemmeno il primo Giorno delRingraziamentoquando Susan e io

eravamo qui soli con le nostre speranzené il secondo annoquando unosconosciuto è stato inviato ad allietarcicome

tangibile immagine del nostro amoremai ho provato tanta gioia come ora.Tutto ciò che mi appartiene è qui: la morte

non ha preso nessunoe nessuno è stato allontanato dalla malattiané lecontese hanno diviso qualcuno dai genitorio

l'uno dall'altro. Non turbati da povertà o ricchezzané dalla miseria diambizioni superiori alla loro sortetutti hanno

continuato la festa del New England intorno al desco del patriarca. Sìperché io sono un patriarca! Sono qui seduto tra i

miei discendentinella mia vecchia poltronain questo solito cantucciomentre il fuoco del camino getta una luce

appropriata sulla mia veneranda figura. Susanfigli miei! Qualcosa misussurra che quest'ora più felice dev'esser

l'ultima e che mi rimane soltanto da benedirvi tutti e andarmene in Cielo conquesto tesoro di gioie rievocate. Vorrete

incontrarmi lassù? Ahimèle vostre figure si fanno indistintesvanisconoin immagini nell'aria e in più fievoli profili

mentre il fuoco guizza sulle pareti di una stanza che ben conoscoe mostrail libro che ho posato e il foglio lasciato

scritto a metàuna cinquantina d'anni fa. Alzo lo sguardo verso lo specchioe vedo soltanto la mia immaginese non è

quella della sirenache si ritira nelle profondità dello specchiocon untenero e malinconico sorriso.

Ahsi sente un gelonon corporeoma nel cuoree poi una sciocca paura diguardare dietro a sédopo questi

diversivi della mente. Posso immaginare esattamente la tristezza e la paurache proverebbe uno stregone dopo aver

fugato le ombre che impersonavano gente morta o lontanae aver spogliato ilsuo antro di quell'irreale splendore che

l'aveva trasformato in un palazzo. E oraper dare una morale a questa miafantasia: se l'immaginazione può creare così

vividi sogni di felicitànon sarebbe forse meglio sognare dalla giovinezzaalla vecchiaiapiuttosto che svegliarsi e

lottare con animo incerto per qualcosa di reale? Noil lieve tessuto delsogno non può proteggerci dalla dura realtà della

sventuranon più di quanto una ragnatela può respingere il gelido soffiodell'inverno. Sia questa la moraleallora. Nei

caldi e casti affettinegli umili desiderinell'onesta fatica per qualcheutile finec'è salute per la mente e pace per il

cuorec'è la prospettiva di una vita felice e la più bella speranza delCielo.

L'OSPITE AMBIZIOSO

In una sera di settembre una famigliola era raccolta intorno al focolaredove aveva accatastato la legna

trascinata dai ruscelli di montagnale pigne secche dei pinii ceppifrantumati dei grandi alberi precipitati giù dalla

montagna. Il fuoco divampava fin su nella cappa del camino e illuminava lastanza del suo diffuso bagliore. I volti del

padre e della madre sprizzavano allegriai figlioletti ridevanola figliamaggiore era il ritratto della felicità a diciassette.96

annie la vecchia nonnaseduta a sferruzzare nell'angolo più caldoeral'immagine della felicità nella vecchiaia.

Avevano trovato l'«erba della serenità» nel luogo più desolato di tuttoil New England. La famiglia abitava nel passo del

Notch delle White Mountainsdove il vento soffia sferzante per tutto l'annoed è impietosamente freddo in inverno

avvolgendo la loro casa nel suo gelo inclemente prima di discendere nellavalle del Saco. Vivevano in un luogo freddo

e anche pericolosoperché la montagna incombeva sulle loro testecosìscoscesa che le pietre precipitavano spesso dai

suoi fianchisvegliandoli di soprassalto nel cuore della notte.

La figlia aveva appena detto qualche faceziache aveva riempito tutti dibuonumorequando il vento scese

nella gola e sembrò fermarsi davanti alla loro villettabussando alla loroporta con un gemito lamentoso prima di

proseguire giù nella valle. Per qualche attimo quella voce li rattristòanche se non aveva niente di insolito. Ma tutti

ritrovarono l'allegria quando si accorsero che il chiavistello della portaera stato sollevato da qualche viandantei cui

passi non avevano udito nel cupo fragore che ne aveva preannunciato l'arrivoe aveva continuato a gemere mentre lui

entravaper poi allontanarsi lamentosamente dalla porta.

Anche se vivevano in solitudinequelle persone avevano rapporti quotidianicon il mondo. Il suggestivo passo

del Notch è una grande arteriaattraverso la quale scorre continuamente lalinfa dei commerci tra il Maineda una parte

e le Green Mountains e le rive del San Lorenzo dall'altra. La diligenza sifermava sempre davanti alla porta della

villettae il viandantesenz'altra compagnia che il suo bastonesitratteneva lì per scambiare qualche parolaper non

essere vinto dalla solitudineprima di valicare quella fenditura dellamontagna e raggiungere le prime case nella valle. E

il postiglionein viaggio per il mercato di Portlandtrovava lì alloggioper la nottee se era scapolo poteva trattenersi

qualche tempo oltre la consueta ora di coricarsie magari rubare un bacioalla giovane montanara al momento del

commiato. Era una di quelle rustiche taverne in cui il viaggiatore pagasoltanto il vitto e l'alloggioma trova anche una

familiare accoglienza che non ha prezzo. Quando udivano rumore di passi trala porta esterna e quella internatutti i

componenti della famiglia si alzavanola nonnai nipotini e tutti quanticome per dare il benvenuto a uno di loroil cui

destino era legato al loro.

La porta fu aperta da un giovanotto. Il suo volto mostrò dapprimaun'espressione malinconicaquasi depressa

come di chi viaggia tutto solo per strade impervie e desolate al calar dellanottema ben presto si illuminò nel vedere il

cordiale calore di quell'accoglienzae sentì allora nel suo cuorel'impazienza di conoscere tutte quelle personedalla

vecchia che spolverava una sedia col suo grembiuleal bimbetto che glitendeva le braccia. Uno sguardo e un sorriso

portarono lo sconosciuto a un rapporto di innocente familiarità con lafiglia maggiore.

«Ahquesto fuoco è proprio ciò che ci vuole»esclamò«soprattuttoquando è circondato da una così simpatica

compagnia. Sono proprio intirizzito: il Notch è davvero come la bocca di ungrande manticee mi ha soffiato in faccia il

suo terribile vento per tutta la strada da Bartlett».

«Lei è in viaggio per il Vermont?»domandò il padrone di casa algiovanementre lo aiutava a togliersi dalle

spalle un leggero zaino.

«Sìfino a Burlington e oltre»rispose. «Volevo arrivare a EthanCrawford'squesta serama chi va a piedi

perde tempo su una strada come questa. Ma poco importaperché quando hovisto il vostro bel fuoco e tutte le vostre

facce allegre ho avuto la sensazione che l'aveste acceso apposta per me e chefoste in attesa del mio arrivo. Perciò mi

accomoderò tra voi e farò come a casa mia».

Il gioviale sconosciuto aveva appena accostato la sua sedia al fuoco quandosi udì da fuori un rumore come di

passi pesanti che scendevano precipitosamente il ripido fianco della montagnacon balzi lunghi e affrettatie spiccando

un tale balzonel passare accanto alla villettada arrivare fino alprecipizio opposto. Tutta la famiglia trattenne il fiato

perché conosceva bene quel rumoree istintivamente anche l'ospite lotrattenne.

«La vecchia montagna ci ha scagliato un sassoper timore che ce ne fossimodimenticati»commentò il

padrone di casariprendendosi. «A volte scrolla la testa e minaccia divenir giùma siamo vecchi vicini di casa e

andiamo abbastanza d'accordonell'insieme. E poi abbiamo un rifugio sicuroqui vicinose mai dovesse fare sul serio».

Immaginiamo ora che lo sconosciuto abbia terminato la sua cena di carned'orso e checon la sua naturale

spontaneitàsi sia messo a suo agio con tutti i membri della famigliacosì che parlavano insieme liberamentecome se

anche lui facesse parte del loro ceppo montanaro. Era di spirito orgogliosoma affabile; altero e riservato tra i ricchi e i

potentima sempre pronto a chinare il capo davanti alla porta della piùumile dimoraa comportarsi come un figlio o un

fratello accanto al focolare di un pover'uomo. In quella casa nel Notch avevatrovato calore e semplicità di sentimenti

quella diffusa intelligenza del New Englande una poesiacresciuta in quelluogoche essi avevano assorbito senza

nemmeno avvedersenetra le vette e i crepacci di quelle montagnesullastessa soglia della loro romantica e pericolosa

dimora. Il giovane aveva viaggiato a lungosempre solotutta la sua vitaera stata anzi un solitario camminoperché

l'altera diffidenza del suo carattere l'aveva tenuto separato da coloro chesarebbero potuti essere suoi compagni. E anche

quella famigliapur così generosa e ospitaleaveva quella coscienza dellapropria unità e di separazione dal mondo in

generale che dovrebbe fare di ogni cerchia domestica un luogo sacroinaccessibile agli estranei. Ma quella sera una

spontanea simpatia induceva quel giovane colto e raffinato ad aprire il suocuore a quei semplici montanarie

costringeva anch'essi a rispondergli con la stessa disinvolta fiducia. Ecosì doveva essere: l'affinità di un comune destino

non è forse un vincolo più forte di quello della nascita?

Il segreto riposto nel carattere di quel giovane era un'elevata e astrattaambizione. Poteva essere disposto a

condurre un'esistenza anonimama non a essere dimenticato nella tomba.Questa sua aspirazione si era trasformata in

speranzae la speranzaa lungo accarezzataera divenuta la certezza cheoscuramente come egli ora viaggiavala

gloria avrebbe illuminato tutto il suo camminoanche seforsenon mentrelo percorreva. Ma quando i posteri avessero.97

voltato lo sguardo a quelle che erano ora le tenebre del presenteavrebberovisto il fulgore dei suoi passiancora

splendenti mentre glorie più effimere sbiadivanoe allora avrebbero capitoche un uomo dotato era trapassato dalla culla

alla tomba senza essere riconosciuto da nessuno.

«Ma finora»esclamò il giovaneaccendendosi di passione nel viso e negliocchi«finora non ho fatto nulla. Se

scomparissi domani dalla terranessuno saprebbe di me quanto voi: che unanonimo giovane è arrivato qui al calar della

sera dalla valle del Sacovi ha aperto il suo cuore e ha valicato il Notchall'albaper non essere più visto. Nessuno si

domanderebbe: "Chi era? Dove andava quel viandante?". Ma io nonposso morire prima d'aver compiuto il mio destino.

E allora venga pure la morteavrò eretto il mio monumento!».

Un flusso incessante di naturali passioni scaturiva tra i suoi astratti sognie consentiva alla famigliola di

comprendere i suoi sentimentiche pure erano così diversi dai loro.Accorgendosi prontamente di cadere nel ridicoloil

giovane arrossì del trasporto a cui si era abbandonato.

«Voi ridete di me» esclamòprendendo la mano della figlia maggiore eridendo a sua volta. «Penserete che la

mia ambizione sia priva di sensocome se mi lasciassi morire assiderato incima al monte Washington solo per essere

osservato dalla gente dei luoghi circostanti. Eppurein veritàche nobilepiedestallo sarebbe questo per il monumento

d'un uomo!».

«È meglio rimanere qui sedutiaccanto a questo fuoco»rispose la ragazzaarrossendo«e starsene comodi e

soddisfattianche se nessuno pensa a noi».

«Immagino»soggiunse suo padredopo una pausa di riflessione«che cisia qualcosa di naturale in ciò che

dice questo giovanee se la mia mente si fosse rivolta in quella direzioneavrei forse provato gli stessi sentimenti. È

stranomoglie miacome questi discorsi abbiano fatto correre i mieipensieri verso cose che quasi certamente non

avverranno mai».

«Può darsi che accadano»replicò la moglie. «L'uomo pensa mai a ciòche farà quando rimarrà vedovo?».

«Nono!»esclamò il maritorespingendo l'idea in tono di garbatorimprovero. «Quando penso alla tua morte

Estherpenso anche alla mia. Ma pensavo che mi piacerebbe avere una bellafattoria a Bartletta Bethlehema Littleton

o in qualche altra cittadina intorno alle White Mountainsma non dove questemontagne potrebbero precipitarci sulla

testa. Mi piacerebbe vivere in pace con i vicini di casaessere chiamatocavaliere ed essere eletto alla Corte generale per

una scadenza o dueperché un uomo semplice e onesto potrebbe fare lì tantobene quanto un avvocato. E quando

diventerò vecchioe anche tu sarai vecchiae non saremo più a lungoseparativorrei allora morire felicemente nel mio

letto e lasciarvi tutti in lacrime intorno a me. Una lapide d'ardesia miandrebbe bene quanto una di marmodove sia

scritto soltanto il mio nomel'età e il versetto di un innooqualcos'altro per far sapere alla gente che sono vissuto

onestamente e sono morto cristianamente».

«Ecco!»esclamò il giovane. «È nella nostra natura desiderare unmonumentosia d'ardesiadi marmo o di

granitoun glorioso ricordo nella mente universale dell'uomo».

«Siamo di uno strano umorequesta sera»osservò la moglie con le lacrimeagli occhi. «Dicono che è segno di

qualcosaquando i pensieri vanno così girovagando. Ascoltate i bambini!».

Tutti si misero in ascolto. I bambini più piccoli erano stati messi a lettoin un'altra stanzama con la porta

apertacosì che si poteva udirli mentre parlavano animatamente tra loro.Sembravano contagiati dalla cerchia intorno al

fuocoe facevano a gara tra loro con sogni strampalati e infantili progettisu ciò che avrebbero fatto una volta divenuti

uomini e donne. Dopo un po'un ragazzinoinvece di rivolgersi ai fratelli ealle sorellechiamò ad alta voce sua madre.

«Ti dirò io che cosa desideromamma»gridò. «Vorrei che tu e papàlanonna e tutti noie anche il forestiero

andassimo subito a bere l'acqua del bacino del Flume!».

Nessuno poté trattenere le risa a quell'idea di lasciare un caldo letto e ditrascinare tutti quanti lontano da

quell'allegro fuoco per recarsi sul corso del Flumeun ruscello che cadevaal di là del precipizionelle profondità del

Notch. Il ragazzo aveva appena parlato quando un carro arrivò cigolandosulla strada e si fermò per qualche minuto

davanti alla porta. A bordo sembravano esserci due o tre uomini che sirincuoravano cantando a squarciagola un coro

che risuonava in note spezzate tra le roccementre i viandanti erano incertise proseguire il loro viaggio o trattenersi lì

per la notte.

«Papà»disse la ragazza«ti stanno chiamando».

Ma il buon uomo non sapeva se chiamavano proprio luied era restio amostrarsi troppo avido di guadagno

invitando quelle persone a onorare la sua casa. Non si affrettò quindi adandare alla portae dopo uno schiocco di frusta

i viaggiatori s'immersero nel Notchsempre cantando e ridendoanche se queicanti e quelle risate sembravano ora

echeggiare cupamente dal cuore della montagna.

«Eccomamma!»gridò di nuovo il bambino. «Forse ci avrebbero dato unpassaggio fino al Flume».

Di nuovo tutti risero di quell'ostinato capriccio di una gita notturna. Mapoi una nube fugace passò sul cuore

della fanciullache guardò gravemente le fiamme e trasse un respiro che eraquasi un sospirosfuggito nonostante il suo

debole tentativo di trattenerlo. Poitrasalendo e arrossendolanciò unrapido sguardo alla cerchia di persone intorno a

leicome se esse avessero potuto vedere dentro il suo cuore. Il forestierole chiese a che cosa stesse pensando.

«A niente»rispose lei con un timido sorriso. «È soltanto che mi sonosentita solain quel momento».

«Ahio ho la dote di sentire ciò che è nel cuore degli altri»disse luiin tono semiserio. «Posso indovinare quei

tuoi segreti? Io so che cosa pensarese una fanciulla rabbrividisce altepore del focolaree se si lamenta della sua

solitudine quando è accanto a sua madre. Posso esprimere con parole questisentimenti?»..98

«Non sarebbero più sentimenti di una fanciullase potessero essereespressi con parole»rispose ridendo quella

ninfa di montagnama evitando il suo sguardo.

Tutto ciò fu detto in disparte. Forse un germoglio d'amore stava sbocciandonei loro cuoricosì puro che poteva

fiorire in paradisoperché non avrebbe potuto maturare sulla terra. Ledonneinfattiamano una dolce nobiltà d'animo

come quella del giovanee uno spirito fieropensosoeppure gentileèmolto spesso catturato dalla semplicità di una

fanciulla come lei. Ma mentre parlavano sommessamentee lui osservava lalieta malinconiale luminose ombrei

timidi aneliti della sua natura di fanciullail vento che soffiava nel Notchprese un suono più profondo e cupo.

Sembravadisse il fantasioso forestieroun coro degli spiriti dellatempesta che negli antichi tempi degli indiani

avevano la loro dimora tra quelle montagnee delle loro vette e antrifacevano una regione sacra. Lungo la strada si udì

un gemitocome se stesse passando un funerale. Per scacciare la malinconiagettarono altri rami di pino nel fuocoe nel

crepitio delle foglie secche le fiamme si alzaronoilluminando di nuovo unascena di serena e umile felicità con una

luce che scendeva intorno a loro e li accarezzava amorevolmente. Si vedevanoi piccoli volti dei bambini che spiavano

dai loro letti distantila robusta figura del padre e quella mite eriservata della madrel'altero giovane e la fanciulla in

fioree la buona nonna che sferruzzava ancora nell'angolo più caldo. Poi lavecchia alzò lo sguardo dal suo lavoro e

senza interromperloprese la parola.

«I vecchi hanno le loro idee»disse«così come i giovani. Avete parlatodei vostri desideri e progettilasciando

correre i vostri pensieri da una parte e dall'altrafino a far vagare anchela mia mente. E orache cosa potrebbe

desiderare una vecchia come mequando ha da compiere soltanto un passo o dueprima di giungere alla tomba? Figlioli

ciò mi perseguiterà notte e giornofinché non ve ne parlerò».

«Che cosa c'èmadre?»esclamarono insieme marito e moglie.

Con un'aria di mistero che fece avvicinare tutti ancor più al fuocolavecchia disse loro che già da alcuni anni

aveva provveduto ai suoi abiti per la tomba: un bel sudario di linouncopricapo con la gorgiera di mussolae tutto ciò

che di più bello avrebbe indossato dal giorno delle sue nozze. Ma quellasera le era ritornata stranamente in mente una

vecchia superstizione. Si dicevaquando lei era più giovaneche sequalcosa era fuori posto sulla salmase soltanto la

gorgiera non era ben stirata o il copricapo era stortoil cadavere nellabara sottoterra si sarebbe sforzato di sollevare le

sue gelide mani per sistemarlo. Il solo pensiero la inquietava.

«Non parlare cosìnonna!»esclamò la ragazza con un brivido.

«E ora»proseguì la vecchiain tono molto serioeppure sorridendostranamente della propria stravaganza

«vorrei che uno di voifigli mieiquando vostra madre sarà vestita nellabaravorrei che uno di voi ponesse uno

specchio sopra al mio volto. Chissà che non possa guardarmi e accertarmi chetutto sia a posto?».

«Vecchi e giovanitutti immaginiamo tombe e monumenti»mormorò ilgiovane forestiero. «Mi domando che

cosa provano i marinai quando la loro nave sta affondandoe lorosconosciuti e anonimistanno per essere sepolti

insieme in marein quel grande sepolcro senza nome!».

Per qualche minuto i lugubri pensieri della vecchia occuparono a tal punto lementi dei suoi ascoltatori che un

rumore nella nottesimile al ruggito del ventocontinuò a diffondersicupo e terribileprima che quel predestinato

gruppo di persone se ne accorgesse. La casacon tutto ciò che vi eradentrotremòe sembrarono scuotersi anche le

fondamenta della terracome se quel pauroso rumore fosse lo squillo dellatromba del giudizio. Giovani e adulti si

scambiarono uno sguardo atterritoe rimasero lì fermi per un attimopallidisgomentiincapaci di parlare e di

muoversi. Poilo stesso grido uscì contemporaneamente dalle loro bocche.

«La frana! La frana!».

Le più semplici parole possono solo suggerirema non rappresentare tuttol'indicibile orrore della catastrofe. Le

vittime corsero fuori dalla villetta e cercarono riparo in un posto cheritenevano più sicurodove era stato eretto una

sorta di baluardo per questi casi di emergenza. Purtroppo essi avevanolasciato la sicurezza per correre incontro al

disastro. Tutto il fianco della montagna crollò in un fiume di rovine chepoco prima di raggiungere la casasi divise in

due tronconie lì non fece nemmeno tremare le finestrema sommerse tuttal'area circostantebloccando la strada e

distruggendo tutto ciò che incontrava nel suo mortale cammino. Ancor primache il tuono di quell'immane frana

cessasse di echeggiare tra le montagnela tragedia si compì e le vittimeriposarono in pace. I loro corpi non furono mai

ritrovati.

Il mattino dopoun lieve filo di fumo fu visto alzarsi dal camino dellavillettasu per il fianco della montagna.

All'internoil fuoco fumava ancora nel focolarecircondato dalle sediecome se gli abitanti della casa fossero usciti

soltanto per vedere la devastazione prodotta dalla franaper ritornare benpresto a ringraziare il Cielo di essere

miracolosamente scampati. Ognuno di loro aveva lasciato un suo particolarericordoe tutti coloro che avevano

conosciuto la famiglia versarono per loro una lacrima. Chi non aveva udito illoro nome? La loro storia è stata

raccontata diffusamentee sarà per sempre una leggenda tra quelle montagne.I poeti hanno cantato la loro sorte.

Alcune circostanze inducevano a pensare che un forestiero fosse stato accoltonella casaquella terribile notte

e avesse diviso la catastrofe con tutti i suoi abitanti. Altri negavano cheesistessero sufficienti motivi per fare una simile

congettura. Piangiamo per la sua spirituale giovinezzacon i suoi sogni diterrena immortalità! Il suo nome e la sua

persona sono sconosciutila sua storiail suo modo di viverei suoiprogetti sono un mistero che mai sarà svelatoe

sono parimenti un enigma la sua morte e la sua esistenza. Di chi è statal'agonia in quel momento mortale?

LE SORELLE ANNATE.99

La scorsa nottetra le undici e mezzanottequando la vecchia Annata stavalasciando le sue ultime impronte

sulla soglia del regno del Temposi trovò a disposizione alcuni momentiliberi e si mise a sederetra tutti i posti del

mondoproprio sui gradini del nostro nuovo Municipio. La luce della lunainvernale mostrava che appariva stanca nel

corpo e triste nel cuorecome molti altri viandanti della terra. I suoiindumentitroppo esposti alle intemperie e logorati

dall'usoerano in pessime condizionie le scarpecui la fretta del viaggionon aveva mai concesso un attimo di requie

erano così malconce che non meritavano nemmeno di essere riparate. Ma dopoessersi trascinata ancora per breve tratto

questa povera vecchia Annata era destinata a godersi un lungo sonno. Hodimenticato di dire chesedendosi sui gradini

aveva depositato accanto a sé una capace scatola di cartone in cuicom'èabitudine dei viaggiatori del suo sessoportava

molte sue preziose proprietà. Oltre a questo bagaglioteneva sotto braccioun volume in foliomolto simile agli annuari

dei giornali. Posato il volume sulle ginocchiae i gomiti sopra a questocon la testa tra le manila stanca e lacera

vecchia Annata tirò un profondo sospiroapparentemente non moltosoddisfatta dalle rievocazioni della sua trascorsa

esistenza.

Mentre attendeva così il rintocco della mezzanotteche l'avrebbe richiamatatra le sue innumerevoli sorelle

delle Annate passategiunse una giovane fanciulla che camminava lievementein punta di piedi nella stradadalla

direzione del deposito ferroviario. Era evidentemente forestieraforsegiunta in città col treno della serae il suo bel

volto di fanciulla mostrava un'espressione sorridente e gaia che rivelava lasua fiducia in una festosa accoglienza da

parte della moltitudine di persone di cui avrebbe fatto presto conoscenza. Isuoi abiti erano un po' troppo leggeri per

quella stagionee vistosamente decorati con nastri svolazzanti e altriorpelli che presto sarebbero stati strappati dalla

bufera o sarebbero sbiaditi alla calda luce del soletra cui avrebbeproseguito il suo mutevole cammino. Aveva

nondimeno un meraviglioso aspettocosì promettente e pieno diindescrivibili speranze che difficilmente qualcuno

avrebbe potuto incontrarla senza attendersi dai suoi buoni uffici qualcosa dimolto desiderabilela realizzazione di

qualche sogno a lungo accarezzato. Qualche persona delusa può esserciqua elà nel mondoche così spesso è stata

ingannata dalle belle fanciulle promettenti come lei da non riporre piùalcuna fiducia nelle sottane di una nuova Annata

ma da parte mia nutro grande fiducia in leie se dovessi vivere per vedernealtre cinquanta come leimi attenderei

sempre di ricevere da ciascuna delle sue successive sorelle qualcosa per cuivale la pena vivere.

La nuova Annataperché la fanciulla era proprio questo personaggioportavatutti i suoi averi in un cesto di

non grandi dimensioni e pesoche teneva appeso a un braccio. Salutò moltoaffettuosamente la sconsolata vecchia

Annata e si sedette accanto a lei sui gradini del Municipioin attesa delsegnale d'inizio dei suoi vagabondaggi per il

mondo. Le due erano sorellee ambedue nipoti del Tempoe anche se l'unasembrava molto più vecchia dell'altraciò

era dovuto alle avversità e agli affanni più che all'etàperché tra lorocorrevano soltanto dodici mesi di differenza.

«Be'mia cara sorella»disse la nuova Annatadopo i primi convenevoli«mi sembri stanca morta. Che cosa

hai fatto durante il tuo soggiorno in questa parte dello Spazio infinito?».

«Ho registrato tutto in questo mio Libro delle cronache»rispose lavecchia Annata in tono grave. «Ma non

contiene niente che potrebbe divertirtie ben presto avrai sufficienteconoscenza di queste cose per tua personale

esperienza. È una lettura davvero noiosa».

Nondimenosfogliò le pagine dell'in-folio alla luce della luna e provò unirresistibile interesse nella lettura di

questa sua biografiaanche se gli episodi erano ricordati senza alcunpiacere. Il volumeanche se era citato come Libro

delle cronachesembrava né più né meno una raccolta della «Gazette» diSalem del 1838e la sagace vecchia Annata

aveva tanta fiducia nell'attendibilità di questo giornale che ritenevasuperfluo registrare la propria storia con la sua

penna.

«Che cosa hai fatto in campo politico?»domandò la nuova Annata.

«Be'il mio corso qui negli Stati Uniti...»rispose la vecchia Annata«anche se forse dovrei arrossire nel

confessarlodevo riconoscere che il mio corso politico è stato piuttostooscillante: talvolta propendeva per i Whigpoi

faceva alzare grida di trionfo al partito dell'Amministrazionee a voltesollevava di nuovo lo stendardoche sembrava

quasi prostratodell'Opposizionecosì che gli storici non sapranno comegiudicarmisotto questo aspetto. Ma i Loco

Focos...».

«Non mi piacciono questi soprannomi di partito»la interruppe la sorellache sembrava piuttosto suscettibile

su alcuni argomenti. «Forse ci lasceremo di miglior umorese evitiamodiscussioni politiche».

«Ben volentieri»rispose la vecchia Annatache era già stata mortalmentetormentata da simili diatribe. «Non

mi dispiace affatto se i nomi dei Whig e dei Torycon le loro interminabilidispute sulle banche e sul Tesoro

sull'Abolizionesul Texassulla guerra in Florida e su milioni di altrequestioni che ben presto conoscerai per tuo

dilettonon mi dispiacedicevose questi nomi non saranno più sussurratial mio orecchio. Eppurehanno occupato

tanta parte della mia attenzione che quasi non so che cosa raccontartid'altro. In effettiè scoppiata una strana guerra al

confine col Canadadove è stato versato sangue in nome della libertà edella patriama spetta a qualche Annata futura

forse molto distantestabilire se questi sacri nomi sono stati invocati atorto o a ragione. Niente mi deprime tantonella

mia visione delle cose mortaliquanto vedere sprecate energiegioie e viteumane per fini che il più delle volte

appaiono sconsiderati. e ancor più spesso restano irrealizzati. Ma i piùsaggi e i migliori mantengono caparbiamente la

fiducia che il progresso dell'umanità è in avanti e in altoe che lefatiche e le sofferenze del cammino serviranno a

eliminare le imperfezioni dell'immortale Pellegrinoche non esisteranno piùquando sarà compiuta la loro opera».

«Forse»esclamò fiduciosa la nuova Annata«forse io vedrò quel lietogiorno!»..100

«Dubito che sia così vicino»replicò la vecchia Annatacon un gravesorriso. «Presto ti stancherai di attendere

quel felice eventoe per divertirti (come io spesso ho fatto) volgeraiallora l'attenzione agli affari di qualche piccola e

modesta cittàcome questa di Salemdove sediamo sui gradini del nuovoMunicipiocompletato durante la mia

amministrazione. Ti farebbe ridere vedere come il gioco della politicadicui il Campidoglio a Washington è la grande

scacchieraè qui giocato in miniatura. La bruciante Ambizione trova qui ilsuo alimentoqui il Patriottismo parla

vigorosamente a favore del popoloe la virtuosa Economia reclama unariduzione degli emolumenti di un lampionaio

mentre gli assessori comunali schierano la loro dignità di senatori intornoal seggio del sindacoe il consiglio comunale

ritiene che essi siano i depositari della libertà. Insommale debolezze ele virtù umanela passione e la politicale

tendenze dell'uomoi suoi fini e i modi di perseguirliil suo carattereindividuale e quello collettivo possono essere

studiati qui quasi come nel consesso delle nazionie con questo grandevantaggioche se anche la lezione fosse

altrettanto disastrosale sue dimensioni lillipuziane faranno sempresorridere l'osservatore».

«Hai fatto qualcosa per il miglioramento della città?»domandò la nuovaAnnata. «A giudicare da quel poco

che ho vistosembra decrepita e consunta dal tempo».

«Ho inaugurato la ferrovia»rispose l'Annata più vecchia«e sei o settevolte al giorno udrai suonare la

campanache un tempo chiamava alle loro funzioni i monaci di un conventospagnoloper annunciare l'arrivo o la

partenza dei treni. La vecchia Salem ha ora un aspetto molto più vivace diquando l'ho vista per la prima volta. I

forestieri arrivano a centinaia da Bostonfacce nuove affollano EssexStreeti tram a cavalli e gli omnibus sferragliano

sulle strade selciate. Si registra un sensibile aumento di ostricai e dialtri negozi per dare accoglienza a una moltitudine

di ospiti giornalieri. Ma un cambiamento ancora più importante attendequesta veneranda città: un enorme cumulo di

ammuffiti pregiudizi sarà spazzato via grazie alla libera circolazione dellasocietà. Il suo peculiare caratteredi cui gli

stessi abitanti sono scarsamente coscientisarà cancellato dall'attrito conelementi stranieri. Molti effetti saranno buoni

e parimenti alcuni altri non lo saranno altrettanto. Nel bene o nel maleavverrà probabilmente una diminuzione

dell'influenza morale della ricchezza e del dominio che l'aristocrazia haesercitato qui da tempi immemorabilipiù

saldamente che in ogni altra città del New England».

La vecchia Annataavendo ormai esaurito quasi tutto il poco fiato che lerimanevachiuse allora il Libro delle

cronachee stava per prendere congedoma sua sorella la trattenne ancora unpo' domandandole qual era il contenuto

dell'enorme scatola di cartone che così faticosamente trascinava con sé.

«Sono soltanto alcune cianfrusaglie»rispose la vecchia Annata«che horaccolto nei miei vagabondaggie ora

depositerò nel ricettacolo delle cose trascorse e dimenticate. Noi sorelleAnnate non portiamo mai via con noi dal

mondo cose realmente preziose. Questi sono esempi di alcune cose che hoportato in voga e che hanno già vissuto oltre

il tempo loro assegnatoe sarai tu a sostituirlecon altre cose altrettantoeffimere. Ecco quiin questi vasetti di ceramica

come quelli del bellettouna certa quantità di rossore femminileche horubato a belle donne sconsolatele quali

nutrono ora un certo rancore nei miei confronti. Ho anche un mucchio dicapelli neri maschiliormai ingrigiti o del tutto

scomparsi. Le lacrime di mogli e mariti vedovi e di altri mortali afflittiche sono stati consolati in questi ultimi dodici

mesisono conservate in qualche decina di flaconi d'essenzeben tappate esigillate. Ho anche parecchi fasci di lettere

d'amoreche trasudano eloquentemente eterne e brucianti passionima ormaifredde ed estinte quasi prima che

l'inchiostro fosse asciutto. E poiecco ancora un assortimento di moltemigliaia di promesse e altre cose infrantetutte

molto leggere e contenute in poco spazio. La cosa più pesante che porto conme è un grosso pacco di speranze deluse

che ancora poco tempo fa erano così aeree da gonfiare una mongolfiera».

«Ho anch'io un bel po' di speranze qui nel mio cesto» osservò la nuovaAnnata. «Sono fiori dolcemente

profumatisimili alle rose».

«Perderanno presto il loro profumo»replicò cupamente la vecchia Annata.«E che cos'altro hai portato per

assicurarti il benvenuto tra questa malcontenta razza di mortali?».

«Be'per dire la veritànient'altro o ben poco»rispose sua sorella conun sorriso«oltre a qualche almanacco e

annuario nuovoe a qualche regalo di Capodanno per i bambini. Ma auguro dicuore ogni bene ai poveri mortalie

intendo fare ciò che posso per la loro felicità».

«Un ottimo proposito»convenne la vecchia Annata. «Giàho anch'io unbell'assortimento di buoni propositi

ma sono diventati ormai così rancidi e ammuffiti che mi vergogno a portarliancora con me. Fosse solo per paura che le

autorità cittadine mandino il capo della polizia Mansfield a cercarmi con unmandato di arrestodovrei gettarli subito

per strada. Molte altre cose sono contenute nella mia scatolama tutteinsieme non avrebbero una sola offerta nemmeno

a un'asta di vecchi mobili usatie visto che non valgono niente né per tené per altriè inutile tediarti con un più lungo

elenco».

«Dovrò raccogliere anch'io tutti questi bagagli inutili nei miei viaggi?»domandò la nuova Annata.

«Certamentee ti auguro di non avere un fardello più pesante da portare»rispose l'altra. «E oracara sorella

devo congedarmi da teconsigliandoti caldamente di non attendertigratitudine né buona volontà da questo mondo

irascibileirragionevoleingrato e mal intenzionato che ancor peggio sicomporta. Anche se i suoi abitanti sembrano

accoglierti calorosamentepuoi fare tutto il possibile e dispensare lorotutte le occasioni di felicità a tua disposizione

ma loro continueranno a lamentarsia desiderare ciò che non hai facoltà diconcederecontinueranno a sperare in

qualche altra Annata per la realizzazione di progetti che non dovevano maiessere formulati e cheanche se realizzati

diventerebbero soltanto nuovi motivi di malcontento. E se questi ridicolipersonaggi vedranno mai in te qualcosa di

apprezzabilelo scopriranno solo quando te ne sarai andata per sempre»..101

«Eppure»esclamò la fiduciosa nuova Annata«mi sforzerò di lasciaregli uomini più saggi di quanto li trovo.

Offrirò generosamente quei doni che la Provvidenza mi consente didispensaree dirò loro di essere grati di ciò che

hannoe di sperare umilmente di averne ancorae di certose non sonoproprio sciocchiaccetteranno di essere felici e

riconosceranno che sono stata un'Annata felice. Perché la mia felicitàdipende necessariamente da loro».

«Mi dispiace per temia povera sorella»disse allora la vecchia Annatacon un sospiromentre prendeva il suo

fardello. «Noi nipotine del Tempo siamo nate per soffrire. La felicitàcome diconoabita nella dimora dell'Eternitàma

noi possiamo soltanto condurvi i mortali passo dopo passotra riluttantimormoriie noi stesse dovremo morire sulla

soglia. Ma ascolta... il mio compito è terminato!».

L'orologio nell'alto campanile della chiesa del dottor Emerson batté ledodicie gli rispose quello della chiesa

del dottor Flintnel quartiere opposto della cittàe mentre i rintocchiecheggiavano ancora nell'aria la vecchia Annata

volò via o scomparvee né la saggezza degli angeliné la loro potenza etanto meno il rimpianto di milioni di uomini

che ne avevano fatto cattivo uso avrebbero potuto costringere quell'Annatascomparsa a ritornare indietro d'un passo.

Ma anch'essaal pari del Tempo e di tutte le sue sorelledeve poi tenere iconti col genere umano. E così sarà anche per

la giovane nuova Annatache all'ultimo rintocco dell'orologio si alzò daigradini del Municipio e iniziò un po'

timidamente il suo cammino terreno.

«Felice annata!»le gridò un guardiano notturnoscrutandosospettosamente la sua figurama senza

immaginare nemmeno di rivolgersi alla nuova Annata in persona.

«Grazie mille!»rispose la nuova Annatadonando al guardiano una dellerose di speranza del suo cesto. «Ti

auguro che questo fiore conservi il suo dolce profumo per molto tempoancora!».

Poi si avviò di buon passo per le strade silenziosee coloro che eranodesti in quel momento esclamarono

nell'udire i suoi passi: «La nuova Annata è arrivata!». Ovunque ci fosseun capannello di nottambulistavano brindando

alla sua salute. Lei tuttavia sospirònell'udire che l'aria risuonavafunestamentecome sempre avviene in questo mondo

dell'estremo respiro dei mortali che si erano attardati fino al suo arrivoper essere sepolti da lei. Ma milioni di persone

erano ancora vive per rallegrarsi del suo arrivo e così ella proseguì ilsuo cammino con fiduciadisseminando fiori

simbolici sulla soglia di quasi tutte le abitazionie questi fiori alcuniraccoglieranno e porteranno al pettoaltri

calpesteranno sotto ai piedi. Il portalettere può aggiungere soltanto cheall'alba di questo mattino ella ha riempito il suo

cesto di indirizzi augurali della nuova Annataassicurandogli che l'interacittadinanza con il nostro nuovo sindacogli

assessori e il consiglio comunale in testafaranno a gara per averne unacopia. Gentili signorinon volete mantenere

l'impegno della nuova Annata?

FIOCCHI DI NEVE

È carico di neve quel freddo grigio cielo mattutino laggiùe attraverso ilvetro quasi gelato della finestra mi

piace osservare il progressivo inizio della bufera. Alcuni fiocchisimili apiumesono già sparsi nell'aria e si librano con

volo incertoora quasi posandosi a terraora turbinando di nuovo in altoverso remote regioni dell'atmosfera. Non sono

quelle grosse falde cariche di umiditàche si sciolgono toccando terra esono foriere di pioggiama è una vera e propria

bufera di neve. Le due o tre persone che si vedono sui marciapiedi hanno unaspetto sofferente e il naso paonazzoe

mostrano una resistenza al gelo che hanno evidentemente già assunto inprevisione di una giornata rigida e inclemente.

Al tramontoo comunque prima che il sole posi su noi un ultimo sorrisoscintillantela strada e il nostro piccolo

giardino saranno coperti da cumuli di neve. Il terrenogià gelato nellescorse settimanesi prepara a sostenere quel

fardello che può esservi posato soprae allo sguardo di chi vive nel Nordil paesaggio perderà la sua malinconica

desolazione per acquistare una peculiare bellezzaquando la Madre Terraalpari dei suoi figliindosserà gli indumenti

di lana del suo abbigliamento invernale. Gli spiriti delle nuvole stanno giàtessendo lentamente il suo bianco mantello.

In effettila superficie scura della strada è appena coperta da un lievestrato di bianca brina gelata ed è ancora visibile il

verde appassito delle aiuolementre i tetti d'ardesia delle case iniziano adapparire grigi anziché neri. Se la neve che è

finora caduta entro il raggio della mia vista fosse ammucchiata tuttainsiemenon arriverebbe quasi all'altezza del

tumulo di una tomba. È così cheattraverso silenziosi e furtivi influssisi verificano a poco a poco i grandi mutamenti.

Queste minuscole particelle di nevesparse a manciate nell'aria dallospirito della tempestaseppelliranno tutta la grande

terra sotto il loro cumulonon consentendole di rivedere sua sorellalavolta del cieloper alcuni monotoni mesi. E

anche noi perderemo di vista il volto familiare di nostra madree dovremoaccontentarci di guardare più spesso il cielo.

E oralasciamo la neve al suo compito e sediamocicon la penna in manoaccanto al caminetto. Anche se può

sembrare malinconical'atmosfera di una giornata di neve esercitaun'influenza che può produrre allegria e favorire

l'immaginazione. Chi è nato nei climi del Sud può corteggiare la musaall'ombra delle fitte fronde d'estatesopra a

sponde erbosementre il canto degli uccelli e il mormorio dei ruscelli siintonano alla mu sica della sua anima. Nella

nostra breve estateio non riesco a pensarema esisto soltanto nel vagorapimento di un sogno. Il mio momento

d'ispirazionese mai accadeè quando il ceppo verde sfrigola nel camino ela vivida fiammaancor più vivida nella

penombra della stanzadivampa in alto nella cappamentre i tizzoni sispengono cadendo nel mucchio crescente della

cenere. Quando le raffiche di vento scuotono il telaio della finestra e ifiocchi di neve o le gocce di pioggia tempestano i

suoi vetriallora distendo il mio foglio di cartacon la certezza chepensieri e fantasie vi si accenderannocome stelle al

crepuscolo o come violette in maggioforse per svanire altrettanto presto.Per quanto sia effimero il loro bagliore.102

almeno splende nell'ombra scura che le nuvole nel cielo di fuori calano nellastanza. Sia allora benedetto e benvenuto da

mesuo autentico figliol'inverno del New England che ci rende tutti similia bambini in balia della tempestache ci

canta la sua familiare ninna-nanna anche nell'ululato del vento di dicembre.E ora guardiamo di nuovo fuoriper vedere

quanta parte della sua opera ha compiuto lo spirito della bufera.

Lento e sicuroha davanti a sé una giornata interaforse tutta unasettimanae può quindi prendersi il tempo

che vuole per seppellire la Natura sotto la neve. Un lieve manto si è appenadisteso sull'erba appassita dell'aiuolae gli

steli secchi delle piantine annuali fanno capolino nella superficie bianca inogni parte del giardino. I cespugli spogli

delle rose rabbrividiscono in un piccolo cumulo di nevee sembranosconsolatipoveretticome se avessero una

coscienza umana di questa scena desolata. È un momento triste per le pianteche non muoiono con l'estatein cui non

sono vive né mortee ciò che rimane della vita sembra soltanto un gelidoalito di morte. Come sono tristi i cespugli di

fiori nel cuore dell'inverno! I tetti delle case sono ora tutti bianchitranne dove il vento turbinante li ha denudati sugli

angoli esposti alle sue folate. Per vedere la reale intensità della buferasi deve fissare lo sguardo su qualche punto

lontanocome quella guglia laggiùe osservare il vento impetuoso mentrecombatte con la neve che cala nello spazio

interposto. A volte tutta la prospettiva si oscurapoi ricomp are unavisione nitidama momentaneadell'alto campanile

simile allo spettro di un gigantee ancora i fitti mulinelli turbinano nelmezzocome se alcuni demoni si scagliassero

l'un l'altro folate di neve nell'aria. Guarda laggiù nella stradadove ilcombattimento di quei demoni immaginari delle

sfere superiori trova una divertente analogia nella battaglia a palle di nevetra quegli scolaretti. Che simpatica parodia

della guerra e della gloria militare si potrebbe scriverein forma diracconto per bambinidescrivendo le battaghe a palle

di neve tra due scolaresche rivalile alterne sconfitte e vittorie diciascunae il trionfo finale di una di esseo forse di

nessuna! Che accanite battagliedegne di essere cantate in versi omerici!Che impetuosi assalti a fortezze nemichetutte

costruite in massicci blocchi di neve! Quali imprese di prodezza individualeche fulgidi esempi di ardore marziale! E

infinequando una combattuta e decisiva vittoria pone fine alla guerraambedue gli eserciti si uniranno per erigere un

imponente monumento di neve sul campo di battagliasormontato dalla statuadel vincitorescolpita anch'essa nello

stesso marmo gelato. Pochi giorni o settimane dopoil passante osserveràquel cumulo informe nella piazza

pianeggiantee ormai dimentico della celebrata vittoria si domanderà:«Come mai è qui? Chi l'avrà ammucchiato? E

che cosa significa?». I piedistalli di molti monumenti abbattuti dibattaglie hanno suscitato analoghe domandequando

nessuno sapeva dare risposta.

Ritorniamo al caminetto e sediamoci lì a meditareprestando ascolto alventofinché sembrerà forse una voce

articolata che suggerisce fantastica ed eterea materia per la penna. Se solomi ispirasse il bozzetto della personificazione

di un inverno nel New England! E questa idease riesco a cogliere le figureammantate di neve che volteggiano nella

mia fantasiasarà l'argomento della prossima pagina.

Come annuncia il suo arrivo l'inverno? Con il soffio lacerante dell'ultimoautunnoche è il grido di lamento

della natura quando il distruttore fa irruzione tra i boschi tremanti in cuiessa si è trattenuta e sparge le foglie secche

nella tempesta. Quando odono quel gridogli uominì si avvolgono nei loromantelli e scuotono sconsolati la testa

dicendo: «L'Inverno è vicino!». Allora l'ascia del boscaiolo risuona seccae laboriosa nella forestaallora i mercanti di

carbone si rallegrano perché ogni grido di dolore della natura aumenta di unpo' il prezzo della loro merceallora il

fumo della torba effonde la sua aromatica fragranza nell'aria. Pochi giorniancorae alla sera i bambini guardano fuori

dalla finestra e vagamente intravvedono nell'aria il fluttuare di un velo dinevela severa veste dell'Invernoallora

accorrono intorno al focolare e si stringono alle gonne della madre o tra leginocchia del padrespaventati da quella

voce cavernosa che muggisce giù per la cappa del camino. È la vocedell'Invernoequando la odonogenitori e figli

rabbrividiscono ed esclamano: «L'Inverno è arrivato! Il freddo Inverno hainiziato già il suo regno!». E orain tutto il

New Englandogni focolare diventa un altare che alza il fumo di unprolungato sacrificio all'implacabile divinità che

tiranneggia sulla forestasulla campagna e sulla città. Avvolto nel suobianco mantelloimpugnando come bastone

un'enorme stalattitela barba e i capelli spazzati dal vento e incrostati dinevel'Inverno vaga sulla terranel mezzo della

bufera del norde guai al vagabondo senza casa che egli sorprende sul suocammino! Lì egli rimaneirrigiditocome

una statua umana di ghiacciosul luogo in cui è raggiunto dall'Inverno. Alunghi passi avanza il tiranno sui fiumi

impetuosi e sui vasti laghiche si trasformano in roccia sotto ai suoipiedi. Il suo spoglio impero è così stabilitoe

tutt'intorno si estende la desolazione del Polo. Eppure non devono essergliingrati i suoi figli del New Englandperché

l'Inverno è il nostro signoreseppure rigido e severoe nemmenorimproverargli la sua inclemenzache ha nutrito la

nostra inflessibile forza di carattere. E dobbiamo anzi ringraziarlo ancheper i nostri viaggi in slittaallietati dalla

musica di allegre campanelleper il focolare che scoppiettamentre la lucerossa del fuoco illumina le figure degli

uomini induriti e le rosee gote delle donnee per tutti i piaceri della casae le affini virtù che fioriscono in questa terra

gelata. Non è che ci lamentiamo quandodopo circa sette mesi di tempesta edi rigido gelovediamo ricomparire la

Primaverache in veste di vergine inghirlandata scaccia il canuto despotatempestandolo con manciate di viole e

disseminando di erba verde il sentiero alle sue spalle. Spessofinché nonrinuncia definitivamente al suo imperoil

vecchio Inverno ritorna furiosamentescagliando folate di neve contro latremante Primaverama passo dopo passo è

costretto a ritirarsi a nordper trascorrere i mesi estivi dentro i confinidel Circolo artico.

Queste fantasiemescolate con più gravi pensierihanno fatto trascorrerepiacevolmente questa giornata

invernale. Nel frattempola bufera ha infuriato senza sosta e oramentre vadeclinando il breve pomeriggioscaglia

masse di neve ancora più fitte nell'aria. Sul davanzale della finestra si ègià posato uno strato di neve che arriva a metà

della lastra di vetro più bassa. Il giardino è una sola coltre uniforme.Nella strada si vedono ancora due o tre chiazze di

terra nudadove il vento ha spazzato la neveammucchiandola altrovesullacima delle palizzateo in enormi cumuli.103

davanti alla porta delle case. Si vede un solitario passanteche arrancasprofondando fino a metà gamba nella neve e poi

sgambetta sul terreno scopertonella sua mantella gonfiata dal vento. Si odepoi un tintinnio di campanelle e un fruscio

sibilante che risponde alla faticosa avanzata di un cavallo tra i cumuliininterrotti di neveannunciando il passaggio di

una slitta con un ragazzino aggrappato dietroil capo chino per non esserescorto dal conducente. Giunge poi una slitta

più grandecarica di legname per qualche padrone di casa imprevidente chel'Inverno ha sorpreso davanti al camino

spento. Ma quale malinconico corteo avanza ora a fatica nella stradaaccidentata? È un carro funebrecoperto di neve

che attraverso la bufera porta un defunto al suo letto gelato. Com'è tristeun funerale in invernoquando il grembo della

madre Terra non ha calore da offrire al suo povero figlio!

La serala prima vigilia di dicembreinizia a distendere il suo velo semprepiù fitto sulla desolata scena; la luce

del fuoco a poco a poco si ravviva e getta la mia ombra guizzante sullepareti e sul soffitto della stanzama intanto la

bufera continua a infuriare e a scuotere le finestre. Rabbrividisco e pensoche è il momento dello sconfortoma mentre

lancio un ultimo sguardo alla Natura morta sotto il suo sudariointravvedouno stormo di tordi che si libra lievemente in

volo nella tempesta e svolazza da un cumulo di neve all'altrocon la stessaagilità delle rondini al delizioso sbocciare

dell'estate. Da dove sono venuti? Dove costruiscono il loro nido e cercano ilcibo? Perchépur dotati di alinon

inseguono l'estate intorno alla terraanziché diventare compagni di giocodella bufera e svolazzare ai margini desolati

dell'inverno? Non so da dove vengononé perchéeppure il mio spirito èstato allietato da quello stormo vagabondo di

tordi.

I SETTE VAGABONDI

Mentre vagabondavo a piedi nella primavera della mia vita e nell'estate diquell'annogiunsi un pomeriggio a

un crocevia che mi offriva la scelta tra tre direzioni. Davanti a melastrada principale si estendeva polverosa fino a

Bostonalla sinistra una diramazione andava verso il mare e avrebbeallungato il mio cammino di venti o trenta miglia

mentre seguendo il sentiero di destra sarei potuto giungere attraversocolline e laghi fino al Canadavisitando lungo la

strada la celebre cittadina di Stamford. Su uno spiazzo erbosoai piedi delcartello stradalemi apparve qualcosa che

pur essendo locomotore per un diverso principiomi ricordava la casaportatile di Gulliver tra i Brobdingnag. Era un

grande carrozzone copertoopiù propriamenteuna piccola casa su ruotecon una porta da una parte e una finestra

chiusa da imposte verdi dall'altra. Due cavallilegati accanto al veicolobiascicavano la biada nei cesti appesi al colloe

un piacevole suono di musica proveniva dall'internocosì che immaginaisubito che fosse qualche spettacolo ambulante

fermatosi alla confluenza delle strade per intercettare oziosi viandanti comeme. Una grossa nuvola di pioggia saliva già

da tempo nel cielo a occidentee ora incombeva così nera sulla stradadavanti a me che ritenni prudente chiedere lì

rifugio.

«Ehilà! Chi è di guardia? Sta dormendo il guardiano?»gridaiavvicinandomi a una scaletta di due o tre

gradini calata giù dal carro.

La musica cessò al mio richiamoe sulla porta comparve non già il tipo difigura che avevo mentalmente

attribuito al saltimbanco ambulantema un rispettabile e anzianopersonaggiocosì che mi dispiacque di averlo

interpellato in tono così confidenziale. Indossava un pastrano colortabaccoabiti modestialti stivali bianchie

mostrava quella modesta dignità dell'aspetto e dei modi che si può spessonotare nei vecchi maestri di scuolae a volte

nei diaconinei consiglieri municipali e in altre simili autorità. Unapiccola moneta d'argento fu il mio passaporto per

entrare in casa suadove trovai una sola altra persona che in seguitodescriverò.

«È una brutta giornata per gli affari»disse l'anziano signoreintroducendomi nel carro«ma ho fatto sosta qui

solo per rinfrescare i cavalliperché sono diretto al raduno all'aperto diStamford».

Forse la scena mobile di questo racconto sta ancora peregrinando per il NewEnglandconsentendo così al

lettore di verificare la precisione della mia descrizione. Lo spettacoloperché non userò l'indegno termine di teatrino

delle marionetteconsisteva in una moltitudine di minuscoli personaggiriuniti su un palcoscenico in miniatura. Tra essi

comparivano artigiani d'ogni generenella posa del loro lavoroun gruppo dibelle dame e allegri cavalieri che si

preparavano alla danzae una compagnia di fanti schierati sul palcocon unaspetto così severo e truce da dare sollievo

al pensiero che non erano alti più di tre pollicie sul tutto faceva bellamostra di sé un buffonecol cappello a punta e

l'abito variopinto del suo mestiere. Tutti gli abitanti di questo mondo inminiatura erano immobilicome figure di un

quadroo come coloro che un attimo prima sono vivinel mezzo delle loroattività e divertimentie quello dopo sono

trasformati in statuepreservando per sempre l'impressione di un lavoroterminato o di un piacere che non può essere

più provato. Subito dopoperòl'anziano signore girò la manovella di unorganettoe la sua prima nota produsse un

effetto elettrizzante su quelle figureridestandole tutte alle loro consueteoccupazioni e passatempi. Per questo stesso

impulsoil sarto infilò il suo agoil martello del fabbro calòsull'incudinei ballerini volteggiarono in punta di piedila

compagnia dei soldati si divise in plotoni e si ritirò dal palcoscenicodove fu seguita da un drappello di cavalleggeri con

tanti squilli di tromba e rimbombo di zoccoli da spaventare don Chisciotte inpersonamentre un vecchio e inveterato

ubriacone sollevava una bottiglia nera per trangugiare una generosa sorsata.Nel frattempoil buffone iniziava a fare

salti e caprioledimenando i fianchiannuendo col capo e strizzandol'occhio in modo così verosimile che sembrava

ridicolizzare l'assurdità delle cose umane e farsi gioco degli altripersonaggi sotto di lui. Infineil vecchio stregone (lo.104

paragonavo infatti a Prosperoche intratteneva i suoi ospiti con unarappresentazione di ombre) interruppe lo spettacolo

per darmi modo di esprimere il mio stupore.

«Che mirabile capolavoro!»esclamaialzando le mani per l'ammirazione.

E in effetti ero ammirato dello spettacoloe anche incuriosito dallagravità di quel vecchio che vi presiedeva

perché sono esente da quella insulsa saggezza che induce a riprovare ogniattività che non sia utile in questo mondo di

vane apparenze. Se possiedo una capacità in misura superiore a molti altriè quella di calarmi mentalmente in situazioni

estranee alla mia e di riconoscere allegramente gli aspetti desiderabili diciascuna. Potevo invidiare la vita di quell'uomo

dai capelli grigitrascorsa in un corso di sicure e piacevoli avventureguidando il suo grande veicolo a volte tra le

sabbie di Cape Cod e altre volte sulle impervie strade tra le foreste delnord e dell'estfermandosi ora sul prato

antistante la casa di riunione di un villaggioora sulla piazza lastricatadi una metropoli. Quante volte il suo cuore

doveva essere stato allietato dallo stupore dei bambini che guardavano questefigure animate! e quante volte il suo

orgoglio dev'essere stato lusingato mentre spiegava dottamente a un pubblicodi adulti i meccanismi che producevano

così stupefacenti effetti! e quante volte la sua galanteria (una qualità dicui questi uomini così gravi non sono mai privi)

dev'essere stata solleticata dalla visita di graziose fanciulle! E con quantarinnovata vitalità deve poi fare ritornodi

quando in quandoalla sua peculiare dimora!

«Vorrei avere anch'io una vita felice come la sua»pensai.

Anche se il carrozzone avrebbe potuto contenere quindici o venti spettatoriin quel momento ospitava soltanto

il suo proprietario e meoltre a una terza persona cui lanciai un'occhiataentrando. Era un giovanotto d'aspetto garbato e

compitotra i ventidue e i ventitré anni: il suo cappello grigio e laredingote verde col bavero di velluto erano eleganti

ma non più nuovie un paio di occhiali verdiche sembravano inutili per isuoi occhietti vivacigli conferivano un'aria

da studioso o letterato. Dopo avermi lasciato il tempo sufficiente perammirare le marionettesi fece avanti con un

inchino e richiamò la mia attenzione verso alcuni libri in un angolo delcarrozzoneche iniziò poi a esaltare con

straordinario eloquio di forbite parole e con così ingenuo entusiasmo daconquistare il mio cuoreessendo anch'io il più

generoso dei critici. In effetti il campionario richiedeva una certacapacità di convinzione da parte del venditoreperché

comprendeva alcuni miei vecchi amicii romanzi di quei tempi felici in cui imiei affetti oscillavano tra i clan scozzesi e

Pollicinooltre ad altri di più recente datai cui meriti non sono statiriconosciuti dal pubblico. Fui lieto di trovare quel

caro e venerando volume che è il Sillabariodel New Englandin apparenzaantico come sempreanche se giunto alla

sua millesima ristampae un fascio di ormai antiquati libri illustrati conla costola dorata mi fecero sentire così bambino

cheun po' per le sgargianti copertineun po' per le fiabe contenuteliacquistai in bloccoe anche un assortimento di

ballate e canti popolari attinse abbondantemente dal mio borsellino. Percompensare queste speselasciai da parte

sermoni e libri di scienza e moraleanche se erano lì presentie anche unaVita di Franklinin carta così ruvida ma così

lussuosamente rilegata da semb rare emblematica del Dottore stessonell'abito di corte che si rifiutò di indossare a

Pariginonché un manuale di pronuncia Websteralcuni poemetti minori diByron e cinque o sei piccoli Testamenti al

prezzo di venticinque cents ciascuno.

Fin qui questa miscellanea poteva essere stata ramazzata in una grandelibreria o scelta in una sala delle aste

ma vidi anche un libriccino con la copertina azzurra che il venditore miporse con aria così particolare che lo acquistai

subito al suo prezzoe alloraper la prima voltami colse il pensiero cheavevo forse parlato faccia a faccia con

l'autentico autore di un libro stampato. Il letterato mi manifestò alloramolta gentilezzacosì che mi azzardai a

domandargli in quale direzione stesse viaggiando.

«Oh»mi rispose«tengo compagnia a questo anziano signoree siamodiretti ora verso il raduno all'aperto di

Stamford».

Mi spiegò poi che per quella stagione aveva affittato un angolo delcarrozzone come libreria checome osservò

argutamenteera diventata una vera e propria Biblioteca circolanteperchéerano poche le parti del paese che non avesse

ancora visitato. Approvai entusiasticamente il progettoe iniziai a elencaretra me e me tutti gli insoliti piaceri della vita

di un venditore ambulante di librisoprattutto quando il suo carattereassomigliava a quello del personaggio che avevo

davanti. In primo luogoera da tener presente il quotidiano piacere dicolloqui come questoin cui egli diventava

oggetto dell'ammirazione di uno sconosciuto di passaggiofacendogli sapereche un uomo di gusti letterari e perfino

autore di libri viaggiava per il paese a bordo di un carrozzone perspettacoli di marionette. Ancor maggiore

soddisfazionema non meno frequentepoteva trovarla nella conversazione conqualche anziano ecclesiastico che

vegetava da tempo in qualche sperduto insediamento tra le montagnei boschio le acque del New Englandche nel

mentre arricchiva la sua biblioteca col campionario di sermoni del venditoreambulantelo avrebbe esortato a perseguire

un'istruzione universitaria e a diventare il primo allievo del suo corso.Ancor più dolci e gratificanti sensazioni poteva

provare quandoparlando di poesia nel vendere sillabariavrebbe incantatola mente e forse toccato il cuore di qualche

graziosa maestrina di campagnalei stessa sconosciuta poetessa e dotata diuna cultura che nessunotranne luisi era

mai degnato di considerare. Ma il momento del suo maggiore trionfo potevaaverlo quando il carrozzone faceva sosta

per la notte e il suo campionario di libri era esibito in qualche affollatatavernae alla variegata compagniafosse un

viaggiatore di cittàun carrettiere delle collineun possidente deidintorniil padrone stesso del locale o il suo incolto

stalliereegli avrebbe decantato le opere adatte a ciascun gusto ecapacitàdimostrando nel frattempocon le sue acute

critiche e profonde osservazioniche il tesoro contenuto nei suoi libri erafinanco inferiore a quello del suo cervello.

Felicementeavrebbe così attraversato il paesea volte come araldo nelcammino della Mentea volte

camminando sotto braccio all'imponente Letteraturaraccogliendo ovunque unamesse di autentica e tangibile

popolaritànella quale non avrebbero mai potuto sperare i reclusiscribacchini delle cui fatiche egli viveva..105

«Se mai avrò a che fare con la letteratura»pensai alloraergendomi conadamantina determinazione«sarà

come venditore ambulante di libri».

Anche se era ancora metà del pomeriggioera ormai tutto scuro intorno anoie qualche goccia di pioggia

cominciò a cadere sul tetto del carrozzonepicchiettando come le zampettedi un uccello che lì si era posato per

riposare. Un'eco di piacevoli voci ci fece mettere in ascoltoe poco dopocomparve sulla scaletta la graziosa figura di

una damigellacon un volto così roseo e sorridente cheanche in quellaluce foscasembrava che i raggi del sole

facessero capolino sotto alla sua cuffia. Vedemmo poi un bel giovane brunochecon maggior galanteria di quanta era

da attendersi nel cuore della terra degli Yankeela aiutava a salire sulcarro. Fu subito evidentequando i due

sconosciuti si affacciarono alla portache la loro professione era affine aquella dei miei compagni. Fui particolarmente

compiaciuto della gentilezza più che ospitaleperfino paternacon cui ilvecchio burattinaio li accolsementre il

giovane letterato si affrettava ad accompagnare la ridente fanciulla perfarla accomodare su una lunga panca.

«Avete trovato alloggio appena in tempomiei giovani amici»disse ilpadrone del carro. «Il cielo sarebbe

piombato su di voi entro cinque minuti».

La risposta del giovane rivelò che era forestieronon per qualchediversità nell'idioma o nell'accento del

corretto inglesema perché parlò con maggior cura e precisione di chi hauna perfetta conoscenza della lingua.

«Sapevamo che un acquazzone incombeva su di noi»rispose«e ci siamodomandati se era meglio salire alla

casa sulla cima di quella collina laggiùma nel vedere il vostro carrozzonenella strada...».

«... abbiamo deciso di venire qui»soggiunse la ragazza con un sorriso«perché ci sentiamo più a nostro agio

in una casa ambulante come questa».

Nel frattempoio osservavo attentamentetra molte e confuse fantasiequeidue colombi che erano volati nella

nostra arca. Il giovanealtosnello e atleticoaveva una massa di ricciolineri e lucenti che incorniciavano un viso scuro

e vivaceche pur non essendo più espressivoera quanto meno più mobile eattirava maggior attenzione dei placidi volti

dei nostri conterranei. Quand'era comparsoera carico di una bella cassa dimogano di quasi due metri quadrima molto

leggera in proporzione alle sue dimensioniche aveva subito scaricato dallespalle per posarla sul pavimento del carro.

La ragazza aveva una carnagione quasi chiara come le nostre belle donnemaancor più luminosa; la

leggerezza della sua figurache sembrava fatta apposta per traversare tuttoil mondo senza stancarsiben si intonava

all'espressione radiosa del voltoe il suo vivace abbigliamentoche combinava le sfumature dell'arcobalenodal cremisi

al verde e all'arancionesi confaceva al suo leggiadro aspetto come sel'avesse indosso da quando era nata. La gaia

sconosciuta aveva con sécome si convenivaquell'allegro strumento che èil violinoe il suo compagno glielo prese di

mano per iniziare poco dopo ad accordarlo. Nessuno di noi della precedentecompagnia del carrozzone aveva bisogno di

chiedere qual era il loro mestiereperché non poteva essere un mistero percoloro che frequentavano allegre brigate

feste religiosemostre di bestiame e altri festosi raduni della nostra terraaustera. Un mio caro amico sorriderà se questa

pagina richiamerà alla sua memoria una cavalleresca impresa da noi compiutaper salvare la lanterna magica di una

coppia come questa dalle grosse mani di una folla di contadini.

«Ebbene»dissi alla damigella di brioso aspetto«vogliamo visitareinsieme tutte le meraviglie del mondo?».

Lei capì subito la metaforaanche se non mi sarei molto sorpreso se avesseacconsentito al significato letterale

delle mie parole. La cassa di mogano era stata posata nella posizione adattae sbirciai attraverso la sua finestrella

rotonda d'ingrandimentomentre la ragazza seduta al mio fianco descrivevacon brevi cenni le immagini che si

susseguivanouna dopo l'altraalla mia vista. Visitammo insiemealmenonella fantasiamolte città famosenelle cui

strade sognavo da tempo di passeggiare: ricordo che una volta eravamo nelporto di Barcellonada dove guardavamo

verso la cittàdopo di che mi portò per via aerea in Siciliadove miinvitò ad ammirare l'Etna incandescentepoi

prendemmo il volo per Veneziadove passammo in gondola sotto il ponte diRialtoe quindi mi fece accomodare tra la

folla degli spettatori all'incoronazione di Napoleone. Ma c'era ancora unascenain un luogo che lei non seppe dirmi

che richiamò la mia attenzione più a lungo di tutti quegli splendidipalazzi e chieseperché la fantasia mi diceva che la

precedente estate avevo già visto quell'umile casa di riunioneproprio inquell'angolino circondato dai pini nelle nostre

verdi montagne. Tutte queste immagini erano eseguite piuttosto benema diqualità di gran lunga inferiore alle

descrizioni della ragazzae non era facile capire come riuscisse in cosìpoche frasie in una lingua che per lei doveva

essere stranieraa presentare una così alata visione di ogni diversa scena.Dopo aver viaggiato in tutta la vasta

estensione della cassa di moganoguardai in volto la mia guida.

«Dove stai andandomia graziosa fanciulla?»le domandaiusando le paroledi una vecchia canzone.

«Ah»rispose la gaia damigella«potresti domandare nello stesso mododove va il vento d'estate. Siamo

vagabondiquilà e ovunque. Ovunque c'è allegriai nostri lieti cuorisono lì richiamati. E in effetti oggi ci hanno

parlato di grandi feste e baldorie da queste partie quindi la nostrapresenza è forse necessaria in quello che chiamate

raduno all'aperto di Stamford».

E alloranella mia spensierata giovinezzamentre la sua piacevole vocerisuonava ancora nelle mie orecchie

sospiraiperché nessuno quanto mepensaimeritava di essere suo compagnoin una vita che sembrava la realizzazione

delle mie sfrenate fantasieaccarezzate per tutta un'infanzia di sogni finoa quel momento. Per questi due sconosciuti. il

mondo era nella sua età dell'oronon perché fosse meno cupo e triste chemaima perché la sua stanchezza e i suoi

dispiaceri non avevano nulla in comune con la loro eterea natura. Ovunque liportasse il loro felice pellegrinaggiola

Giovinezza avrebbe riecheggiato la loro allegriala Maturità provata dagliaffanni avrebbe trovato un attimo di tregua

dalle sue fatichee la tarda Etàzoppicando tra le tombeavrebbe sorrisoper loro nella sua appassita letizia. La casupola

solitariala strada stretta e buial'ombra cupa avrebbero colto unfuggevole bagliorecome quello che splendeva ora tra.106

noiquando questi spiriti lieti passavano lì accanto. Benedetta coppialacui casa felice era ovunque nel mondo!

Guardai le mie spallee mi sembrarono abbastanza larghe per sostenere quellecittà e montagne lì rappresentate; e anche

i miei piedi erano elastici e instancabili come le ali dell'uccello delparadisoe il mio cuoreche era allora privo di

affannipoteva proseguire cantando il suo lieto cammino.

«O fanciulla!»esclamai allora ad alta voce«perché non venisti quisola?».

Mentre la ragazza e io eravamo occupati con la lanterna magicala pioggiaincessante aveva spinto un altro

viandante verso il carrozzone. Sembrava avere più o meno l'età del vecchioburattinaioma era molto più piccolo

magro ed emaciato di luie meno decorosamente vestito nel suo abito grigiorappezzato; aveva inoltre un contegno

incerto e scaltroe due piccoli occhi grigi che scrutavano un po' troppoacutamente dalle loro orbite infossate. Il vecchio

scherzava col burattinaio in un modo che faceva presumere una precedenteconoscenzama quando vide che la ragazza

e io avevamo cessato di parlareprese dalla tasca un documento piegato e melo presentò. Come avevo previstosi

trattava di un certificatoscritto in bella e leggibile calligrafiaefirmato da alcuni eminenti personaggi che non avevo

mai sentito nominaree in esso si dichiarava che il latore della presente siera imbattuto in ogni sorta di disavventura e

lo si raccomandava all'attenzione di tutte le persone caritatevoli. Iprecedenti esborsi mi avevano lasciato soltanto una

banconota da cinque dollaricon la quale mi offrii di fare un'elemosina almendicantea condizione che me ne desse il

resto. L'oggetto della mia beneficenza mi scrutò in volto e riconobbe chenon avevo quello spirito abominevoleche è

pur caratteristico di tutti i veri Yankeeincline a provare piacere nelvedere la frode anche negli atti più innocenti.

«Forse»rispose il lacero mendicante«non saprei dire se questa banca èin buone condizionima posso avere

con me abbastanza di che cambiare la tua banconota».

«È una banconota della banca del Suffolk»protestai«e vale più dellamoneta d'oro».

Il mendicante non ebbe niente da obiettare e prese allora un sacchetto dipelle scamosciataaccuratamente

legato con un laccio per scarpee quando lo aprì comparve un vero tesoro dimonete d'argento di ogni tipo e

dimensionetra le quali mi sembrò di veder scintillare perfino il piumaggiodorato di quel raro uccello della nostra

numismaticache è l'Aquila americana. In quel prezioso gruzzolo fudepositata la mia banconotacon un tasso di

cambio considerevolmente sfavorevole a me. Soddisfatti così i suoi bisogniil povero indigente prese dalla tasca un

vecchio mazzo di carte bisunteche avevano probabilmente contribuito agonfiare il suo sacchetto di pellee in più di un

modo.

«Su»mi disse«intravvedo una rara fortuna sul tuo voltoe per altriventicinque cents ti dirò di che si tratta».

Non rifiuto mai di sbirciare nel futuroe cosìdopo che furono mescolatele carte e la bella damigella le ebbe

tagliatene distribuii una parte al profetico accattone. Come altri suoicolleghiprima di predire gli oscuri eventi che

stavo per incontrarediede prova delle sue doti sovrannaturali descrivendoepisodi che avevo già vissuto. Mi sia ora

concesso credito di una pura e semplice verità: quando il vecchio ebbe lettouna pagina nel suo libro del destinopuntò i

suoi acuti occhi grigi nei miei e iniziò a riferirein tutti i piùminuziosi particolariquello che era stato fin'allora il più

singolare avvenimento della mia vita. Era un episodio che non avevo alcunaintenzione di rivelarefino al giorno in cui

saranno svelati tutti i segretie non sarebbe un caso molto più strano diimperscrutabile conoscenzao di fortunata

congetturase oggi stesso un mendicante mi incontrasse per strada eripetesseparola per parolaciò che ho scritto in

questa pagina. Poi il cartomantedopo avermi predetto un destino che coltempo sembra riluttante ad avverarsiprese le

sue cartenascose il sacchetto del suo tesoro e iniziò a conversare con glialtri occupanti del carrozzone.

«Dunquevecchio amico»disse il burattinaio«non ci hai ancora detto daquale parte rivolgi la facciaquesto

pomeriggio».

«Sono in viaggio per il nordcon questo caldo»rispose l'indovino«attraverso il Connecticutdapprimae poi

il Vermonte forse fino in Canada prima dell'autunno. Ma prima devo fermarmiad assistere all'inaugurazione del

raduno all'aperto di Stamford».

Cominciavo a pensare che tutti i vagabondi del New England stesseroconvergendo a quel raduno e si fossero

dati appuntamento al carrozzone. Il suo proprietario propose allora cheunavolta cessato l'acquazzoneproseguissero

insieme sulla strada per Stamfordessendo talvolta consuetudine di questepersone formare insieme una sorta di

sodalizio o confraternita.

«Anche la giovane dama» intervenne il galante bibliofiloprofondendosi inun inchino«e questo forestieroa

quanto ho capitosono in gita di piacere per lo stesso luogo. Sarebbe di mioincalcolabile piaceree presumo anche del

mio collega e del suo amicose si lasciassero convincere a unirsi allanostra comitiva».

La proposta fu approvata per unanime consensoe nessuna delle personeinteressate era sensibile ai suoi

vantaggi quanto meche non avevo alcun titolo per far parte della compagnia.Avendo già conosciuto i diversi modi con

cui gli altri quattro perseguivano la felicitàmi impegnai allora ascoprire quali erano i peculiari piaceri del vecchio

straccionecome la gente di campagna avrebbe sicuramente definito quelmendicante e profeta. Considerata la

familiarità che egli vantava col demonioimmaginai che fosse propenso aperseguire il suo modo di vita e a trarne

piacere impadronendosi di alcune delle sue caratteristiche mentali e moraliquelle più superficiali e ridicole

nell'immaginazione popolaretra le quali l'amore per l'inganno fine a sestessola capacità di riconoscere e sfruttare le

debolezze umane e le sue ridicole infermitàil talento nel meschinoinganno. Quel vecchio avrebbe quindi trovato

piacere anche nella coscienzaper alcuni insopportabileche tutta la suavita era una truffa ai danni del mondoe che nei

rapporti con gli altri le sue piccole astuzie avevano la meglio sulla lorointelligenza congiunta. Ogni giorno gli avrebbe

offerto una serie di meschini successicome quandoper esempiole sueimportune insistenze strappavano un'elemosina

dal cuore di un avaroo come quando la mia sciocca bontà d'animo mi avevaindotto a trasferire una parte dei miei.107

magri averi nel suo gonfio sacchetto di pellecome quando qualchecompiaciuto signore gettava con ostentazione una

moneta a quel lacero mendicante che era in realtà più ricco di luio comequandopur non essendo sempre così

diabolicola sua presunta indigenza gli faceva dividere il misero pasto diun vero indigente. E poiquale inesauribile

miniera di piacere dovevano offrire al suo spirito maligno le sue presuntecapacità profeticheche gli consentivano di

riconoscere tanta ingenuità e di realizzare insieme tanti piccoli raggiri!

Tutto ciò contribuiva a una sorta di felicità che potevo ben immaginareanche se mi era poco congeniale.

Forsese fossi stato disposto ad ammetterloavrei capito che quella vitaraminga era più adatta a lui che a tutti i suoi

compagniperché Satanaal quale avevo paragonato il pover'uomosi èsempre divertito fin dai tempi di Giobbe a

«vagare su e giù per la terra»e in effetti la scaltrezzache non agiscecon piani prestabilitima attraverso sconnessi

stratagemminon potrebbe avere un sufficiente campo d'azione se non ènaturalmente stimolata da continui mutamenti

della scena e dell'ambiente sociale. Le mie riflessioni furono a questo puntointerrotte.

«Abbiamo un'altra visita»esclamò il vecchio burattinaio.

La porta del carrozzone era stata chiusa contro il temporale che stava orainfuriando e strepitando con insolita

violenza e fragoree batteva contro il nostro rifugio come per rivendicarecome sua legittima preda tutti quei vagabondi

senza tettomentre noiincuranti della furia degli elementicontinuavamotranquillamente a parlare. Qualcuno stava

tentando di aprire la portae seguì poi una voce che pronunciava straneparole incomprensibiliche i miei compagni

interpretarono come grecomentre io sospettai che fosse un gergo usato dailadri. In ogni casoil padrone del carro si

fece avanti per dare accesso a un personaggio tale da farmi pensare che ilcarro fosse ritornato indietro di due secoli nel

passatooppure che la foresta e i suoi antichi abitanti fossero sortiintorno a noi come per incantesimo.

Era un pellerossaarmato di arco e frecce. Portava un copricapo adorno diuna sola piuma di qualche uccello

selvatico e una giubba di tela azzurra che lo fasciava strettamentee sulsuo petto erano appesicome onorificenzeuna

mezzaluna e un cerchioe altri ornamenti d'argentomentre un piccolocrocefisso faceva capire che il Santo Padreil

papasi era interposto tra l'indiano e il Grande Spiritoche questi avevavenerato nella sua ingenuità. Poi questo figlio

della foresta e profugo della tempesta prese posto silenziosamente in mezzo anoi. Superato il primo momento di

sorpresaimmaginai a ragione che facesse parte della tribù dei Penobscotdi cui avevo visto spesso comitive nelle loro

escursioni estive lungo i nostri fiumi orientalidove spingevano le lorocanoe di betulla tra le golette ancorate lungo la

costacostruivano le loro tende accanto a qualche diga ruggente e facevanoun po' di commercio con i loro canestri là

dove i loro padri cacciavano un tempo il daino. Il nostro visitatore stavaprobabilmente attraversando la regione alla

volta di Bostonmantenendosi grazie all'incurante elemosina di chiincontrava e sfruttando con profitto la sua abilità di

arciere colpendo le monetine che erano il premio della sua infallibile mira.

L'indiano si era da poco seduto quando la nostra allegra damigella tentò dicoinvolgerlo nella conversazione.

Sembrava in effetti circonfusa del sole di maggioperché non c'era nientedi scuro e tetro che il suo amabile sguardo

non potesse illuminaree anche il selvaggiosimile a un abete della suaforesta nataleiniziò ben presto a illuminarsi in

una sorta di cupa giovialità. Infinela giovane gli domandò se il suoviaggio aveva una particolare meta o scopo.

«Vado a tirar con l'arco al raduno di Stamford»rispose l'indiano.

«E qui ce ne sono altri cinque»osservò la ragazza«tutti direttianch'essi al raduno. Sarai dei nostriperché

anche noi viaggiamo col cuore leggeroe in quanto a me canto allegre canzonie racconto storie allegresono piena di

pensieri allegri e danzo allegramente per la stradacosì che non c'è maitristezza tra coloro che sono in mia compagnia.

E invece ti sembrerebbe molto noioso il cammino tutto solo fino aStamford!».

Le mie considerazioni sul carattere dell'aborigeno mi indussero a temere cheavrebbe preferito le sue solitarie

meditazioni all'allegra compagnia che gli era offertama al contrario laproposta della ragazza fu immediatamente

accettatae sembrò anzi animarlo di un vago senso di attesa. Iniziai poiuna successione di pensieri chederivassero da

questo concorso di avvenimenti o fossero ispirati da un'estemporaneafantasiafecero vibrare la mia mente come

ascoltando una musica intensa. Vidi l'umanitàin questa stanca vecchiaiadel mondoche trascinava una pigra esistenza

tra il fumo e la polvere delle cittàoppurequando respirava un'aria piùpuradistesa nella notte senz'altra speranza che

quella di consumare il domani e tutti i domani della vita nello stessomonotono ambiente e nella stessa logorante fatica

che avevano offuscato la luce del sole di oggi. Ma ve n'erano alcunianimatida spirito primordialeche conservavano la

freschezza della gioventù fino agli ultimi anni grazie alla continuaemozione di nuovi oggettinuove impresenuove

conoscenzee che ben poco si curavano sepur essendo nati qui nel NewEnglandsarebbero stati calati in una tomba in

Asia centrale. Il destino aveva chiamato a convegno questi spiriti liberiedessiignari dello stimolo che li dirigeva

verso una comune metaerano convenuti qui da luoghi vicini e lontanieultimo tra loro era comparso il rappresentante

di quei nobili nomadi che avevano cacciato il daino per migliaia di annielo cacciavano ancora nelle terre del Grande

Spirito. Mentre egli vagava attraverso la distesa del tempole foreste eranoscomparse sul suo camminoil suo braccio

aveva perduto un po' della sua forzail piede la sua agilitàil contegnola sua fiera regalitàil cuore e la mente le loro

primitive virtù e la forza spontaneamarefrattario alle consuetudinidella vita artificialeramingo sulla strada polverosa

come un tempo tra gli alberi della forestal'indiano era sempre presente.

«Ebbene»disse ad un tratto il vecchio burattinaio tra queste mieriflessioni«eccoci qui in onesta compagnia:

unoduetrequattrocinquesei: tutti diretti al raduno di Stamford. Eorasperando di non recargli offesavorrei sapere

dove è diretto questo giovanotto».

Trasaliidomandandomi: come mai mi trovo tra questi vagabondi? La menteliberache preferiva la propria

follia all'altrui saggezzalo spirito apertoche trovava ovunque compagniae soprattutto un'innata inquietudineche così

spesso mi aveva fatto sentire infelice in mezzo ai piaceri: questi erano imotivi per cui mi trovavo con loro..108

«Amici miei!»esclamaifacendo un passo verso il centro del carrozzone«verrò con voi al raduno di

Stamford!».

«Ma con quali capacità?»domandò il vecchio burattinaiodopo un attimodi silenzio. «Tutti noi possiamo

guadagnarci il pane in qualche modo plausibile. Ogni persona onesta dovrebbeguadagnarsi da viveree tua quanto

paresei soltanto un giovin signore a passeggio».

Li informai allora che la naturadandomi questa propensione al loro modo divitanon mi aveva lasciato del

tutto privo delle risorse necessarieanche se non potevo negare che le miecapacità erano inferiori e forse meno

redditizie delle più modeste delle loro. Il mio progettoinsommaeraquello di imitare i favolisti di cui hanno parlato i

viaggiatori in Orientee di diventare un narratore ambulante che raccontavale sue fantasie estemporanee al pubblico

che riusciva a raccogliere.

«Questa è la mia vocazione»conclusi«altrimenti sono nato invano».

Il cartomanteammiccando furbescamente alla compagniapropose diingaggiarmi come apprendista dell'una o

dell'altra delle sue professioniche sicuramente avrebbero offerto ambedueampie prospettive a quelle capacità

inventive che potevo possedere. Il bibliofilo si pronunciò contro il mioprogettoin parte influenzatosospetto

dall'invidia dello scrittorein parte dal timore che questa pratica oralepotesse diffondersi tra i narratoria infinito

discapito del commercio librario. Temendo di essere respintosollecitaiallora l'interesse dell'allegra damigella.

«Allegria!»esclamaiappropriandomi opportunamente delle sue parole.«Sei tu che corteggio! Allegria

ammettimi nella tua compagnia!».

«Assecondiamo questo povero giovane»rispose l'Allegriacon una dolcezzache me la rese ancor più cara

anche se non ero così vanitoso da fraintendere le sue motivazioni. «Hoscorto in lui molte qualità promettenti. È vero

una nuvola passa talvolta attraverso la sua frontema subito dopo torna arisplendere la luce del sole. Non è mai

colpevole di tristi pensieriperché quelli allegri sono loro gemelli.Portiamolo con noie vedrete che strapperà a tutti

una risata prima che si arrivi al campo di Stamford».

La sua voce mise a tacere le remore degli altri e mi guadagnò l'ammissionenella confraternitain base ai cui

terminiin mancanza di beni e profitti comunidovevamo prestarci aiuto l'unl'altro e scongiurare tutto il male per

quanto ci era possibile. Sistemata la questioneuna meravigliosa euforia siimpadronì di tutta la nostra tribù

manifestandosi secondo le diverse caratteristiche individuali. Il vecchioburattinaioseduto all'organettodiede vita alle

anime di quel popolo di pigmei con uno dei ritmi più scatenati del suo librodi musicae sartifabbridame e

gentiluomini sembrarono tutti partecipare allo spirito di quel momentomentre il buffone recitava la sua parte in modo

più faceto che maiannuendo e ammiccando a me in particolare. Il giovaneforestiero suonò il suo violino con mano

magistraleaccompagnando la melodia del burattinaiomentre il bibliofilo ela damigella iniziavano

contemporaneamente a danzareil primo esibendosi nel passo doppio con unostile che tutti dovevano testimoniare

prima che la settimana delle Elezioni fosse cancellata dal tempoe lasecondacon ambedue le mani sui fianchi sottili e i

gomiti in fuoridava prova di tale lieve agilitàarmonia e varietà dipose e movimenti che non riuscivo a pensare come

potesse fermarsie in quel momento immaginai che la Natura l'avesse creatacosì come il vecchio burattinaio aveva

creato le sue marionetteper nessun altro scopo terreno che danzare la giga.L'indiano lanciò una serie di orribili grida

spaventandoci un po'finché le interpretammo come un canto di guerra concuia imitazione dei suoi antenati

preannunciava l'assalto a Stamford. Nel frattempol'illusionista stavaseduto appartato in un angoloassistendo con

malizioso piacere a tutta la scena e rivolgendo a me in particolarecome ilfaceto buffonele sue strane occhiate.

In quanto a megalvanizzata la mia fantasiainiziai a disporre e dipingeregli episodi di un racconto col quale

mi proponevo di intrattenere il pubblico quella sera stessaperché capivoche i miei compagni erano un po' imbarazzati

dalla mia presenza e che non potevo perdere tempo nell'ottenere un pubblicoriconoscimento delle mie capacità.

«Andiamocompagni di ventura»esclamò infine il vecchio burattinaiocheavevamo eletto nostro presidente

«il temporale è finito e dobbiamo fare il nostro dovere per quelle povereanime di Stamford».

«Andremo tra loro in processione con danze e musiche»gridò l'allegradamigella.

Di conseguenzadovendo fare a piedi il nostro pellegrinaggiociprecipitammo fuori dal carrozzonesaltando

tutti a terracompreso l'anziano burattinaio con gli alti stivali bianchiescivolando quando atterrammo in fondo alla

scaletta. Sopra alle nostre testesplendeva un tale trionfo di luce e dinuvolee di sotto un tale scintillio di verzura che

come osservai modestamente in quel momentosembrava che la Natura si fosselavata il volto e avesse indossato i suoi

migliori gioielli e una nuova gonna verde in onore del nostro sodalizio.Volgendo lo sguardo a nordscorgemmo allora

un uomo a cavallo che s'avvicinava lentamentesguazzando nelle pozzangheresulla strada per Stamford. Veniva avanti

ergendosi rigidamente perpendicolare sulla sellaun'alta e smilza figuravestita in un nero rugginosonella quale il

burattinaio e l'illusionista ben presto riconobberocome il suo aspettorivelava a sufficienzaun predicatore itinerante di

grande fama tra i metodisti. Ciò che ci incuriosiva era il fatto che il suovolto sembrava distoltoanziché rivolto al

campo del raduno di Stamford. Tuttaviaquando questo nuovo seguace dellavita vagabonda si avvicinò allo spiazzo

verde in cui si trovavano il cartello stradale e il carrozzonei miei seicompagni e io accorremmo intorno a lui per

domandargli all'unisono:

«Quali notiziequali notizie vengono dal raduno all'aperto di Stamford?».

E missionario abbassò lo sguardosorpreso da una così strana congrega dipersonequali avrebbe potuto

scegliere tra tutti i suoi eterogenei ascoltatori. In effetticonsiderandoche potevamo essere tutti classificati nella

categoria generale dei vagabondisi riscontrava grande diversità dicarattere tra il compassato burattinaiolo scaltro

mendicante profeticoil forestiero violinista e la sua allegra damigellailbrillante bibliofiloil grave e solenne indiano e.109

meil narratore itineranteuno smilzo giovane di diciott'anni. Mi sembròperfino che un sorriso tentasse di turbare la

ferrea gravità sulle labbra del predicatore.

«Buona gente»rispose«il raduno all'aperto è stato sciolto».

Detto ciòil pastore metodista spronò la sua cavalcatura e proseguì lastrada verso occidente. Annullata così la

nostra unione per la scomparsa del suo fineci separammo subito ai quattroventi. Il cartomantecon un cenno del capo

a tutti quanti e una particolare strizzata d'occhio rivolta a mepartì peril suo viaggio nel nordridacchiando tra sé

mentre prendeva la strada per Stamford. Il vecchio burattinaio e il suoassistente letterario stavano già attaccando i

cavalli al carrozzonecon l'intenzione di peregrinare verso sud lungo lacosta. Il forestiero e l'allegra damigella presero

congedo ridendoe proseguirono sulla strada verso est che io avevo giàpercorso quel giornoe nell'andarsene il giovane

suonò una vivace melodiamentre il lieto spirito della damigella eruppe inuna danzae cosìsciogliendosi tra i raggi di

sole e l'allegra musicaquella simpatica coppia scomparve alla mia vista. Einfinecon una nuvola pensosa sulla mente

eppure emulo della spensierata filosofia dei miei precedenti compagnimiunii all'indiano Penobscot e ci mettemmo in

cammino insieme verso la lontana città.

LA VECCHIA DAMA BIANCA

I raggi della luna penetravano attraverso due profonde e strette finestre erivelavano una camera spaziosa

riccamente arredata in uno stile antico. Da una gratal'ombra dei vetriromboidali cadeva sul pavimentoe attraverso

l'altra la luce spettrale si addormentava su un lettocadendo tra i pesantitendaggi di seta e illuminando il volto di un

giovane uomo. Ma come giaceva immobile il dormiente! com'erano pallidi i suoilineamenti! e come assomigliava a un

sudario il lenzuolo che avvolgeva il suo corpo! Era un cadaverevestito neisuoi abiti funebri.

D'improvvisoquei rigidi lineamenti sembrarono muoversi con un cupo effetto.Che strana fantasia! Era

soltanto l'ombra della tenda frangiata che oscillò tra il volto del defuntoe la luce della luna quando la porta della camera

si aprì e una ragazza si avvicinò silenziosamente al capezzale. Fu forse unillusorio effetto dei raggi lunarioppure il suo

gesto e il suo sguardo tradirono un lampo di trionfo quando la giovane sichinò sul pallido corpo e posò le sue labbra

viventi su quelle fredde del morto? Quando si ritrasse da quel lungo bacioilineamenti della giovane fremetterocome

se un cuore orgoglioso stesse lottando col suo tormento. E di nuovo sembròche i lineamenti del defunto si fossero

mossicome rispondendo a quelli di lei. Era ancora un'illusione: la tenda diseta si era mossa una seconda volta tra il

volto del morto e la luce della luna quando un'altra giovane avvenente avevaaperto la portascivolando come uno

spettro accanto al letto. Lì rimasero le due fanciulleambedue belleconla pallida bellezza del morto in mezzo a loro.

Ma colei che era entrata per prima era orgogliosa e alteral'altra eratenera e fragile.

«Vattene!»esclamò la giovane altera. «Tu l'hai avuto in vita. Il mortoè mio!».

«È tuo!»ripeté l'altra tremando. «Hai detto bene: il morto è tuo!».

La ragazza orgogliosa trasalì e la guardò in volto con espressione grave.Ma uno sguardo sgomento e dolente

passò sul viso dell'altrache poi si afflosciò sul lettodebole eimpotenteil capo sul cuscino accanto a quello del

defuntomescolando i suoi capelli con i riccioli neri di lui. Era unacreatura di speranza e di gioiae il suo primo dolore

l'aveva prostrata.

«Edith!»esclamò la sua rivale.

Edith gemettecome per un'improvvisa compressione del cuoree sollevando laguancia dal cuscino si alzò

ritta in piediincontrando timorosa lo sguardo della ragazza altera.

«Mi tradirai?»domandò quest'ultima con voce pacata.

«Finché il defunto non mi ordinerà di parlarerimarrò in silenzio»rispose Edith. «Lasciaci soli insieme! Vai

vivi per molti anni e poi ritorna e raccontami la tua vita. Anche lui saràqui! E allorase parlerai di sofferenze più che di

morteti perdoneremo tutti e due».

«E quale sarà il pegno?»domandò la ragazza alteracome se in cuor suoriconoscesse un significato in queste

parole esasperate.

«Questo ricciolo di capelli»rispose Edithsollevando uno dei foltiriccioli scuri che cadevano sulla fronte del

morto.

Le due giovani unirono le loro mani sul petto del defunto e concordarono ungiorno e un'oramolto lontani nel

tempoper il loro prossimo incontro in quella camera. Poi la giovane alteralanciò un lungo sguardo a quei lineamenti

immobili e se ne andòma si voltò di nuovo tremantefinché non chiuse laportacome temendo che il suo amante

perduto la seguisse con sguardo accigliato. E anche Edith! Non era la suafigura bianca quella che si dissolveva alla luce

della luna! Disprezzando la propria debolezzala giovane proseguì ilcammino e si accorse allora che uno schiavo negro

era in attesa nel corridoio con una candelache poi sollevò tra il suovolto e quello di leiguardandolacosì le sembrò

con una brutta espressione divertita. Sollevando ancor più la candelaloschiavo le illuminò la strada giù per le scale

poi le aprì il portone del palazzo. Il giovane pastore della cittadina avevaappena salito i gradini d'ingressoe con un

cenno del capo le passò accanto senza pronunciare parola.

Molti anni trascorseroe il mondo sembrò rinnovarsitanto più vecchio eradivenuto dalla notte in cui quelle

due pallide ragazze avevano intrecciato le loro mani sopra al petto deldefunto. Nel frattempouna donna solitaria era

passata dalla gioventù all'estrema vecchiaiaed era conosciuta da tuttiincittàcome «la vecchia dama del sudario». Un.110

tocco di follia aveva segnato tutta la sua vitama era così sommessotriste e dolcecosì privo di qualsiasi accenno di

violenzache ella poteva inseguire le sue innocue fantasie senza esseremolestata dal mondocon i cui affanni e piaceri

non aveva nulla a che spartire. Abitava solae mai usciva alla luce del solese non per seguire i funerali. Ogni volta che

un feretro era portato nella stradacol solela pioggia o la nevefosseseguito da un solenne corteo di ricchi e potenti

oppure da pochi e umili dolentidietro a loro veniva quella donna solitarianella sua lunga veste bianca che per la gente

era il suo sudario. Non prendeva posto tra i parenti e gli amicima rimanevasulla soglia per ascoltare l'orazione funebre

e camminava poi dietro la processionecome se il suo compito terreno fossequello di visitare la casa del luttoessere

l'ombra dell'afflizioneassicurarsi che i defunti fossero propriamentesepolti. Era sua consuetudine da tanto tempo che

gli abitanti della città la consideravano parte integrante di ogni funeralequanto il feretro o il defunto stessoe

pensavano che fosse di malaugurio per la sorte del peccatore se la «vecchiadama del sudario» non scivolava come un

fantasma al suo seguito. Una voltadicevanoaveva atterrito un convivionuziale con la sua pallida apparizione

improvvisa nella grande sala illuminatamentre il sacerdote stava unendo inmatrimonio un uomo facoltoso con una

falsa vergineprima che il suo amante fosse morto da un anno.

L'augurio era funesto per quel matrimonio. A volteusciva furtivamente allaluce della luna per visitare le

tombe della venerabile Integritàdell'Amore nuzialedella verginaleInnocenzae ogni altro luogo in cui si

consumavano i resti di anime gentili e fedeli. Sui cumuli di questi mortiprediletti tendeva le braccia come per spargere

semie molti credevano che li portasse dal giardino del paradisoperché letombe che visitava erano verdi sotto la neve

e coperte di delicati fiori da aprile a novembrecosì che la suabenedizione era migliore di una preghiera recitata sulla

lapide. Così trascorreva la sua lunga esistenzatristetranquilla eimmaginariafinché pochi furono vecchi come leie le

successive generazioni si domandavano com'erano stati sepolti i mortie comei dolenti avevano sopportato il dolore

senza la presenza della «vecchia dama del sudario».

Trascorrevano gli anni e lei seguiva sempre i funeralisenza essere ancorachiamata alla celebrazione della sua

morte. Un pomeriggiola strada principale della città ferveva di attivitàe di fermentoanche se ormai il sole indorava

soltanto la metà superiore del campanile della chiesadopo aver lasciato inombra i tetti delle case e le cime degli alberi

più alti. Era una scena allegra e animatanonostante la cupa ombra checalava tra gli alti edifici di mattoni in cui

abitavano gli arroganti mercanti con le parrucche bianche e gli abiti divelluto merlettatoi volti abbronzati di capitani

di mare; i modi stranieril'aria di creoli spagnoli e il portamentosprezzante dei nativi della vecchia Inghilterrail tutto

in contrasto col rude aspetto di alcuni coloni dell'interno che negoziavanoil prezzo del legname di foreste in cui non

aveva mai echeggiato prima il rumore dell'ascia. Di quando in quando passavadi lì qualche signora nella sua gonfia

sottana ricamatai passi ondeggianti sulle scarpe dal tacco altocherispondeva con altezzosa grazia ai compiti omaggi

degli uomini. La vita cittadina sembrava avere il suo centro non lontano daun vecchio palazzo che stava un po' discosto

dalla strada lastricatacircondato da erbacce incoltecon una strana ariasolitaria che sembrava accentuataanziché

attenuatadalla vicinanza con la folla. Il suo posto poteva esseredegnamente occupato da uno splendido edificio della

Borsao da eleganti negozi di mattoni con varie insegnee il palazzo stessopoteva essere trasformato in un'aristocratica

locanda con un regale cartello appeso fuori e ospiti in ogni cameraanzichéessere relegato nella sua attuale solitudine.

Invecea causa di qualche disputa sull'ereditàla dimora era rimasta alungo senza inquilinidecadendo di anno in anno

mentre continuava a gettare la sua ombra severa e cupa sulla parte piùanimata della città. Questa era la scenae questo

il momento in cui comparve in lontananza nella strada una figura dissimile datutte quelle che sono state descritte.

«Vedo comparire una strana velalaggiù»osservò un capitano diLiverpool. «Quella donnacon la lunga veste

bianca!».

Il marinaioal pari di alcuni altri che nello stesso momento scorsero lafigurasembrava molto colpito

dall'oggetto che aveva richiamato la sua attenzionee quasi subito i variargomenti di conversazione lasciarono posto a

diverse congetture bisbigliate sul significato di quella inconsuetaapparizione.

«Può esserci forse un funerale a quest'ora tarda del pomeriggio?»domandò qualcuno.

I presenti guardarono le porte delle case per scorgervi qualche segno dimorte: il necroforoil carro funebrei

parenti vestiti a luttotutto ciò che distingue la triste pompa deifunerali. Alzarono lo sguardo anche verso il campanile

della chiesa indorato dal solee si domandarono perché non rintoccasse lasua campanache fin'allora aveva sempre

suonato quando quella figura compariva alla luce del giorno. Ma nessuno avevasentito dire di defunti che dovevano

essere portati nella loro dimora quel giornoné si vedevano segni difuneralioltre alla comparsa della «vecchia dama

del sudario».

«Che cosa può significare?»domandava ognuno al suo vicino.

Tutti sorridevano nel porre questa domandama con una certa inquietudinenello sguardocome se una

pestilenza o qualche altra calamità fossero preannunciate daquell'inopportuna intrusione tra i viventi della triste donna

che era sempre associata con la morte e il luttoche era per la città ciòche una cometa significa per la terra. Eppure

proseguiva il camminotra brusii di sorpresa che si zittivano al suopassaggiotra umili e potenti che si scostavano per

non essere sfiorati dalla sua veste bianca. Era una lunga veste scioltadiimmacolato candoree chi la indossava

appariva molto vecchiapallidaemaciata e fragileeppure avanzava senzamostrare il passo malfermo della sua tarda

età. A un certo punto del suo camminoun fanciullino roseo corse fuori dauna porta e con le braccia aperte andò

incontro alla donna spettralecome se si aspettasse un bacio dalle suelabbra esangui. La donna si fermò un attimo

fissando lo sguardo su lui con un'espressione di non terrena dolcezzacosìche il bimbo tremò e rimase impietritopiù

che spaventatomentre la vecchia dama passava oltre. Forse la sua vestepoteva essere contaminata anche dal contatto

con un bambino; forse il suo bacio poteva significare la morte entro l'annoper il dolce fanciullo..111

«Non è che un'ombra!»sussurravano i superstiziosi. «Il bambino ha tesole bracciama non è riuscito ad

afferrare la sua veste!».

Lo stupore aumentò quando la vecchia dama passò sotto il porticato delpalazzo disabitatone salì i gradini

coperti di muschiosollevò il picchiotto di ferro e diede tre colpi. Gliastanti potevano immaginare soltanto che qualche

vecchio ricordoche tormentava la sua mente turbataavesse spinto la poveradonna a far visita ad amici della sua

gioventùtutti scomparsi dalle loro case da lungo tempo e per sempreameno che i loro spiriti non la abitassero ancora

come degna compagnia della «vecchia dama del sudario». Un uomo anziano siavvicinò ai gradini escoprendosi

rispettosamente i capelli grigitentò di darle una spiegazione.

«Signora»le disse«nessuno abita questa casa dai quindici annitrascorsi dalla morte del vecchio colonnello

Fenwickei cui funerali ricorderà forse d'aver seguito. I suoi erediessendo in disaccordo tra lorohanno lasciato andare

in rovina il palazzo».

La vecchia dama si guardò lentamente intorno con un lieve gesto di una manoe un dito dell'altra sulle labbra

più che mai simile a un'ombra nella penombra del porticato. Ma poi sollevòdi nuovo il picchiotto e diede questa volta

un unico colpo. Poteva essere che si udis se ora un rumore di passi chescendevano la scala del vecchio palazzoda tutti

ritenuto per tanto tempo disabitato? Lentamentedebole ma pesantecome ilpasso di una persona vecchia e malatail

rumore si avvicinò sempre più distintamente a ogni gradino finchéraggiunse il portone. Il chiavistello ricadde

all'internola porta si aprì. Uno sguardo in altoverso il campanile dellachiesada cui era appena svanita la luce del

solefu l'ultimo che la gente vide della «vecchia dama del sudario».

«Chi ha aperto la porta?»domandarono molti.

A questa domandaper via dell'ombra profonda sotto il porticatonessunoseppe dare risposta soddisfacente.

Due o tre anzianidopo aver protestato contro le supposizioni che potevanoessere avanzateaffermarono che la persona

all'interno della casa era un negroe che mostrava una singolarerassomiglianza con il vecchio Caesargià schiavo in

quella casa ma liberato dalla morte una trentina d'anni prima.

«Il suo richiamo ha destato un servitore della vecchia famiglia»dissequalcuno in tono semiserio.

«Aspettiamo»replicò un altro. «Tra breve altri ospiti busseranno allaporta. Ma dovrebbe essere aperto il

cancello del cimitero!».

Il crepuscolo si era disteso sulla città prima che la folla iniziasse adisperdersi e che si esaurissero i commenti

sull'episodio. Uno dopo l'altro gli spettatori avevano preso la strada dicasa quando una carrozzaun'apparizione non più

frequente a quei tempiimboccò lentamente la strada. Era un'antiquatavetturadi poco sospesa sul terrenocon insegne

dipinte sui portelliun lacchè dietro e un gravecorpulento cocchiereritto davantie il tutto imponeva un'impressione di

solenne dignità. Qualcosa di pauroso accompagnava il sordo cigolio delleruote mentre la carrozza avanzava nella strada

finchégiunta davanti al cancello del palazzo abbandonatosi fermòe illacchè saltò a terra.

«Di chi è questa lussuosa carrozza?»gli domandò un curioso spettatore.

Il lacchè non diede rispostama salì le scale del vecchio palazzodiedetre colpi col picchiotto di ferro e ritornò

ad aprire il portello della carrozza. Un vecchioesperto delle tradizioniaraldiche così comuni a quei tempiosservò il

blasone dipinto sul portello.

«In campo azzurrouna testa di leone cancellata in mezzo a tre iris»dissepoi sussurrò il nome della famiglia

a cui queste insegne appartenevano. L'ultimo erede di tali onori era morto dapoco tempodopo aver vissuto a lungo

nello splendore della corte d'Inghilterradove la nascita e le ricchezze gliavevano conferito non poco rango. «Non ha

lasciato figli»soggiunse l'esperto di araldica«e queste insegneracchiuse in una losangasignificano che la carrozza

appartiene alla sua vedova».

Ulteriori rivelazioni potevano forse essere fattese chi parlava non fossestato improvvisamente zittito dal

severo sguardo di una vecchia signora che si affacciò fuori dalla carrozzaaccingendosi a discenderne. Alla sua

comparsagli spettatori videro che indossava uno splendido abito e aveva unafigura imponentenonostante l'età e gli

acciacchicome un maestoso ruderema uno sguardo che era insieme orgogliosoe infelice. I suoi lineamenti decisi e

severi incutevano soggezionea differenza di quelli della vecchia damabiancama anche un senso di disagio. Mentre

l'anziana signora saliva i gradinichina sul suo bastone col pomello doratola porta si aprì alla luce di una torcia che

illuminava i ricami del suo abito e scintillava sui pilastri del porticato.Dopo un attimo di sosta e uno sguardo dietro di

sécon uno sforzo disperato entrò nel palazzo. L'uomo che aveva decifratoil blasone si era spinto fino al gradino più

bassoma si ritrasse subitopallido e tremantee riferì che la torcia erasollevata dall'immagine stessa del vecchio

Caesar.

«Ma un ghigno così orribile»soggiunse«non si è mai visto sul voltodi un essere mortalebianco o nero che

siae mi perseguiterà finché campo».

Nel frattempola carrozza si era voltata con un insolito cigolio sulselciatoe risalì rumorosamente la strada

scomparendo nel crepuscolo mentre l'orecchio continuava a seguirne il rumore.Era appena scomparsa e già la gente

iniziava a domandarsi se la carrozza e il suo equipaggiol'anziana signoralo spettro del vecchio Caesar e anche la

vecchia dama non fossero tutti una strana illusione collettiva chesottintendeva qualche oscuro significato misterioso.

Tutta la città era ora in fermentocosì che la follaanzichédisperdersicontinuava ad aumentare per guardare le finestre

del palazzoinargentate dalla luna che le illuminava. Gli anzianilieti diabbandonarsi ai ricordicom'è tipico della loro

etàraccontavano degli ormai sbiaditi splendori della famigliadeiricevimenti che erano stati datie degli invitatii più

importanti dei dintornima anche nobili e titolati giunti dall'esterocheerano passati sotto quel portale. Questi vividi

ricordi sembravano evocare i fantasmi delle persone di cui parlavanoed eracosì forte l'impressione su alcuni degli.112

ascoltatori più dotati di immaginazione che due o tre di loro furono colticontemporaneamente da accessi di tremore

mentre affermavano di aver udito distintamente altri tre colpi del picchiottodi ferro.

«È impossibile!»esclamarono altri. «Guardate! La luna splende dietro alporticatoe ne illumina ogni parte

tranne la stretta ombra di quel pilastro. E lì non c'è nessuno!».

«Non si è aperta la porta?»sussurrò una di quelle personeimpressionabili.

«Anche tu hai visto?»domandò sconcertato un suo vicino.

Tuttavial'opinione generale era contraria all'idea che un terzo visitatoresi fosse presentato alla porta del

palazzo disabitato. Alcuni erano invece convinti di questo nuovo miracolo edichiaravano persino di aver visto un

bagliore rossocome quello di una torciadietro alla grande vetrata difrontecome se lo schiavo negro stesse

illuminando la scala a un invitato. Anche questa fu giudicata una fantasiama d'improvviso la moltitudine degli

spettatori trasalì e ciascuno poté vedere il proprio terrore dipinto sulvolto degli altri.

«Che cosa spaventosa!»gridarono.

Un gridotroppo paurosamente nitido per dubitarneera stato uditoimprovvisamente dentro il palazzoseguito

da un profondo silenziocome se un cuore si fosse spezzato nel lanciarlo. Lagente non sapeva se scappar via dalla vista

stessa del palazzoo se correre dentrotremanteper svelare il mistero. Inquesto sconcerto e sgomento generalela folla

fu un po' rinfrancata dall'apparizione del suo pastoreun venerandopatriarca e un sant'uomo che aveva insegnato ai

presenti e ai loro genitori la via del paradiso per un periodo di temposuperiore a una comune vita terrena. Era un

personaggio venerabilecon lunghi capelli bianchi che gli scendevano sullespalleuna barba bianca che arrivava al

pettoed era così chino sul suo bastone che sembrava guardare continuamentein terracome per scegliere una tomba

adatta alla sua stanca figura. Solo dopo qualche tempoi presenti riuscironoa far capire l'accadutoper quanto era

comprensibileal buon vecchioche era sordo e di vacillante intellettomaquando egli comprese riacquistò

un'inaspettata energia.

«In verità»disse allora il vecchio ecclesiastico«sarà opportuno cheentri nel palazzo del degno colonnello

Fenwickeprima che qualcosa di male accada a quella vera cristiana che voichiamate "vecchia dama del sudario"».

Ecco dunque che il venerabile pastore sale i gradini del palazzoaccompagnato da un uomo anziano che porta

una torcialo stesso che aveva rivolto la parola alla vecchia damacheaveva poi dato spiegazioni sul blasone della

carrozza e aveva riconosciuto le fattezze dello schiavo negro. Al pari deiloro predecessoribatterono anch'essi tre colpi

col picchiotto di ferro.

«Il vecchio Caesar non arriva»disse il pastore. «So bene che non prestapiù servizio in questa casa».

«Di certoalloraera qualcosa di ben peggionelle sembianze del vecchioCaesar»osservò il suo

accompagnatore.

«Sia fatta la volontà di Dio»rispose l'ecclesiastico. «Guarda! Le mieforzepur molto indebolitesono

sufficienti per aprire questo pesante portone. Su entriamoe saliamo lescale».

Accadde poi qualcosa di strano che testimoniava le condizioni precarie dellamente di un uomo così anziano.

Mentre saliva l'ampia scalinatail vecchio pastore sembrava muoversi concautelafacendosi di quando in quando da

partee più spesso chinando il capo come per salutarecompiendo tutti igesti di chi si fa strada in mezzo alla folla.

Giunto in cima alla scalasi guardò intorno con espressione triste ebenevolamise da parte il bastone e scoprì i suoi

capelli canutimostrandosi evidentemente in procinto di iniziareun'orazione.

«Reverendo»disse allora il suo accompagnatoreconsiderando tutto ciò unopportuno preludio alle successive

ricerche«non sarebbe bene che la gente si unisse a noi nella preghiera?».

«Ahimè!»esclamò il vecchio pastoreguardandosi intorno con ariasmarrita. «Sei qui solo con mee non c'è

nessun altro? In veritài tempi trascorsi sono ricomparsi davanti a me e hopensato che dovevo recitare un'orazione

funebrecome tante altre voltedall'alto di questa scalinata. E invero hovisto le ombre di molti che sono ormai

scomparsi. Sìho pregato ai loro funeraliuno dopo l'altroe la"vecchia dama del sudario" li ha accompagnati alle loro

tombe».

Divenuto ora più cosciente del loro attuale compitoil pastore prese ilbastone e lo batté con forza sul

pavimentofinché da ogni stanza deserta giunse un'ecoma nessun servoinrisposta al suo richiamo. Proseguirono poi

per il corridoio e si fermarono di nuovo davanti alla grande finestra dallaquale si vedeva la follariunita nell'ombra e

nella luce parziale della luna nella strada sottostante. Alla loro destraera aperta la porta di una stanzae un'altrachiusa

era alla loro sinistrae verso il pannello di quercia scolpita diquest'ultima il pastore puntò il suo bastone.

«Dentro questa camera»ricordò«un'intera vita fami sono seduto alletto di morte di un bravo giovane

giunto ormai all'ultimo respiro...».

Le idee che balenavano ora nella sua mente sembravano dargli una forteemozionee allorapresa la torcia

dalla mano del suo compagnospalancò la porta con così improvvisa violenzache la fiamma si spenselasciando

nessun'altra luce oltre ai raggi della lunache spiovevano nella spaziosacamera attraverso due finestre. Ma erano

sufficienti per scoprire tutto ciò che si poteva sapere. Su una poltrona diquercia dall'alto dorsosedeva erettacon le

mani intrecciate sul petto e il capo rovesciato indietrola «vecchia damadel sudario». L'austera signora della carrozza

era caduta in ginocchio con la fronte posata sulle sante ginocchia dellavecchia damauna mano posata sul pavimento

mentre l'altrapremuta convulsamente sul cuorestringeva una ciocca dicapelliun tempo neri e ora scoloriti in una

muffa verdastra. Mentre il pastore e il suo accompagnatore avanzavano nellacamerail volto della vecchia dama prese

una tale parvenza di mutevole espressione che essi si attesero di udiresvelato il mistero con una sola parola. Ma era

soltanto l'ombra di un lacero tendaggio che oscillava tra il volto delladefunta e la luce della luna..113

«Sono ambedue morte!»esclamò il venerabile pastore. «Chi sveleràallora il segreto? Credo che continuerà a

balenare nella mia mentecome la luce e l'ombra sul volto della vecchiadama. E ora se n'è andata!».

IL TESORO DI PETER GOLDTHWAITE

«E alloraPeternon vuoi nemmeno pensarcia quell'affare?»domandò ilsignor John Brownabbottonandosi

il soprabito attillato sulla rotondità della sua personamentre si infilavai guanti. «Dunque ti rifiuti di cedermi questa

catapecchia e il terreno sottostante e adiacente al prezzo proposto?».

«Né a quel prezzoné al triplo della somma»rispose l'ingrigito emacilento Peter Goldthwaite. «Il fatto ècaro

Brownche devi cercarti un altro posto per costruire il tuo palazzo dimattonie rassegnarti a lasciare la mia casa al suo

attuale proprietario. La prossima estate ho intenzione di costruire unasplendida nuova dimora sulle fondamenta della

vecchia casa».

«AndiamoPeter!»esclamò il signor Brownmentre apriva la porta dellacucina. «Accontentati di costruire

castelli in ariadove il terreno costa meno che sulla terraper non diredel prezzo dei mattoni e della calce. Quelle

fondamenta sono abbastanza solide per le tue costruzionimentre quelle quisotto sono adatte alle miee così potremmo

essere contenti tutti e due. Che cosa ne diciallora?».

«Esattamente ciò che ho detto primacaro Brown»rispose PeterGoldthwaite. «E in quanto ai miei castelli in

ariapuò darsi che non siano sontuosi come quell'altra architetturamasono forse altrettanto solidi quanto i

rispettabilissimi edifici di mattoni con botteghe di commestibilisartorie ebanche al piano inferioree studi di avvocati

a quello superiorecon i quali sei così ansioso di sostituirli».

«E i soldiPeter?»replicò il signor Brownritraendosi quasi come unbambino capriccioso. «Quelliimmagino

che te li procurerai sui due piediandando a incassare un assegno alla bancadei sogni!».

John Brown e Peter Goldthwaite erano tutti e due noti nel mondo commercialeventi o trent'anni primacome

titolari della ditta Goldthwaite e Brownuna società che però era statarapidamente sciolta a causa della naturale

incompatibilità delle parti che la costituivano. Dopo d'alloraJohn Browndotato delle stesse qualità di migliaia di altri

John Browne usando i loro stessi metodi oculatiaveva fatto una splendidafortunadiventando uno dei più ricchi John

Brown della terra. Peter Goldthwaiteal contrariodopo innumerevoliprogetti che avrebbero dovuto portare nelle sue

casse tutto il denaro in carta e moneta del paeseera ora indigentequant'altri che portavano abiti con le pezze. La

differenza tra lui e il suo socio di un tempo può essere così riassuntabrevemente: Brown non aveva mai fatto

affidamento sulla fortunache però l'aveva sempre assistitomentre Peterla considerava principale condizione dei suoi

progettie sempre gli era mancata. Fin quando i mezzi gliel'avevanoconsentitoaveva fatto grandiose speculazioniche

perònegli ultimi annisi erano limitate perlopiù a piccole operazionicome avventure alla lotteria. Una volta si era

unito a una spedizione di cercatori d'oro in qualche posto del suded erariuscito ingenuamente a svuotarsi ancor più le

taschementre altri riempivano sicuramente le loro con lingotti d'orotrovati più vicino. In tempi più recentiaveva

investito un'eredità di mille o duemila dollari nell'acquisto di uncertificato di proprietà in Messicocol quale era

divenuto padrone di una provincia checome poté poi scopriresi trovavadove avrebbe potuto acquistare un impero per

la stessa sommaovvero nel regno delle nuvole. Dalla ricerca di questa suapreziosa proprietà terrieraPeter fece ritorno

così striminzito e macilento cheal suo arrivo nel New Englandperfino glispaventapasseri nei campi di grano gli

facevano cenni di saluto al suo passaggio. «Forse stavano soltantoagitandosi al vento»pensava Peter Goldthwaite. No

Peterstavano salutandotiperché gli spaventapasseri riconoscono i lorosimili!

All'epoca della nostra storiatutto il suo reddito visibile non sarebbestato sufficiente a pagare le tasse della

vecchia dimora in cui l'abbiamo trovato. Era una di quelle case di legnocoperte di ruggine e muschioe irte di

pinnacoliche sono sparse per le strade delle nostre più vecchie cittàcon un austero secondo piano che si elevava dalle

fondamenta come se guardasse accigliato le novità che lo circondavano. Daquesto palazzo avitoche pure gli avrebbe

procurato una bella somma di denarosituato com'era nel mezzo della stradaprincipale della cittadinal'intraprendente

Peterpur bisognoso com'eraaveva i suoi motivi per non separarsi maifosse all'asta o in una vendita privata.

Sembrava anzi che la volontà del fato lo legasse al suo luogo di nascitaperchéanche se si era trovato spesso sull'orlo

della bancarottadove si trovava tuttoranon aveva ancora compiuto il passoal di là che l'avrebbe costretto a cedere la

casa ai suoi creditori. E così abitava lì con la malasortein attesa chearrivasse quella buona.

E nella cucina di quella casal'unico locale in cui una fiammella alleviavaancora il gelo di quella sera di

novembreil povero Peter Goldthwaite aveva appena ricevuto la visita del suoricco socio d'un tempo. Al termine del

colloquioPeter abbassò uno sguardo mortificato sui suoi abitialcuni deiquali sembravano risalire ai tempi della sua

società con Brown. Il suo indumento superiore era una specie di soprabitopenosamente sbiadito e rabberciato con

stoffa più recente sui gomitial di sotto indossava una logora giacchettaneracon alcuni bottoni sostituiti da altri di

foggia diversae anche se non mancava di un paio di pantaloni grigiquestierano ormai lisi e in parte divenuti marrone

a causa della frequente esposizione dei suoi stinchi al misero fuoco. Lastessa persona di Peter era intonata al suo

sontuoso abbigliamento: la testa grigiagli occhi scavatile guance smunteil corpo scarno erano il perfetto ritratto di

un uomo che si era nutrito di fumosi progetti e di vacue speranzefinchénon aveva più potuto vivere di intrugli così

malsani né digerire cibi più sostanziosi. Ma questo Peter Goldthwaitepursprovveduto e squinternato com'eraavrebbe

forse potuto fare una brillante figura nel mondo se avesse dedicato la suafantasia all'eterea professione della poesia.114

anziché dannarsi l'anima per conseguire successi mercantili. Dopotuttononera una cattiva personaera anzi innocuo

come un bambinoonestorispettabile e signorilequal era destinato per suanaturaper quanto potevano consentirlo a

chiunque una vita disordinata e sfortunate circostanze.

Mentre Peter Goldthwaite era lì sul pavimento sconnesso davanti al caminoguardando la squallida cucina

intorno a séil suo sguardo si accese di una luce di entusiasmo che mai alungo lo abbandonava. Sollevò una mano

chiusa a pugno e la batté energicamente contro la parete affumicata sopra alcamino.

«Il momento è venuto!»esclamò. «Con un tale tesoro a disposizioneèuna follia continuare a essere povero.

Domani mattinainizierò dalla soffittae non cesserò finché non avròabbattuto tutta la casa!».

In un angolo del caminosimile a una strega in un antro oscuroera sedutauna vecchietta che aggiustava una

delle due paia di calze che riparavano dal congelamento le dita dei piedi diPeter Goldthwaitema non essendo più

possibile rammendarleaveva dovuto tagliare qualche pezzo di una vecchiasottana di flanella per farne altre suole.

Tabitha Porter era una vecchia domesticae aveva più di sessant'annicinquantacinque dei quali li aveva trascorsi seduta

in quello stesso angolo del caminoda quando il nonno di Peter Goldthwaitel'aveva portata via dall'asilo dei poveri.

Non aveva altri amici che Petere Peter non ne aveva altri che Tabithaefinché questi avesse avuto un riparo per la

testaanche Tabitha sapeva dove riparare la sua. Se fosse rimasta senzatetto avrebbe preso il suo padrone per mano per

condurlo nella sua casa d'originel'asilo dei poveri. Se fosse statonecessariogli era così affezionata da sfamarlo col suo

ultimo bocconee l'avrebbe vestito con la sua sottoveste. Ma Tabitha era unabizzarra vecchiettae pur non essendo

stata contagiata dalle stravaganze di Petersi era così abituata alle suefollie che le considerava ormai una cosa normale.

Nell'udire che minacciava di abbattere tutta la casaalzò tranquillamentegli occhi dal suo lavoro.

«Meglio lasciare la cucina per ultimasignor Peter»gli suggerì.

«Prima sarà abbattuta tutta la casameglio sarà»replicò PeterGoldthwaite. «Sono stufo marcio di vivere in

questa vecchia bicocca freddabuiaventosaaffumicatascricchiolante elugubre. Mi sentirò più giovane quando

entreremo nella mia splendida dimora di mattonie vi entreremose piaceràal Cieloil prossimo autunno. E tu avrai una

camera al solemia vecchia Tabbytutta finita e arredata come meglio siaddice ai tuoi gusti».

«Mi piacerebbe una stanza uguale a questa cucina»rispose Tabitha. «Nonsarà mai casa miase quest'angolo

del camino non sarà annerito dal fumo com'è orae ciò non avverrà primadi cent'anni. Quanto ha intenzione di

spendere per la casasignor Peter?».

«Che cosa vuol dire?»replicò Peter altezzosamente. «Forse il mio prozioPeter Goldthwaitemorto settant'anni

fadi cui mi onoro di portare il nomenon ha lasciato un tesoro sufficienteper costruire una ventina di case come

questa?».

«Non posso dire che non sia cosìsignor Peter»rispose Tabithainfilando l'ago.

Tabitha sapeva bene che Peter alludeva a un immenso gruzzolo di metallipreziosi chea quanto si dicevaera

nascosto in qualche postoin cantinadentro le pareti o sotto i pavimentioppure in qualche cassetto nascosto o in una

nicchia non vista nella vecchia casa. Questo tesorosecondo la tradizioneera stato accumulato da un precedente Peter

Goldthwaiteil cui carattere sembrava avere notevoli analogie con quello delPeter di cui parliamo. Anche lui faceva

folli progettisempre sperando di accumulare oro a palate e carrettateanziché metterlo pazientemente da partepezzo

dopo pezzo. Al pari del secondo Peteranche i suoi progetti erano quasisempre fallitie se non fosse stato per lo

splendido successo dell'ultimo tentativol'avrebbero lasciato soltanto conuna giacca e un paio di braghe per coprire la

sua emaciata e ingrigita persona. Varie ipotesi erano state fatte sulleorigini di questa sua fortuna: alcuni insinuavano

che il primo Peter avesse accumulato il suo oro con l'alchimiaaltri chel'avesse cavato dalle tasche altrui con l'uso della

magia nerae secondo una terza ipotesiancora più inverosimileil demonioin persona gli avrebbe dato accesso alle

casse del vecchio tesoro della provincia. Si diceva anche che qualchemisterioso ostacolo gli avesse però impedito il

godimento delle sue ricchezze e che avesse qualche motivo per nasconderle alsuo eredee comunque era morto senza

rivelare il suo nascondiglio. Il padre del nostro Peter dava abbastanzacredito a queste storie per far scavare tutta la

cantina di casae lo stesso Peter voleva considerarle una veritàincontrovertibilecosì chein mezzo a tutti i suoi guai

aveva almeno quest'unica consolazioneche se fosse fallito ogni altroespedientepoteva sempre costruire le sue fortune

mettendo sottosopra la sua casa. Tuttaviase non fosse stato per qualche suorecondito dubbio su questa storia del

tesorosarebbe difficile spiegare perché aveva consentito al tetto paternodi rimanere così a lungo in piedianche se non

vedeva il momento che il tesoro del suo antenato trovasse abbondante spazionella propria cassaforte. Ma ora il

momento era critico. Se avesse ritardato ancora un po' la ricercala casasarebbe stata sottratta alla linea ereditariae con

essa quel mucchio d'oroche sarebbe rimasto sepolto finché quelle vecchiemura non fossero crollaterivelandolo a

sconosciuti di future generazioni.

«Sì!»esclamò di nuovo Peter Goldthwaite. «Domani mi accingerò allaricerca».

Più pensava a tutta la faccendapiù Peter si sentiva sicuro del successo.Tale era il suo naturale ottimismo che

ancora oragiunto ormai al malinconico autunno degli annipoteva spessocompetere con la primaverile gaiezza di

persone più giovani. Elettrizzato da queste luminose prospettivePeter sidiede a fare capriole per la cucina come un

follettogesticolando e dimenando buffamente i suoi arti macilenti edenutriti. Poiin preda a quella incontenibile

euforiaprese ambedue le mani di Tabitha e la fece danzare sul pavimentodella cucinafinché i comici movimenti

reumatici della vecchia non lo fecero esplodere in uno scroscio di risate cheecheggiarono in tutte le camere della casa

come se Peter Goldthwaite stesse ridendo in ognuna di esse. Infine fece unbalzo in ariascomparendo quasi alla vista

nella nuvola di fumo sul soffitto della cucinaeritornato a terrasisforzò di riprendere la sua consueta compostezza..115

«Domani mattina all'alba»ripetéprendendo la lampada per ritirarsi aletto«vedrò se questo tesoro è nascosto

in un muro della soffitta».

«E già che siamo a corto di legnasignor Peter»disse Tabithaancoraansimante per quell'esercizio ginnico

«non appena avrà abbattuto la casaaccenderò un bel fuoco con i suoipezzi».

Grandiosi furonoquella nottei sogni di Peter Goldthwaite. Si vedevagirare una pesante chiave in una porta di

ferronon dissimile da quella di un sepolcroma cheaprendosirivelavauna cripta colma di monete d'oroabbondanti

come spighe dorate in un granaio. E c'erano anche calici cesellatizuppierevassoipiatti e coperchitutti d'oro o

d'argento doratoaccanto a catene e altri gioiellitutti d'incalcolabilevaloreanche se macchiati dall'umidità della

nicchiaperchédi tutte le ricchezze irrimediabilmente perdute dagliuominifossero sepolte sotto terra o immerse nei

mariera in questo nascondiglio che Peter Goldthwaite avrebbe trovato il suotesoro. In un altro sogno ritornava nella

sua vecchia casapovero in canna come sempreed era accolto sulla portadalla figura emaciata e grigia di un uomo che

avrebbe potuto scambiare per se stessonon fosse stato per gli abiti cheerano di foggia più antica. Ma senza perdere il

suo precedente aspettola casa era stata trasformata in un palazzo dimetalli preziosi. I pavimentile pareti e i soffitti

erano d'argento brunito; le portegli infissi delle finestrele cornicilebalaustre e i gradini della scala erano d'oro;

d'argentocol fondo d'oroerano le sediee d'oroposati su gambed'argentoerano i cassettonie d'argento i letticon

coperte d'oro intessuto e lenzuola di lamine d'argento. La casa era stataevidentemente trasformata come con un tocco di

magiaperché conservava tutte le cose che Peter ricordavama erano in oroe in argentoanziché in legnoe le iniziali

del suo nomeche aveva inciso quand'era bambino sullo stipite della portaerano ancora altrettanto profonde nell'oro

massiccio. Peter Goldthwaite sarebbe stato un uomo felicese non fosse statoper qualche inganno della vista per cui

quando si voltava a guardarela casa perdeva il suo scintillante splendoreper ritornare al cupo squallore del giorno

prima.

Peter si alzò di buon'oraprese asciamartello e segache aveva giàposto accanto al lettoe si affrettò a salire

in soffitta. Era già fiocamente illuminata da un gelido frammento di raggiodi soleche iniziava allora a far capolino

attraverso il lucernario quasi opaco. In una soffittaun moralista potrebbetrovare abbondanti spunti per le sue assorte e

irrealizzabili meditazioni. È questo il limbo di mode sorpassatedi vecchiebagattelle d'un tempoe di tutto ciò che è

stato prezioso per una sola generazionee che è stato consegnato allasoffitta quando quella generazione è stata

consegnata alla tombanon per essere custodito al sicuroma per esseretolto di mezzo. Peter vedeva intorno a sé

mucchi di registri ingialliti e ammuffiticoperti di pergamenasui qualicreditorida tempo morti e sepoltiavevano

scritto i nomi di debitori anch'essi morti e sepolticon inchiostro ormaicosì sbiadito che erano più leggibili le loro

pietre tombali coperte di muschio. Trovò vecchi indumenti divorati dalletarmetutti ridotti in cenci e brandelliperché

altrimenti avrebbe potuto usarli. Scoprì una spada snudata e arrugginitanon una spada da soldatoma un piccolo stocco

che non era mai stato estratto dal fodero finché non l'aveva perduto.Rinvenì bastoni da passeggio di venti diversi tipi

ma nessuno col pomello d'oroe fibbie per scarpe di varie fogge e materialima non d'argento né incastonate con pietre

preziose. Riesumò una grossa scatola piena di scarpe a punta con i tacchialtie su un ripiano una moltitudine di fiale

riempite a metà con vecchie medicineche erano state portate lì dallacamera mortuariaquando l'altra metà aveva

terminato la sua opera. E làper non fare un più lungo inventario dioggetti che non saranno mai messi all'astavide un

frammento di specchio ad altezza naturale chesulla sua superficieimpolverata e opacafaceva apparire ancora più

vecchi che nella realtà tutti questi vecchi reperti. Quando Peternonsapendo che quello era uno specchiovide le pallide

tracce della sua immaginepensò quasi che il precedente Peter Goldthwaitefosse ritornato per assisterlo o ostacolarlo

nella sua ricerca del tesoro nascosto. E in quel momento una strana idea glibalenò nella mentequella di essere lo stesso

Peter che aveva nascosto il tesoro e di dover sapere perciò dove si trovava.Maper qualche inspiegabile motivose l'era

dimenticato.

«Allorasignor Peter!»gridò Tabitha dalle scale della soffitta. «Habuttato giù qualche pezzo di legno per

riscaldare almeno l'acqua del tè?».

«Non ancoravecchia Tabby»rispose Peter«ma sarà fatto prestovedrai».

Appena pronunciate queste parolesollevò l'ascia e l'abbatté cosìvigorosamente che si alzò una nuvola di

polverele assi si frantumarono eun attimo dopola vecchia si trovòcoperta di detriti e pezzi di legno.

«Avremo legna per tutto l'inverno»osservò Tabitha.

Una volta iniziata l'operaPeter continuò ad abbattere tutto ciò che avevadavantisferrando colpi e spaccando

assi e travistrappando chiodi e tavolefacendo un terribile frastuonodall'alba al tramonto. Avendo curaperòdi

lasciare intatto l'involucro esterno della casain modo che i vicini nonsospettassero ciò che stava accadendo.

In tutte le sue stravaganzeche pure l'avevano reso felice finché duravanomai Peter si era sentito felice come

ora. Forsenell'animo di Peter Goldthwaite c'era qualcosadopo tuttochegli dava una ricompensa interiore per tutti i

danni esterni che provocava. Anche se era poverolaceroaffamato ebisognoso com'eraanche se era sempre sul

baratro di un'incombente rovinaera però soltanto il suo corpo che vivevain quelle miserabili condizionimentre il suo

spirito ottimista si crogiolava al sole di un radioso futuro. Era nella suanatura essere sempre giovanee la sua

disposizione di spirito lo manteneva sempre tale. I capelli grigi non avevanoimportanzané le rughe e gli acciacchi

poteva sembrare vecchio ed essere spiacevolmente associato con la suamacilenta figuraormai così consunta dal

tempoma il verol'autentico Peter Goldthwaite era un giovanotto di bellesperanze che faceva allora il suo ingresso nel

mondo. Non appena era acceso un altro fuocola sua giovinezza bruciatarisorgeva dai tizzoni e dalle ceneri spentee

anche ora divampava di esultanza. Dopo aver vissuto fin'alloranon troppo alungoma fino alla giusta etàcome un

timido scapoloanimato da tiepidi e teneri sogniPeter prese dunque ladecisione chenon appena l'oro nascosto avesse.116

brillato alla lucesi sarebbe dato a corteggiare la più bella fanciulladella cittàper conquistarne l'amore. Quale cuore

avrebbe potuto resistergli? Beato tePeter Goldthwaite!

Ora che da tanto tempo Peter non frequentava più i suoi precedenti luoghi diritrovogli uffici delle

assicurazionile redazioni dei giornali e le librerieora che l'onore dellasua presenza era raramente richiesto nei circoli

privatitrascorreva tutte le sue sere in compagnia di Tabithasedutiamichevolmente davanti al camino della cucina

sempre ben rifornito dei residui della sua giornata di lavoro. Alla base delfuoco era posto un massiccio ceppo di quercia

rossa cheessendo stato riparato dalla pioggia e dall'umidità per oltre unsecolosibilava ancora al calore e trasudava

rivoli d'acqua alle sue estremitàcome se l'albero fosse stato abbattutoqualche settimana prima. Accanto a questo erano

posti altri grossi ciocchi di legnosolidineri e pesantiche nonconoscevano il decadimento ed erano distruttibili

soltanto dal fuocoe ardevano come sbarre di ferro incandescenti. Su questasolida base Tabitha innalzava una catasta

più leggeracomposta da pannelli di porteda cornici ornamentali e datutti quei combustibili che prendevano subito

fuoco come paglia e gettavano la loro vivida fiamma su per la spaziosa cannafumariafacendo apparire le sue pareti

fuligginose fino in cima. Il buio della vecchia cucina era intanto dispersodagli angoli coperti di ragnatele e dalle scure

travi sulle loro testeper essere spinto chissà dovementre Petersorrideva come un uomo felice e Tabitha sembrava il

ritratto della serena vecchiaia. Tutto ciò non poteva che essere il presagiodella radiosa fortuna che la distruzione della

casa avrebbe portato ai suoi abitanti.

Mentre la legna secca ardeva crepitandosimile a un irregolare raffica dimoschettiPeter stava lì seduto in

contemplazione e in ascoltopiacevolmente incantatoma quando la brevefiammata e il suo ruggito lasciavano posto al

cupo riverbero rossoal diffuso tepore e al canto sommesso che siprotraevano per tutta la seratail suo umore si faceva

più loquace. E anche quella seraper l'ennesima voltasollecitò Tabitha araccontargli qualcos'altro a proposito del suo

prozio.

«Tu che sei stata seduta in quell'angolo del camino per cinquantacinqueannivecchia Tabbydevi aver udito

molte storie sul suo conto»le disse Peter. «Non sei stata tu a dirmi chequando sei entrata in questa casa una vecchia

era seduta proprio dove siedi tu oraed era la governante del famoso PeterGoldthwaite?».

«Proprio cosìsignor Peter»rispose Tabitha«ed era quasi centenaria.Raccontava che lei e il vecchio Peter

Goldthwaite trascorrevano spesso queste serate insiemeal fuoco dellacucinapiù o meno come facciamo noi ora

signor Peter».

«Quel vecchio doveva assomigliarmi per diversi aspetti»assentì Peter«altrimenti non sarebbe diventato così

ricco. Masecondo meavrebbe potuto investirli meglioi suoi soldisenzainteressi e in solidi titolie far abbattere

anche la casa! Perché li teneva così nascostiTabby?».

«Perché non poteva spenderli»rispose Tabitha. «Perché ogni volta chestava per aprire la sua cassaforteil

diavolo gli arrivava alle spalle e gli afferrava il braccio. Quei soldidicevanoli aveva dati a Peter di tasca suae voleva

che Peter gli desse l'atto di proprietà di questa casa e della terramaPeter giurava che non gliel'avrebbe mai dato».

«E anch'io ho giurato a John Brownil mio vecchio socio»osservò Peter.«Ma tutte queste sono sciocchezze

Tabbynon credo a queste storie!».

«Be'può darsi che non sia tutta la verità»rispose Tabitha«perchéaltri dicono che Peter cedette

effettivamente al demonio la proprietà della casaed è per questo che èsempre stata sfortunata per coloro che vi hanno

abitato. E non appena Peter gli ha ceduto la proprietàil coperchio dellacassa si è spalancato e Peter ha subito afferrato

una manciata d'oroma quando ha guardato non aveva nel pugno altro che unmucchietto di stracci».

«Bada a come parlivecchia stupida Tabby!»esclamò Petermontando sututte le furie. «Erano belle ghinee

d'orocome tutte quelle che portano l'effigie del re d'Inghilterra! Misembra quasi di poter ricordare tutte le circostanze

quando ioo il vecchio Peter o chiunque fosseaffondai dentro la mia manoe la ritrassi piena di oro luccicante. Sì

davvero vecchi stracci!».

Ma non erano certo le leggende di una vecchia che potevano scoraggiare PeterGoldthwaite. Tutta la notte

dormiva tra sogni dorati e all'alba si svegliava con una gioiosa esultanzanel cuorecome pochi hanno la fortuna di

provare quand'è trascorsa l'infanzia. Giorno dopo giorno lavorava sodosenza mai interrompersi un momentose non

all'ora dei pastiquando Tabitha lo chiamava a mangiare maiale e cavolioqualche altro cibo che aveva trovato o la

Provvidenza aveva mandato. Peteruomo sinceramente devotonon mancava maidi chiedere la benedizione del Cielo

e se il cibo non era dei migliori pregava ancor più fervidamentequantopiù era necessarioné trascurava di ringraziarlo

se il pasto era scarsoalmeno per il buon appetitoche era sempre megliodel mal di stomaco a un banchetto. Poi si

affrettava a ritornare al suo lavoroe un attimo dopo scompariva alla vistain una nube di polvere e calcinacci caduti

dalle vecchie murama pur sempre percepibile all'orecchio per il frastuonoche sollevava nel mezzo. Com'è invidiabile

la coscienza di essere utilmente occupato! Niente assillava Peterse nonquei fantasmi della mente che possono

sembrare vaghi ricordima assomigliano anche a presentimenti. Talvolta sifermaval'ascia sollevata in ariae si

domandava: «Peter Goldthwaitenon l'hai già sferrato questo colpo?»oppure: «Peterche bisogno c'è di abbattere tutta

la casa? Pensaci un po'e ricorderai dov'è nascosto il tesoro». Ma igiorni e le settimane trascorrevano senza alcuna

importante scoperta. A voltequalche topo smilzo e grigio faceva capolino eguardava quell'uomo smilzo e grigio

domandandosi che diavolo era accaduto in quella vecchia casafin'allorasempre così tranquilla. E altre volte Peter

provava pietà per il dolore di una topolina che aveva appena dato al mondocinque o sei piccolimorbidi e delicatisolo

per vederli schiacciati da quelle rovine. Ma fin'allora non si vedeva nessuntesoro.

A questo puntoPeter Goldthwaitedeterminato come il destino e puntualecome il tempoaveva ormai

terminato la sua opera nei locali più altied era sceso al secondo pianodov'era occupato ora in una delle camere.117

antistanti. Questa era un tempo la camera da letto di rappresentanzae latradizione voleva che avessero qui dormito il

governatore Dudley e molti altri illustri ospiti. I mobili erano ormaiscomparsie rimanevano solo brandelli di sbiadita

carta da paratitranne che in più ampi spazi di parete nudache eradecorata con schizzi a carboncinosoprattutto profili

di teste. Erano testimonianzequestedel genio giovanile di Petere lorattristava distruggerliancor più che se fossero

stati affreschi di Michelangelo sulla parete di una chiesa. Ma uno di questischizziil più bellorichiamò diversamente

dagli altri la sua attenzione. Rappresentava un uomo lacero che si appoggiavaa una vangail corpo scarno chino su una

fossa e una mano protesa ad afferrare qualcosa che aveva trovato. Ma propriodietro a luicon un maligno sogghigno sul

voltocompariva una figura con le cornala coda arricciata e gli zoccolibiforcuti.

«Vade retroSatana!»gridò Peter. «Quest'uomo avrà il suo oro!».

Sollevata l'asciasferrò un tale colpo sulla sua testa cornuta che nonsoltanto demolì la figurama anche quella

del cercatore d'orofacendo scomparire come per magia tutta la scena.L'ascia sfondò anche il pannello intonacato

rivelando una cavità.

«Dio abbia pietà di noisignor Petersta forse litigando conSatanasso?»domandò Tabithasalita a cercare un

po' di combustibile per la pentola della cena.

Senza darle rispostaPeter abbatté un altro pezzo di paretescoprendo afianco del camino un armadietto alto

fino al petto da terra. Conteneva soltanto una lampada d'ottoneincrostatadi verderamee un polveroso pezzo di

pergamena. Mentre Peter lo esaminavaTabitha prese la lampada e iniziò aspolverarla col suo grembiule.

«Non serve a niente strofinarlaTabitha»le disse Peter. «Non è lalampada di Aladinoanche se mi sembra un

auspicio di altrettanta fortuna. Guarda quiTabby!».

Tabitha prese la pergamena e l'avvicinò al nasosul quale era inforcato unpaio di occhiali cerchiati di ferro.

Manon appena ebbe iniziato a esaminarlascoppiò in una gorgoglianterisatapoggiando ambedue le mani sui fianchi.

«Non è bello prendersi gioco di una povera vecchia!»esclamò. «Questaè la sua calligrafiasignor Peterla

stessa della lettera che mi ha inviato dal Messico!».

«Si vede certamente una notevole rassomiglianza»osservò Peteresaminando di nuovo la pergamena. «Ma

come sai anche tuTabbyquell'armadietto è stato murato lì prima che tuentrassi in questa casaprima ancora che io

venissi al mondo. Noquesta è la calligrafia del vecchio Peter Goldthwaitee queste colonne di scellini e sterline sono le

cifre che indicano l'ammontare del tesoroe questo quiin fondoèsicuramente un riferimento al luogo in cui è

nascosto. Ma l'inchiostro è sbiadito o si è scrostatoe così èassolutamente illeggibileche peccato!».

«Be'questa lampada è come nuovaalmeno»osservò Tabitha.

«Una lampada» pensò Peter. «Ciò significa una luce sulle mie ricerche».

Per il momentoPeter sembrava più incline a meditare su questa scoperta chea riprendere il lavoro. Quando

Tabitha ridiscese le scalePeter rimase a decifrare la pergamena davanti auna finestracosì appannata dalla polvere che

il sole riusciva a stento a gettare sul pavimento una vaga ombra del suotelaio. Peter la aprì a fatica e lanciò uno sguardo

alla strada principale della cittadinamentre il sole penetrava nellavecchia cassa. L'ariapur tiepida e quasi caldasferzò

come acqua gelida il volto di Peter.

Era il primo giorno del disgelo di gennaio. La coltre di neve era ancora altasui tetti delle casema stava

rapidamente sciogliendosi in una miriade di goccioline che scorrevano giùscintillanti alla luce del solecon il rumore di

un acquazzone estivo sotto le grondaie. Nella stradala neve calpestata eradura e compatta come un pavimento di

marmo bianconon essendosi ancora sciolta nella temperatura primaverile. Maquando mise fuori la testaPeter vide

che gli abitantise non tutta la cittàstavano già scongelandosi altepore della giornatadopo due o tre settimane di

rigore invernale. Lo rallegrò e lo fece sospirare di sollievo il vedere quelpassaggio di dame che scivolavano sui

marciapiedi sdrucciolevolicon le loro guance arrossate e incorniciate daicappucci imbottiticon stole e mantelle nere

simili a rose in mezzo al nuovo fogliame. I campanelli delle slittetintinnavano avanti e indietro continuamente

annunciando talvolta l'arrivo di una slitta dal Vermontcarica dei corpicongelati di maialipecore e magari qualche

dainoo di altre guidate da venditori del mercato con polliochetacchinie tutti gli altri abitanti della fattoriaoppure da

contadini con le moglivenuti in città per fare una gitaper fare compereo anche per vendere un po' di uova e di burro.

Una coppia viaggiava a bordo di un'antiquata slitta quadrata; usata già dauna ventina di invernie rimasta altrettante

estati al sole accanto alla porta di casa. Ecco là un gentiluomo e la suasignora che scivolavano sulla neve a bordo di

un'elegante vettura quasi a forma di conchigliaecco una grande slittaconle tendine alzate per far entrare il soleche

sfrecciava per la strada turbinando tra gli altri veicoli che ostruivano ilpassaggio. Ecco che arrivavaoltre l'angolouna

specie di arca di Noè sui pattiniun'enorme slitta aperta con unacinquantina di posti a sederetirata da una dozzina di

cavalli. Lo spazioso veicolo era popolato da allegri giovanotti e fanciulleda ragazzi e ragazzeda persone più anziane

e tutti se la spassavano un mondo ridendo a crepapelle. Si alzava da lì unbrusio di voci concitate e di risate che a volte

prorompevano in alte grida gioiosealle quali gli spettatori rispondevanocon tre acclamazionimentre una banda di

monelli lanciava palle di neve in mezzo all'allegra combriccola. La slittapassò oltreequando scomparve oltre l'angolo

della stradasi udirono ancora le sue lontane risate.

Mai Peter aveva assistito a una scena così animatacomposta da una talevarietà di ingredientiil sole

sfolgorantele gocce d'acqua e la neve scintillantila gaia moltitudine dipersonela varietà delle veloci vettureil

tintinnio degli allegri campanelli che facevano danzare il cuore alla loromusica. Non si vedeva lì intorno niente di

tristese non quel pezzo d'antiquariato della casa appuntita di PeterGoldthwaiteche mostrava un'aria così tetra

all'esterno perché un'inesorabile consunzione la divorava all'interno. E lascarna figura di Peterappena visibile al

secondo piano dell'edificioera ben degna della sua casa..118

«Peter! Come vaamico mio?»gridò una voce al di là della stradamentre Peter ritraeva la testa. «Guarda

sono qui!».

Peter allungò lo sguardo e vide il suo vecchio socio John Brown sulmarciapiede oppostodisinvolto e

imponente nel suo tabarro di pelliccia apertoche rivelava al di sotto unelegante soprabito. La sua voce aveva diretto

l'attenzione di tutta la cittadinanza verso la finestra di Peter Goldthwaitee la sua figura di spaventapasseri impolverato.

«EhiPeter!»gridò ancora il signor Brown. «Che diavolo stai facendoché sento sempre tutto questo fracasso

ogni volta che passo qui davanti? Stai riparando la tua vecchia casaimmaginostai facendone una nuovavero?».

«È troppo tardiormai»rispose Peter. «Se ne facessi una nuovasarebbenuova dentro e fuoridalla cantina in

su».

«Non sarebbe meglio lasciarlo fare a mequesto lavoro?»domandò ilsignor Brown in tono allusivo.

«Non ancora!»rispose Peteraffrettandosi a chiudere la finestraperchéfin da quando si era accinto alla

ricerca del tesoronon sopportava più di essere guardato dalla gente.

Mentre si ritraevavergognandosi della sua esteriore povertàma ancheorgoglioso della segreta ricchezza che

aveva a portata di manoun sorriso sprezzante comparve sul suo visoed ebbelo stesso effetto dei fiochi raggi di sole in

quella squallida camera. Si sforzò di assumere lo stesso contegno che dovevamostrare probabilmente il suo antenato

quando si gloriava della costruzione di quella roccaforte che sarebbe statala dimora di molte generazioni di suoi

discendenti. Ma la stanza era troppo buia per i suoi occhi abbagliati dallanevee anche troppo triste al confronto con

l'animazione cui aveva appena assistito. Quel breve sguardo che aveva dato instrada gli aveva lasciato una profonda

impressione di come il mondo si manteneva allegro e prospero grazie aipiaceri mondani e ai rapporti socialimentre

luirecluso com'erainseguiva qualcosa che poteva essere una chimerausando metodi che gli altri avrebbero

considerato folli. Un grande vantaggio della vita in comune è che ciascunocorregge la propria mentalità in base a quella

degli altri e impronta il proprio comportamento secondo quello dei suoisimilicosì che raramente cade nell'eccentricità.

Peter Goldthwaite si era esposto a queste influenze semplicemente guardandofuori dalla finestra. Per qualche tempo si

domandò se esisteva davvero quel tesoro nascostoe in caso contrarioseera conveniente abbattere la sua casa solo per

convincersi della sua inesistenza.

Ma fu solo un dubbio momentaneo. Peter il distruttore si riaccinse all'operache il destino gli aveva assegnato

e non ebbe più esitazioni finché non fu compiuta. Nel corso della ricercasi imbatté in molte cose che si trovano

solitamente tra le macerie di una vecchia casae anche in altre meno comuni.Quella che sembrò più appropriata al suo

scopo fu una chiave arrugginitainfilata in una fessura del murocui eralegato un cartellino di legno con le iniziali P.G.

Un'altra singolare scoperta fu quella di una bottiglia di vinomurata dentroun vecchio forno. Secondo una tradizione di

famigliail nonno di Peterun gioviale ufficiale nella vecchia guerra con ifrancesiaveva messo da parte parecchie

dozzine di bottiglie del pregiato nettarea beneficio dei futuri beoni dellafamiglia. Peterche non aveva bisogno di un

tonificante per sostenere le sue speranzemise da parte la bottiglia perbrindare poi al suo successo. Trovò anche

numerose monete spagnolee anche la metà di una moneta da un pennychesicuramente doveva esser stata un pegno

d'amorenonché una medaglia d'argento per l'incoronazione di Giorgio III.Ma la cassaforte del vecchio Peter

Goldthwaite sembrava scomparire da un buio angolo all'altroe comunquesfuggiva sempre alle grinfie del secondo

Peter finché questiper approfondire le sue ricercheavrebbe dovutoscavare sotto terra.

Non seguiremopasso dopo passoquesta sua memorabile impresa. Basti direche Peter lavorò indefessamente

e chein quel solo invernoterminò l'opera che tutti i precedenti abitantidella casacon tutto il tempo e gli elementi a

loro favoreavevano compiuto solo a metà nell'arco di un secolo. Tranne lacucinatutte le stanze erano state ormai

smantellatee della casa non rimaneva altro che l'involucrola parvenza diuna casairreale come le quinte dipinte di un

teatrosimile a una grande forma di formaggio scavata da un topo finché nonne era rimasta che la crosta. E quel

topolino era Peter.

Ciò che Peter aveva abbattutoTabitha l'aveva bruciatoritenendosaggiamente cherimasti senza casanon

avrebbero avuto bisogno di legna per riscaldarlae che era quindi insensatofare economie. Si potrebbe ben direperciò

che tutta la casa era andata in fumo ed era volata tra le nuvole attraversola grande cappa nera del camino. Era

un'impresa singolarmente analoga a quella dell'uomo che aveva ingoiato sestesso giù per la gola.

La notte tra l'ultimo giorno d'inverno e il primo di primaveraogni nicchiae interstizio erano stati ormai

esploratitranne che tra le mura della cucina. Quella sera fatale eradavvero molto brutta: una bufera di neve era iniziata

qualche ora primaed era ancora sospinta e trascinata nell'atmosfera come unautentico uraganoinfuriando contro la

casa come se il principe dell'aria in persona volesse dare il colpo di graziaalle fatiche di Peter. L'intera strutturapriva

di tutti i sostegni interniera ormai così indebolita che sarebbe stato unmiracolo se i muri marci e il tetto appuntito

dell'edificiosferzati da qualche raffica più forte di ventonon fosserocrollati sulla testa del suo proprietario. Questi era

però incurante del pericoloanzi era inquieto e agitato come quella stessanotteo come le fiamme che ruggivano su per

il camino a ogni folata di quel vento furioso.

«Il vinoTabitha!»gridò. «Quel vecchio vino generoso di mio nonnoloberremo adesso!».

Tabitha si alzò dalla sua panca annerita dal fumo del camino e posò labottiglia davanti a Peteraccanto alla

vecchia lampada d'ottone che era stata parimenti il premio delle suericerche. Peter la sollevò davanti agli occhi e

attraverso quel liquido schermoosservò la cucina illuminata da unosplendore dorato che avvolgeva anche Tabitha

indorando i suoi capelli argentei e trasformando le sue umili vesti in abitiregali. Gli ritornarono allora alla mente i suoi

sogni dorati.

«Signor Peter»domandò Tabitha«dobbiamo berlo adessoquel vinoprimache sia trovato il tesoro?»..119

«Il tesoro è stato trovato!»esclamò Peterquasi con rabbia. «Quellacassa è ormai vicinae non dormirò finché

non avrò girato la chiave nella sua serratura arrugginita. Ma prima di tuttobeviamo!».

In casa non c'erano cavatappie perciò Peter colpì il collo dellabottiglia con la chiave arrugginitadecapitando

il sughero d'un sol colpo. Riempì poi due tazzine di porcellana che Tabithagli aveva portato dalla credenza con quel

vecchio vinoche era così limpido e brillante da far apparire ancora piùvividi i ramoscelli di fiori scarlatti dipinti sul

fondo delle tazzine. Il suo aroma ricco e delicato si diffuse in tutta lacucina.

«BeviamoTabitha!»esclamò Peter. «E sia benedetto quel bravo vecchioche ha tenuto da parte per noi questo

nettare! Alla memoria di Peter Goldthwaite!».

«Buoni motivi abbiamo per ricordarlo»gli fece eco Tabitha mentre beveva.

Per quanti annie attraverso quali mutamenti di fortuna e varie calamitàaveva conservato la sua effervescenza

quella bottiglia che ora finalmente trangugiavano quei due compagni dibaldoria! Una parte dell'allegria di un'epoca

lontana era stata conservata per loroed era ora sprigionatain mezzo atante esaltanti visioniper allietarli nella

tempesta e nella desolazione del momento presente. E finché non avrannoterminato di bere la bottigliapossiamo

volgere altrove la nostra attenzione.

Si dava il caso che in quella notte tempestosa il signor John Brown sisentisse a disagio nella sua sedia

imbottita a bracciolidavanti alla graticola incandescente d'antracite cheriscaldava il suo elegante salotto. Era per sua

natura un brav'uomosollecito e generoso ogni volta che la notizia dellealtrui disgrazie gli arrivava al cuore attraverso

le sue vesti ben imbottite di uomo facoltoso. Quella sera aveva pensatoparecchio al suo vecchio socio Peter

Goldthwaitealle sue stravaganze e alla sua continua sfortunaalla miseriadel suo alloggio quando gli aveva fatto visita

l'ultima voltaal suo aspetto allucinato e sparuto quando gli aveva parlatoalla finestra.

«Poveraccio!»pensò John Brown. «Povero squinternato Peter Goldthwaite!In nome della nostra vecchia

amiciziadovrei prendermi cura di lui in questo gelido inverno».

Questi pensieri diventarono così insistenti che alla finenonostante iltempo inclementeil signor Brown prese

la decisione di fare subito visita a Peter Goldthwaite. La forza diquell'impulso era davvero singolaree il gemito di ogni

folata sembrava un richiamoo lo sarebbe sembrato se John Brown fosse statoabituato a sentire nel vento gli echi della

sua fantasia. Molto meravigliato di questa sua solerte benevolenza il signorBrown si avvolse nel suo mantellosi riparò

gola e orecchie con sciarpe di lanae così intabarrato uscì a sfidare latempesta. Ma le forze della natura ebbero quasi la

meglio nella battagliae mentre il signor Brown stava superando l'angolodella casa di Peter Goldthwaitela bufera lo

sollevò da terra e lo scaraventò a faccia in giù su un banco di neveseppellendo poi le sue parti protuberanti sotto altre

folate. Sembravano esserci poche speranze che il signor Brown ricomparisseprima del prossimo disgelo. Nello stesso

momentogli fu strappato via il cappello che scomparve turbinando in remoteregionidalle quali non ne sono arrivate

finora notizie.

Nondimenoil signor Brown riuscì a scavarsi un varco attraverso i cumuli dinevee a capo chino per ripararsi

dalla bufera si trascinò fino alla porta di casa di Peter. Il pazzescoedificio era squassato da scricchioliigemiti e cigolii

ed era così sinistramente traballante che i suoi occupanti difficilmenteavrebbero udito anche il più energico bussare alla

portae perciò il signor Brown entrò senza tanti complimenti e si fecestrada verso la cucina.

Nemmeno allora Peter e Tabitha si accorsero della sua intrusionementrestavano con la schiena rivolta alla

portachini su una grande cassa chea quanto parevaavevano appenaestratto da qualche cavità o anfratto sul lato

sinistro del camino. Alla luce della lampada che la vecchia teneva in manoil signor Brown vide che la cassa era serrata

con sbarre di ferrorinforzate da lamine d'acciaioe borchiate con robustichiodiCosì da essere un sicuro ricettacolo in

cui conservare le ricchezze di un secolo e tramandarle a quelli successivi.Peter Goldthwaite stava intanto infilando una

chiave nella serratura.

«OhTabitha!»esclamò con tremula emozione«riuscirò a resistere aquel fulgore? Il fulgore dell'orol'oro

scintillante! Mi sembra quasi di poter ricordare l'ultima volta che l'hovistoprima che il coperchio laminato d'acciaio si

chiudesse. E fin da alloraper settant'anniha continuato a splenderesegretamenteconservando il suo fulgore in attesa

di questo trionfale momento! E ora ci abbaglierà come la luce del sole!».

«E allora si ripari gli occhisignor Peter!»gli suggerì Tabithaun po'meno paziente del solito. «Ma per amor

di Diogiri quella chiave!».

E alloracon grande sforzo di ambedue le maniPeter girò la chiavearrugginita nei meandri della serratura

anch'essa arrugginita. Nel frattempoil signor Brown si era avvicinato e siaffacciò in mezzo agli altri due con sguardo

impazientenel momento in cui Peter sollevava il coperchio. Ma nessunimprovviso bagliore illuminò la cucina.

«Che cos'è?»domandò Tabithaaggiustandosi gli occhiali sul naso esollevando la lampada sopra alla cassa

aperta. «È il tesoro dei vecchi stracci di Peter Goldthwaite!».

«Più o meno è cosìTabby»confermò il signor Brownsollevando unamanciata di quel tesoro.

Quali fantasmi di ricchezze morte e sepolte aveva esumato Peter Goldthwaitetanto da spaventare il suo stesso

scarso cervello! Era la parvenza di una somma incalcolabilesufficiente adacquistare tutta la città e a ricostruire ogni

sua stradama per quanto ingente fossenessun uomo sano di mente l'avrebbepagata uno spicciolo. Che cos'era allora

in realtàquell'ingannevole tesoro contenuto nella cassa? Erano vecchiecarte di credito della provinciabuoni del

tesorobanconote di vecchie banche locali e altre cartacce senza valoredalla prima emissione di oltre un secolo e

mezzo prima fin quasi al tempo della rivoluzione. Banconote di mille sterlineerano mescolate con altre monete

incartapecoritee non valevano più di queste ultime..120

«Ed è questodunqueil tesoro del vecchio Peter Goldthwaite!»commentòJohn Brown. «Il tuo omonimo

Peter doveva essere un tipo come tee quando la moneta della provincia si èdeprezzata del cinquanta o settantacinque

per centone ha fatto incettanella speranza di un rialzo. Ho sentitoraccontare da mio nonno che il vecchio Peter aveva

dato a suo padre un'ipoteca su questa casa e sulla terraper racimolarealtri contanti per questo suo assurdo progetto. Ma

questa moneta continuava a deprezzarsifinché nessuno l'ha voluta piùnemmeno in regaloe così il vecchio Peter

Goldthwaiteal pari di Peter il secondosi è trovato con tutto quel denaroin cassafortee nemmeno una giacca per

vestirsie allora è diventato matto. Ma non importaPeter! Questo èproprio il capitale adatto per costruire castelli in

aria!».

«La casa ci crollerà sulla testa!»gridò Tabithamentre il vento lascuoteva con crescente violenza.

«E che crolli!»rispose Petersedendosi a braccia incrociate sulla cassa.

«Nonomio vecchio amico Peter!»disse John Brown. «Ho spazio in casaper te e per Tabbye un posto

sicuro per custodire la cassa del tesoro. Domani tenteremo di venire a unaccordo per la vendita di questa vecchia casa. I

valori immobiliari sono in ascesae posso prometterti un buon prezzo».

«E io»soggiunse Peter Goldthwaite rincuorato«ho un progetto perinvestire quei soldi con profitto».

«Be'in quanto a questo»disse tra sé John Brown«dobbiamo rivolgercialla prossima riunione della Corte per

nominare un tutore che si prenda cura di questi soldie se Peter insiste afare speculazionipotrà farloper sua

soddisfazionecon il tesoro del vecchio Peter Goldthwaite!».

SCHEGGE DI UNO SCALPELLO

Parecchi anni or sonomentre trascorrevo un'estate a Edgartownnell'isoladi Martha's Vineyardfeci

conoscenza di un certo incisore di pietre tombaliche era giunto lìdall'interno del Massachusetts in cerca di lavoro. Il

tentativo aveva avuto tale successo che il mio amico si aspettava ditrasformare l'ardesia e il marmo in argento e oro per

l'ammontare almeno di un migliaio di dollaridurante i mesi del suosoggiorno a Nantucket e sulla Vineyard. La vita

appartatalo spirito semplice e primitivo che caratterizza ancora gliabitanti di quelle isolee in particolare quelli di

Martha's Vineyardassicurano ai loro amici defunti un ricordo più caro eduraturo di quanto le vicissitudini d'ogni

giorno e il fermento incessante del mondo possono concedere altrove agliesseri umani del passato. Tuttaviaanche se

ogni famiglia desidera erigere un monumento funebre ai suoi membri scomparsil'alito incontaminato dell'oceano offre

tanta salute e longevità agli abitanti di queste isole da causare unmalinconico ristagno degli affari per un artista che

vuol vivere qui di questo mestiere. Un proprio monumento funebreche ricordila sua stessa morte per famesarebbe

probabilmente uno dei primi esemplari della sua attività. Le pietre tombalisono quindi divenutein generaleun articolo

di importazione.

Nelle mie passeggiate per il cimitero di Edgartowndove i morti giacciono datanto tempo che il terrenoun

tempo fertilizzato dalla loro decomposizioneè ritornato alla precedentesterilitàin quell'antico cimiterodicevoho

potuto osservare una grande varietà di sculture funerarie. Le pietre piùanticheche risalgono a un secolo addietro e

anche piùhanno i bordi elaboratamente scolpiti con fiori e con moltepliciteschitibie incrociatefalciclessidre e altri

lugubri emblemi di morteintercalati qua e là da un cherubino alato perelevare lo spirito dei dolenti. Questi prodotti del

gusto gotico dovevano essere superiori alle capacità dei coloni di queitempied erano stati probabilmente scolpiti a

Londra e trasportati oltre oceano per commemorare i meriti dei defunti diquest'isola solitaria. Le pietre tombali più

recenti sono semplici lastre d'ardesia di comune fatturasenza superfluighirigori per mettere in risalto la nuda

iscrizione. Ma altrequelle che più impressionavano il mio gusto e i mieisentimentierano state rozzamente tagliate

dalle rocce grigie dell'isolaevidentemente dalle mani inesperte di amici eparenti superstiti. Su alcune erano incise

soltanto le iniziali di un nomesu altre frasi scorrette in prosa o inpoesiascritte con lettere profonde che il muschioil

vento e la pioggia di molti anni non erano riusciti a cancellare. Eranoqueste le tombe in cui dormivano le persone care!

Sono un frequente motivo di ironia la falsità e la vanità dei panegiricimonumentalima quando sono l'amore e il

rimpianto che scolpiscono le parole con dolorosa faticaallora possiamoessere certi che sono ispirate dal registro dei

loro cuori.

Questo mio conoscentelo scultore (che può ben dividere questo titolo conGreenough perché anche un

imbrattatele è pittore quanto Raffaello)aveva quindi trovato ampio mercatoper tutte le sue lastre di marmo intonsee

piena occupazione per inciderle con lettere e decorazioni. Era un uomoanzianodiscendente della vecchia famiglia

puritana dei Wigglesworthe dotato di una certa semplicità e schiettezza dimente e di cuoreche a mio parere si trova

più raramente tra noi Yankee che in ogni altra comunità. Nonostante latesta canuta e la fronte solcata da rugheera

proprio come un bambino in ogni cosatranne quelle che riguardavano inqualche modo il suo mestiere. Se la fantasia

non mi ingannasembrava considerare l'umanità sotto nessun altro aspettoche quello di persone bisognose di pietre

tombalie le sue cognizioni letterariein prosa e in poesiacomprendevanoevidentemente ben poco chein una

circostanza o l'altranon fosse stato inciso sull'ardesia o nel marmo. Lasua unica incombenza tra gli immortali

pellegrini dell'aldilàil compito per cui la Provvidenza aveva mandato almondo questo vecchio quasi con uno scalpello

in manoera quello di dare un nome ai defunti perché non fosse dimenticatoal momento della resurrezione. Eppure era

riuscitopur in questa ristretta prospettivaa mietere alcuni ramoscelli disaggezza terrenae non solo terrenail raccolto

di molti sepolcri..121

Per quanto lugubre possa sembrare la sua vocazioneera un tipo amenoperquanto potevano consentirglielo la

salutel'integrità e la mancanza di preoccupazionie soleva sempreaccingersi a incidere qualche dolente scritta con lo

stesso spirito che stimola altri a fischiettare quando lavorano.Nell'insiemetrovavo nel signor Wigglesworth un

personaggio divertente e spesso istruttivose non proprio interessantee inparte per il piacere della sua compagniae

ancor più perché il suo lavoro ha sempre un certo fascino per «l'uomo chenasce da donna»presi l'abitudine di

trascorrere qualche ora al giorno nella sua bottega. Le sue osservazionibizzarreche non di rado contenevano una verità

condensata e aguzzata dal suo limitato punto di vistaconferivano alla suaconversazione una vivacità che un semplice

spirito mondano e una generale cultura avrebbero subito dissipato.

A volte discutevamo dei rispettivi meriti delle varie qualità del marmodicui erano posate numerose lastre

contro le pareti della sua bottegae altre volte trascorrevamo un'ora o duein silenziosenza che una parola fosse

pronunciata da una parte o dall'altramentre osservavo il suo scalpello cheincideva nitidamente una lettera dopo l'altra

dei nomi dei Nortondei Mayhewdei Lucedei Daggete di altre imperiturefamiglie della Vineyard. Spessocon

orgoglio d'artistail vecchio scultore parlava degli esemplari preferitidella sua produzionesparsi nei cimiteri di tutti i

villaggi del New England. Ma il mio maggiore e più istruttivo divertimentoera quando assistevo ai suoi colloqui con i

clientiche si intrattenevano con lui in interminabili discussioni sullafoggia e lo stile dei monumenti funebri desiderati

sulle qualità sepolte da commemoraresul tormento da esprimere einfinesul più basso costo da pagarein dollari e

centesimiper avere una trascrizione in marmo dei loro sentimenti. Inrealtàla mia mente si arricchiva allora di molte

nuove ideeche forse vi rimarranno ancora più a lungo di quanto il marmopiù duro del signor Wigglesworth conserverà

le profonde impronte del suo scalpello.

Un'anziana signora venne a ordinare un monumento funebre per il suo primoamoreche era stato ucciso da

una balena nell'oceano Pacifico non meno di quarant'anni prima. Era stranoche una traccia così profonda dei suoi

giovanili sentimenti si fosse conservata attraverso tutti i mutamenti dellasua vita successivanel corso della quale era

diventata moglie e madre eper quanto potevo giudicareuna donna agiata efelice. Riflettendo tra memi sembrava che

questo imperituro dolorequale lei lo considerava in tutta buona fedefosseuna delle circostanze più fortunate della sua

vitadando un ideale alla sua mente e conservandola più pura e spiritualedi quanto sarebbe stata altrimentie astraendo

una parte dei suoi interessi dalle cose terrene. Tra la moltitudine deipiaceril'assillo delle preoccupazioni mondane e

tutto l'immediato materialismo della sua vitaaveva comunicato con unavisionee grazie a questo rapporto era

diventata migliore. Fedele al marito della sua maturitàe amandolo con unsentimento molto più reale di quello che

avrebbe mai potuto provare per il sogno della sua fanciullezzaavevanondimeno conservato un'immaginaria devozione

per colui che era sepolto nell'oceanocosì che un carattere comune come ilsuo ne era stato elevato e raffinatoe i suoi

sospiri erano divenuti l'alito del cielo sulla sua anima. La buona signoradesiderava che la lapide proposta fosse decorata

con un bordo scolpito di piante marineintrecciate con contorte conchigliequali probabilmente fluttuavano sui resti del

suo amatoo erano disseminate tutt'intorno nelle profondità del Pacifico.Ma lo scalpello del signor Wigglesworth non

era all'altezza del compitoed ella fu perciò costretta ad accontentarsi diuna rosa col capo reclinato su uno stelo

spezzato. Quando se ne fu andataosservai che il simbolo non era dei piùadatti.

«Eppure»replicò il mio amico scultoreracchiudendo nella sua immaginetutti i pensieri che erano passati

nella mia mente«quella rosa spezzata ha sparso il suo dolce profumo perquarant'anni della vita di questa buona

donna».

Raramente mi accadeva di trovare così piacevole materiale di contemplazionecome nel caso precedente.

Nessuno dei clienticredomi fece un'impressione così sgradevole come unanziano signore che si presentò con la sua

quarta moglie sotto braccioper ordinare le lapidi funerarie per le treprecedenti occupanti del suo talamo. Attesi con

una certa impazienza di vedere se il ricordo che conservava di una di loroera più dolce di quello delle altre duema non

riuscii a scorgerne alcun indizio. Le tre lapidi dovevano essere tutte dellostesso materiale e foggiaciascuna decorata in

bassorilievo con due salici piangentiuno dei quali chino sul suo vicinoche doveva essere spezzato nel mezzo e posare

su un'urna sepolcraleil simbolo generalmente usato dal signor Wigglesworthper indicare il lutto coniugale. Rabbrividii

al pensiero di questo grigio poligamoche aveva completamente perduto ilsacro senso dell'individualità del vincolo

coniugaletanto da essere inclinepensaia contare sulla punta delle ditaquante erano le donne che avevano dormito al

suo fianco e che ora dormivano sotto terra. Mi sembrò perfinoe se glifaccio torto non è cosa molto graveche

lanciasse un'occhiata di sbieco alla sua sposa viventecome pensando diconcludere un più vantaggioso affare

ordinando in aggiunta una quarta pietra tombale. Fui più favorevolmenteimpressionato da un ruvido vecchio capitano

di baleniereche diede disposizione per una grande lastra di marmo divisa indue partiuna delle quali doveva contenere

l'epitaffio per la sua defunta moglie e l'altra rimanere in bianco finché lamorte non vi avesse inciso anche il suo nome.

Come spesso accade ai balenieri di Martha's Vineyardtanta parte della vitadi questo vedovo sferzato dai venti era

trascorsa in mari lontani che dei suoi vent'anni di matrimonio ne avevavissuti appena tre sotto il suo tettoe anche

questi intervallati l'uno dall'altro. E così la sposa della sua giovinezzaanche se era morta quando erano ambedue

vecchiconservava ancora nel ricordo le fresche gocce di rugiada delle loronozze.

Queste osservazioni mi diedero l'ideaconfermata dal signor Wigglesworthche i mariti erano più inclini delle

mogli a elevare monumenti in memoria del coniuge defunto. Non ero cosìmaligno da immaginare che le donne fossero

meno sicure degli uomini della loro devozione per darne testimonianza nelmarmo. È più probabile che gli uomini

riescano a riflettere sulle loro compagne perdute come ricordi distinti dasémentre le donneda parte lorosono

consapevoli che una parte di loro stesse se n'è andata con il defuntoovunque egli sia. L'anima si aggrappa all'animala

polvere vivente ha affinità con la polvere della tombae proprio a causa diquesta affinità la vedova rifugge ancor più.122

dal ricordare al mondo l'esistenza del defuntoperché il legame è giàabbastanza fortee non necessita di un simbolo

visibile. E anche se è un'ombra quella che cammina sempre accanto a leiedè il tocco di una mano gelida quella che si

posa sul suo pettonondimeno la vitae forse anche i suoi naturalidesideripossono essere sempre caldi dentro di leie

ispirarle nuove speranze di felicità. Dovrebbe allora dare rilievo allatombail cui odore si avverte ancora sul cuscino

delle sue seconde nozze? Nomeglio spianare il suo tumulo verde col terrenocircostantecome se quel luogoquando

lei scaverà di nuovo nel proprio cuore sepoltoavrà cessato di essere unatomba. Nonostante questi sentimentalismifui

straordinariamente divertito da un episodio al quale non ebbi la fortuna diassisterema che mi riferì il signor

Wigglesworth con considerevole senso dell'umorismo. Una gentildonna dellacittàavuta notizia della scomparsa di suo

marito in mareaveva ordinato una bella lastra di marmoe faceva visitaogni giorno per controllare i progressi dello

scalpello del mio amico. Un pomeriggioproprio mentre la buona donna e loscultore stavano componendo l'epitaffiola

cui lettura avrebbe dato grande consolazione allo spirito del defuntochientra nella bottega se non il defunto stessoin

carne e ossa oltre che in spirito? Era stato raccolto in maree attualmentenon abbisognava di pietre tombali né di

epitaffi.

«E come ha reagito sua moglie»domandai«a questa lieta sorpresa?».

«Be'»rispose il vecchioallargando il ghigno di un teschioal quale ilsuo scalpello stava lavorando«mi sono

davvero dispiaciuto per quella povera donna: era una delle mie lastre dimarmo più belle... e dover gettarla via per un

vivente!».

Una donna avvenentecon un bocciolo di figliasi presentò un giorno ascegliere una pietra tombale per la

figlia gemella che era morta un mese prima. Rimasi impressionato dalladiversità dei loro sentimenti per la defunta: la

madre era composta e dolorosamente rassegnatapienamente conscia della suaperditacome di un tesoro che non aveva

per sempre possedutoe quindi consapevole che poteva esserle strappatomentre la figlia non aveva evidentemente una

reale cognizione della morteche comprendeva con la mentema non col cuore.Mi sembrò cheper l'impronta lasciata

dalla sorella defunta sullo spirito della superstitequest'ultima avessequasi la sensazione di essere ancora a fianco della

sorella scomparsamentre osservava quelle lastre di marmoe una volta o duesi guardò intorno con un radioso sorriso

che presto si offuscò confusamentecosì come quello della sorella si eraspento per sempre. Forse la sua coscienza era

più reale del suo riflessoforse la compagnia della sorella morta era piùvicina che nella vita. Madre e figlia parlarono a

lungo col signor Wigglesworth dell'epitaffio più adatto e infine scelsero uncomune versetto di rime mal combinateche

era già stato inciso su innumerevoli altre lapidi. Tuttaviaquando ridiamodella banalità delle iscrizioni tombali

dimentichiamo che il Dolore sa leggerle più profondamente di noie scoprireun significato autentico e personale in ciò

che sembra così vago e convenzionale quando da esso non è interpretato. Èil Dolore che rinnova ogni epitaffioanche

se le identiche parole possono esser state usate per migliaia di altre tombe.

«Eppure»dissi poi al signor Wigglesworth«avrebbero potuto fare unascelta migliore. Mentre discutevate

dell'argomentosono stato colpito da almeno una decina di altre semplici enaturali espressioni uscite dalle labbra della

madre e di sua figliae una di queste poteva ispirare un'iscrizionealtrettanto originale e appropriata».

«Nono»replicò lo scultorescrollando la testa. «Si può ricavaremolta consolazione da questi vecchi versetti

di poesiae raccomando sempre di preferirli a quelli di nuovo conio. Inqualche modosembra che possano estendersi

fino a un grande doloreoppure ridursi nelle dimensioni di uno piccolo».

Non di radociò che avveniva tra il signor Wigglesworth e i suoi clientistimolava immagini anche ridicole.

Una scaltra gentildonna che gestiva una taverna in città voleva acquistaredue o tre lapidi per i membri defunti della sua

famigliae proponeva di pagare queste solenni onoranze offrendo il vittoallo scultore. Si affacciò allora nella mia

mente l'immagine del buon signor Wigglesworth seduto a pranzo davanti a unagran pietra tombalementre tagliava uno

dei suoi rubicondi cherubini di marmorosicchiava un paio di tibieincrociate e beveva dentro un teschioun lacrimatoio

o un'urna sepolcralementre i congiunti defunti dell'ostessa osservavanol'orrendo banchetto. Quando riferii al vecchio

questa mia assurda fantasiaegli rise di cuore e dichiarò che il miospirito era appropriato.

«Ho trascorso tutti i miei giorni a questo desco»commentò«e homangiato non poche quantità di ardesia e

marmo».

«Un duro pasto!»replicai sorridendo. «Ma a quanto pare l'ha digeritoottimamente!».

Un uomo d'una cinquantina d'annicon espressione accigliata e scostantevenne un giorno a ordinare una

lapide per la tomba del suo peggior nemicocol quale aveva ingaggiatobattaglia per quasi tutta la vitaprocurandosi

reciproca infelicità e rovina. Il mistero era che l'odio era di venuto ilsostentamento e il piacere di quella povera anima

infeliceprendendo il posto di ogni gentile affettocreando in realtà unvincolo di affinità tra lui e l'uomo che

condivideva tale sentimentoe quando se n'era estinto l'oggettol'implacabile nemico era stato l'unico a piangere la sua

morte. L'uomo espresse anche il proposito di essere sepolto a fianco delnemico defunto.

«Dubito che le loro polveri si mescoleranno»commentò poi il vecchioscultoreperché spesso non mancava

uno spirito terreno nelle sue osservazioni.

«Già»risposidopo aver meditato a lungo sull'episodio. «Equandorisorgerannoquesti irriducibili nemici

potranno scoprirsi amici. Perchéa mio giudiziociò che essi credevanoodio non era che amore mascherato».

Un gentiluomo con propensioni di storico venne ad acquistare una lapide inmemoria di un indiano di

Chabbiquidickuno dei pochi di sangue puro rimasti nella regionespiegandoche era un capotribù ereditario

discendente del sachem cheaveva dato il benvenuto al governatore Mayhew nella Vineyard. Il signorWigglesworth

fece del suo meglio per scolpire un arco spezzato e un fascio di freccesparsein ricordo dei cacciatori e guerrieri la cui.123

razza s'era estintama aggiunse anche un cherubino per far intendere chequel povero indiano aveva condiviso la

speranza dei cristiani nell'immortalità.

«Caspita!»esclamaidopo aver osservato a lungo il fanciullo alatol'arco e le frecce. «Sembra più la tomba di

Cupido che quella di un capo indiano!».

«Sciocchezze!»replicò lo scultorecon l'orgoglio offeso dell'artistapoi soggiunsecol suo consueto spirito:

«Come può morire Cupido quando tante belle fanciulle abitano nellaVineyard?».

«Verissimo»risposie per il resto della giornata pensai ad altre coseche alle pietre tombali.

Quando lo vidi di nuovolo trovai intento a cesellare un libro aperto su unalastra di marmoe pensai che ciò

volesse esprimere l'erudizione di qualche dotto ecclesiastico della scuola diCotton Mather. Si rivelòinvecela

rappresentazione della conoscenza delle Scritture di un'anziana donna che nonaveva mai letto altro che la Bibbiae il

monumento era un omaggio della chiesa ortodossadi cui ella faceva partealla sua pietà e alle sue buone azioni. In

strano contrasto con questa lapide in memoria di una donna cristianavidiquella di un miscredentela cui pietra

tombale testimoniavaper sua personale disposizionela convinzione che ilsuo spirito si sarebbe estinto come una

fiammellae che il nulla da cui nasceva lo avrebbe accolto di nuovo. Ilsignor Wigglesworth mi chiese se era opportuno

consentire che le ceneri di un defunto pronunciassero questa terribileconvinzione.

«Se pensassi»soggiunse«che un solo mortale possa leggere questascritta senza rabbrividireil mio scalpello

si rifiuterebbe di incidere una sola lettera. Ma mentre la tomba pronunciatali falsitàl'anima di quest'uomo conoscerà la

verità e ne sarà inorridita».

«Così sarà»risposicolpito da questa idea. «Questo povero miscredentepuò sforzarsi di predicare cose

blasfeme dalla tombama sarà soltanto un altro modo per imprimerenell'anima la coscienza dell'immortalità».

Un vecchio di nome Norton era ben noto in tutta l'isola per le sue ingentiricchezzeaccumulate grazie alla sua

astuzia unita a una sordida avarizia. Questo infelice spilorcioben sapendoche nessun amico si sarebbe ricordato di lui

nella tombaaveva preso personalmente le opportune precauzioni per esserericordato dai posteriordinando un'enorme

lastra di marmo bianco con un lungo epitaffio di lettere in rilievodarealizzare splendidamente con tutta l'abilità del

signor Wigglesworth. Questo espediente per far valere il suo denaro anchedalla lapide della sua tomba aveva qualcosa

di sintomaticoe probabilmente gli procurò maggior piacere nei pochi mesida lui vissuti in seguito che in tutto un

secoloora che è posata sopra le sue ossa. Questo episodio mi fa ricordareuna giovinettauna pallidafragile creatura

ben diversa dalle altre rosee e floride fanciulle della Vineyardtra lequali la sua bellezza andava sfiorendo. Giorno

dopo giornola povera ragazza veniva nella bottega dello scultore peresaminare una lastra di marmo dopo l'altrafinché

scrisse infine il suo nome su una piccola lapide chepensodoveva essere diun bianco più immacolato delle altre. Non

la vidi piùma poco dopo trovai il signor Wigglesworth che incideva il suonome di vergine sulla lastra che ella aveva

scelto.

«È mortapovera ragazza»mi disseinterrompendo il motivetto che stavafischiettando«e ha scelto un bel

materiale per la sua lapide. E ora mi dicasu quale di queste lastrevorrebbe veder scritto il suo nome?».

«Be'per dirle la veritàcaro signor Wigglesworth»risposi dopo qualcheattimo di silenzioun po' sconcertato

dalla brusca domanda«per essere sincerom'importa poco o niente di unapietra sulla mia tombae sono anzi un po'

scettico sull'opportunità di erigere monumenti sulla polvere che un tempo èstata umana. Il peso di queste lastre di

marmoanche se non lo sentono i cadaveri e le anime liberateincombe sullospirito di chi rimane in vitae lo induce ad

associare l'idea della morte con la prigionia della tombaanziché con lalibertà dei cieli. Ogni lapide che lei ha scolpito è

il simbolo visibile di una concezione errata. I nostri pensieri dovrebberolibrarsi in alto con le farfallenon trattenersi

con le spoglie che ci hanno imprigionati. In tutta verità e ragionenéquelli che chiamiamo viventie ancor meno i

defunti hanno a che fare con la tomba».

«Mai udito niente di così profano!»esclamò allora il signorWigglesworthsconcertato e contrariato da queste

opinioni che contraddicevano tutte le sue idee e sentimentie significavanoche era stato sprecatoe ancor peggiotutto

il lavoro della sua vita. «Allora si dimenticheranno gli amici scomparsi nelmomento stesso che vanno sotto terra!».

«Non sono sotto terra!»replicai. «E perché dovrei allora segnare illuogo in cui non è nascosto alcun tesoro?

Dimenticarli? No! Ma per ricordarli propriamentedimenticherei ciò che essihanno prodigato. E alloraper trovare il

più vero significato della morte dovrei dimenticare la tomba!».

Ma il buon vecchio scultore continuava a borbottare e inciampava tra lelapididove aveva camminato per tutta

la vita. Che avesse torto o ragioneio ero divenuto più saggio grazie allasua compagnia e alle mie osservazioni sulla

natura e il carattere di coloro che si recavano nella sua bottegacon i lorovecchi o nuovi dolori per farli ricordare sulle

sue lastre di marmo. Eppurecon la saggezza avevo acquisito anchel'incertezzaperché nella mia mente si agitava uno

strano dubbio: se l'ombra cupa di questa vitacon i suoi dolori e rimpiantinon trovi in essi tanta consolazione

(lasciando da parte l'influenza religiosa)quanto in ciò che definiamo isuoi piaceri.

LA CERIMONIA NUZIALE DEGLI SHAKER

Un giornoal capezzale di padre Ephraimche per quarant'anni era statoprimo degli anziani nella comunità

Shaker di Goshenerano riuniti parecchi capi di quella setta. Alcuni eranogiunti dal ricco insediamento di Lebanonda

Canterburyda Harvardda Alfred e da tutte le altre località in cui questastrana gente ha reso fertili le selvagge colline.124

del New England con metodica laboriosità. Era presente anche un anziano cheera giunto in pellegrinaggio da un

villaggio di fedeli nel Kentuckylontano circa mille migliaper far visitaai suoi congiunti spiritualii figli della santa

madre Ann. Aveva condiviso la semplice abbondanza del loro descoavevabevuto il loro famoso sidroe si era unito

alla sacra danzadi cui si diceva che ogni passo alienava il fedele dallaterra per elevarlo a celestiale purezza e

beatitudine. I suoi fratelli del nord l'avevano poi cortesemente invitato apresenziare a una cerimonia in cui era

particolarmente auspicato il concorso di tutti i membri eminenti della lorocomunità.

Il venerabile padre Ephraim era seduto nella sua poltronanon soltantocanuto e infermo per l'etàma logorato

anche da una lunga malattia checon tutta evidenzaavrebbe ben presto fattotrasferire in altre mani il suo bastone di

patriarca. Davanti a lui stavano un uomo e una donnaambedue vestiti coltipico abbigliamento degli Shaker.

«Fratelli miei»disse padre Ephraim agli anziani che lo circondavanofacendo un debole sforzo per

pronunciare queste poche parole«ecco qui il figlio e la figlia ai qualiaffiderei la responsabilità di cui la Provvidenza

sta per sgravare le mie stanche spalle. Leggete nei loro voltivi pregoeditemi se il movimento interiore dello spirito ha

guidato giustamente la mia scelta».

Ogni anziano guardò allora i due candidati con attento sguardo scrutatore.L'uomoche si chiamava Adam

Colburnaveva un volto cotto dal sole per il lavoro nei campieppureintelligentepensoso e segnato dalle

preoccupazioni di tutta una vitaanche se aveva appena raggiunto la mezzaetà. Il suo aspetto aveva un che di severoe

una certa rigidità segnava la sua personacaratteristiche che in generalelo facevano sembrare un maestro di scuola

professione che in effetti aveva precedentemente esercitato per parecchianni. La donnaMartha Piersonaveva da poco

superato la trentinaera magra e pallidacome quasi tutte le sorelleShakere aveva quell'aspetto un po' cadaverico che

l'abbigliamento di queste sorelle vuole appositamente conferire.

«Questa coppia è ancora nell'estate degli anni»osservò il perspicaceanziano di Harvard. «Preferirei vedere la

bianca brina dell'autunno sulle loro teste. Mi sembra anche che siano espostia particolari tentazionia causa dei desideri

carnali che sono intercorsi in precedenza tra loro».

«Nofratello»obiettò l'anziano di Canterbury. «La brina bianca ha giàcompiuto la sua opera su fratello Adam

e su sorella Marthacosì come ne vediamo a volte le tracce sui nostri campidi grano quando sono ancora verdi. E

perché dovremmo dubitare della saggezza della scelta del nostro venerandopadreanche se questa coppia si è amata in

gioventù come si amano le persone del mondo? Non vi sono forse tra noi moltifratelli e sorelle che hanno vissuto

insieme nel vincolo coniugale eppureadottando la nostra fedehannoscoperto i loro cuori mondati di ogni sentimento

che non sia spirituale?».

Comunque fossesia che il loro precedente amore rendesse o no inopportunoche ora Adam e Martha

presiedessero insieme su un villaggio di Shakerera sicuramente moltosingolare che questo fosse l'esito di molte vive e

tenere speranze. Nati in famiglie vicine di casail loro reciproco affettorisaliva a prima ancora dei tempi di scuolae

sembrava qualcosa di innatoinfuso in tutti i loro sentimentinon tanto inun particolare ricordoquanto connesso a tutto

l'insieme dei loro ricordi. Ma proprio quando erano giunti all'età adattaper unirsila sfortuna aveva colpito

dolorosamente ambeduerendendo necessario che iniziassero a lavorare persopravvivere. Ma anche in queste

circostanzeMartha Pierson avrebbe probabilmente acconsentito a unire il suodestino a quello di Adam Colburn e

sicura della felicità del loro reciproco amoreavrebbe pazientemente attesoi doni meno importanti della buona sorte.

Ma Adamche era di carattere pacato e prudenteera riluttante a rinunciareai vantaggi che si offrono a un uomo solo

per elevarsi nel mondoe cosìanno dopo annoil loro matrimonio era statorimandato. Adam Colburn aveva seguito

molte vocazioniaveva viaggiato a lungoaveva visto gran parte del mondo edella vita. Martha si era guadagnata il

pane lavorando a volte come cucitriceo come aiutante della moglie di uncontadinocome maestra nella scuola del

villaggioe a volte come infermiera e assistente dei malatiacquistandocosì una varia esperienzail cui ultimo impiego

non aveva previsto. Ma niente di tutto ciò aveva fatto prosperare i dueinnamoratie in nessun momento successivo il

matrimonio sarebbe stato una scelta più prudente di quando si eranoseparatiancora nel fiore degli anniper cercare

miglior fortuna. Eppureavevano tenuto vivo il loro reciproco amore. Marthapoteva diventare moglie di un uomo eletto

senatore nel suo Stato d'origineAdam avrebbe potuto ottenere la manocomene aveva conquistato il cuore senza

volerlodi una ricca e avvenente vedova. Ma nessuno dei due desiderava lafortunase non per spartirla con l'altro.

Infinequella serena rassegnazione che si impadronisce soltanto deicaratteri forti e un po' ostinatie non cede

ad altri barlumi di speranzacalò sullo spirito di Adam Colburnil qualechiese un colloquio con Martha e le propose di

unirsi con lui nella società degli Shaker. Gli adepti di questa setta sonopiù spesso spinti tra le sue mura ospitali dalle

disgrazie terrene che attratti da una fanatica fedee vi sono accolti senzamolte domande sulle loro motivazioni. Martha

che gli era sempre fedeleprese allora la mano del suo innamorato e loaccompagnò nel villaggio degli Shaker. Quile

naturali doti di ambeduecoltivate e rafforzate nelle avversità della lorovita precedenteben presto meritarono loro un

rango importante nella societài cui membri sono solitamente al di sottodel livello comune d'intelligenzanel mentre la

loro fede e i loro sentimenti si assimilavano in qualche misura con quellidei loro correligionari. Adam Colburn si

acquistò a poco a poco rispetto non solo nella gestione degli affaritemporali della societàma anche come eloquente e

limpido predicatore della loro dottrinae Martha non si distingueva menonelle incombenze proprie del suo sesso.

Infinequando gli acciacchi della salute gli avevano consigliato di cercareun successore nel suo ufficio patriarcale

padre Ephraim aveva pensato a Martha e Adamproponendo di rinnovare nelleloro persone la forma primitiva del

governo degli Shakerqual era stata stabilita da Madre Ann. Dovevano essereloro il padre e la madre del villaggioe la

semplice cerimonia che doveva insediarli nell'incarico stava ora percompiersi..125

«Fratello Adam e sorella Martha»disse il venerabile padre Ephraimfissando su di loro il vecchio sguardo

penetrante«se potete in coscienza assumere questa caricaparlatecosìche i fratelli non dubitino della vostra idoneità

al compito».

«Padre»rispose Adamcon la pacatezza propria del suo carattere«sonogiunto al vostro villaggio come un

uomo delusostanco del mondologorato da continui affannie cercavosoltanto sicurezza contro l'avversa fortuna

perché non avevo speranza di trovare quella propizia. Anche il mio desideriodi aver successo nel mondo era quasi

spento dentro di mee sono venuto qui come si potrebbe andare alla tombapronto a giacere nelle sue tenebre e nel suo

freddoper averne in cambio la pace e la quiete. Nutrivo soltanto un affettoterreno nel mio pettoche si era sopito dopo

la giovinezzacosì che fui felice di portare qui Martha come mia sorellanel nostro nuovo focolare. Siamo fratello e

sorellae non vorrei che fosse altrimenti. E in questo pacifico villaggio hotrovato tutto ciò che spero e desidero. Mi

impegnerò con tutte le mie forze per il bene spirituale e temporale dellanostra comunitàla mia coscienza non ha dubbi

in proposito. Sono pronto a ricevere l'incarico».

«Hai parlato benefiglio Adam»disse il padre. «Dio ti benedicanell'incarico che sto per lasciare».

«E la nostra sorella?»domandò l'anziano di Harvard. «Non ha anch'essail dono di dichiarare i suoi

sentimenti?».

Martha trasalì e mosse le labbra come per dare una formale risposta alladomandama se avesse tentatoi

vecchi ricordii sentimenti a lungo repressi nell'infanzianella giovinezzae nell'età matura sarebbero forse sgorgati dal

suo cuore con parole che sarebbero state una profanazione in quel luogo.

«Adam ha parlato»si affrettò a rispondere«e i suoi sentimenti sonouguali ai miei».

Ma mentre pronunciava queste poche parole Martha impallidìtanto dasembrare pronta per la barapiù che a

stare in presenza di padre Ephraim e degli anziani; rabbrividì come sequalcosa di orribile si presentasse in quella

situazione e nel suo destino. Non era sufficiente una femminile saldezza dinervi per sostenere lo sguardo fisso di

uomini così venerati e famosi tra quelli della loro settauomini cheavevano dominato le loro naturali propensioni per le

debolezze e gli affetti umani. Uno di loro si era unito alla societàportando con sé la moglie e i figlima da quel

momento non aveva mai più rivolto una parola d'affetto alla primané avevapiù preso sulle ginocchia gli amati figli.

Un altrola cui famiglia si era rifiutata di seguirloaveva avuto la forzad'animo di abbandonarla alla pietà del mondo. Il

più giovane degli anzianiun uomo d'una cinquantina d'anniera statoallevato fin dall'infanzia in un villaggio degli

Shakere si diceva che non avesse mai stretto tra le sue la mano di unadonnache non avesse mai immaginato un più

stretto legame di quello formale e fraterno della setta. Il vecchio padreEphraim era il più inflessibile di tutti: dopo una

giovinezza di dissoluto libertinaggioera stato convertito da madre Ann inpersonae aveva condiviso con i primi

Shaker il periodo della loro fanatica intransigenza. I fedeliquand'eranoseduti intorno ai camini del villaggio

raccontavano che madre Ann era stata costretta a marchiare con un ferrorovente il suo cuore di carne per purificarlo

dalle passioni terrene.

Comunque fossela povera Martha aveva un tenero cuore di donnache gemevadentro di leimentre guardava

quegli strani vecchie da loro spostava lo sguardo verso il voltoimpassibile di Adam Colburn. Tuttaviaaccorgendosi

che gli anziani la osservavano con sospettosi fece forza e parlò di nuovo.

«Con le poche forze che mi hanno lasciato le molte traversie»soggiunse«sono pronta ad assumere l'incarico

e a fare del mio meglio».

«Figli mieiunite le vostre mani»disse allora padre Ephraim.

E così fecero. Gli anziani si alzarono in piedi tutt'intorno e padre Ephraimsi sollevò in una posizione più eretta

pur rimanendo seduto sulla sua poltrona.

«Vi ho ordinato di unire le vostre mani»soggiunse«non per un terrenoaffettoperché voi vi siete liberati per

sempre delle sue catenema come fratello e sorella uniti nell'amorespiritualecome aiutanti l'uno dell'altra nel compito

che vi è stato assegnato. Insegnate agli altri la fede che avete ricevutoaprite le porte di cui vi consegno le chiavi

spalancatale a tutti coloro che rinunceranno alle iniquità del mondo everranno qui a condurre una vita di purezza e di

pace. Accogliete coloro che sono stanchidopo aver conosciuto la vanitàdella terraaccogliete i bambinicosì che

possano non imparare mai quella sciagurata lezione. E la benedizioneaccompagni i vostri sforzi così che possa

affrettarsi il giorno in cui la missione di madre Ann si realizzeràin cuinon nasceranno più bambini e non ne

morirannoe l'ultimo superstite della razza umanaun uomo vecchio e stancocome mepossa veder calare il sole per

non sorgere mai più su un mondo di peccato e di dolore!».

Il vecchio padre si lasciò ricadere esausto sulla poltronae gli anzianitutt'intorno ritenneroa ragioneche fosse

giunto il momento in cui i nuovi capi del villaggio dovevano assumere i lorocompiti di patriarchi. Mentre rivolgevano

la loro attenzione a padre Ephraimavevano però distolto lo sguardo daMarthache nel frattempo era divenuta sempre

più pallidasenza che se ne accorgesse nemmeno Adam Colburnil quale avevaritratto la mano da quella di lei e aveva

incrociato le braccia con un'espressione di appagata ambizione. Ma al suofianco Martha diveniva sempre più pallida

finchécome un cadavere in abiti funebrisi accasciò ai piedi del suoinnamorato d'un tempoperchédopo tante prove

sostenute con forzail suo cuore non poteva più sopportare il peso dellasua tormentosa desolazione.

BOZZETTI NOTTURNI

sotto un ombrello.126

Com'è piacevole una giornata invernale di pioggia tra le pareti domestiche!In una giornata come questala

migliore occupazioneo il miglior passatemposi chiami come si vuoleè unlibro di viaggi che descriva scene quanto

più diverse dalla fosca immagine che si presenta nebulosamente attraverso lefinestre. Come ho già sperimentatola

fantasia riesce allora a conferire ancor più nitidi lineamenti e vividicolori alle scene che lo scrittore descrive sulla

paginae le sue parole diventano magici incantesimi che evocano milleimmagini diverse. Strani paesaggi baluginano

tra le pareti familiari della stanzae figure di altre terre si affaccianoquasi tra i sacri confini del focolare domestico. Per

quanto sia piccola la mia stanzalo spazio è sufficiente per contenere ladistesa oceanica di un deserto d'Arabia e le sue

sabbie riarsepercorse dalla lunga fila di una carovana con cammelli chepazientemente procedono sotto gli implacabili

raggi del sole. Anche se il soffitto non è molto altoriesco nondimeno aerigere al di sotto le montagne dell'Asia

centralefinché le loro vette scintillano sopra alle nuvole dell'atmosfera.E con i miei modesti mezziuna ricchezza che

non è tassabileposso trasportare qui le splendide mercanzie di un bazarorientale e richiamare una folla di compratori

da lontani paesipronti a pagare un giusto prezzo per i preziosi articolimessi in mostra tutt'intorno. Vero ètuttaviache

in mezzo al trambusto e a tutto ciò che sembra accadere intorno a mesi odedi quando in quando battere la pioggia

contro i vetri delle mie finestreche si affacciano su una delle piùtranquille strade di una cittadina del New England.

Dopo qualche tempoanche le visioni svaniscono e non ricompaiono più al mioordine. E alloramentre cala la seraun

cupo senso di irrealtà deprime il mio spirito e mi costringe ad avventurarmifuoriprima che l'orologio suoni l'ora di

andare a lettoper convincermi che tutto il mondo non è fatto di cose cosìnebulose come quelle che mi hanno occupato

per tutto il giorno. Un sognatore può indugiare così a lungo tra le suefantasie che le cose fuori di lui possono sembrare

irreali come quelle dentro.

Quando la sera è già inoltrataesco quindi di casaabbottonandomi concura lo stropicciato pastrano e issando

l'ombrellola cui cupola di seta risuona subito del tambureggiare delleinvisibili gocce di pioggia. Soffermandomi

sull'ultimo gradinometto a confronto il tepore e l'allegria del miocaminetto abbandonato con la cupa oscurità e il gelo

cui sto andando incontro. Vedo allora funesti presagiinnumerevoli come legocce di pioggiae se non fosse l'orgoglio a

pungolarmiritornerei in casa per riprendere la mia poltronale ciabatte eil libroe trascorrere una sera di pigro piacere

come è stata la giornataper andarmene poi a letto ingloriosamente. Lastessa tremebonda titubanza ha sicuramente

soffocato per qualche attimo lo spirito avventuroso di molti viaggiatoriquando i loro passidestinati a percorrere la

circonferenza terrestrestavano per lasciare le ultime impronte sulle stradedi casa.

Nel mio casosi può concedere qualche attenuante alla debole natura umana.Alzo lo sguardo e non vedo il

cieloe nemmeno un insondabile vuotoma soltanto un neroimpenetrabilenullacome se la volta celeste e tutte le sue

luci fossero state cancellate dall'universocome se la natura fosse mortail mondo si fosse vestito a lutto e le nuvole

piangessero per essa. Con le loro lacrime sulle guancevolgo lo sguardo aterrama anche qui trovo scarsa

consolazione. Un lamp ione è fiocamente acceso a un angolo lontano e gettanella strada abbastanza luce per mostrare

esagerandoli al suo debole chiarorei pericoli e le difficoltà cheinsidiano il mio cammino. Laggiùi resti biancastri di

un enorme cumulo di neve ingombreranno il marciapiede fino agli ultimi giornidi marzoe oltre o attraverso quella

distesa invernale devo avventurarmi. Al di làsi distende un abisso didoloreun intruglio di fango e liquida sporcizia

che arriva fino alla cavigliaal ginocchio o al colloinsomma diinsondabile profonditàsul quale non si riflette

nemmeno la luce del lampioneche però ho osservato di quando in quandodall'alba al tramontomentre dilagava

gradualmente il suo orrore. Se dovessi sprofondare nelle sue profonditàpotrei forse dire addio alla terra! E senti come

scroscia impetuoso un torrente d'acquail cui corso turbolento è in partearrossato dal chiarore del lampionee altrove

scorre rumorosamente nelle più fitte tenebre! Se fossi travolto nel guardarele acque impetuose e sudicie di quel

ruscellola polizia avrebbe il suo da fare con questo sfortunato gentiluomoche ha voluto porre fine ai suoi guai proprio

in una pozzanghera!

Nonon esiterò un attimo ancora davanti a questi cupi pericolichediventano sempre più oscuramente

insormontabili più mi trattengo a misurarli. In cammino! Ed ecco che conpochi dannioltre a una raffica di pioggia

sulla faccia e sul pettouno schizzo di fango sui pantaloni e lo stivalesinistro pieno di acqua gelidami vedete arrivare

all'angolo della strada. Il lampione getta un alone rossastro intorno a meeaguzzando lo sguardo da un angolo della

strada all'altro distinguo altre chiazze di luce che mi illuminano il camminoverso lidi più luminosi. Ma questo è un

luogo desolato e tetro: gli alti edifici lanciano la loro cupa sfida altemporalecon le imposte tutte chiusecome un uomo

che socchiuda gli occhi davanti alle folate di pioggia. Come scrosciarumorosamente la pioggia giù dalle grondaie di

lamiera! Le raffiche di vento sono sempre più violente e sembrano aggredirmida varie parti contemporaneamente.

Come mi è capitato più volte di osservarequesto angolo è un luogo disosta e di ritrovo per quei venti che non sono

impegnati con le grandi navi che solcano le nostre coste frastagliatenénelle foreste a strappare i silvestri giganti con

una pertica di terra attaccata alle loro enormi radici. Qui si divertonoinvece a combinare più innocenti marachelle: in

questo momento stanno assalendo quella povera donna laggiùche sta passandosotto la luce del lampionee una folata

si accanisce contro il suo ombrellorovesciandoloun'altra spolvera ilcappuccio della sua mantellacalandoglielo sugli

occhimentre una terza si prende le più scandalose libertà con la parteinferiore del suo abito. Per fortunala buona

signora non è un fuscelloma è fatta di rotonda e carnosa sostanzaaltrimenti questi aerei monelli la solleverebbero in

aria come una strega sulla scopaper poi depositarlasicuramentenel piùsudicio rigagnolo qui intorno.

Da qui mi trascino sul solido selciato fino al centro cittadinodove trovouna scintillante illuminazionecome

per festeggiare qualche importante vittoria sul campo di battaglia o alleurne. Due file di negozicon grandi vetrine che

arrivano fin quasi a terradiffondono il loro chiarore da una parteall'altra della stradamentre la notte scura è sospesa al.127

di sopra come un baldacchinoimpedendo così alla luce di disperdersi. Imarciapiedi bagnati scintillano come un vasto

tappeto di luce rossa; brillano anche le gocce di pioggiacome se il cielostesse rovesciando rubinie i rigagnoli

scorrono come fuoco. La scena mi sembra emblematica di quel baglioreingannevole che i mortali spargono intorno ai

loro passi nel mondorimanendone abbagliati fino a dimenticarel'impenetrabile oscurità che li avvolge e che può essere

dispersa soltanto da una luce dall'alto. Dopo tuttoè una scena priva diallegriacosì come sono privi di allegria coloro

che vi si aggirano. Eccoarriva un personaggio che ha tanta familiarità conle intemperie da prendere le raffiche della

bufera per il saluto di un amico che gli chiede: «Come va?». È un capitanodi mare a riposoavvolto in qualche

indefinibile indumento di tipo marinarescoche sta facendo rotta versol'ufficio di Assicurazione della Marina per

intrecciare lì racconti di bufere e naufragi con un equipaggio di vecchilupi di mare come lui. E il vento farà sentire la

sua voce tra quelle rauche dei marinaiper essere udito da tutti. Incontropoi un infelice signore male in arnesecon una

mantella gettata in fretta sulle spalleche corre a gara col vento impetuososforzandosi di scivolare tra una goccia e

l'altra di pioggia. Qualche accidente domestico deve averlo strappato dal suocaldo caminetto per correre in cerca di un

dottore! E guarda quel piccolo vagabondo che se ne sta noncurante propriosotto una grondaia mentre guarda incuriosito

qualche oggetto in una vetrina! Di certo l'acqua è il suo elemento:dev'essere piovuto giù dalle nuvolecome dicono che

facciano le rane.

Ecco una graziosa scenetta: un giovanotto e una ragazzaavvolti tutti e duenelle mantelle e stretti l'uno all'altro

sotto la precaria protezione di un ombrello di cotone. Lei porta soprascarpedi gommama lui calza soltanto scarpette da

balloe infatti sono sicuramente in cammino per qualche festa o ballo dibeneficenzaun dollaro a testa rinfresco

compresoe affrontano ora la tempesta attratti da qualche visione displendidi festeggiamenti. Ma ecco un malaugurato

incidente: distratti dalle luci rosseazzurre e gialle della vetrina di unafarmaciasono scivolati su una lastra residua di

ghiaccioprecipitando in una confluenza di rigagnoli in piena all'angolo didue strade. Sfortunati amantise la mia

natura non fosse quella di uno spettatore della vitatenterei di accorrerein vostro soccorsoma così non èe allora mi

impegno solennementese doveste annegarea raccontare la patetica storiadel vostro triste destinotale da strappare

tante lacrime da farvi annegare di nuovo. Avete toccato il fondomieigiovani amici? Sìecco che emergono come una

ninfa delle acque e una divinità fluviale e sguazzano mano nella mano fuoridalla profondità della scura pozza d'acqua.

Poi si affrettano verso casafradicisconsolatidelusima il loro amoreè troppo caldo per essere raffreddato dalla gelida

acqua. Hanno affrontato una prova che potrebbe rivelarsi troppo ardua permoltima sempre fedelianche se inzuppati

fino al midollo!

Vado avantipartecipando con piacere o con dolore alle varie vicissitudinidella vita dei mortalisia quando la

mia figura è illuminata dalla luce delle finestreo quando è oscuratapassando in un tratto buio. Ma non è che il mio

spirito camaleonticoprivo di proprie sfumature. Ora passo per una stradapiù appartatadove le abitazioni di ricchi e

poveri sono mescolate insieme e presentano una gamma di immagini in fortecontrasto. Ma anche qui si può trovare la

via di mezzo. Dentro quel caseggiato intravvedo una cerchia familiare: lanonnai genitorii figlitutti guizzanti come

ombre al riverbero del camino. Può pure infuriare la buferae il ventogelido può battere contro i vetri della finestrama

non riusciranno a raffreddare il tepore di quel camino! Certo che è una durasortela miaquella di vagabondare qui

senza casastringendo al petto soltanto la nottela bufera e la solitudineanziché una moglie e i figli. Ma mi do pace

perché so bene che anche ospiti più cupi sono seduti intorno al caminoanche se l'allegra fiamma illumina soltanto

immagini gioiose. Ma ecco una scena ancora più brillante: una sontuosadimora illuminata per un ballocon lampadari

di cristallo e lampade d'alabastro accese in tutte le stanzee soleggiatipaesaggi appesi alle pareti. Ecco che una carrozza

si è fermata e ne scende una lieve bellezza cheal riparo di due ombrelliscivola sotto il portale e scompare tra lontane

note di musica. Sentirà mai il vento della notte e la pioggia? Forse sì. Lamorte e il dolore entreranno mai in

quell'orgogliosa dimora? È certocome è certo che questa notte i ballerinisaranno allegri tra le sue pareti. Questi

pensieri rattristano il mio cuorema anche lo rassicuranoperché insegnanoche il pover'uomonel suo misero tugurio

battuto dalle intemperiesenza un fuoco che lo riscaldipuò chiamarefratello il riccoessendo affratellato dal dolore che

deve visitare le loro casee dalla morteche sicuramente condurrà ambeduein altre dimore.

Vado ancora avantisprofondando nella notte. Ora ho raggiunto gli estremilimiti della cittàdove l'ultimo

lampione lotta fievolmente con le tenebrecome la più lontana stella chesta di sentinella ai confini dello spazio non

creato. È strano che sensazioni sublimi possano aver origine dalle causepiù comunicome quelle suggerite dal cupo

ruggito di una cataratta sotterranealà dove l'impetuosa corrente di unrigagnolo precipita sotto una grata di ferro e

scompare dalla terra. Ascolto per un po' la sua voce misteriosae lafantasia la ingigantiscefinchétrasalendosorrido

di questa illusione. Ecco un altro rumorelo sferragliare di ruote delladiligenza postalediretta fuori cittàche rotola

pesantemente sul selciatoschizzando il fango e l'acqua della strada. Pertutta la notte i poveri passeggeri saranno

sballottati avanti e indietrotra una sonnacchiosa veglia e un sonnoagitatosognando i loro comodi letti e svegliandosi

ancora per il movimento della vettura. È più lieto il mio destinoche miriporterà subito nella mia solita stanza per

brindare comodamente davanti al fuocomeditareappisolarmi di quando inquandoe immaginare gli strani aspetti di

ciò che tutti possono vedere. Ma prima voglio guardare quella figurasolitaria che viene avanti con una lanterna di latta

che getta a terratutt'intorno a luicerchi di luce attraverso i suoi fori.Si avventura intrepido nel buio inesploratodove

io non lo seguirò.

Questa figura mi suggerirà una moralein mancanza di una più appropriatacon cui concludere il mio bozzetto.

Quell'uomo non teme di percorrere l'oscura strada davanti a séperché lalanternache ha acceso al camino di casa sua

gli illuminerà la via del ritorno a quello stesso focolare. E anche noivagabondi nella notte di un mondo tempestoso e.128

cupose portiamo la lampada della fedeaccesa a un fuoco celestesaremosicuramente ricondotti nel cielo dal quale

quella luce è stata presa a prestito.

ENDICOTT E LA CROCE ROSSA DI SAN GIORGIO

A mezzogiorno di una giornata d'autunno di oltre due secoli fai coloriinglesi furono issati dal portabandiera

della milizia di Salemaddestrata alle arti marziali agli ordini di JohnEndicott. Era un periodo in cui gli esuli religiosi

erano abituati a indossare l'armatura e a esercitarsi nel maneggiare le armi.Fin dai tempi della colonizzazione del New

Englandmai la situazione era stata così triste. I dissensi tra Carlo Id'Inghilterra e i suoi sudditi erano allorae per molti

anni a venirerelegati all'aula del parlamento. Le misure adottate dalsovrano e dai suoi ministri erano ancor più

tiranniche e oppressive a causa di un'opposizione che non aveva ancoraacquistato sufficiente fiducia nella propria forza

per resistere con la spada alle ingiustizie del re. Il bigotto e altezzosoprimate d'Inghilterra Laudarcivescovo di

Canterburycontrollava le questioni religiose del regnoed era perciòinvestito di poteri che potevano provocare la

rovina delle due colonie puritane di Plymouth e Massachusetts. Esistonotestimonianze che i nostri antenatipur

consapevoli del pericoloerano ben decisi a impedire che il loro giovanepaese soccombesse senza dare battagliaanche

sotto la possente forza del braccio del sovrano.

Questi erano i tempi in cui il vessillo d'Inghilterracon la croce rossa incampofu dispiegato sopra un gruppo

di puritani. Il loro capoil celebre Endicottera un uomo di contegnosevero e risolutoal quale contribuiva anche una

barba brizzolata che gli copriva la parte superiore della corazza. Questopezzo della sua armatura era così lucido che

tutto quanto era intorno rifletteva la sua immagine nell'acciaioscintillantesul quale spiccava ora un umile edificioche

non aveva guglie né campane a rivelare ciò che era: una casa di preghiera.A monito dei pericoli di quella landa

desolataera esposta la truce testa di un lupoda poco ucciso nei dintornidella cittadinae inchiodato sul portico della

chiesacome voleva allora il regolamento per chi ne rivendicava la taglia.Il suo sangue gocciolava ancora sui gradini

d'ingresso. Erano anche visibiliin quella stessa ora di mezzogiornotantialtri esempi dei tempi e dei modi di vivere dei

puritaniche dobbiamo sforzarci di descriverli sommariamenteanche se menovividamente di quanto erano riflessi

sulla lucida corazza di John Endicott.

Nelle vicinanze di quel sacro luogo compariva anche un importante strumentodell'autorità dei puritaniil palo

della fustigazionesul terreno più volte calpestato dai piedi deimalfattorilì condotti per essere richiamati alla

disciplina. A un angolo della chiesa si vedeva la gognaall'altro i ceppieper singolare fortuna del nostro raccontola

testa di un episcopalesospettato anche d'essere cattolicoeragrottescamente incorniciata nel primo strumentomentre

un altro colpevoleche aveva rumorosamente brindato alla salute del reeraimprigionato con le gambe nei ceppi. Una

accanto all'altrasui gradini della chiesacomparivano una figura maschilee una femminile. L'uomo era un allampanato

ed emaciato emblema del fanatismoche portava sul petto un cartello con lascritta «falso evangelizzatore»il che

significava che si era azzardato a dare la sua interpretazione delle SacreScritturesenza l'avallo dell'infallibile giudizio

delle autorità civili e religiose. Il suo aspetto non mostrava mancanza difervore nel mantenere le sue posizioni

eterodossenemmeno lì esposto al ludibrio generale. La donna aveva un morsosulla linguapena che le era stata inflitta

perché aveva preso le parti di quell'indegno membro contro gli anziani dellachiesae il suo contegno dava motivo di

temere chenon appena fosse stato rimo sso quel morsola ripetizione delreato avrebbe richiesto altre ingegnose misure

punitive.

I succitati personaggi erano stati condannati a subire queste umiliazioni perl'arco di un'ora a mezzogiorno. Ma

tra quella folla erano presenti anche alcune persone punite per tutta lavita: ad alcuni erano state tagliate le orecchie

come ai cagnolinialtri erano stati marchiati sulle guance con le inizialidei loro misfattia uno erano state tagliate e

cauterizzate le nariciun altro portava una cavezza al colloche avevadivieto di togliersi o di nascondere sotto gli

indumentie forse era stato dolorosamente tentato di appendere l'altro capodella fune a una trave o a un ramo. Era

presente anche una giovane e bella donnala cui condanna era quella diportare la lettera A sul davanti del suo abito

agli occhi di tutto il mondo e dei suoi stessi figliche sapevano anch'essiche cosa significava quell'iniziale. Per

ostentare il marchio d'infamiaquella creatura perduta e disperata avevadovuto ricamare il funesto simbolo su una

stoffa scarlatta con filo doratousando tutta la sua arte nel cucitocosìche quella lettera maiuscola A poteva essere

interpretata nel senso di «ammirevole»o in altri significati diversi da«adultera».

Il lettore non deve dedurresulla base di questi esempiche i tempi deipuritani fossero più perversi dei nostri

quandonel passare per la stessa strada qui descrittanon vediamo similimarchi di infamia su uomini o donne. Era

infatti consuetudine dei nostri antenati scoprire anche i più reconditipeccati ed esporli al ludibriosenza pudori e

privilegialla luce del sole di mezzogiorno. Fosse questa la consuetudineanche ai giorni nostripotremmo

probabilmente trovare materiali per descrivere scene non meno colorite diquesta.

Fatta eccezione per i su citati malfattoriper i malati e gli infermituttala popolazione maschile della cittadina

compresa tra i sedici e i sessant'annifaceva parte dei ranghi dellamilizia. Alcuni austeri selvaggiin tutta la pompa e la

dignità degli antichi pellerossastavano assistendo allo spettacolo. Leloro frecce con la punta di selce erano armi

infantili a confronto con gli archibugi dei puritanie avrebbero soloscalfito innocuamente gli elmi d'acciaio e le corazze

di ferro battuto che racchiudevano ciascun milite come in una fortezzaindividuale. Il valoroso John Endicott guardò

con orgoglio i suoi baldi seguaci e si preparò a riprendere gli esercizimarziali di quel giorno..129

«Avantimiei prodi!»esclamòestraendo la spada. «Mostriamo a questipoveri pagani come sappiamo

maneggiare le nostre armi. E buon per loro se non ci costringono a darnereale dimostrazione!».

La compagnia corazzata si schierò in filae ognuno posò il pesante calciodel suo archibugio accanto al piede

sinistroin attesa degli ordini del capitano. Ma mentre Endicott scrutava adestra e manca la fila dei suoi uominiscorse

in lontananza un personaggio con cui era d'uopo parlamentare. Era un anzianogentiluomo che indossava un mantello

nero con la fascia e un cappello a larga tesa sotto il quale si vedeva unozuccotto di vellutoil tipico abbigliamento di un

pastore puritano. La venerabile persona impugnava anche un bastonechesembrava essere stato tagliato da poco nella

forestae le sue scarpe erano inzaccheratecome se avesse viaggiato a piediattraverso le paludi di quella landa desolata.

Il suo aspetto era esattamente quello di un pellegrinoe a esso siaggiungeva anche un'apostolica dignità. Quando

Endicott lo avvistòl'uomo mise da parte il suo bastone e si chinò a berea una fontana che zampillava al solea una

decina di metri dall'angolo della chiesa. Ma prima di bereil brav'uomoalzò lo sguardo al cielo con gratitudinee poi

scostando la barba grigia con una manoraccolse un po' d'acqua nel palmodell'altra.

«Ehilàbuon signor Williams!»gridò Endicott. «Ci è gradito il suoritorno nella nostra pacifica cittadina.

Come sta il nostro degno governatore Winthrop? E quali notizie giungono daBoston?».

«Il governatore gode buona salutedevoto signore»rispose Roger Williamsriprendendo il suo bastone e

avvicinandosi. «E in quanto alle notizieho qui una lettera che SuaEccellenza mi ha affidatosapendo che sarei venuto

qui oggi. Verosimilmentecontiene notizie di grande importanzaperché ieriè giunta una nave dall'Inghilterra».

E signor Williamspastore di Saleme pertanto ben noto a tutti i presentiera ora giunto dove Endicott era in

piedi sotto lo stendardo della sua compagniae gli mise in mano la missivadel governatorecol grande sigillo impresso

col suo blasone. Endicott si affrettò ad aprire la lettera e iniziò aleggerlama mentre scorreva la pagina la sua virile

espressione si fece sempre più adirata. Il sangue gli affluì sul voltochesembrò accendersi di un fuoco interioreed era

immaginabile che anche la sua corazza divenisse incandescente per le fiammedi collera che ardevano nel suo petto.

Arrivato alla conclusionescrollò rabbiosamente in mano la missivachefrusciò rumorosamente come la bandiera che

garriva sulla sua testa.

«Brutte notiziesignor Williams»commentò. «Le più brutte che sianomai giunte nel New England.

Sicuramente lei ne conosce il contenutovero?».

«Lo conoscoin realtà»rispose Roger Williams«perché il governatoresi è consultato in proposito con i miei

confratelli del clero di Bostone parimenti è stata chiesta la miaopinione. E Sua Eccellenza la pregaper mio tramite

che la notizia non sia improvvisamente divulgataper tema che la popolazionescateni qualche tumulto e dia così un

pretesto contro di noi al sovrano e all'arcivescovo».

«Il governatore è un uomo saggiosaggioprudente e moderato»commentòEndicottdigrignando i denti.

«Nondimenodevo fare come mi consiglia il mio giudizio. Non c'è uomodonna o bambino in tutto il New England che

non siano interessati vivamente a queste notiziee se la voce di JohnEndicott sarà abbastanza altauominidonne e

bambini ne verranno a conoscenza. Soldatifate quadrato intorno a me!Ehilàbrava gentesono giunte notizie che

riguardano tutti voi!».

I soldati si strinsero intorno al loro capitanoche stava accanto a RogerWilliams sotto la bandiera con la Croce

rossa di san Giorgiomentre le donne e gli anziani facevano ressae lemadri sollevavano i loro figli per mostrare loro il

volto di Endicott. Qualche rullo di tamburo diede il segnale che imponevasilenzio e attenzione.

«Compagni d'armicompagni d'esilio»esordì Endicott parlando in preda aviva emozioneche riusciva

nondimeno a controllare. «Per quale motivo avete lasciato il vostro paesenatale? Per quale motivomi domando

abbiamo lasciato i campi verdi e fertilile case e le vecchie sale grigie incui siamo nati e cresciutii cimiteri delle

chiese in cui sono sepolti i nostri antenati? Per quale motivo siamo quigiuntiper erigere le nostre pietre tombali nel

deserto? Un deserto che risuona di ululatiecco che cos'è! Il lupo e l'orsoci attendono a pochi passi dalle nostre

abitazionii selvaggi ci tendono agguati nell'ombra infida della foresta. Letenaci radici degli alberi spezzano i nostri

vomeri quando dissodiamo la terra. I nostri figli piangono perché non hannopanee dobbiamo scavare nella sabbia

della costa per soddisfarli. Per quale motivovi domando ancorasiamogiunti in questa terra ostile e gelida? Non è stato

forse per godere i nostri diritti civili? Non è stato forse per la libertàdi venerare Dio secondo la nostra coscienza?».

«E questa la chiami libertà di coscienza?»lo interruppe una voce daigradini della chiesa.

Era il «falso evangelizzatore». Un sorriso triste e pacato attraversò perun attimo il volto mansueto di Roger

Williams. Ma Endicottnel fervore di quel momentobrandì rabbiosamente laspada contro il colpevoleun gesto che

incuteva paura da un uomo come lui. «Che cos'hai a che vedere tu con lacoscienzafurfante?»esclamò. «Io parlavo

della libertà di venerare Dionon della licenza di profanarlo e deriderlo.Non interrompere il mio discorsoaltrimenti ti

farò legare mani e piedi fino a quest'ora di domani. Prestate ascolto a meamicinon badate a questo maledetto esaltato!

Come dicevoabbiamo sacrificato tutto quantosiamo giunti in una terra dicui il vecchio mondo non aveva quasi

conoscenzaper poter costruire qui un nuovo mondo per noie cercarefaticosamente una strada che ci porti al paradiso.

E orache cosa ne pensate? Questo figlio di un tiranno scozzesequestonipote di una scozzese papista e adulterache

con la sua morte ha dimostrato che una corona dorata non sempre salva dalceppo del boia una testa consacrata...».

«Nofratellono»lo interruppe il signor Williams«le sue parole nonsono appropriate a un luogo privatoe

tanto meno a una pubblica piazza».

«Non interferiscaRoger Williams!»replicò Endicott imperiosamente. «Ilmio spirito è più saggio del suoin

questo frangente! Io vi dicocompagni d'esilioche Carlo d'Inghilterra eLaudil nostro più implacabile persecutore

arciprete di Canterburysono ben decisi a opprimerci anche qui. Stannodeliberandodice questa letteradi inviare qui.130

un governatore generalenelle cui mani saranno affidate la legge e lagiustizia di questo paese. Sono intenzionati anche

a stabilire qui i culti idolatri dell'episcopato inglesecosì chequandoLaud bacerà il piede del papain quanto cardinale

di Romapotrà consegnare il New Englandlegato mani e piedialla mercédel suo padrone!».

Un profondo gemitomescolato con collerapaura e doloresi alzò dagliascoltatori in risposta alla sua

profezia.

«Badate benefratelli»concluse Endicottcon crescente fervore. «Sequesto re e questo arciprelato faranno la

loro volontàtra breve vedremo una croce sulla guglia di questo luogo diculto che noi abbiamo costruitoe un altare

entro le sue muracon ceri accesi tutt'intorno a mezzogiorno. Udremo le lorocampane e le voci dei preti di Roma che

dicono messa. Ma voicristianipensate che questa infamia possa esseretollerata senza che una spada sia sguainata

senza che un colpo sia sparatosenza che sangue sia versatoproprio quisui gradini del pulpito? Nosiate forti di

braccio e intrepidi di cuore! Resteremo quisul nostro suoloche abbiamoacquistato con i nostri averiche abbiamo

conquistato con la spadache abbiamo spianato con le nostre ascecheabbiamo dissodato col sudore della nostra fronte

che abbiamo santificato con le nostre preghiere a Dio che ci ha condotti qui!Chi mai potrà renderci schiavi? Che cosa

abbiamo a che vedere con questo prelato con la mitracon questo sovranoincoronato? Che cosa abbiamo a che vedere

con l'Inghilterra?».

Endicott guardò intorno a sé i volti infiammati degli ascoltatorioraanimati del suo stesso spiritopoi si voltò

improvvisamente verso il portabandiera che gli stava accanto.

«Ufficialeammaina la bandiera!» gli ordinò.

L'ufficiale ubbidìed Endicottimpugnata la spadala affondò nel tessutoe con la mano sinistra strappò la

Croce rossa di san Giorgiopoi agitò sopra alla testa l'insegna lacerata.

«Miserabile sacrilego!»tuonò l'ecclesiastico esposto alla gognanonpiù capace di trattenersi. «Tu hai

rinnegato il simbolo della nostra santa religione!».

«Tradimento! Tradimento»gridò il lealista legato ai ceppi. «Quest'uomoha oltraggiato la bandiera del re!».

«Davanti a Dio e agli uomini rivendico ciò che ho fatto»risposeEndicott. «Un rullo di tamburotamburino! e

voisoldati e cittadiniacclamate l'insegna del New England! Né il papané il tiranno vi hanno più parteadesso!».

Con un grido di trionfola folla diede la sua approvazione a una delle piùaudaci imprese che la nostra storia

ricordi. E sempre sia onorato il nome di Endicott. Guardiamo dietro a noinella nebbia dei tempie riconosciamo nello

strappo della Croce rossa dalla bandiera del New England il primo presagio diquella liberazione che i nostri padri

hanno conquistatoquando le ossa di questo indomito puritano giacevano ormaida oltre un secolo nella polvere.

LA RICERCA DI LILY

Un apologo

Due innamorati avevano progettato una piccola casa estivacostruita come unantico tempioin cui volevano

dedicarsi a tutti i loro raffinati e innocenti piaceri. Lì si sarebberointrattenuti piacevolmente tra loro e con la loro

cerchia di familiari e amicilì avrebbero offerto banchetti con fruttideliziosi e avrebbero ascoltato lievi melodie

mescolate con note patetiche che rendono ancor più dolce il piacerelìavrebbero letto prosa e poesia per consentire alle

loro menti di librarsi in romantici sogni a occhi apertie insommaperchédare forma al vago splendore delle loro

speranze? Lì dovevano raccogliere tutti i più puri piacericome rose tra ipilastri della casache fiorivano sempre nuove

e spontanee. E cosìin un sereno pomeriggio ventilatoAdam Forrester eLilias Fay si misero in cammino per la vasta

tenuta che dovevano possedere insiemein cerca del luogo più adatto per illoro Tempio della felicità. Erano anch'essi

un lieto spettacolodegni sacerdoti di quell'altaree Adam Forrestertraducendo in poesia il bel nome di Liliasera

solito chiamarla Lilyperché la sua figura era fragile e le sue guancequasi pallide come quelle del giglio.

Mentre camminavano mano nella mano in un viale di olmi cadenti che partivadal porticato della casa paterna

di Lilysembravano splendere come creature alate attraverso i fasci di raggidel sole e spargere luce dove cadevano

ombre profonde. Ma dietro alla giovane coppia si era incamminata anche unatetra figura avvolta in una mantella di

velluto nero che sembrava un drappo funebree coperta da un lugubre cappelloda funeraleche calava l'ombra della sua

ampia tesa sulle folte sopracciglia. Guardando dietro di ségli innamoraticapirono subito chi li seguivae si augurarono

nei loro cuori che fosse altroveessendo la sua compagnia così stranamenteinadatta alla loro lieta passeggiata. Era un

parente prossimo di Lilias Fayun vecchio di nome Walter Gascoigneche damolto tempo soffriva sotto il peso di uno

spirito malinconico che a volte diventava autentica follia e sempre neimprontava il carattere. Quale contrastotra i due

giovani e felici viandanti e il loro indesiderato accompagnatore! Lorosembravano modellati dalla luce del solelui dalla

più cupa ombra della terra; loro si libravano come la speranza e lafelicitàavviandosi mano nella mano attraverso la

vitamentre la tetra figura dell'uomo incombeva dietro a loro comeincarnazione di tutte le funeste influenze che la vita

poteva riservare loro. I tre non avevano fatto molta strada quando giunseroin un posto che piaceva alla dolce Lilye lì

si fermò.

«Quale posto più ameno possiamo trovare?»domandò Lily. «Perchécercare oltre il luogo del nostro

tempio?».

Era invero un luogo deliziosoanche se non era distinto da particolariattrattiveessendo soltanto un angolo al

riparo di una collinacon la prospettiva di un lago lontano in una direzionee del campanile di una chiesa in un'altratra.131

paesaggi e sentieri che portavano in boschi verdi e scomparivano nell'ombrascintillante. Se fosse stato eretto in quella

posizioneil tempio avrebbe guardato verso occidentecosì che gliinnamorati avrebbero potuto sognare le più

splendide visioni alla luce purpureaviola e dorata del cielo al tramontoepochi dei piaceri che si attendevano erano più

belli di quelli immaginati dalla loro fantasia.

«Sì»rispose Adam Forrester«potremmo cercare tutto il giornoe nontroveremmo un luogo più bello.

Costruiremo qui il nostro tempio».

Ma il loro triste accompagnatoreche aveva preso posto proprio sul punto cheessi progettavano di ricoprire

con un pavimento di marmoscosse il capo e aggrottò la frontee allora idue giovani pensarono che l'ombra gettata

dalla sua lugubre figura su quel luogo era sufficiente per corromperlo edissacrarlo come tempio. Il vecchio indicò

alcune pietre sparseruderi di una precedente strutturae i fiori che lefanciulle amano talvolta coltivare nei giardinima

che ora crescevano selvatici allo stato naturale.

«Non qui!»esclamò il vecchio Walter Gascoigne. «Molto tempo faaltrimortali hanno costruito qui il loro

Tempio della felicità. Cercate un altro posto!».

«Come?»domandò Lilias Fay. «Altre personeoltre a noihannoprogettato di costruire un tempio come

questo?».

«Povera bambina!»esclamò il suo lugubre parente. «In un modo onell'altrotutti i mortali hanno accarezzato

il vostro sogno».

Il vecchio raccontò allora agli innamo rati che un tempo sorgeva in quelluogo non proprio un tempioma un

edificioe che l'aveva abitato tra gli altri un personaggio con abiti scuriche stava sempre seduto davanti al camino

avvelenando l'atmosfera gioiosa della casa. Sotto quelle vestiAdam e Liliascapirono che il vecchio stava parlando del

Dolore. Non raccontò niente che non sarebbe potuto accadere in quasi tuttele altre caseeppure i suoi ascoltatori ebbero

la sensazione che i raggi del sole non sarebbero mai scesi su quel luogo incui le sofferenze umane avevano lasciato una

così profonda improntae checomunquenon doveva esservi costruito lì illoro Tempio della felicità.

«È molto triste»commentò Lily con un sospiro.

«Beneesistono posti più ameni di questo»replicò Adam Forrester perconsolarla«luoghi che non sono stati

oscurati dal dolore».

Si affrettarono allora ad andarsene seguiti dal malinconico Gascoignechesembrava aver raccolto tutta la

mestizia di quel luogo abbandonato per portarla con sé come un fardello diinestimabile valore. Continuarono a

camminare e si trovarono infine in una valletta rocciosain mezzo alla qualescorreva un ruscelletto con acque

increspate e spumeggiantie con un incessante e festoso mormorio. Era unluogo appartato e selvaggiocircondato da

precipizi bui che potevano apparire un po' troppo severi se tra le lorofenditure non si fossero radicati arbusti verdi a

profusionecon ghirlande di rigoglioso fogliame tra le loro fronde. Ma laprincipale attrattiva della valletta era il

ruscellosimile alla presenza di uno spensierato fanciullo che non avevaniente di terreno da fare oltre a balbettare

allegramente e trastullarsifacendo di ogni essere vivente il suo compagnodi giochi e gettando i suoi riflessi di sole

sullo spirito di tutti.

«Eccoquesto è il posto!»esclamarono all'unisono i due innamoratiquando arrivarono sull'orlo di una

cascatella. «Questa valletta sembra fatta apposta per il nostro tempio!».

«E la lieta canzone del ruscello sarà sempre nelle nostre orecchie!»esclamò Lilias Fay.

«E la sua lunga melodia canterà la felicità della nostra vita»soggiunseAdam Forrester.

«Nonon dovete costruire qui il tempio!»mormorò il loro tetroaccompagnatore.

Il vecchio pazzo era ancora lìproprio dove intendevano costruire la loroluminosa dimorae sembrava

l'incarnazione di qualche sventura chein tempi ormai dimenticatisi eraabbattuta su quel luogo. E purtroppo una

sventura era realmente avvenutanon solo la sua incarnazione: più di unsecolo primaun giovane aveva attratto lì una

fanciulla che lo amava e proprio in quel luogo l'aveva uccisalavandosi poile mani insanguinate nel ruscelletto che ora

cantava così allegramente. E dopo d'allora il grido di morte della poveravittima si udiva spesso echeggiare tra quelle

rocce.

«Guardate!»esclamò il vecchio Gascoigne. «Il ruscello vi sembradepurato delle macchie sulle mani

dell'assassino?».

«Mi sembra di vedere una sfumatura di sangue»rispose fievolmente Lilyetremante come un fuscello si

aggrappò al braccio dell'innamorato mormorando: «Fuggiamo da questaorribile valletta!».

«Andiamoallora!»esclamò Adam Forrestercol tono più allegropossibile. «Troveremo un posto più lieto».

Si misero di nuovo in camminogiovani pellegrini alla ricerca di ciò chemilioni di personee ogni figlio della

terrahanno cercato a loro volta. E forse Lily e il suo innamorato potevanoessere più fortunati di quei milioni di

persone? Per molto tempo sembrò che così non fosse. La lugubre figura delvecchio pazzo scivolava ancora dietro a

loroe in ogni luogo che essi accarezzavano con lo sguardoil vecchio avevada raccontare qualche leggenda di torti e

sofferenze patitecosì triste che i suoi ascoltatori non potevano piùassociare l'idea della loro felicità col luogo in cui ciò

era avvenuto. Qui una donna col cuore spezzatoinginocchiata davanti alproprio figlioera stata da questi scacciata; là

una vecchia abbandonata aveva pregato il maligno e aveva ricevuto un animomalvagio in risposta alla sua preghiera;

qui un neonatoun tenero germoglio di vitaera stato trovato morto conl'impronta delle dita di sua madre intorno alla

gola; qui ancorasotto una vecchia querciadue innamorati erano staticolpiti dal fulminee i loro corpi anneriti erano

caduti abbracciati. Il lugubre Gascoigne aveva il dono di conoscere tutti imali e le sventure che avevano macchiato il

seno di madre Terrae dopo aver raccontato la storiala sua voce funereasuonava come una profezia di future sventure.132

oltre che un'eco di leggende del passato. E oravedendo la loro tristeespressionesi sarebbe detto che i due giovani

pellegrini fossero alla ricerca non di un tempio di felicità terrenama diuna tomba per sé e i loro posteri.

«Dove costruiremo in questa terra il nostro Tempio della felicità?»sidomandò scoraggiato Adam. Forrester.

«Dovein questa terra?»ripeté Lilias Faye debole e stanca com'eraancor più per il peso del suo cuorechinò

il capo e si sedette sulla cima di una collinettaripetendo: «Doveinquesta terracostruiremo il nostro tempio?».

«Ahvi siete già posti questa domanda?»domandò il loro accompagnatorecon un sorriso che rendeva ancora

più cupa la sua espressione. «Eppure c'è un postoanche in questa terrain cui potete costruirlo».

Mentre il vecchio parlavaAdam e Lilias volgevano distrattamente lo sguardointornoe allora si accorsero che

quel luogoin cui per caso si erano fermatiaveva un suo sereno fascinoche ben si adattava al loro umore di quel

momento. Era una piccola altura del terrenocon una certa regolarità diforma che era stata forse conferita ad artee una

macchia d'alberiche quasi la circondavagettava tutt'intorno e al di làla sua ombra pensosaanche se qualche attutito

raggio di sole trovava la strada per penetrarvi. Da una parte comparival'avita dimora in cui gli innamorati sarebbero

vissuti e dall'altra la chiesa coperta d'edera in cui avrebbero pregato. Eabbassando per caso lo sguardo a terrasorrisero

con un senso di meraviglianel vedere che un pallido giglio stava crescendoai loro piedi.

«Qui costruiremo il nostro tempio!»esclamarono insiemeconl'indescrivibile convinzione di aver trovato

finalmente il posto adatto.

Ma mentre pronunciavano queste parolei due giovani lanciarono uno sguardoansioso al loro cupo

accompagnatoreritenendo quasi impossibile che qualche racconto di umanesventure non facesse apparire quel luogo

orribile come tutti i precedenti. Il vecchio stava in piedi dietro a lorocosì da rappresentare la figura prominente del

gruppocol suo tetro mantello che gli copriva la parte inferiore del volto eil luttuoso cappello che metteva in ombra le

sopracciglia. Tuttavia non espresse alcun dissenso dal loro propositoe unimperscrutabile sorriso fu da loro interpretato

come segno che lì non v'erano tracce di colpe e di dolori a funestare illuogo del loro Tempio della felicità.

Poco tempo dopoquando l'estate era ancora agli inizila bella strutturadel tempio fu eretta sulla cima della

collinettatra le solenni ombre degli alberima spesso allietata dai vividiraggi del sole. Era costruito in marmo bianco

con sottili e aggraziati pilastri che sostenevano una cupolae sottoalcentro di questaera posata su un piedistallo una

lastra di marmo con venature scureche poteva essere cosparsa di libri espartiti musicali. Ma correva vocenel vicinato

che l'edificio era stato progettato come un antico mausoleo per diventare unsepolcroe che su quella lastra di marmo

con venature scure dovevano essere incisi i nomi di coloro che vi eranosepolti. Si dubitava anche che la figura di Lilias

Fay potesse appartenere a una creatura di questa terraessendo cosìdelicata e di giorno in giorno più fragilecosì che

sembrava che il vento d'estate potesse strapparla dalla terra e sollevarla incielo. Ma ella seguiva ogni giorno la

costruzione del tempioal pari del vecchio Walter Gascoigneche ora di quelluogo faceva sempre la sua metae

trascorreva lunghe ore chino sul suo bastone a osservare con grandeattenzione i lavoricome se quella fosse realmente

una tomba. E col tempo i lavori furono terminatie fu prescelto un giornoper una semplice cerimonia di inaugurazione.

La sera precedentedopo essersi congedato dalla sua innamorataAdamForrester si voltò a guardarla sul

portico di casae provò uno strano brivido di apprensioneimmaginando divederla svanire con i raggi calanti del sole

che s'affievolivano intorno alla sua figuramentre la sua eterea sostanza siritraeva con ogni più fievole bagliore di luce.

Dopo un ultimo sguardol'ombra calò sul portico e Lily diventò invisibile.In quel momento Adam ebbe un funesto

presagioche ebbe conferma il mattino dopoquando l'eterea figura terrenacon cui Lily si era manifestata al mondo fu

trovata esanime nel tempiocol capo reclino sulle bracciaposate sullalastra di marmo con venature scure. I gelidi venti

della terra avevano fatto avvizzire questo bel fioree ora una mano amorosal'aveva trapiantato per farlo fiorire nel

giardino del paradiso.

Ahimèil Tempio della felicità! Nel suo indicibile doloreAdam Forresternon aveva ora altro proposito nel

cuore che quello di trasformare quel tempio di delizie e di speranze in unatomba per seppellirvi la sua innamorata. Ma

avvenne allora un fatto prodigioso: quando scavò la fossa sotto il pavimentodi marmo del tempioil becchino non trovò

la terra vergine che doveva accogliere le spoglie della fanciullabensì unantico sepolcro in cui erano conservate le ossa

di generazioni da tempo scomparsee tra questi suoi dimenticati antenatiLily doveva riposare. E quando il corteo

funebre accompagnò lì Lily nella sua baratutti videro il vecchio WalterGascoigne che stava sotto la cupola del tempio

col suo luttuoso mantello e una funerea espressione in voltouna figura cheovunque fosse stata avrebbe fatto apparire

un sepolcro quel luogo. Il vecchio rimase a guardare i dolenti mentrecalavano il feretro.

«E così»disse poi ad Adam Forrestercon quello strano sorriso in cuibalenava solitamente la sua follia«per

la vostra felicità non avete trovato fondamenta migliori di una tomba!».

Ma mentre quell'ombra di afflizione parlavauna visione di speranza e digioia sbocciò nella mente di Adam

anche dalle parole maligne del vecchioperché allora il giovane capì ilsignificato della parabola in cui Lily e lui

avevano recitatoe il mistero della vita e della morte si svelò davanti alui.

«Esultiamo!»esclamò alloraalzando le braccia al cielo. «Su una tombasorga il nostro tempioe ora la nostra

felicità sarà eterna!».

A quelle paroleun raggio di sole fece breccia nel cielo cupo e scintillòsul sepolcroe nello stesso momento la

tetra figura del vecchio Walter Gascoigne si allontanò di lì perché la suamestiziasimbolo di tutti i dolori terreninon

poteva più abitare in quel luogoora che il più oscuro enigmadell'umanità era stato svelato.

IMPRONTE DI PASSI SULLA SABBIA.133

Dev'essere uno spirito ben diverso dal mio quello che può mantenersi inbuona salute e vigore senza sfuggire

talvolta al soffocante splendore del mondo per immergersi nelle fredde acquedella solitudine. Di quando in quandoe

non di radola foresta e l'oceano mi chiamanol'uno col ruggito delle sueondel'altra col mormorio delle sue fronde

lontano dai luoghi di ritrovo degli uomini. Devo però camminare per moltemiglia prima di poter sostare all'ombra di un

antico albero e ancor più per perdermi in una moltitudine di veneranditronchinascosto al cielo e alla terra dal mistero

dell'oscuro fogliame. Dopo una giornata di camminoniente mi appare cosìsimile a una foresta come una distesa di

bosco nei pressi di qualche fattoria suburbana. E cosìquando diventaimpellente il mio desiderio di solitudinesono

richiamato sul litorale che si estendecon ruvide rocce e sabbie di radocalpestateper molte leghe intorno alla nostra

baia. Mettendomi in cammino per la mia ultima passeggiatain un mattino disettembrefeci voto di eremita di non

scambiare pensieri con uomo o donnae di non partecipare a nessuna attivitàsocialema di trarre tutto il piacere di

quella giornata dal mare e dal cielodalla comunione del mio spirito conessi e dalle fantasiedai ricordidalle realtà che

mi aspettavo di incontrare. Di certoavevo di che alimentare lo spirito peruna giornata. Addioalloramondo

indaffarato! Finché le luci della sera non illumineranno le tue stradefinché non brilleranno sul mio volto arrossato dal

mare mentre faccio ritorno a casaliberami dai tuoi legami e lasciamidiventare un innocuo fuorilegge.

Attraverso in fretta strade maestre e sentieri finchédisceso un dirupomitrovo all'estremità di una lunga

spiaggia. Come si libra lietamente lo spiritoallorae subito si allarga intutta l'estensione della vastaazzurra

soleggiata distesa marina! Rendo un saluto e un omaggio al marepoi scendoai suoi bordi e immergo una mano

nell'onda che mi viene incontroper bagnarmi la fronte. Il ruggito cherisuona distante è la voce di benvenuto

dell'oceano e il suo alito salmastro è la benedizione che lo accompagna. Eora camminiamo insiemesotto braccio alla

fantasia del lettoresu questa nobile spiaggia che si estende per più di unmiglio da quello scosceso promontorio a quel

bastione di rocce frastagliate laggiù. Davanti il maree dietro una ripidaalturail cui bordo erboso sta arretrandoanno

dopo annofacendo cadere i suoi ciuffi d'erba sull'arido terrenosottostante. La spiaggia è una vasta distesa di sabbia

bruna e scintillantein cui sono mischiati ben pochi ciottoli. Ai bordidell'acquasi allunga il bagnasciugache scintilla

vividamente alla luce del soleriflettendo gli oggetti come uno specchioementre camminiamo sulla sua superficie

lucentelampeggia una macchia asciutta a ogni passoma subito s'inumidiscedi nuovo quando solleviamo il piede. In

alcuni puntila sabbia riceve l'impronta completa della piantacon l'allucee tutto il resto; altrove è solida come marmo

così che dobbiamo battere con forza per lasciare anche solo l'orma delferreo tallone. Lungo tutta la spiaggia fa capriole

la risacca: ora finge di scagliarsi con furiama si spegne con un docilemormorio e lambisce soltanto la rena; ora. dopo

tanti sforzi abortitisi impenna in una linea ininterrottaergendosi mentreavanza senza una macchia di schiuma sulla

sua cresta verde. Con quale fiero ruggito si scaglia poi avantirotolando super la spiaggia!

Mentre allungavo lo sguardo verso il limite del bagnasciugaricordo cherimasi sconcertatocome potrebbe

esserlo Robinson Crusoedalla sensazione che la vita umana era racchiusa nelmagico cerchio della mia solitudine.

Lontanonella remota distanza della spiaggiaè apparso un gruppo difanciullesimili a ninfe o a creature ancora più

eteree che potrebbero camminare sulle piume della schiumama le avevo appenaviste e subito sono scomparse

all'ombra delle rocce. Per consolarmiperché avrei volentieri soffermatopiù a lungo lo sguardoho fatto conoscenza di

uno stormo di uccelli marini. Questi piccoli abitanti del mare e dell'aria miprecedevano poco più avanti sulla spiaggia

in cercaimmaginodi un po' di cibo ai suoi bordi. Eppurecon unafilosofia che l'umanità farebbe bene a imitareessi

trovavano sempre un continuo piacere nelle loro fatiche per sopravvivere. Ilmare era il grande compagno di giochi di

ciascuno di quegli uccelli: lo rincorrevano quando si ritirava e di nuovovolavano velocemente avanti all'onda

incombente che talvolta li raggiungeva e li sollevava sopra di séma essigalleggiavano lievemente come una delle loro

piume sulla cresta che si frangevae nei loro volteggi aerei sembravanoposati sulla schiuma evanescente. Le loro

immagini con lunghe zampeil dorso grigio e il candido pettosiriflettevano nitidamente come le altre realtà nello

specchio del bagnasciuga lucente. Mentre avanzavovolavano qualche decina dimetri più avanti eatterrando di nuovo

riprendevano il loro corteggiamento alle onde della risaccatenendomi cosìcompagnia lungo la spiaggia come piacevoli

fantasiefinchégiunti alla sua estremitàhanno preso il volo sopral'oceanoscomparendo alla vista. Dopo aver fatto

amicizia con questi spiritelli della risaccasi deve davvero tirare unsospiro quando scompare ogni ricordo di loro

tranne la moltitudine delle loro piccole impronte sulla sabbia.

Dopo aver percorso tutta la lunghezza della spiaggiaè piacevolee nonprivo di utilitàritornare sui propri

passi e rievocare tutti gli umori e le occupazioni della mente durantel'andata. Le nostre impronteancora distinguibili

ci guideranno consapevolmente attraverso tutti gli inconsci vagabondaggi delpensiero e della fantasia. Qui abbiamo

seguito il riflusso della risacca per raccogliere una conchiglia che il maresembrava restio ad abbandonare; là abbiamo

trovato un'alga con un'enorma foglia bruna e l'abbiamo trascinata dietro anoi con il suo lungo gambo simile a un

serpente. Qui abbiamo catturato per la coda un granchio reale e abbiamocontato le molte chele di quello strano mostro;

là abbiamo scavato nella sabbia in cerca di ciottoli e li abbiamo fattisaltare sulla superficie dell'acquae là ci siamo

bagnati i piedi per esaminare una medusa che le onde avevano trascinato ariva e tentavano poi di riprendere. Qui

abbiamo seguito un rivolo d'acqua dolce che scorre attraverso la spiaggiaestinguendosi sempre piùfinché affonda nella

sabbia e infine si spegne nel tentativo di portare il suo piccolo contributoal maree là sembra che siamo stati sconcertati

da qualche stranezzaperché le nostre orme vanno tutt'intorno e sonoconfusamente mischiatecome se ci fossimo

imbattuti in un labirinto sulla piatta superficie della sabbiae quitra inostri altri oziosi passatempici siamo seduti su

una delle poche pietre che interrompono la distesa sabbiosa e ci siamo persiin un'estemporanea e irresistibile.134

contemplazione del grande mare maestoso e imponente. E cosìrintracciandole nostre orme sulla sabbiaabbiamo

rintracciato la nostra natura nel suo capriccioso corsolanciandole unosguardo furtivo mentre non sospettava di essere

osservata. E questi sguardi ci rendono sempre più saggi.

La vasta distesa di sabbia offre spazio anche ad altri piacevoli passatempi.Con il bastone si possono scrivere

versiversi d'amore se si preferiscee dedicarli al nome di una donna. Sipossono scrivere anche pensierisentimenti

desidericalde effusioni degli anfratti del cuore che non si affiderebberoalla sabbia senza la certezza chenon appena il

cielo le avrà lette dall'altoil mare le spazzerà viae senza muoversi dalì finché non saranno cancellate. E ora

essendoci abbastanza spazio sulla teladisegniamo enormi facceenormi comequella della Sfinge sulle sabbie d'Egitto

e adattiamole con corpi di corrispondente grandezza e con gambe chepotrebbero saltare fin quasi a quell'isola laggiù.

Giochi di bambiniche diventano meravigliosi su così grande scala. Madopotuttol'uso più affascinante che se ne può

fare è quello di scrivere il proprio nome sulla sabbia. Tracciamo letteregiganteschecosì che due passi possano a stento

misurarlee tre per le maiuscolee incidiamole profondamenteCosì che lascritta sia permanente! Statistiguerrieri

poeti hanno tutti speso le loro forze per cause non migliori di questa.Terminata l'operaritorniamo dopo un paio d'ore

per ritrovare questa grandiosa testimonianza di un nomema il mare l'avràgià spazzata viacosì come il tempo cancella

con le sue onde i nomi di statistiguerrieri e poeti. Ascoltala risaccasta ridendo di te!

Oltrepassata la spiaggiainizio a inerpicarmi sulle roccefacendomi stradaa fatica tra le rovine di un bastione

diroccato dagli assalti di un implacabile nemico. Le rocce si ergono in ognivarietà di posizioni: alcune immergono i

piedi nella schiuma e sono ricoperte di alghe fino a metàaltre sono statescavate come caverne dagli instancabili sforzi

del mareche può concedersi di impiegare secoli per erodere una roccia oper levigare un ciottolo. Un enorme masso si

erge in forma monumentalecon una faccia simile a una gigantesca pietratombalesulla quale le venature sembrano

iscrizioni in una lingua sconosciuta. Possiamo immaginare che sia l'alfabetodimenticato di qualche razza antidiluviana

oppure che sia stata la mano stessa della natura a incidere qualche misterochese si potesse decifrare la sua scrittura

renderebbe l'umanità più saggia e più felice. Quante cose mi hannotormentato con la stessa idea! Passiamo oltree

lasciamo il mistero inesplicato. Ecco uno stretto passaggioche sembrascavato nel cuore stesso di un'enorme rocciaper

offrire al mare tumultuoso il passaggio per rumoreggiare avanti e indietroper riempirlo della sua schiuma

spumeggiante e lasciar poi il suo pavimento di ciottoli neri nudo eluccicante. In questa voragine si estendeva un tempo

una vena intersecante di pietra più morbidache le onde hanno eroso pezzoper pezzomentre le pareti di granito sono

rimaste integre sui fianchi. Con quale rumore aspro e stridente il marerastrella con sé le pietre mentre si ritira

momentaneamente nelle sue profondità! A intervalliil fondo della cavitàrimane quasi asciuttoma subito al suo

ingresso due o tre grandi ondate si contendono per entrarecontemporaneamente. Due s'infrangono sulle pareti di

traverso e una irrompe direttamentepoi tutte e tre rimbombano all'internocome con un grido di rabbia e di trionfo

riempiendo la cavità con un cumulo di schiuma e di spruzzi. Mentre osservoquesta scenanon riesco a liberarmi

dall'idea che un mostrodotato di propria vita e prorompente energiastialottando per farsi strada a forza nello stretto

varco. E quale contrastoquando attraverso la tempestosa voragine siintravvede il mare limpido e sereno al di là!

Tra queste rocce frastagliate si possono fare molte interessanti scoperte. Hotrovatoper esempiouna foca

mortache una tempesta aveva da poco scagliato in un anfratto tra le roccedove la sua informe carcassa rotolava in un

mucchio di alghecome se quel mostro marino tentasse di sottrarsi al miosguardo. Un'altra voltauno squalo mi è

sembrato in procinto di balzar fuori dalla risacca per ingoiarmie non senzapaura ho evitato di avvicinarmi abbastanza

per accertare se il mangiatore d'uomini aveva già incontrato la propriamorte per mano di qualche pescatore della baia.

Durante quella stessa passeggiata mi sono imbattuto in un uccelloun grandeuccello grigioma se fosse una strolaga

un'anitra selvaticao lo stesso albatros dell'Antico Marinaiole mieconoscenze ornitologiche non erano in grado di

appurarlo. Riposava in modo così naturale su un letto di alghe essiccatecon la testa sotto un'alache immaginai quasi

che fosse vivo e avanzai in punta di piedi per timo re che distendessed'improvviso le ali verso il cielo. Ma l'uccello

marino non si sarebbe più librato tra le nuvolené avrebbe più cavalcatole onde da cui era natoe cosìavvicinandomi

strappai una delle sue piume screziate come ricordo. Un altro giorno hoscoperto un enorme ossoincuneato in una

fenditura tra le rocce: lungo almeno tre metri e ricurvo come una scimitarraera tempestato di cirripedi e altre piccole

conchigliee ricoperto in parte di algheuna massa imponente che qualcheleviatano di antiche ere doveva aver usato

come mascella. Più piccole curiosità si possono osservare in una profondariserva che' è riempita d'acqua a ogni marea

che diventa un lago tra le rocce quando il mare giunge al culmine. Sul fondodi questo bacino roccioso crescono piante

marinealcune delle quali torreggiano fin sopra il livello dell'acqua egettano un'ombra sotto i raggi del sole. Piccoli

pesci vi guizzano avanti e indietronascondendosi tra le alghee si vedeanche un granchio solitario che sembra

condurre una vita di eremitasenza comunicare con altri abitanti del luogononché numerosi «cinquedita»di cui non

conosco altro nome oltre a quello che i bambini danno loro. Se la vostrafantasia è abituata a tutte queste bizzarrie

potete guardare nelle profondità di questa pozza d'acqua e immaginare chesiano quelle misteriose dell'oceano. Ma dove

sono gli scafi e le carcasse sparse delle navi affondate? dove sono i tesoriche il vecchio oceano accumula? dove i

cannoni corrosi di ruggine? E i cadaverigli scheletri dei marinai annegatinella tempesta e in battaglia?

Il giorno di questa mia ultima passeggiataun giorno di settembre ma caldocome in estateche cosa mi capita

di vedereavvicinandomi alla suddetta pozza d'acquase non tre ragazzesedute ai suoi bordiche si bagnanoproprio

cosìi candidi piedi nell'acqua inondata dal sole! Eccoquesta è lavivida realtà di quelle tre figure che sono fuggite da

mecome una visionesulla spiaggia. Ascolta le loro voci allegrementreschizzano l'acqua con i piedi! Non mi hanno

visto e devo ritrarmi dietro a questa rocciaper eclissarmi di nuovo..135

In veritàessendomi votato alla solitudinequesto incontro ha qualcosa chefa vibrare il mio cuore con una

sensazione stranamente piacevole. So bene che queste fanciulle sono realtàin carne e ossaeppureguardandole così

fugacementesi mescolano come creature affini a quelle ideali della miamente. Ed è anche piacevole guardare dall'alto

di una roccia un gruppo di ragazzini che raccolgono sassi e conchiglieperlaceeche giocano con la risacca come con la

barba canuta del vecchio oceano. Né infrange il mio voto di solitudineosservare quella barca laggiù all'ancorache

dondola pigramente avanti e indietroalzandosi e ricadendo con l'alternarsidelle ondementre l'equipaggioquattro

signori con giacche attillateè indaffarato con le lenze. Tuttaviaperun'istintiva antipatia e con fuga precipitosaevito la

presenza di ogni meditabondo viandante come meche riconosco per il suobastone da pellegrinoper il passo senza

metaper il comportamento schivo e lo sguardo osservatore ma assente. Quandoincontro un uomo come questofuggo

precipitosamente tra le roccecome spaventato da un altro me stessoe mirifugio in un anfratto che molte ore trascorse

in segreto mi danno il diritto di considerare mioe che difenderei anchecontro un prepotente che esibisse titoli di

proprietà. Tutte le mie meditazioni non si sono forse permeate nelle suepareti rocciose e nel pavimento sabbiosoper

farli divenire una parte di me?

È un anfratto tra le roccecircondato tutt'intorno da un'aspro e scoscesoprecipizio che quasi racchiude un

piccolo tratto di sabbia. Davantiil mare compare come tra i pilastri di unportalee dietroil precipizio è interrotto e

mescolato con la terra che dà nutrimento non soltanto ad arbusti abbarbicatie intrecciatima anche ad alberi che

s'aggrappano alla roccia con le loro radici nudee sembrano lottare pertrovare spazio e terreno sufficienti per

sopravvivere. Sono abetima anche alcune querce sospendono dall'alto i lorogrossi ramida cui le ghiande cadono sulla

spiaggia e si sparge fogliame avvizzito sulle onde. In questa stagioneautunnaleil precipizio è cosparso di un variegato

splendore: ghirlande rampicanti color scarlatto si mettono in mostra dallasommitàmacchie di arbusti con fiori gialli e

rosacon foglie rossastre e lucide bacche crescono in tutte le fessuree aogni sguardo scorgo una nuova luce o

sfumatura di coloreil tutto in contrasto con la severa roccia grigia. Unrivolo d'acqua scende dalla roccia e riempie una

piccola conca vicino alla base. Ne bevo un sorso e la trovo fresca e puraperciò decido che questa sarà la mia sala da

pranzo. In quanto al banchettoho qualche gallettainsaporita dall'acqua dimareun ciuffo di finocchio marino raccolto

sulla spiaggiae una mela come dessert. Ora il rivolo d'acqua ha riempito dinuovo la conca e mentre bevo ringrazio

Iddio con tutto il cuorecome se fosse un pranzo sontuosoperché mi hadato quel sano appetito che trasforma pane e

acqua in un banchetto.

Terminato il pranzomi sdraio sulla spiaggiae crogiolandomi al sole lasciovagare a volontà la mia mente. Le

pareti di questo mio eremo non hanno voce per raccontare le mie follieanchese a volte immagino che abbiano orecchie

per ascoltarle e un'anima per sorriderne. Questo posto ha qualcosa di magico:i sogni lo affollano e volteggiano intorno

a me nella luce del solené richiedono che il sonno mi chiuda gli occhidavanti alla realtà per diventare visibili. Qui

posso costruire la storia di due innamorati e far vivere le loro ombredavanti a me mentre si specchiano nell'acqua

limpida e camminano sulla sabbia senza lasciare impronte. Quise volessipotrei evocare una sola ombra e diventarne io

stesso l'amante. Sìsognatorema poi il tuo cuore solitario sarà ancorapiù freddo dopo queste fantasie. A volte ritorna

anche il passatoper trovarmi quie al suo seguito appaiono volti che eranolieti quando li conoscevoma che ora non

sembrano più tali. Come vorrei che questo mio nascondiglio fosse ancor piùsolitariocosì che il passato non possa

trovarmi! Andate via tuttivecchi amicie lasciatemi ascoltare il mormoriodel mareuna voce malinconicama sempre

meno triste della vostra. Di quali misteri sta ora parlando? Di naviaffondate e delle profondità in cui giacciono? Di

isole lontane e non ancora scopertedove i bambini abbronzati non sono aconoscenza di altre isole e continentie

pensano che le stelle siano i loro vicini più prossimi? Noniente di tuttociòe di che cosa parla allora? Ha forse parlato

per tanti secoli senza mai significare nulla? Noperché quei secoli trovanoespressione nella voce immutevole del mare

e avvertono l'ascoltatore di distogliere l'attenzione dalle vicissitudini deimortali per lasciarsi pervadere l'anima dall'idea

infinita dell'eternità. Questa è saggezzae perciò dedicherò la prossimamezz'ora a costruire barchette con pezzi di

legnoper metterle in viaggio attraverso l'insenatura con la piuma di ungabbiano come vela. Se la voce dei secoli mi

dice la veritàquesta è un'occupazione saggia quanto costruire navi dicinquecento tonnellate e vararle in mare alla volta

del «lontano Catai». Giàma come riderebbero di me i mercanti!

E dopo tuttoquesta filosofia può essere vera? Io credo di poter trovaremille argomenti a suo sfavore. Bene

proviamo allora con quella ruvida roccia laggiùquasi immersa nellarisaccache infuria così adiratache ruggisce e

spumeggia: quell'alta roccia sarà la mia antagonista e con essa eserciteròla mia oratoriacome quell'uomo di Atene che

scambiava parole col mare infuriato e riportava la vittoria. Il mio discorsod'esordio è trionfanteperché quel signore

coperto di alghe non ha niente da offrire in rispostase non il suoimplacabile ruggito. Ma la sua voce si udrà per molto

tempo ancora dopo che la mia si sarà zittita. Riprendo a gridaree le rocceriecheggiano la mia voce. Che piacere per un

uomo timido sentirsi così solo che può alzare la voce a squarciagola senzarischio di essere ascoltato! Ma ora silenzio

mia buona amicada dove vengono quelle risate soffocate? Era una vocemusicalema come può esserci musica nella

mia solitudine? E alzando lo sguardo intravvedo tre volti che fanno capolinoin cima alla scoglieracome angeli tra me e

il cielo da cui nascono. Ahbelle ragazzevoi vi divertite della miaeloquenzama prima toccava a me sorridere nel

vedere i vostri candidi piedi in quella pozza d'acqua! Beneteniamo per noii rispettivi segreti.

Il sole è ora calato sul mio eremotranne un fascio di luce posato sullasabbia proprio dove incontra il mare.

Una folla di tetre fantasie verrà a perseguitarmi se mi trattengo qui più alungonel crepuscolo sempre più scuro di

queste rocce grigie. È un luogo tristequestoquando si è di un certoumore. Arrampichiamoci allora su per la scogliera

e sostiamo qualche attimo sul suo bordo per guardare giù quella cavitàdavanti al mare in cui siamo stati ciò che pochi

possono esseresufficienti come proprio passatempo (pronunciamola dunquequesta parola!)e anche per la nostra.136

felicità. Come sembra solitario adessoquell'anfrattoe anche malinconicocome tutti gli altri luoghi in cui è passata la

felicità. Là è distesa la mia ombranella luce calante del solee posail capo sul mare. Le scaglierò qualche sassolino.

L'ho colpital'ho colpita! Batto le mani trionfantee vedo la mia ombra chebatte anch'essa le sue mani irreali

rivendicando per sé il successo. Che sciocco devo esser stato tutto ilgiornose anche la mia omb ra si prende gioco delle

mie sciocchezze!

A casa! È tempo di affrettarsi verso casa. È tempoperché mentre il solecala sulle onde a occidenteil mare

diventa malinconico e la risacca ha una voce più triste. Le vele lontanesembrano andare alla derivanon sembrano

terrenenella loro distanza sulla distesa desolata. Il mio spirito vagalontanoma non trova luogo in cui riposare e

ritorna indietro tremante. È tempo che me ne vada da qui. Ma nonrimproveratemi la giornata che ho trascorso in

isolamentoche non era tuttavia solitudineperché il grande mare è statomio compagno e gli uccelli marini miei amici

il vento mi ha raccontato i suoi segreti ed eteree figure hanno volteggiatointorno a me nel mio romitaggio. Queste

compagnie hanno effetto sul carattere di un uomocome se egli fosse accoltoin una congrega di creature che non sono

mortali. E quando a mezzogiorno camminerò per strade affollatesentiròancora l'influenza di questa giornatacosì che

starò tra gli uomini affettuosamentefraternamentema non mi mescoleròcon l'anonima massa del genere umano. Terrò

per me i miei pensieri e sentimenticonserverò inviolata la miaindividualità.

Ma è belloal termine di una giornata come questasentire e sapere cheesistono uomini e donne nel mondo.

Una sensazione e una cognizione che affiorano dentro di mein questomomentoperché sotto di mesulla spiaggiala

comitiva dei pescatori è sbarcata dal suo scafo e sta cuocendo la suasquamosa preda su un fuoco di legno acceso tra

due ruvide pietree sono lì anche le tre ragazze della visione. Nelcrepuscolo sempre più buiomentre la risacca

lambisce il loro focolareil vivido bagliore del fuoco getta una stranasensazione di serenità nell'insenatura solitaria

cosparsa com'è di sassi e di algheed esposta al «malinconico mare». E ilfumosalendo su per la scoglieraporta con sé

l'appetitoso aroma di una padella di pesce fritto e di una pentola di zupparicordandomi che a pranzo non ho mangiato

altro che pane e acquaun ciuffo di finocchio marino e una mela. Penso chela compagnia potrebbe far spazio a un altro

commensale su quella pietra piatta che fa da tavoloe se le stovigliescarseggiano potrei raccogliere qualche grossa

conchiglia sulla spiaggia.

Ora mi hanno vistoe per quella fortuna che accompagna un uomo affamatounodi loro mi lancia un grido

ospitale: Ehisignore solitariovenga giù a cenare con noi! Le fanciulleagitano i loro fazzoletti. Posso declinare

l'offerta? Noe mi sia concesso chedopo tutti i miei solitari piaceriquesto sia il momento più dolce di una giornata

trascorsa al mare.

IL BOCCIOLO DI ROSA DI EDWARD FANE

Pochi esercizi sono così difficili per la fantasia come ricreare la figuragiovanile di una persona in età avanzata

mentre la si guardae senza cancellare completamente la sua identità diforme e lineamentirestituirle quelle grazie che

il tempo le ha strappato. Alcuni vecchisoprattutto donnesono cosìprovati dagli anni e dai dolori che non sembrano

mai esser stati giovani e spensierati. È più facile immaginare che questicupi fantasmi siano stati mandati al mondo già

avvizziti e decrepiti quali li vediamo oggiinclini soltanto al dolore ealla sofferenzaai capezzali di morte e ai funerali.

Gli stessi abiti a lutto della loro vedovanza sembrano connaturati alla loroesistenzae tutti i loro attributi si combinano

per renderli simili a tetre ombre che s'aggirano stranamente alla lucedell'esistenza umana. Non è tuttavia un ozioso

esercizio quello di prendere una di queste dolenti creature e mettererisolutamente all'opera la fantasia per ravvivare

l'occhio appannatoscurire le ciocche di capelli argenteidipingere di rosale guance cinereerestaurare tutta la sua

figura avvizzita e irregolare finché si veda comparire una rugiadosafanciulla sulla poltrona dell'anziana signora. Una

volta operato il miracolosi lascino scorrere di nuovi gli anniognuno piùtriste del precedentefinché tutto il peso

dell'età e dei dolori calerà di nuovo su quella giovanile figura. Le rughee le grinzeovvero i segni calligrafici del

tempopossono essere così decifrate e in esse si possono leggere profondelezioni di pensieri e sentimenti. Un attento

osservatore può ricavare questi utili insegnamenti da una mia rispettabileamicala vedova Toothakerinfermiera di

grande esperienza che in questi quarant'anni ha respirato l'aria delle cameredi malati e moribondi.

Eccola rannicchiata davanti al suo solitario focolareavvolta nellavestaglia e nello sciallementre raccoglie

avidamente nella sua persona tutto il tepore del fuocoche oraal calardella serainizia a dissipare il freddo autunnale

della sua stanza. La fiamma guizza capricciosamente davanti a leibalenandodi quando in quando nelle più profonde

cavità del suo volto rugosoe lasciando poi che una spettrale oscuritàcopra le fattezze della sua veneranda figura.

L'infermiera Toothaker ha un cucchiaino nella mano destracol quale mescolail contenuto di un bicchiere che tiene

nella sinistranel quale sta fumando un fragrante vaporeaborrito nellesocietà della temperanza. Ora lo sorseggiaora

mescolaora sorseggia di nuovo. Il suo triste e vecchio cuore ha bisognod'essere ravvivato da questo generoso infuso di

ginepro mescolato a metà con acqua calda dentro il bicchiere. Per tutta lagiornata è stata seduta accanto a un letto di

mortee l'ha lasciato per ritornare a casa solo quando lo spirito del suopaziente ha abbandonato l'argilla che lo

contenevaper andare anch'esso in un'altra casa. Ma ora i suoi malinconicipensieri sono allietatiil suo torpido sangue è

riscaldato e le sue spalle alleviate almeno di una ventina di gravosi annigrazie a una sorsata di questa autentica Fontana

della giovinezza contenuta in una bottiglia. È strano che questa fonte siaconsiderata una leggendaquando il suo nettare

riempie più bottiglie dell'acqua minerale! Bevine ancorabuona infermieraper vedere se una seconda sorsata non ti.137

toglierà qualche altra decina d'anni ancorae mostraciseduta sulla tuapoltronala fiorente damigella che scambiava

promesse di matrimonio con Edward Fane. Scomparitevecchiaia e vedovanzaeritornanubile giovinezza! Purtroppo

la magia non funzionae nonostante i più potenti incantesimi della fantasiariesco a vedere soltanto una vecchia signora

rannicchiata davanti al fuocoun'immagine di decadimento e desolazionementre il vento di novembre ruggisce dentro

il camino e improvvisi scrosci di pioggia scorrono sui vetri delle finestre.

Eppure c'era un tempo in cui Rose Graftonquesto era il grazioso nome danubile dell'infermiera Toothaker

possedeva una bellezza che avrebbe allietato questa cupa e malinconica stanzacome un raggio di sole. E fu questa a

conquistare il cuore di Edward Faneche da allora ha fatto tanta carrieranel mondo ed è ora un vecchio e imponente

gentiluomocoi capelli incipriati e gottoso come un vero signore. Questi dueinnamorati pensavano che avrebbero

camminato insiememano nella manoper tutta la vita. Avevano pianto insiemeper la sorellina di EdwardMaryche

Rose aveva assistito quand'era malatain parte perché era la più dolcebambina che fosse mai vissuta e mortama

soprattutto per amore di Edward. Mary aveva soltanto tre annie nel suopiccolo corpo di bambina la morte non poteva

mostrare il suo orrorecosì che Rose non temette di toccare la sua frontegelidamentre le arricciava intorno i capelli

sericiné di prendere la sua minuscola mano per farle stringere un fioretra le dita. Poiquando guardò il volto di Mary

attraverso la lastra di vetro della baranon le apparve tanto come quellodella morte o della vitama come una scultura

di ceramodellata nella perfetta immagine di una bambina addormentata chesogna il sorriso della mamma. Rose pensò

allora che fosse una cosa troppo bella per essere nascosta nella fossae cheun angelo avrebbe rubato il feretro della

piccola Maryper portare in cielo la bambina addormentata e ordinare il suorisveglio per sempre. Ma quando le zolle di

terra furono gettate sulla bara della piccinail cuore di Rose eratormentato e tremò al pensiero chestringendo le gelide

dita della bambinala sua mano vergine aveva scambiato un primo contatto conla mortalità e non avrebbe mai perduto

quel marchio terreno di contaminazione. Quanti altri contattidopo d'allora!Ma a quel tempo Rose era un'avvenente

fanciullacon sentimenti freschi come rugiada nel suo pettoe il suoinnamorato la chiamava Boccioloanziché Rose

che sembrava un nome troppo maturo per la sua bellezza non ancora dischiusa.

Ma il Bocciolo era destinato a non fiorire mai per Edward Fane. Sua madre erauna dama ricca e altezzosacon

tutti i pregiudizi aristocratici dell'epoca colonialee disprezzava le umiliorigini di Rose Graftoncosì che costrinse suo

figlio a rompere il fidanzamento anche sefosse stato libero di scegliereegli avrebbe apprezzato il suo Bocciolo più di

qualsiasi diamante. E così gli innamorati si lasciarono e in seguito siincontrarono solo di radoanche se frequentavano

talvolta le stesse dimorema non nello stesso momentoperché l'uno erainvitato alle feste danzanti e l'altra nelle camere

dei malatil'uno era ospite del piacere e del divertimentol'altra dellasofferenza. Dopo la loro separazioneRose fu a

lungo reclusa nell'abitazione del signor Toothakerche ella sposò con lavendicativa speranza di spezzare il cuore del

suo infedele innamorato. Andò tra le braccia di suo maritoa quanto diconocon lacrime ben più amare di quelle che le

giovani spose dovrebbero versare sulla soglia della camera nuziale. Eppureanche se i capelli di suo marito già

incanutivano e il suo cuore era inaridito dal gelo dell'autunnoRose imparòben presto ad amarlopur meravigliandosi

del suo stesso affetto coniugale. Suo marito era tutto ciò che ella aveva daamareperché non avevano figli.

Dopo un anno o dueil povero signor Toothaker fu colpito da una dolorosainfermità alle giunture che lo

rendeva più debole di un bambino. Si trascinava intorno per i suoi affari efaceva ritorno a casa all'ora di pranzo e alla

serama non col passo sicuro che allieta il cuore della mogliebensì conpassi lenti e lievi accompagnati dal sordo e

malinconico battito del suo bastone. Dobbiamo comprendere la sua graziosamoglie se talvolta arrossiva nel

riconoscerlo come marito. Nell'udirlo arrivarechi le faceva visita siaspettava di veder comparire un uomo molto

vecchioma colui che trascinava le sue stanche gambe nel salotto era proprioluiil signor Toothaker. Con l'aggravarsi

della malattiaegli non usciva più alla luce del solese non col bastonenella mano destrae la sinistracadente come

quella di un mortoposata sulle spalle della moglie. E così questa donnafragileche aveva ancora le sembianze di

fanciullasosteneva il suo corpo altocol largo pettoattraverso ilsentiero del loro piccolo giardinosoffermandosi a

raccogliere rose per il marito canuto e parlandogli dolcemente come a unbambinoperché la sua mente era vacillante

come il corpoe tutte le sue energie esauste. Pochi mesi dopolo aiutò asalire le scalesostando a ogni gradino e ancor

più sul pianerottolodove egli volse a lungo lo sguardo dietro a sé mentrevarcava la soglia della camera. Sapevail

pover'uomoche il recinto di quelle quattro mura sarebbe stato d'allora inpoi il suo mondola sua casa e la sua tombaa

un tempo abitazione e sepolcrofinché non fosse stato portato in un altropiù buio e angusto. Ma Rose era accanto a lui

in questa tombae lui si appoggiava a lei nel suo quotidiano tragitto dalletto alla poltrona davanti al caminoe di ritorno

dalla stanca poltrona al letto senza gioia che divideva con leiil lorotalamo nuzialefinché anche questa breve

passeggiata cessòe la sua testa posò per tutto il giorno sul cuscinoequella di Rose per tutta la notte accanto a lui. Per

quanto tempo ancora il povero signor Toothaker fu costretto a soffrire! LaMorte sembrava avvicinarsi alla porta e

spesso sollevava il chiavistelloe affacciando talvolta il suo orribileteschio nella stanzarivolgeva a Rose un cenno del

capoindicando suo maritoma ancora ritardava il suo ingresso. «Questoinfelice inchiodato al letto non può

sfuggirmi»sembrava dire la Morte. «Andrò a correre in gara con il piùvelocea lottare con il più fortee ritornerò a

prendermi Toothaker quando voglio!». Sìquando la liberatrice arrivavacosì vicinaRosepur nel tormento dei suoi

affetti ormai stanchinon desiderava mai gridare: «Morteentra!».

E invece nonon abbiamo diritto di attribuire questo desiderio alla nostraamica Rose. Non ha mai mancato ai

suoi doveri di moglie verso il povero marito ammalatonon si è mai lagnataanche se un raggio di sole era per lei

insolito quanto per luinon ha mai risposto stizzosamentenemmeno quando isuoi lamenti la destavano da dolci sogni

e solo per farla partecipare alle sue sofferenze. Lui conosceva la suadevozioneeppure nutriva un'astiosa gelosiae

quando la lenta malattia ebbe raggelato tutto il suo cuoretranne un soloangolo ancora tiepido che le gelide dita della.138

Morte cercavanole sue ultime parole furono queste: «Che cosa non avrebbefatto la mia Rose per il suo primo amore

se è stata così dolce e fedele a un vecchio malato come me!». E poi lapovera anima se ne andòlasciando il corpo

esanimema poco più che negli anni precedentie Rose rimase vedovaanchese lo era già diventatain realtàla notte

delle nozze. Si sentiva feliceè veroil giorno in cui il signor Toothakerfu sepoltoperché il suo cadavere aveva

conservato tanta somiglianza con l'uomo ancora in vitache ella si aspettavadi ascoltare il triste mormorio della voce

che le chiedeva di spostare il cuscino. Ma anche in tutto il successivoinvernoanche se la tomba lo ospitava da molti

mesiRose immaginava di sentirlo chiamare da quel letto freddo: «Rose!Rose! Mettimi la coperta sui piedi!».

E ora il Bocciolo di rosa era divenuta la vedova Toothaker. I suoi guai eranoarrivati prestoe per quanto

dolorosi sembrasseroerano passati prima che tutto il suo splendoresfiorisse. Era ancora abbastanza bella per

affascinare un scapolooppurecon la spensierata gravità della vedovapoteva conquistare un altro vedovopenetrando

nel suo cuore con le vesti della sua defunta moglie. Ma la vedova Toothakernon nutriva simili progetti. Le sue veglie e

le continue cure avevano annodato il suo cuore al primo marito con unafedeltà che trasformava la sua stessa natura e la

induceva ad amarlo per le sue infermitàe le infermità come parte di lui.E quando il vecchio infermo se n'era andato

nemmeno il primo innamorato di Rose avrebbe potuto prendere il suo posto.Rose aveva vissuto nella camera della sua

malattiaera stata la compagnia di quell'infelice moribondofinché nonriusciva quasi a respirare l'aria fresca e si

sentiva a disagio con le persone sane e felici. Sentiva la mancanzadell'odore dei medicinalicamminava per la stanza in

punta di piedie se veniva qualcuno in visita parlava in tono sommessotrasalendo al suono delle loro voci più forti.

Spessoin qualche sera solitariaspostava timorosamente lo sguardo dalcaminetto al talamoquasi nella speranza di

riconoscere quel volto terreo sul cuscinoe allora i suoi pensieri andavanotristemente alla tomba del marito. Se qualche

fremito d'impazienza l'aveva tormentato in vitase lei aveva nutrito qualchesegreto rimpianto perché la sua fiorente

giovinezza era stata imprigionata nella tarda età di suo maritose maimentre dormiva accanto a luiqualche sogno

insidioso ne aveva introdotto un altro nel suo cuoreallora il vecchiomalato aveva preparato la sua vendettache il

defunto ora rivendicava. Dal suo letto di dolore aveva gettato un incantesimointorno a leii suoi lamenti e le sue

sofferenze si erano rivelati più seducenti dell'allegria e della graziadella gioventùe nelle sue sembianzela malattia

aveva conquistato il Bocciolo come sposané la morte poteva sciogliere illoro nodo nuziale. E proprio per

quell'indissolubile vincoloRose aveva trovato la sua casa in ogni camera dimalatoe non altrove: lì erano i suoi fratelli

e sorellee da lì la chiamava suo maritocon quella voce che sembravauscire dalla sua tomba. E infine Rose riconobbe

il suo destino.

L'abbiamo vista come fanciullacome moglie e come vedovae ora la vediamoin una veste peculiare e

distintadivenuta in tutti i suoi aspetti l'infermiera Toothaker. E soltantol'infermiera Toothakercon le sue labbra

avvizzitepotrebbe farci conoscere la sua esperienza in questo campo. Qualestoria potrebbe raccontare delle terribili

malattie che ha affrontato fianco a fianco con l'angelo sterminatore! Ricordal'epidemia di vaiolo che faceva alzare la

bandiera rossa su quasi tutte le case della strada; è stata testimonedell'epidemia di tifo che sterminò un'intera famiglia

giovani e vecchitutti tranne una madre rimasta solache vanamente sistruggeva per seguire il suo ultimo caro nella

tomba. E quale sarebbe il trionfo della Mortese nessuno rimanesse apiangere? Rose potrebbe parlare di misteriose

malattie che scoppiavano in apparenza spontaneema si scopriva poi che eranostate importate da terre straniere insieme

con ricche sete e altre mercanziequelle più pregiate del carico. E ricordaanche quando la gente moriva per una

malattia considerata una nuova pestilenzafinché i medici ne scoprironol'origine nell'antica tomba di una fanciullache

aveva così provocato molte morti a un secolo di distanza dai suoi funeraliper quanto strano possa sembrare che questa

calamità si annidasse proprio nella tomba di una fanciulla. Le piaceraccontare di uomini robusti che combattevano

contro febbri implacabilirifiutandosi di esalare l'ultimo respiroe digiovani vergini malate di tubercolosiche

lasciavano quasi di buon grado questo mondocome se qualche loro innamoratole corteggiasse da un lontano paese.

Raccontacidonna infeliceraccontaci i segreti della Morte! Come vorreiscoprire il significato di quelle parole

lievemente sussurrate tra i singhiozzidi quelle frasi spezzate che con vocequasi non udibile sono pronunciate nel

cammino tra questa terra e la sede del Giudizio!

Questa donna infelice è la santa patrona dei giovani medicie la più caraamica di quelli anziani. Nelle case in

cui entrala gente si procura abiti a luttoil fabbricante di bare laseguee la campana rintocca quando ella esce dalla

soglia. La Morte l'ha incontrata tante volte sul letto di morte che ora tendela sua mano scheletrica per salutarla. È una

donna infelicel'infermiera Toothakered è forse immaginabile che questaancella delle infermità e delle sofferenze

umanecosì segnata da esse e così intrisa di tutto ciò che è più tristenel destino dei mortalipossa essere di nuovo

radiosa e allegraanche quando sarà illuminata dalla luce dell'eternità?Dopo questa lunga convivenza col dolorenon

ha forse rinunciato per sempre alla sua parte di gioia immortale? Qualchescintilla di felicità può essere ancora accesa

dentro di lei?

Ascoltaqualcuno sta bussando con impazienza alla porta dell'infermieraToothaker. Lei si desta dalle sue

sonnolente fantasiemette da parte il bicchiere vuoto e il cucchiaioeaccende una lampada con i fiochi tizzoni del

camino. Bussano ancoraed ella si affretta a scendere la scaladomandandosiquale dei suoi amici può essere giunto alla

soglia della morteperché è questo l'impaziente messaggio che vieneportato alla casa dell'infermiera Toothaker. Di

nuovo risuonano i colpi alla portaquando già la sua mano è sulchiavistello «Sveltainfermiera Toothaker!»esclama

un uomo sui gradini d'ingresso. «Il vecchio generale Fane è malato distomaco e manda a chiamarla per assisterlo sul

letto di morte. In frettaperché non c'è temp o da perdere!». «EdwardFane! Mi ha mandato a chiamarefinalmente?

Sono prontaindosso la mantella e vengo subito. E così»soggiunse tra séla vecchia vestita di neropallida e funerea in

volto«Edward Fane si è infine ricordato del suo Bocciolo di rosa!»..139

La nostra domanda ha avuto risposta. Sìuna scintilla di felicità èancora accesa dentro di lei. La sua lunga

costanzail suo ricordo della felicità trascorsarimasto vivo nelletenebre dell'aldilà come un fiore odoroso dentro una

barasta a significare che tutto può essere rinnovato. In un clima piùpropizioil Bocciolo di rosa può fiorire di nuovo

con tutte le gocce di rugiada nel suo petto.

IL TRIPLICE DESTINO

Una leggenda fiabesca

Ho provato talvolta una strana e non spiacevole sensazioneper quantoriguarda la mia menteimmaginando

una successione di eventi in cui lo spirito e il meccanismo della leggendafiabesca si mescolavano con i personaggi e le

consuetudini della vita quotidiana. Nel breve racconto che segueuna lievesfumatura di fantastico e straordinario è

stesa su un bozzetto di personaggi e scene del New Englandma senzacancellare completamentemi auguroi toni

realistici della natura. Più che un racconto di avvenimenti che pretendonodi essere realiquesta può essere considerata

un'allegoriaquale gli scrittori del secolo scorso avrebbero espresso informa di un racconto orientaleanche se mi sono

sforzato di conferirle un'impronta più realistica di quanta potrebbe essereinfusa in quei prodotti della fantasia.

Nel crepuscolo di una sera d'estateuna cupa e alta figuracui lunghiviaggi in paesi lontani avevano conferito

un aspetto di forestierostava entrando in un villaggionon nel «paesedelle fate»ma entro confini a noi familiari. Il

bastone cui si appoggiava il viaggiatore era stato suo compagno fin da doveera cresciuto il legnonelle giungle

dell'Hindostan; il cappello che metteva in ombra la sua fronte corrucciatal'aveva riparato dal sole di Spagnama il suo

viso era stato abbronzato dal vento arroventato di un deserto arabo ed erastato provato dal gelo delle regioni artiche.

Dopo aver vissuto a lungo in mezzo a uomini selvaggi e pericolosiportavaancora sotto la veste l'ataghan concui una

volta aveva tagliato la gola di un bandito turco. In ogni clima stranieroaveva perduto qualcosa delle sue caratteristiche

del New Englande forse da ogni popolazione aveva inconsciamente preso aprestito qualche nuova peculiaritàcosì

chequando questo pellegrino del mondo percorse di nuovo le strade del suovillaggio natalenon stupisce che non fu

riconosciutopur richiamando gli sguardi e la curiosità di tutti. Ma quandoil suo braccio sfiorò casualmente quello di

una giovane donnache stava andando a una conferenza seralequesta trasalìe lanciò quasi un grido.

«Ralph Cranfield!»fu il nome che riuscì a stento a pronunciare.

«Può essere forse la mia compagna di giochi Faith Egerton?»si domandòil viaggiatorevoltandosi a guardare

quella figurama senza fermarsi.

Fin dalla giovinezzaRalph Cranfield si sentiva destinato a grandi cose. Eraun'idea che aveva assorbitonon

sappiamo se gli era stata rivelata per stregoneria o da qualche sognoprofeticoo se gli era stata imposta dalla sua

pensosa fantasiacome l'oracolo di una Sibillatuttavia l'aveva assorbitaed era divenuta quasi un articolo di fede la

convinzione che tre meravigliosi avvenimenti della sua vita dovevano essergliconfermati da altrettanti segnali.

Il primo di questi fatali eventiforse quello che la sua fantasia giovanileaccarezzava più ardentementeera la

scoperta della fanciullaunica tra tutte quelle della terrache potevarenderlo felice col suo amore. Doveva vagare per il

mondo finché non avesse incontrato un'avvenente ragazza che portava sulpetto un gioiello a forma di cuore: fosse una

perlaun rubinouno smeraldoun carbonchioun mutevole opale o magari uninestimabile diamanteRalph Cranfield

poco se ne curavapurché fosse un cuore di una particolare foggia.Incontrando questa incantevole sconosciutaegli

doveva rivolgersi a lei con queste parole: «Ti ho portato un cuore pesante.Posso posarlo su di te?». E se era lei la sua

futura sposase le loro anime affini erano destinate a formare in seguitoun'unione che l'eternità avrebbe ancor più

rinsaldatoella avrebbe rispostoposando le dita sul gioiello a forma dicuore: «Questo pegno che porto da tanto tempo

è la risposta certa che puoi posarlo!».

La seconda convinzione di Ralph Cranfield era che esistesse un grande tesoronascosto in qualche posto della

terradi cui sarebbe stato rivelato soltanto a lui il luogo della sepoltura.E quando i suoi piedi lo avessero calpestatogli

sarebbe apparsa davanti una mano che indicava sotto di sé qualcosafossescolpito nel marmo o inciso in gigantesche

proporzioni sul fianco di un precipizio rocciosoo fosse anche una mano difiamma sospesa nell'arialui non poteva

saperloma comunque avrebbe visto una mano con l'indice puntato giùe unascritta latina al di sotto: EFFODE!

'Scava!'. E scavando lì intornol'oro in monete o in lingottile pietreprezioseo tutto ciò di cui consisteva il tesoro

avrebbe di certo premiato i suoi sforzi.

Il terzo e ultimo dei miracolosi eventi nella vita di quest'uomo predestinatodoveva essere il conseguimento di

una vasta influenza sul suo prossimo. Dovesse diventare un monarcafondatoredi una dinastia ereditariaoppure il

condottiero vittorioso di un popolo che combatteva per la libertào ancoral'apostolo di una fede pura e rigenerataciò

l'avrebbe rivelato il futuro. Come messaggeri del segnalecon cui RalphCranfield poteva riconoscerlitre venerabili

dovevano chiedergli udienzae il capo tra loroun personaggio solenne emaestosoabbigliato presumibilmente con le

lunghe vesti di un antico saggioavrebbe impugnato una bacchetta o una vergadi profeta. E con questa bacchettaverga

o bastone che fosseil venerabile saggio avrebbe tracciato una certa figuranell'ariaper poi annunciare il suo messaggio

ricevuto dal cieloche avrebbe condotto chi lo seguiva a un gloriosodestino.

Con questo luminoso futuro davanti a sée accalorato dalla sua giovanilefantasiaRalph Cranfield si era messo

in cammino alla ricerca della fanciulladel tesoro e del venerando saggioche doveva offrirgli il vasto impero. Aveva

trovato ciò che cercava? Nopurtroppo non aveva l'aspetto di un vincitoreche aveva conseguito un più nobile destino.140

dei suoi similima piuttosto quello tetro di chi deve combattere controinsolite e continue avversitàl'uomo che stava

ora passando per le strade di casadiretto alla villetta di sua madre. Eraritornatoma solo per breve tempoper posare il

suo bastone di pellegrinonella speranza che le sue stanche membraritrovassero un po' del vigore della giovinezza nel

luogo in cui gli era stato preannunciato il suo triplice destino. Pochicambiamenti erano avvenuti nel villaggioperché

non era uno di quei luoghi fiorenti in cui un anno di prosperità producepiù delle rovine di un secolo di decadenzama

simile alla capigliatura già incanutita di un giovaneera un paese ormaiinvecchiatopieno di vecchie zitelledi antichi

olmidi abitazioni coperte di muschio. Pochi cambiamenti sembravanoavvenutianche se gli olmi si ergevano più

maestosamentele case scolorite dalle intemperie erano coperte da una coltrepiù fitta di muschio verdeggiante ed erano

più numerose le lapidi nel cimiterosulle quali erano incisi nomi che untempo erano familiari nelle strade del villaggio.

Eppureanche sommando tutti i guasti prodotti in quei dieci annisembravaquasi che Ralph Cranfield se ne fosse

andato quel mattino stessocontinuando a sognare a occhi aperti fino alcrepuscoloper poi fare ritorno. Ma il suo cuore

era freddoperché il villaggio non lo ricordava quanto lui ricordava ilvillaggio.

«Ecco che cosa è cambiato!»sospiròbattendosi una mano sul petto.«Chi è quest'uomo oberato di pensieri e

di affannistanco di vagabondare per il mondocarico di speranze deluse?Non è ritornato il giovane che è partito così

gioiosamente!».

Ora Ralph Cranfield era arrivato davanti al cancello della piccola casa incui la vecchia madre si era mantenuta

con pochima sufficienti mezzi durante la lunga assenza del figlio. Varcatoil cancellosi appoggiò a un grande e

vecchio alberotrattenendo la propria impazienzacome spesso si fa inquegli intervalli di tempo in cui gli anni sono

condensati in un attimo. Esaminò minuziosamente la casale sue finestreilluminate dagli ultimi bagliori del cielola

porta e il suo gradino d'ingressoricavato dalla metà di una macina dimulinoil sentiero appena tracciato che si snodava

da lì al cancello. Fece di nuovo conoscenza di un amico della sua infanziail vecchio albero al quale si appoggiavae

facendo scorrere lo sguardo sul troncovide un'iscrizione quasi cancellatache gli stimolò un malinconico sorrisola

parola latina EFFODEche ricordava d'aver inciso nella cortecciaimpiegandoun'intera giornataquando aveva iniziato

a meditare sul suo peculiare destino. Si deve tener conto anche di unacoincidenza piuttosto singolarecheproprio

sopra la scrittala corteccia aveva formato un'escrescenza di forma nondiversa da una manocon l'indice puntato

obliquamente verso quella fatidica parolao così almeno sembrava nella lucedel crepuscolo.

«Un credulone»pensò distrattamente Ralph Cranfield«potrebbeimmaginare che il tesoro che ho cercato per

tutto il mondo è sepolto proprio quidavanti alla porta di casa di miamadre. Sarebbe davvero una beffa!».

Non si soffermò oltre a pensarciperché in quel momento la porta di casasi aprì e sulla soglia comparve una

donna anzianache scrutava nella penombra per vedere chi si era introdottonella sua proprietà e stava ora all'ombra

dell'albero. Era la madre di Ralph Cranfieldma ora passiamo oltre i loroabbraccie lasciamo l'una alla sua felicità e

l'altro al suo riposose mai riuscì a trovare un vero riposo.

Infatti al mattino si destò pensierosoperché il suo sonno e la vegliaerano stati parimenti pieni di sogni. In lui

si era riaccesa la febbre di un tempodi cui aveva bruciato nel desiderio disvelare il triplice mistero del suo destinoe

tutta la folla delle sue visioni di gioventù sembrava averlo atteso sotto iltetto della casa di sua madree faceva ora ressa

tumultuosamente intorno a lui per accogliere il suo ritorno. Nella stanza cheben ricordavae sul letto dove aveva

dormito bambinoaveva trascorso una notte più agitata che in una tenda neldeserto d'Arabia o in una foresta misteriosa

in cui aveva posato il capo tra ombre spettrali. Un'eterea fanciulla si eraavvicinata furtivamente al suo letto e aveva

posato il dito su un cuore scintillanteuna mano di fuoco si era accesa nelbuioindicando sotto di sé un segreto sepolto

e un saggio canuto aveva agitato il suo bastone profeticoinvitando ilsognatore ad avvicinarsi a un alto seggio. Gli

stessi fantasmipur più fievoli alla luce del giornosi libravano ancoranella villetta e si mescolavano tra i volti familiari

che erano stati richiamati lì dalla notizia del ritorno di Ralph Cranfielda dargli il benvenuto per la felicità di sua madre.

E lì trovarono un uomo alto e scurodi aspetto imponente e stranierocortese nei modi e nel linguaggioma con uno

sguardo distratto che spesso sembrava rivolgersi a guardare ciò che erainvisibile.

Nel frattempola vedova Cranfield era affaccendata per casafelice di avereancora una persona da amaredi

cui curarsiper cui preoccuparsi e assumersi le piccole incombenze di tuttii giorni. Era quasi mezzogiorno quando

guardò fuori dalla porta e scorse tre autorevoli personaggi che venivano perla stradatra la calda luce del sole e l'ombra

diffusa degli olmiper arrivare infine al cancello e aprirne ilchiavistello.

«GuardaRalph!»esclamò con orgoglio materno. «Ecco il signor Hawkwoode due altri consiglieri

municipalivenuti qui appositamente per vederti! E ora devi raccontare perfilo e per segno tutto ciò che hai visto in

quei paesi stranieri».

Il più importante dei tre visitatoriil signor Hawkwoodera un anzianogentiluomomolto pomposo ma di

ottimo caratterecapo e promotore di tutte le iniziative del villaggioegeneralmente riconosciuto come uno dei più

saggi. Portava sul capo un tricornosecondo una moda già allora antiquatae impugnava un bastone col pomello

d'argentoche sembrava usare più per brandirlo in aria che per aiutare ilcammino delle sue gambe. I suoi compagni

erano due anziani e rispettabili proprietari terrieriche in ossequio a unaprerivoluzionaria deferenza al rango e ai

privilegi ereditarifacevano da scorta al nobiluomo. Mentre si avvicinavanolungo il sentieroRalph Cranfield stava

seduto su un'alta sedia di querciascrutando distrattamente i trevisitatorie assorbendo le loro figure familiari nelle

nebulose fantasie in cui era immersa la sua mente.

«Ecco»pensòsorridendo tra sé di questa idea«ecco che arrivano itre anziani personaggie il primo tra loro è

un venerando saggio col bastone. E se fosse questa l'ambasciata che devedarmi notizia del mio destino?»..141

Quando il signor Hawkwood e i suoi accompagnatori entrarono in casaRalph sialzò dalla sedia e fece qualche

passo incontro a loro per riceverlie allora la sua figura imponente e ilsuo aspetto severoquando si chinò cortesemente

davanti agli ospitimostrarono una naturale dignità che contrastava conl'ostentata aria d'importanza dell'anziano

nobiluomo. E questisecondo una sua inveterata abitudinebrandì dapprimail suo bastone in ariapoi si tolse il cappello

a tricorno per asciugarsi la fronte e infine fece conoscere lo scopo dellasua missione.

«I miei colleghi e io»esordì il nobiluomo«siamo oberati di gravicompiti essendo noi i consiglieri municipali

di questo villaggio. Nell'arco dei tre giorni trascorsile nostre menti sonostate faticosamente impegnate nella scelta di

una persona degna di occupare una carica molto importantee disposta adassumersi un onere e un onore che

saggiamente consideratipossono essere giudicati non inferiori a quelli deisovrani e dei potenti. E considerato che tu

nostro concittadino d'originesei dotato di buon intelletto naturalecoltivato nei tuoi viaggi all'esteroe che certe

bizzarrie e fantasie della tua giovinezza sono state sicuramente corrette daltempoconsiderato tutto ciòe dopo debita

riflessionesiamo dell'opinione che la Provvidenza divina ti ha mandato quiin questo momentoproprio per questo

nostro scopo».

Durante questo lungo discorsoCranfield aveva continuato a guardarefissamente l'oratorecome scorgendo

qualcosa di misteriosoquasi ultraterrenonella sua piccola figura pomposacome se indossasse la tunica di un antico

saggioanziché una giacca con le spalle squadrateun panciotto coirisvoltibraghe di velluto e calze di seta. E la sua

meraviglia non era immotivataperché il bastone del nobiluomovolteggiandonell'ariaaveva descritto proprio quel

segnale che doveva confermare l'annuncio del saggio profeticoche Cranfieldaveva cercato in tutto il mondo.

«E qual è questa carica»domandò allora Ralph Cranfield con vocetremante«che può rendermi pari ai

sovrani e ai potenti della terra?».

«Nientemeno che quella di maestro nella scuola del villaggio»rispose ilsignor Hawkwood«carica che è ora

vacante per la morte del rimpianto signor Whitakerdopo cinquant'anni dionorato servizio».

«Esaminerò la vostra proposta»rispose in fretta Ralph Cranfield«e vifarò conoscere la mia decisione entro

tre giorni».

Dopo qualche altra parolail dignitario del villaggio e i suoi compagnipresero congedo. Ma nella mente di

Cranfield le loro immagini erano ancora presentisempre più ammantatedell'oscuro mistero delle figure che gli erano

dapprima apparse in sogno e si erano poi mostrate nei momenti di vegliaassumendo un aspetto familiare tra ciò che lo

circondava. I suoi pensieri si soffermavano sulle fattezze del nobiluomofinché queste si confusero con quelle del

saggio della sua visionee l'uno sembrò l'ombra dell'altro. Lo stessovoltopensaval'aveva guardato dalla piramide di

Cheopela stessa figura gli aveva rivolto un cenno tra le colonnedell'Alhambra e si era nebulosamente mostrata nei

vapori che salivano dal grande Geyser. A ogni successivo sforzo dellamemoriariconosceva qualche altro tratto

dell'immaginario Messaggero del destino in quel pomposo e indaffarato piccologrand'uomo del villaggio. Tra questi

pensieriRalph Cranfield trascorreva le sue giornate nella villettaascoltando e rispondendo distrattamente alle mille

domande della madre sui suoi viaggi e sulle sue avventure. Al calare del soleandava a fare una passeggiatae passando

davanti all'antico olmo il suo sguardo si soffermava ancora su quellaparvenza di mano che indicava sotto di sé la scritta

quasi cancellata.

Mentre camminava per la strada del villaggioi raggi bassi del solegettavano la sua ombra molto più avantie

allora Cranfield immaginò checome la sua ombra camminava tra oggettilontanicosì un presentimento l'aveva sempre

preceduto per tutta la vita. E quando giungeva più vicino a quegli oggettitra i quali l'aveva preceduto la sua lunga

ombrasi rivelavano gli stessi che ricordava dalla sua infanzia egiovinezza. Ricordava ogni curva della stradaanche i

più insignificanti particolari erano rimasti immutati dai tempi trascorsi.Una mandria di mucche brucava l'erba sul ciglio

della stradae Cranfield si sentì rinfrescato da quella fragranza. «È unprofumo più dolce»pensò«di quello che era

sospinto dal vento sulla nostra nave dalle Isole delle spezie». La piccolafigura rotonda di un bimbetto uscì ruzzolando

da una porta e cadde ridendo quasi tra i piedi di Cranfielde alloraquell'uomo serio e grave si chinò a sollevare il

piccino per restituirlo alle braccia di sua madre. «I bambini»si dissetra un sospiro e un sorriso«i bambini saranno i

miei discepoli!». E mentre un fiotto di naturali sentimenti zampillava nelsuo cuore come una fontanagiunse davanti a

un'abitazione in cui non riuscì a impedirsi di entrare. Una dolce vocechesembrava sgorgare dal profondo di un'anima

sensibilestava cantando all'interno una malinconica melodia.

Abbassando la testaCranfield varcò la bassa porta della casaequando isuoi passi risuonarono sul

pavimentouna giovane donna si fece avanti nella penombradapprima infrettapoi con passo più incertofinché si

trovarono faccia a faccia. Era singolare il contrasto tra le loro figure: luiscuro e inquieto in voltoun uomo che aveva

lottato col mondo interoche aveva visto il sole in ogni parte della terraed era stato sferzato da tutti i ventie lei

semplice e serenanonostante la sua agitazionecome se tutte le sueemozioni fossero state soggiogate nel suo placido

tenore di vita. Eppure i loro voltipur così dissimilimostravanoun'espressione che non sembrava così diversacome un

riverbero di sentimenti affini che si riaccendevano sotto le ceneri quasispente.

«Benvenuto!»gli disse Faith Egerton.

Ma Cranfield non le rispose subitoperché il suo sguardo si era posato suun monile a forma di cuore che Faith

portava come spilla sul petto. Era fatto di comune quarzo biancoe Cranfieldricordava di averlo modellato da una di

quelle punte di freccia dei pellerossa che si trovano così spesso nei loroantichi insediamenti. Era proprio lo stesso

modello che portava la fanciulla della sua visionee quando Cranfield erapartito per la sua oscura ricercaaveva dato a

Faith Egerton quella spillaincastonata in orocome dono d'addio.

«E cosìFaithhai conservato quel cuore!»disse infine..142

«Sì»rispose lei arrossendopoi più gaiamente aggiunse: «E checos'altro mi hai portato da oltre il mare?».

«Faith!»esclamò Ralph Cranfielde poi per un irresistibile impulsopronunciò le fatidiche parole: «Non ti ho

portato altro che un cuore pesante. Posso posarlo su di te?».

«Questo pegno che porto da tanto tempo»rispose Faithportando le ditatremanti sul cuore«è la risposta certa

che puoi posarlo!».

«Faith!»esclamò allora Cranfieldstringendola tra le braccia«sei tul'incarnazione dei miei sogni ormai

stanchi!»

E finalmente quel folle sognatore si destò. Per scoprire il suo misteriosotesoro doveva dissodare la terra

intorno alla casa di sua madree raccoglierne i frutti. Anziché diventareun condottiero militareregale o religioso

avrebbe esercitato la sua influenza sui bambini del villaggio. E ora lafanciulla della visione era scomparsa dalla sua

fantasiae al suo posto vedeva la compagna di giochi della sua infanzia! Setutti coloro che accarezzano sogni così

oscuri guardassero soltanto intorno a séscoprirebbero più spesso lapropria sfera di benessere e felicità entro quei

confinie nel luogo in cui la Provvidenza stessa ha posto il loro destino.Beati coloro che sanno decifrare l'enigma senza

un'estenuante ricerca nel mondo o un'esistenza trascorsa invano!




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